Reg. ord. n. 151 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma del 20/05/2025
Tra: Eni Global Energy Markets spa C/ Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale per il Lazio
Oggetto:
Tributi – Energia – Prevista istituzione, per l’anno 2022, di un contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese operanti nel settore energetico – Individuazione dei soggetti passivi – Quantificazione della base imponibile – Criterio di determinazione costituito dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 – Previsione che, in caso di saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ai fini del calcolo della base imponibile per tale periodo è assunto un valore di riferimento pari a zero – Applicazione del contributo nella misura del 25 per cento nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000, mentre se è inferiore al 10 per cento non è dovuto alcun contributo – Assunzione, ai fini del calcolo del medesimo saldo, del totale delle operazioni attive e del totale delle operazioni passive, entrambe al netto dell'IVA – Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali di tali operazioni attive e passive le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1 dell’art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 – Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali delle medesime operazioni attive, le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del d.P.R. n. 633 del 1972, se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA – Previsione che il contributo è liquidato e versato entro il per un importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le modalità di cui all' art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 – Denunciata introduzione di un contributo ingiustificatamente gravoso, a effetto espropriativo, che ha completamente eroso sia le ricchezze patrimoniali, sia quelle reddituali della società ricorrente – Tributo incapace di misurare in modo razionale la ricchezza assoggettata a imposizione, privando il contribuente di tutti i suoi mezzi e compromettendo la sua stessa sopravvivenza – Violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e della capacità contributiva – Prelievo i cui effetti confiscatori generano la perdita della natura di onere fiscale, tramutandolo in una illegittima prestazione patrimoniale diversa e priva di una causa indennitaria o risarcitoria – Violazione della proprietà privata- Lesione del giusto equilibrio tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, come sancito dalla giurisprudenza della Corte Edu - Retroattività del prelievo che grava su una ricchezza che, ove si fosse formata, lo ha fatto prima della sua entrata in vigore – Violazione degli obblighi internazionali, come declinati dall’art. 1 del Primo protocollo addizionale alla CEDU, posto a presidio della proprietà privata – Contributo che non consente di escludere dalla relativa imposizione le operazioni delle stabili organizzazioni estere, attratte nelle liquidazioni periodiche IVA della casa madre italiana per effetto della normativa europea di riferimento – Sistema impositivo che pretende di rintracciare un supposto sovraprofitto mediante il confronto incrementale tra un periodo di piena operatività di una società e un altro precedente, di operatività limitata alle sole attività di avvio dell’impresa che nemmeno generano profitti in senso proprio – Contrasto con i principi di ragionevolezza e della capacità contributiva.
Norme impugnate:
decreto-legge del 21/03/2022 Num. 21 Art. 37
legge del 20/05/2022 Num. 51
decreto-legge del 17/05/2022 Num. 50 Art. 55
legge del 15/07/2022 Num. 91
legge del 29/12/2022 Num. 197 Art. 1 Co. 120
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 42 Co.
Costituzione Art. 53 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 1 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2025
Ordinanza del 20 maggio 2025 della Corte di giustizia tributaria di
primo grado di Roma sul ricorso proposto da Eni Global Energy Markets
s.p.a. contro Agenzia delle entrate - Direzione regionale per il
Lazio.
Tributi - Energia - Prevista istituzione, per l'anno 2022, di un
contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle
imprese operanti nel settore energetico - Individuazione dei
soggetti passivi - Quantificazione della base imponibile - Criterio
di determinazione costituito dall'incremento del saldo tra le
operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal
1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo
dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 - Previsione che, in caso di
saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021,
ai fini del calcolo della base imponibile per tale periodo e'
assunto un valore di riferimento pari a zero - Applicazione del
contributo nella misura del 25 per cento nei casi in cui il
suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000, mentre se e'
inferiore al 10 per cento non e' dovuto alcun contributo -
Assunzione, ai fini del calcolo del medesimo saldo, del totale
delle operazioni attive e del totale delle operazioni passive,
entrambe al netto dell'IVA - Previsione che non concorrono alla
determinazione dei totali di tali operazioni attive e passive le
operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o
altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che
intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1 dell'art. 37 del
decreto-legge n. 21 del 2022 - Previsione che non concorrono alla
determinazione dei totali delle medesime operazioni attive, le
operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto
territoriale, ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del d.P.R. n.
633 del 1972, se e nella misura in cui gli acquisti ad esse
afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA -
Previsione che il contributo e' liquidato e versato per un importo
pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022
e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le
modalita' di cui all'art. 17 del decreto legislativo n. 241 del
1997.
- Decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per contrastare
gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito,
con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, art. 37, come
modificato dall'art. 55 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50
(Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali,
produttivita' delle imprese e attrazione degli investimenti,
nonche' in materia di politiche sociali e di crisi ucraina),
convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91, e
dall'art. 1, comma 120, della legge 29 dicembre 2022, n. 197
(Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e
bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025).
(GU n. 36 del 03-09-2025)
LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ROMA
Sezione 27
riunita in udienza il 30 ottobre 2024 alle ore 9,30 con la
seguente composizione collegiale:
Bruno Paolo Antonio, Presidente;
Salassa Pier Marco, relatore;
Venanzi Mario, giudice,
in data 20 novembre 2024 ha pronunciato la seguente ordinanza,
sul ricorso n. 17223/2022 depositato il 30 dicembre 2022, proposto
da:
Eni Global Energy Markets S.p.a. - -11076280962, difeso da
Davide De Girolamo - DGRDVD77A24H501P - Livia Salvini -
SLVLVI57H67H501M, rappresentato da Giorgio Bigoni - BGNGRG59B22D548K,
rappresentante difeso da Davide De Girolamo - DGRDVD77A24H501P -
Livia Salvini - SLVLVI57H67H501M ed elettivamente domiciliato presso
davidedegirolamo@ordineavvocatiroma.org
Contro Agenzia entrate Direzione regionale Lazio, elettivamente
domiciliato presso dr.lazio.gtpec@pce.agenziaentrate.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
Silenzio Rifiut n. IST. del 9 settembre 2022 Caro Bollette
2022
a seguito di discussione in pubblica udienza.
Elementi in fatto e diritto
Elementi in fatto e diritto
1. Premessa
In data 30 giugno 2022, la ENI Global Energy Markets S.p.a. ha
provveduto al versamento in acconto del «contributo straordinario
contro il caro bollette» di cui all'art. 37, decreto-legge n.
21/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022, come
modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con
modificazioni, in legge n. 91/2022. Il contributo dovuto e' risultato
pari a complessivi euro 507.782.828,10 ed il versamento in acconto,
pari al 40% di tale importo, e' stato di complessivi euro
203.113.131,24.
Ritenendo l'illegittimita' dell'art. 37 cit., in quanto
incompatibile con i principi costituzionali e con il diritto
comunitario, in data 9 settembre 2022 la ENI Global Energy Markets
S.p.a. ha presentato istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate -
Direzione regionale del Lazio, per la restituzione delle somme
versate in acconto a titolo di contributo, per l'importo complessivo
di euro 203.113.131,24, oltre accessori di legge.
L'Agenzia delle entrate - Direzione regionale del Lazio, pur
avendo ricevuto la predetta istanza via PEC in data 9 settembre 2022,
e' rimasta del tutto silente.
La societa' ENI Global Energy Markets S.p.a., trascorso il
termine di novanta giorni di cui all'art. 21, comma 2, decreto
legislativo n. 546/1992, ha proposto ricorso contro l'Agenzia delle
entrate - Direzione regionale del Lazio, avverso il silenzio-rifiuto
maturato con riferimento alla richiesta di rimborso dell'importo di
euro 203.113.131,24 corrisposto in data 30 giugno 2022 ex art. 37,
decreto-legge n. 21/2022, convertito in legge n. 51/2022, come
modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito in
legge n. 91/2022, a titolo di «contributo straordinario contro il
caro bollette», oltre interessi maturati e maturandi, presentata via
PEC all'amministrazione finanziaria in data 9 settembre 2022.
La ricorrente ha dedotto, sia nell'istanza di rimborso che nel
ricorso:
1) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 37,
decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli 23, 3 e 53
Cost., sotto molteplici profili:
genericita', indeterminatezza e irragionevolezza del
presupposto impositivo;
inidoneita' allo scopo della norma e, in particolare:
a) inidoneita' ad intercettare presunti «extraprofitti» del
meccanismo scelto per la determinazione della base imponibile, anche
con riferimento, tra l'altro, all'inclusione nella base imponibile
stessa delle accise traslate sui clienti, che rappresentano
componenti fiscali in definitiva riversate allo Stato, che non
rientrano in alcun modo nella definizione di profitto in senso
economico o fiscale, sicche' non possono rappresentare in alcun modo
un incremento rilevante di «ricchezza» tassabile;
b) inidoneita' ad isolare un presunto sovraprofitto anche delle norme
in materia di competenza temporale;
c) inidoneita' anche del periodo di tempo preso a riferimento dalla
norma (1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022) a rappresentare ipotetici
sovraprofitti realizzati dalle imprese;
d) l'omessa considerazione, nel calcolo della base imponibile, dei
derivati realizzati per la copertura delle variazioni prezzo dei
prodotti oggetto dell'attivita' caratteristica, quale ulteriore
elemento di incoerenza del prelievo fiscale in esame.
Deviazione dai modelli di corretta tassazione dei profitti
incrementali forniti dal regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio
dell'UE del 6 ottobre 2022 «relativo a un intervento di emergenza per
far fronte ai prezzi elevati dell'energia» ovvero dalle linee guida
di cui all'Allegato 2 della «Comunicazione "RePowerEU: azione europea
comune per un'energia piu' sicura, piu' sostenibile e a prezzi piu'
accessibili», pubblicata l'8 marzo 2022 dalla Commissione europea
ovvero ancora dalla sentenza n. 10/2015 della Corte costituzionale
sulla nota «Robin Hood Tax», menzionata a piu' riprese anche nei
lavori preparatori al citato art. 37.
Portata discriminatoria del contributo, interna o esterna al
mercato energetico.
2) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022 per violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost., nella misura
in cui consente che il contributo possa avere effetti ablativi
integrali della capacita' economica del soggetto inciso.
3) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022 per violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata,
dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, atteso che il contributo in
esame determinerebbe una limitazione della tutela proprietaria nel
godimento dei beni della ricorrente, risolvendosi in una
contribuzione in denaro che determina l'erosione di tutto il
patrimonio netto sociale della ricorrente.
4) L'incompatibilita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 con
le norme ed i principi comunitari, sotto vari profili:
violazione degli articoli 106 e 107 TFUE, costituendo il
contributo in esame aiuto di Stato illegittimo poiche': grava solo su
alcune imprese che operano nel settore energetico e non si giustifica
per ragioni di coerenza del sistema tributario nel suo insieme; manda
esenti da imposta operatori che hanno realizzato extraprofitti per
importi inferiori a 5 milioni di euro o in una percentuale inferiore
al 10 per cento, introducendo cosi' un regime fiscale differenziato
pur a fronte di situazioni del tutto comparabili;
violazione dell'art. 17 della Carta di Nizza, di contenuto
analogo all'art. 1 del primo protocollo Cedu, ai sensi del quale il
contributo in esame, in quanto manifestamente espropriativo, deve
considerarsi illegittimo.
5) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nonche' la sua
incompatibilita' con il diritto comunitario, per violazione dell'art.
49 TFUE, laddove non si ritenga di accedere ad una interpretazione
della predetta norma costituzionalmente orientata e conforme al
diritto dell'Unione europea, secondo la quale devono essere escluse
da imposizione le operazioni delle stabili organizzazioni estere
«attratte» nelle LIPE della casa madre italiana per effetto dell'art.
192-bis della direttiva n. 112/06/CE e dell'art. 54 del regolamento
n. 282/2011.
6) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., laddove non si
ritenga di accedere ad una interpretazione della predetta norma
costituzionalmente orientata, secondo la quale il contributo dovuto
deve essere calcolato tenendo in considerazione la circostanza che la
ricorrente ha cominciato in concreto a svolgere la propria attivita'
solo dal 1° gennaio 2021, risultando quindi non effettivamente
operativa nei primi tre mesi del primo periodo di riferimento per il
calcolo del contributo, cosicche', nel caso di specie, la base
imponibile e' costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni
attive e le operazioni passive, riferito non al periodo dal 1°
ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1°
ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ma al periodo dal 1° gennaio 2022 al
30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° gennaio 2021 al
30 aprile 2021.
La ricorrente ha quindi chiesto, eventualmente anche previa
apertura di un incidente di costituzionalita' ovvero previo rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea: a) in via
principale, il rimborso di euro 203.113.131,24 corrisposti in data 30
giugno 2022 a titolo acconto del di contributo straordinario contro
il caro bollette ai sensi dell'art. 37 del decreto-legge 21 maggio
2022, n. 21, convertito in legge 20 maggio 2022, n. 51; b) in via
subordinata, il rimborso di euro 153.166.358,71 corrisposti in data
30 giugno 2022 a titolo di acconto del contributo straordinario
contro il caro bollette ai sensi dell'art. 37 del decreto-legge 21
maggio 2022, n. 21, convertito in legge 20 maggio 2022, n. 51, stante
la dimostrata illegittimita' del concorso alla base imponibile del
contributo di periodi nei quali la societa' non era operativa; c) in
ogni caso, il rimborso dei relativi interessi maturati e maturandi
sulle somme indebitamente versate.
Con ordinanza del 3 maggio 2023, a scioglimento della riserva ex
art. 35, decreto legislativo n. 546/1992 assunta all'udienza del 5
aprile 2023, questa Corte tributaria di I grado di Roma ha dichiarato
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito in
legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55, decreto-legge n.
50/2022, convertito in legge n. 91/2022, per violazione degli
articoli 3, 23, 41, 42, 53, 117 della Costituzione e, in via mediata,
dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, con riguardo ai profili
dedotti dalla ricorrente nel primo, secondo e terzo motivo di ricorso
e, conseguentemente, ha disposto la sospensione del giudizio ed
ordinato l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 111/2024 del 4 giugno
2024, depositata il 27 giugno 2024 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale
in data 3 luglio 2024, pur dichiarando inammissibili le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022
sollevate nel presente giudizio da questa Corte di giustizia di primo
grado di Roma, in riferimento agli articoli 3, 23, 41, 42, 53 e 117
della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 1 del
Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti
dell'uomo, per omessa ricostruzione del quadro normativo di
riferimento, si e' comunque pronunciata sulla legittimita'
costituzionale dell'art. 37 cit., a fronte delle eccezioni di
incostituzionalita' sollevate, in altri giudizi, dalla Corte di
giustizia di primo grado di Milano, in gran parte sostanzialmente
sovrapponibili a quelle eccepite dalla ricorrente nell'odierno
giudizio.
In particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022 limitatamente alla parte in cui non esclude dalla base
imponibile le accise versate allo Stato e indicate nelle fatture
attive, mentre ha ritenuto infondate tutte le altre questioni di
costituzionalita'.
Riavviato il giudizio a seguito della conclusione dell'indicente
di costituzionalita', la ricorrente, con memoria illustrativa
ritualmente depositata per l'udienza del 30 ottobre 2024, mentre ha
dato atto che la citata decisione della Corte costituzionale, pur
emessa con riguardo a posizioni contenzione diverse dalla sua, ha
risolto negativamente le censure di incostituzionalita' dedotte nel
primo motivo di ricorso, peraltro lasciando impregiudicate le censure
di incompatibilita' comunitaria di cui al quarto motivo di ricorso,
ha evidenziato che le questioni di costituzionalita' di cui al
secondo e terzo motivo di ricorso, relative alla dedotta natura
confiscatoria del contributo ex art. 37, decreto-legge n. 21/2022,
non sono state scalfite dalla predetta decisione.
Invero, la soluzione a tali questioni che si legge nella sentenza
n. 111/2024 della Corte costituzionale e', ovviamente, modellata sui
giudizi oggetto degli incidenti di costituzionalita' dichiarati
ammissibili e, cioe', di quelli avanzati dalla Corte di giustizia
tributaria di i grado di Milano, mentre la posizione della societa'
ENI Global Energy Markets S.p.a., caratterizzata dal fatto che il
contributo di cui trattasi ha integralmente eroso sia le ricchezze
reddituali che quelle patrimoniali della medesima, non e' stata
specificamente vagliata dalla Corte costituzionale, in quanto le
questioni di costituzionalita' formulate dalla Corte di giustizia
tributaria di I grado di Roma sono state dichiarate inammissibili.
La ricorrente, dunque, ha insistito nell'eccepire
l'incostituzionalita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, per
violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost. e per violazione dell'art.
117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu.
La ricorrente, inoltre, ha insistito nelle questioni di
costituzionalita' di cui al quinto e sesto motivo di ricorso, non
rimesse in precedenza alla Corte costituzionale, entrambe subordinate
alla ritenuta impossibilita' di accedere all'interpretazione
costituzionalmente orientata dalla stessa proposta.
L'Agenzia delle entrate - Direzione regionale del Lazio, con
memorie illustrative depositate in atti, ha chiesto il rigetto del
ricorso, stante anche la ritenuta infondatezza delle eccezioni di
incostituzionalita' dedotte dalla ricorrente.
Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2024, sentite le parti, il
ricorso e' stato assunto a riserva ex art. 35, decreto legislativo n.
546/1992. Quindi, la Corte ha deciso nella Camera di consiglio del 20
novembre 2024.
2. Norma oggetto dello scrutinio di costituzionalita'
Il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le
questioni di costituzionalita' dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022, come
modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con
modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge
n. 197/2022, in relazione ai profili di illegittimita' costituzionale
dedotti dalla ricorrente nel secondo, terzo, quinto e sesto motivo di
ricorso, negli ultimi due casi ritenendo che non sia possibile
prospettare una interpretazione della norma costituzionalmente
orientata.
Dunque, viene in questa sede prospettata l'illegittimita'
costituzionale del citato art. 37:
per violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost., nella misura
in cui consente che il contributo possa avere effetti ablativi
integrali della capacita' economica del soggetto inciso;
per violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata,
dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, atteso che il contributo in
esame determina una limitazione della tutela proprietaria nel
godimento dei beni della ricorrente, risolvendosi in una
contribuzione in denaro che determina l'erosione di tutto il
patrimonio netto sociale della ricorrente;
per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura in
cui non consente di escludere dall'imposizione le operazioni delle
stabili organizzazioni estere «attratte» nelle LIPE della casa madre
italiana per effetto dell'art. 192-bis della direttiva n. 112/06/CE e
dell'art. 54 del regolamento n. 282/2011, stante l'impossibilita' di
prospettare una interpretazione costituzionalmente orientata della
predetta norma e, in particolare, del comma 3 della stessa;
per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura in
cui non consente di tenere conto, nella determinazione della base
imponibile, della circostanza che la ricorrente ha cominciato in
concreto a svolgere la propria attivita' solo dal 1° gennaio 2021,
risultando quindi non effettivamente operativa nei primi tre mesi del
primo periodo di riferimento per il calcolo del contributo, stante
l'impossibilita' di prospettare una interpretazione
costituzionalmente orientata della predetta norma e, in particolare,
del comma 2 della stessa.
3. Ricostruzione del quadro normativo di riferimento
L'art. 37, decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con
modificazioni, in legge 20 maggio 2022, n. 51 (noto anche come
decreto «Ucraina Bis» o «Taglia Prezzi»), come modificato dall'art.
55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge
n. 91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022, ha
introdotto un contributo straordinario contro il caro bollette a
carico delle imprese operanti nel settore energetico. Tale norma e'
stata attuata, quanto agli adempimenti, dal provvedimento prot. n.
221978/2022 del 17 giugno 2022 del direttore dell'Agenzia delle
entrate e commentata dall'Agenzia delle entrate nelle circolari n.
22/E del 23 giugno 2022 e 25/E dell'11 luglio 2022.
Come si legge al comma 1 dell'art. 37 cit., il contributo in
esame e' stato istituito, «a titolo di prelievo solidaristico
straordinario», «al fine di contenere per le imprese e i consumatori
gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore
energetico».
Gli elementi essenziali del contributo individuati dal
legislatore sono i soggetti passivi e i criteri di determinazione
(base imponibile e aliquota).
Con riferimento ai soggetti passivi, il primo comma della norma
dispone che sono tali:
a) ai sensi del primo periodo, i soggetti che esercitano nel
territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni,
l'attivita' di produzione di energia elettrica, i soggetti che
esercitano l'attivita' di produzione di gas metano o di estrazione di
gas naturale, i soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas
metano e di gas naturale e i soggetti che esercitano l'attivita' di
produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi;
b) ai sensi del secondo periodo, i soggetti che, per la
successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia
elettrica, gas naturale o gas metano, prodotti petroliferi o che
introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da
altri Stati dell'Unione europea.
Come indica questa disposizione, i soggetti incisi dal contributo
sono individuati da un criterio puramente qualitativo, che e'
rappresentato dalla loro appartenenza ai mercati energetici nel
significato piu' ampiamente inteso, senza alcuna ulteriore
specificazione.
Peraltro, la legge n. 197/2022 ha integrato il comma di cui
sopra, precisando che «il contributo e' dovuto se almeno il 75 per
cento del volume d'affari dell'anno 2021 deriva dalle attivita'
indicate nei periodi precedenti».
Il secondo comma del citato art. 37 precisa che la base
imponibile e' costituita «dall'incremento del saldo tra le operazioni
attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre
2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre
2020 al 30 aprile 2021».
A tal fine, richiama quindi la disciplina in materia di IVA, e
nello specifico quella delle relative liquidazioni periodiche
(«LIPE»). Il concetto viene ribadito, ed anzi rafforzato, nella
circolare n. 22/E del 23 giugno 2022, ove l'Agenzia precisa che «dal
momento che il combinato normativo previsto ai commi 2 e 3 dell'art.
37 del decreto Ucraina fa espresso riferimento, ai fini del calcolo
della base imponibile del contributo straordinario, al totale delle
operazioni attive e passive indicate nelle LIPE per i periodi 1°
ottobre 2020 - 30 aprile 2021 e 1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022,
senza prevedere esclusioni, si ritiene che la norma non consenta
correzioni degli importi evidenziati nelle LIPE prese in
considerazione».
Va precisato che originariamente il periodo da prendere in
considerazione per il calcolo del saldo delle operazioni attive e
delle operazioni passive era previsto fino al 31 marzo,
rispettivamente del 2021 e 2022. Tale periodo e' stato esteso fino al
30 aprile dall'art. 55, decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd.
decreto «Aiuti»).
Sempre a mente dell'art. 37, comma secondo, cit., alla base
imponibile, costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni
attive e le operazioni passive riferite ai periodi sopra indicati, si
applica un'aliquota pari al 25%, «nei casi in cui il suddetto
incremento sia superiore a euro 5.000.000», mentre «il contributo non
e' dovuto se l'incremento e' inferiore al 10 per cento».
Va precisato che originariamente la norma prevedeva un'aliquota
del 10%, la quale e' stata aumentata al 25% dall'art. 55,
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd. decreto «Aiuti»).
Il comma terzo del citato art. 37 dispone che «ai fini del
calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle
operazioni attive, al netto dell'IVA, e il totale delle operazioni
passive, al netto dell'IVA, indicato nelle Comunicazioni dei dati
delle liquidazioni periodiche IVA, presentate, ai sensi dell'art.
21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per i periodi
indicati al comma 2». Tale norma e' stata dichiarata incostituzionale
con la gia' richiamata sentenza n. 111/2024 della Corte
costituzionale nella parte in cui prevede che «ai fini del calcolo
del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni
attive, al netto dell'IVA», anziche' «ai fini del calcolo del saldo
di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al
netto dell'IVA e delle accise versate allo Stato e indicate nelle
fatture attive».
Quanto alla territorialita', tale requisito e' stato interpretato
dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 22/E del 23 giugno
2022, la quale ha mutuato i suoi parametri applicativi direttamente
dall'IVA. Piu' in dettaglio, nella circolare n. 22/E l'Agenzia ha
chiarito che le operazioni non soggette a IVA per carenza del
presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies
del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, proprio
perche' non «rilevanti» ai fin dell'IVA, non rilevano nemmeno ai fini
della base imponibile del contributo.
L'11 luglio 2022, l'Agenzia delle entrate ha espresso un vero e
proprio ripensamento su quanto precedentemente affermato e, nella
successiva circolare n. 25/E, ha richiesto ai contribuenti lo sforzo
di individuare gli «acquisti afferenti» alle vendite estere e di
escludere queste ultime dalla base imponibile del contributo solo se
i correlati «acquisti afferenti» siano, a loro volta, esclusi dalla
base imponibile.
Tale interpretazione e' stata confermata dall'art. 1, comma 120,
lettera c), legge n. 197/2022, che ha introdotto nell'art. 37 cit. il
comma 3-ter, il quale prevede che «non concorrono alla determinazione
dei totali delle operazioni attive, di cui al comma 3, le operazioni
attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale,
ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se e nella misura in cui
gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti
ai fini dell'IVA».
Per completezza, si evidenzia che l'art. 1, comma 120, lettera
c), legge n. 197/2022 ha introdotto anche il comma 3-bis, secondo il
quale «non concorrono alla determinazione dei totali delle operazioni
attive e passive, di cui al comma 3, le operazioni di cessione e di
acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi
di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al
comma 1».
Il comma 5 dell'art. 37 cit., come modificato dall'art. 55
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd. decreto «Aiuti»), prevede
che il pagamento del contributo venga effettuato, a titolo di
acconto, per un importo pari al 40% di quanto dovuto, entro il 30
giugno 2022 e, per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre
2022.
Va evidenziato che il legislatore e' intervenuto sulla disciplina
dettata dall'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, addirittura prima
ancora che il decreto-legge n. 21/2022 venisse convertito in legge,
con il decreto-legge n. 50/2022 (c.d. decreto «Aiuti»), il quale,
come gia' sopra segnalato, ha esteso fino al 30 aprile il periodo da
prendere in considerazione per il calcolo del saldo delle operazioni
attive e delle operazioni passive, ha aumentato l'aliquota dal 10% al
25% ed ha previsto il pagamento di un acconto, pari al 40% di quanto
dovuto gia' entro il 30 giugno 2022, con pagamento del saldo entro il
30 novembre 2022.
In definitiva, all'esito delle modifiche introdotte dal decreto
«Aiuti», entrato in vigore nel maggio 2022, convertito in legge n.
91/2022, gli operatori interessati sono chiamati a corrispondere un
contributo pari non piu' al 10%, bensi' al 25% dell'incremento del
saldo delle operazioni attive e passive riferito al periodo dal 1°
ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1°
ottobre 2020 al 30 aprile 2021, il cui acconto del 40% e' stato
corrisposto entro il 30 giugno 2022.
Si e' visto poi che il legislatore e' nuovamente intervenuto
sull'art. 37 cit. con l'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022 (Legge
di bilancio 2023), prevedendo l'inapplicabilita' del contributo
laddove il volume d'affari dell'anno 2021 derivante dalle attivita'
indicate al comma 1 dell'art. 37 cit. sia inferiore al 75%, nonche'
due eccezioni rispetto alla determinazione delle operazioni attive e
passive, ai fini del calcolo della base imponibile, nello specifico,
con riguardo alle operazioni di cessione e di acquisto di azioni,
obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote
sociali che intercorrono tra i soggetti a carico dei quali e'
previsto il contributo (art. 37, comma 3-bis, decreto-legge n.
21/2022) ed alle operazioni attive non soggette a IVA per carenza del
presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies
decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972, «se e nella
misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente
non rilevanti ai fini dell'IVA» (art. 37, comma 3-ter, cit.).
4. Sulla rilevanza delle questioni di costituzionalita'
Ritiene il Collegio che le questioni di costituzionalita' sopra
evidenziate siano rilevanti ai fini della decisione del presente
giudizio, atteso che la presenza nell'ordinamento giuridico del
contributo di cui all'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito,
con modificazioni, in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55,
decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge n.
91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022, anche solo con
riferimento alle concrete modalita' di calcolo della base imponibile
per un ente economico che, come la ricorrente, opera tramite stabili
organizzazioni site all'estero ed ha iniziato effettivamente la
propria attivita' solo in data 1° gennaio 2021, osta al richiesto
rimborso.
5. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di
costituzionalita'
5.1. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37 cit. per
violazione degli articoli 53 e 42 Cost. e dell'art. 117 Cost. e, in
via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu.
Il Collegio condivide l'assunto della ricorrente secondo il quale
le conclusioni raggiunte sull'argomento dalla Corte costituzionale,
nella sentenza n. 111/2024, non risolvono le censure di
costituzionalita' da essa sollevate in relazione all'effetto
espropriativo del contributo in esame.
Si e' gia' chiarito che la Corte costituzionale, con la sentenza
n. 111/2024, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 37 decreto-legge n. 21/2022 sollevate nel
presente giudizio da questa Corte di giustizia di primo grado di
Roma, in riferimento agli articoli 3, 23, 41, 42, 53 e 117 della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 1 del Protocollo
addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ma si e'
comunque pronunciata sulla legittimita' costituzionale dell'art. 37
cit., a fronte delle eccezioni di incostituzionalita' sollevate, in
altri giudizi, dalla Corte di giustizia di primo grado di Milano, in
gran parte, ma non completamente, sovrapponibili a quelle eccepite
dalla ricorrente nell'odierno giudizio.
Pertanto, la citata decisione della Corte costituzionale e' stata
emessa con riguardo a posizioni contenzione diverse da quelle della
societa' ENI Global Energy Markets S.p.a.
Tale circostanza assume particolare rilievo proprio con
riferimento al rigetto della questione di costituzionalita' dell'art.
37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli 53 e 42
Cost. e dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo
protocollo Cedu, a fronte della dedotta natura espropriativa del
contributo, apparendo evidente che tale decisione della Corte
costituzionale e' modellata sui giudizi oggetto degli incidenti di
costituzionalita' dichiarati ammissibili e, cioe', di quelli avanzati
dalla Corte di giustizia tributaria di I grado di Milano, mentre la
posizione della societa' ENI Global Energy Markets S.p.a.,
caratterizzata dal fatto che il contributo di cui trattasi ha
integralmente eroso sia le ricchezze reddituali che quelle
patrimoniali della medesima, non e' stata specificamente vagliata
dalla Corte costituzionale, in quanto le questioni di
costituzionalita' formulate dalla Corte di giustizia tributaria di I
grado di Roma, tra cui quella ora in esame, sono state dichiarate
inammissibili.
Invero, la soluzione adottata nella citata sentenza, circa la
dedotta illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022 per violazione degli articoli 53 e 42 Cost. e dell'art. 117
Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, puo'
essere riassunta come segue:
una legge tributaria, anche retroattiva, non da' luogo a
un'espropriazione di proprieta' privata, ma solo ad una obbligazione
pecuniaria verso lo Stato o altro ente pubblico;
quando si discute di tributi, non opera il limite «esterno»
di cui al principio della tutela proprietaria di cui all'art. 42
Cost., perche' lo stesso principio di capacita' contributiva di cui
all'art. 53 Cost. (unitamente all'art. 3 Cost., trattandosi
certamente di questione che attiene alla ragionevolezza del prelievo)
reca un limite «interno» ostativo all'introduzione di tributi la cui
misura si riveli irrazionale e arbitraria;
le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo sugli
effetti espropriativi dei tributi non sono applicabili al contributo
perche' si trattava di situazioni estreme nelle quali le imposte
censurate avevano dato luogo ad un incremento di aliquota che elevava
al 98% l'imposizione marginale sulle buonuscite dei dipendenti
pubblici con un «effetto sorpresa», posto che la norma si applicava
retroattivamente;
i remittenti della Corte di giustizia tributaria di I grado
di Milano, per argomentare nel senso che il contributo sortiva
effetti espropriativi, avevano assunto come parametro di riferimento
«l'utile dell'anno precedente», non coerente con le suddette
argomentazioni e, quindi, non sufficiente a giustificare la sua
rilevanza nei medesimi contenziosi.
Tale soluzione e' stata elaborata in relazione a casi
radicalmente diversi rispetto da quello della ENI Global Energy
Markets S.p.a., non specificamente preso in esame dalla Corte
costituzionale, per i motivi di cui si e' detto.
Ne deriva, pertanto, la necessita' di riproporre la questione
alla Corte costituzionale, questa volta con riferimento alla
specifica situazione della societa' ENI Global Energy Markets S.p.a.
Preliminarmente, va precisato che l'effetto espropriativo di un
prelievo puo' misurarsi su due diversi valori: da un lato, quello
patrimoniale, che e' statico, poiche' guarda alle ricchezze
patrimoniali che devono essere erose, cioe' smobilizzate, per
adempiere all'obbligazione; dall'altro, quello reddituale, che e'
invece dinamico, poiche' guarda all'incidenza del costo di quella
obbligazione rispetto ai guadagni, che nel caso degli enti economici
sono gli utili che vengono erosi da quel costo.
Per valutare l'impatto che un onere ha sulle ricchezze
patrimoniali, che sono quelle che devono essere smobilizzate per
adempiere all'obbligazione, devono ovviamente ricercarsi le ricchezze
patrimoniali esistenti al momento in cui l'obbligazione insorge: e
tali ricchezze non possono che essere quelle «fotografate»
dall'ultimo bilancio approvato.
Nel caso del contributo in esame, che e' un onere riferito (sia
per competenza che per cassa) all'anno 2022, le ricchezze
patrimoniali erose dall'onere in parola non possono che essere quelle
cristallizzate nell'ultimo bilancio, e cioe' quelle in essere al 31
dicembre 2021.
Diversamente, per valutare l'impatto che un onere ha sulle
ricchezze reddituali di un ente, devono ricercarsi le ricchezze in
corso di formazione quando l'obbligazione insorge. Proprio alla luce
della natura dinamica di questo secondo parametro, al fine di
verificare se un onere ha eroso gli utili di periodo, non puo' che
aversi riguardo, come la stessa Corte costituzionale afferma, ai
risultati reddituali di quel periodo i quali, naturalmente, emergono
solo alla fine dell'esercizio, quando l'ente puo' verificare se il
totale delle componenti reddituali positive sia stato sufficiente per
coprire quell'onere o se esso le abbia erose tutte.
Nel caso del contributo in esame, che, come visto, e' un onere
riferito (sia per competenza che per cassa) all'anno 2022, le
ricchezze reddituali erose dall'onere in parola non possono che
essere quelle risultanti dal bilancio di competenza del prelievo, e
cioe' quelle in essere al 31 dicembre 2022.
Tanto premesso, non vi e' dubbio che nel caso di specie entrambe
le verifiche - sia quella patrimoniale, sia quella reddituale -
dimostrano che il contributo in esame ha completamente eroso sia le
ricchezze patrimoniali, sia quelle reddituali della ricorrente.
Sotto il profilo patrimoniale, nel caso di specie, il contributo,
che ammonta a complessivi euro 507.782.828,10 (il cui acconto del
40%, pari ad euro 203.113.131,24, e' oggetto della domanda di
rimborso di cui e' causa), finisce per erodere tutto il patrimonio
netto sociale risultante dall'ultimo esercizio concluso (2021), pari
ad euro 300.448.150,00.
Cio' e' tanto piu' vero se si considera che, proprio a causa del
contributo, il socio Eni S.p.a. si e' visto costretto a
ricapitalizzare l'ENI Global Energy Markets S.p.a., per evitare di
incorrere nelle conseguenze di cui all'art. 2447 del codice civile.
Il verbale di assemblea straordinaria del 3 agosto 2022 attesta
tale ricapitalizzazione ed evidenzia che: «Per la societa' l'importo
del contributo ascende ad euro 507.782.828,11 e, tenuto conto del
positivo risultato semestrale ante contributo di 103.331.723,36,
comporta l'iscrizione di una perdita netta di euro -404.451.104,75 al
30 giugno 2022, superiore al valore del patrimonio netto alla stessa
data, quale risultante dalla situazione patrimoniale e dalla
relazione degli amministratori che si allegano al presente atto sotto
la lettera "A" e che si sottopongono all'approvazione dell'assemblea.
Sussistendo le condizioni previste dall'art. 2447 del codice civile
si e' dunque reso necessario convocare la presente assemblea per
l'adozione dei relativi provvedimenti».
Invero, dalla relazione allegata al predetto verbale di
assemblea, il versamento del contributo ha comportato un decremento
del patrimonio netto della ricorrente pari ad euro 404.446.000,00,
tant'e' che tale patrimonio netto, che al 31 dicembre 2021 era pari
ad euro 300.448.150,00, registrava al 30 giugno 2022 un valore
negativo di euro 103.989.000,00, con conseguente necessita' di
ricapitalizzazione. Pertanto, alla «morte economica» della ricorrente
hanno dovuto far fronte i soci, mediante un nuovo apporto di capitale
(e cioe' nuovi beni), essendo stati i beni precedenti integralmente
consumati dall'imposta.
Sotto il profilo reddituale, il contributo in esame ha eroso
anche tutti i guadagni del 2022.
La contribuzione straordinaria della ricorrente nel 2022 ammonta
a complessivi euro 527.387.519,00 (riferibili al contributo per euro
507.782.828,10 ed al nuovo contributo di solidarieta' di cui all'art.
1, comma 115, legge n. 197/2022 per il residuo) ed ha comportato
l'erosione di tutto il risultato ante imposte, circostanza di cui da'
atto il bilancio 2022 della ricorrente.
La straordinaria ed ingiustificata gravosita' del contributo in
esame appare ben rappresentata dalla circostanza che le imposte
correnti per il 2021 erano risultate pari ad euro 37.632.000,00,
mentre il medesimo valore per il 2022 e' diciassette volte piu' alto
e pari a complessivi euro 639.666.000,00, dei quali euro
507.782.828,10 solo a titolo di contributo.
A conferma del denunciato effetto espropriativo del contributo,
deve rilevarsi che lo stesso legislatore, nel delineare gli elementi
essenziali del «nuovo» contributo sulle imprese energetiche,
anch'esso gravante sui risultati realizzati nell'anno 2022,
introdotto dall'art. 1, commi 115 e ss., legge n. 197/2022 (legge di
bilancio 2023), si e' premurato di introdurre una soglia massima di
importo dovuto a titolo di «nuovo» contributo, pari al 25% del valore
del patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio antecedente
a quello in corso al 1° gennaio 2022.
5.1.1. La violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost.
Si e' gia' detto che la stessa Corte costituzionale, nella citata
sentenza n. 111/2024, ha affermato che, in tema di tributi, non opera
il limite «esterno» di cui al principio della tutela proprietaria di
cui all'art. 42 Cost., perche' lo stesso principio di capacita'
contributiva di cui all'art. 53 Cost. (unitamente all'art. 3 Cost.,
trattandosi certamente di questione che attiene alla ragionevolezza
del prelievo) reca un limite «interno» ostativo all'introduzione di
tributi la cui misura si riveli irrazionale e arbitraria.
Nelle parole della Consulta, l'effetto espropriativo del tributo
e' quindi un profilo che attiene alla razionalita' del medesimo,
preservata dagli articoli 3 e 53 Cost., e concerne in particolare il
risvolto economico del prelievo sul contribuente.
L'argomento non e' nuovo, tant'e' che anche in altre pronunce la
Consulta, pur tracciando un confine che tende ad esaurire il
sindacato di costituzionalita' dei tributi all'interno dell'art. 53
Cost., rispetto al quale non troverebbero ingresso i profili di
costituzionalita' relativi al diritto di proprieta', ha sempre
mantenuto fermo il suo controllo «sotto il profilo della assoluta
arbitrarieta' od irrazionalita' della misura dell'imposizione», pur
riconducendo tale controllo allo stesso principio di capacita'
contributiva e di ragionevolezza del tributo.
E' tuttavia chiaro che, per sindacare l'irragionevolezza di un
prelievo in relazione al riflesso economico che esso sortisce su un
contribuente, l'analisi di costituzionalita' non puo' sottrarsi ad un
esame caso per caso, in relazione alla posizione dei singoli
contribuenti incisi.
Orbene, non vi e' dubbio che il contributo in esame, nei suoi
riflessi economici sulla ricorrente ENI Global Energy Markets S.p.a.
e' del tutto privo di razionalita' e, quindi, la violazione degli
articoli 3 e 53 Cost. e' manifesta.
In primo luogo, si e' gia' detto che il contributo, cosi' come
applicato all'ENI Global Energy Markets S.p.a., ha, da solo, eroso
tutto il patrimonio netto sociale, tutto il risultato operativo e
tutto l'utile ante imposte 2021, nonche' tutto l'utile 2022, elevando
il tax rate di quest'ultimo esercizio al 142%.
Invero, come rappresentato nel ricorso e documentato negli
allegati prospetti contabili, le evidenze contabili della ricorrente
mostrano un margine di contribuzione della societa' ai fini delle
imposte dirette pari a 139 milioni circa nel periodo ottobre
2020-aprile 2021 ed a 197 milioni circa nel periodo ottobre
2021-aprile 2022. L'incremento tra i due valori, e cioe' il preteso
«sovraprofitto», e' dunque pari al 40%.
Di contro, il calcolo della base imponibile ai fini del
contributo restituisce un risultato ben venti volte superiore a
quest'ultimo: il «profitto» (cioe' il differenziale tra saldi IVA)
realizzato nel primo periodo risulta pari a circa 771 milioni, mentre
il medesimo valore in relazione al secondo periodo e' pari a circa
7.142 milioni. L'incremento tra i due valori, e cioe' il preteso
«sovraprofitto», e' dunque pari all'irrealistica percentuale
dell'800%.
Appare pertanto evidente che l'importo pagato dall'ENI Global
Energy Markets S.p.a. a titolo di contributo non ha nulla di
razionale, se contestualizzato nei suoi dati contabili e fiscali di
periodo, ed ha un effetto sostanzialmente espropriativo.
Peraltro, va detto che il divieto di imposte confiscatorie puo'
anche essere fatto derivare da un'altra lettura dell'art. 53 Cost.,
legata al concetto di «minimo vitale»: si tratta di una ulteriore
questione che la Consulta non ha affrontato specificamente nella
sentenza n. 111/2024 e che merita, quindi, di essere specificamente
sottoposta al suo vaglio.
Emerge dai lavori della Assemblea costituente che era stato
proposto di inserire nell'art. 53 Cost. la precisazione secondo cui
l'obbligo di contribuzione alle spese pubbliche faceva «salve le
esenzioni determinate dalla necessita' di assicurare a ciascuno la
soddisfazione dei bisogni indispensabili alla esistenza», ma tale
formula non fu inserita in quanto ritenuta implicita nel concetto
stesso di capacita' contributiva espresso nell'art. 53.
Si legge, infatti, sempre nei lavori preparatori, che «Tale
formula (della capacita' contributiva) contiene gia' in germe l'idea
delle limitazioni e delle esenzioni per il fatto che colui il quale
dovrebbe contribuire non ha capacita' contributiva...».
I costituenti, pur esaminando tale questione nell'ambito del tema
del c.d. «minimo vitale» (che ha intuitive analogie con quello
dell'imposizione espropriativa), avevano quindi ben in mente
l'intenzione di costruire un sistema fiscale che non si risolvesse in
una privazione iniqua e sproporzionata dei beni dei contribuenti.
Secondo il principio del c.d. «minimo vitale», il livello
complessivo di imposizione non puo' mai compromettere i mezzi di
sostentamento dei singoli individui per la soddisfazione di bisogni
esistenziali primari. Una parte della dottrina ritiene applicabile
questo principio non solo alle persone fisiche, ma anche agli enti
collettivi. Ed infatti, se e' pur vero che la Carta costituzionale
repubblicana e' incentrata prevalentemente sulla figura della
«persona umana», e' allo stesso tempo vero che tale concezione
risulta superata dalla centralita' che hanno acquisito negli anni le
varie «formazioni sociali» che trovano, nonostante la gia'
sottolineata centralita' della persona umana, un importantissimo
riconoscimento nell'art. 2 Cost, ove viene stabilito che i diritti
inviolabili ed i doveri inderogabili di solidarieta' politica,
economica e sociale dello Stato vengono riconosciuti e garantiti
all'uomo «sia come singolo sia nelle formazioni sociali».
In questa accezione, un tributo che cagiona la «morte economica»
di un ente e' due volte incostituzionale: la prima, perche' e'
incapace di costruire un prelievo che misura in maniera razionale la
ricchezza assoggettata ad imposizione; la seconda, perche' priva il
contribuente-ente collettivo di tutti i suoi mezzi, mettendo a
repentaglio la sua stessa «sopravvivenza».
L'incostituzionalita' degli effetti confiscatori del contributo
emerge anche se si ricostruisce l'argomentazione da altra
prospettiva, che non guarda agli articoli 3 e 53 Cost., bensi'
all'art. 42 Cost. e che parte dall'assunto che un prelievo
integralmente confiscatorio, quale e' il contributo per la
ricorrente, perde la sua natura tributaria, con la conseguenza che il
presidio di cui all'art. 53 Cost. non e' piu' invocabile, mentre
riacquista vigore quello di cui all'art. 42 Cost., che si applica -
per l'appunto - a tutte le prestazioni diverse da quelle impositive.
Invero, se un prelievo ha effetti ablativi integrali delle
sostanze del soggetto inciso non e' piu' un tributo. Esso travalica
quindi i limiti dell'art. 53 Cost., perde la natura di onere fiscale
e diviene una prestazione patrimoniale diversa e priva di causa (non
e' sinallagmatica, ne' risarcitoria, ne' indennitaria) e si risolve
per cio' solo in una prestazione illegittima.
In quanto tale, essa si scontra frontalmente con l'art. 42 Cost.
che, a questo punto, riacquista pieno vigore: se anche si accetta -
come fa parte della dottrina - che quest'ultima norma non limita il
potere impositivo, e' di contro pacifico che essa limita il potere
dello Stato di imporre prestazioni aventi causa diversa da quella
tributaria, quale e' - lo si e' appena detto - un prelievo
confiscatorio.
Viene cosi' in rilievo anche tutta quella giurisprudenza
costituzionale in materia di prestazioni patrimoniali non tributarie
che, con fermezza, ritiene che tali prestazioni sono soggette a
precisi limiti, nella consapevolezza che «il legittimo sacrificio che
puo' essere imposto in nome dell'interesse pubblico non puo' giungere
sino alla pratica vanificazione dell'oggetto del diritto di
proprieta'» (sent. n. 348/2007, nella quale la Corte ha riconosciuto
che un sacrificio che incide sull'oggetto del diritto in una misura
oscillante tra il 60 e il 76 per cento non supera il controllo di
costituzionalita' ed e' superiore alla soglia accettabile di
espropriazione legittima).
5.1.2. La violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata,
dell'art. 1 del primo protocollo Cedu.
E' indubbio che gli effetti manifestamente espropriativi prodotti
dal contributo in esame si riverberano sulla violazione anche
dell'art. 1 del primo protocollo Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
cosi' come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Infatti, proprio nella materia tributaria, la Corte europea dei
diritti dell'uomo ha dichiarato illegittimi tributi che sortivano
effetti espropriativi: il riferimento e', in particolare, alla causa
N.K.M. vs. Hungary, sentenza del 14 maggio 2013, ove si legge che «la
soglia applicabile nella presente causa e' superiore a HUF 3,5
milioni, gli importi del trattamento di fine rapporto che scendono al
di sotto di questa soglia sono soggetti all'aliquota generale
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche del 16%. Nel caso
della ricorrente, cio' comportava un onere fiscale complessivo di
circa il 52%».
Nella sentenza n. 111/2024, la Consulta ha esaminato tale
pronuncia e ha ritenuto che essa non fosse invocabile nei casi
sottoposti al suo vaglio e dichiarati ammissibili. Cio' in quanto
quella sentenza e le altre analoghe citate dai ricorrenti avevano ad
oggetto situazioni estreme nelle quali le imposte censurate avevano
dato luogo ad un incremento di aliquota che elevava al 52%
l'imposizione marginale complessiva e al 98% l'imposizione marginale
sullo specifico componente reddituale, che era la buonuscita dei
dipendenti pubblici, peraltro con un «effetto sorpresa» posto che la
norma si applicava retroattivamente.
Ancora una volta, la Consulta ha posto l'accento sull'effetto
confiscatorio in concreto, cioe' su quello prodotto e documentato
nelle specifiche controversie sottoposte al suo vaglio dalla Corte di
giustizia tributaria di I grado di Milano (e dichiarate ammissibili).
E, nel procedere a questo esame, la stessa Consulta ha concluso che
tali situazioni non erano assimilabili e quelle oggetto delle
sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo perche', nei casi
originati dai contenziosi milanesi, l'effetto confiscatorio non aveva
dato luogo ad una «situazione estrema» e, prima ancora, tale effetto
non era stato comprovato, oltre che parametrato a valori contabili
ritenuti inconferenti allo scopo (l'utile 2021).
Orbene, alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, appare
evidente che nella specifica situazione dell'ENI Global Energy
Markets S.p.a., non esaminata dalla Corte costituzionale, sono
ravvisabili proprio quelle «situazioni estreme» idonee a far ritenere
la natura espropriativa dell'imposta in argomento.
Infatti, si e' gia' piu' volte osservato che, nella fattispecie
in esame, l'applicazione del contributo ha determinato l'interale
erosione (100%) del patrimonio e del reddito della ricorrente.
Se gia' una contribuzione specifica del 98% e complessiva del 52%
e' sufficiente per la Corte europea dei diritti dell'uomo al fine di
quantificare un prelievo come «espropriativo», vieppiu' deve esserlo
una contribuzione che, come in questo caso, determina sostanzialmente
la «morte economica» dell'ente.
Il trascritto principio si rinviene, oltre che nelle sentenze
della Corte europea dei diritti dell'uomo gia' citate nell'atto di
costituzione della societa', anche nella giurisprudenza piu' recente
della medesima Corte.
Il riferimento e' alla pronuncia del 7 dicembre 2023 nel caso
Waldner contro Francia, ove la Corte europea dei diritti dell'uomo ha
nuovamente ricordato, al punto 42, che «qualsiasi ingerenza, compresa
quella derivante da una misura diretta ad assicurare il pagamento di
un'imposta, deve garantire un "giusto equilibrio" tra gli imperativi
dell'interesse generale e quelli della tutela dei diritti
fondamentali dell'individuo (SA Dangeville contro Francia, n.
36677/97, § 52, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali 2002 - III, e «Bulves» AD
contro Bulgaria , n . 3991/03, § 62, 22 gennaio 2009). La ricerca di
tale equilibrio si riflette nella struttura dell'art. 1 nel suo
complesso, quindi anche nel secondo comma; deve esistere un
ragionevole rapporto di proporzionalita' tra i mezzi impiegati e lo
scopo perseguito».
Invero, la Corte europea dei diritti dell'uomo, pur riconoscendo
la piena discrezionalita' degli Stati nell'imporre misure fiscali, ha
chiarito che resta fermo il suo sindacato sulla proporzionalita'
delle misure tributarie, al fine di verificare se esse siano fondate
su una «"base ragionevole", tale da garantire un giusto equilibrio
tra gli imperativi dell'interesse generale e quelli della tutela dei
diritti fondamentali dell'individuo».
Ma nel caso del contributo, e' acclarato - ed anzi riconosciuto
dalla stessa Corte costituzionale, al punto 8.3. della sentenza n.
111/2024 - che esso non supera il test della connessione razionale e
della proporzionalita': la violazione del principio del «giusto
equilibrio» sancito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e'
manifesta, come pure e' manifesta, conseguentemente, la violazione
del primo protocollo, alla luce degli innegabili effetti confiscatori
che detto contributo, proprio a causa della sua irrazionalita', ha
provocato in capo alla ricorrente.
Analoghe considerazioni possono essere svolte sulla
retroattivita' della misura.
Occorre infatti ricordare che l'imposta in esame assume come
ricchezza tassabile un differenziale calcolato sul fatturato IVA
relativo al periodo ottobre 2021 - aprile 2022 (confrontato con il
precedente periodo ottobre 2020 - aprile 2021). Tuttavia, esso e'
entrato in vigore il 22 marzo 2022, con il decreto-legge n. 21/2022,
peraltro subendo modifiche molto rilevanti - tra le quali
l'incremento dell'aliquota, che e' piu' che raddoppiata, passando dal
10% al 25% - il 18 maggio 2022 con il decreto-legge n. 50/2022 (c.d.
decreto «Aiuti»).
Pertanto, la retroattivita' del prelievo e' di tutta evidenza:
esso infatti grava su una ricchezza che, semmai si e' formata, lo ha
fatto ben prima della sua entrata in vigore.
In proposito, e' opportuno sottolineare che la Corte europea dei
diritti dell'uomo, valorizzando il tema della prevedibilita' dei
precetti normativi, ha censurato ad ampio spettro l'illegittimo
«effetto sorpresa» delle misure fiscali introdotte ex post,
ritenendolo contrario all'art. 1 del primo protocollo Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali a tutela del diritto di proprieta', non solo nella gia'
citata pronuncia ungherese, ma anche in molte altre.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha peraltro esteso la
necessaria prevedibilita' a tutti gli elementi del tributo rilevanti
ai fini della sua determinazione: basti il riferimento alla gia'
citata pronuncia ungherese, nella quale la Corte ha finanche ritenuto
che l'imposizione sul TFR introdotta dopo la sua erogazione non fosse
legittima in quanto emanata dopo la conclusione del rapporto di
lavoro, rapporto che aveva inciso esso stesso sulla quantificazione
della base imponibile dell'imposta introdotta ex post.
5.2. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge
n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura
in cui non consente di escludere dall'imposizione le operazioni delle
stabili organizzazioni estere «attratte» nelle LIPE della casa madre
italiana per effetto dell'art. 192-bis della direttiva n. 112/06/CE e
dell'art. 54 del regolamento n. 282/2011, stante l'impossibilita' di
prospettare una interpretazione costituzionalmente orientata della
predetta norma e, in particolare, del comma 3 della stessa.
Come rappresentato nel ricorso, la societa' ENI Global Energy
Markets S.p.a. opera attraverso tre stabili organizzazioni all'estero
ubicate in Belgio, Regno Unito e Singapore.
Tali stabili organizzazioni hanno rilevanza ad ogni effetto
fiscale, anche ai fini dell'IVA. Infatti, ai sensi del combinato
disposto degli articoli 192-bis della direttiva 2006/112/CE e 54 del
regolamento n. 282/2011, se nel luogo in cui «e' dovuta l'IVA» esiste
la casa madre, quest'ultima dovra' accentrare presso di se' tutti gli
obblighi relativi alle operazioni aventi rilevanza territoriale in
Italia, e cio' anche nei casi in cui le operazioni siano
pacificamente riferibili alla sua stabile organizzazione estera e
all'attivita' esercitata da quest'ultima.
Pertanto, per effetto di tali norme, le operazioni attive
imputabili all'attivita' svolta dalle stabili organizzazioni estere,
e cioe' all'attivita' svolta tramite strutture e mezzi umani e
tecnici delle stabili stesse (art. 53 del regolamento UE n.
282/2011), se sono territorialmente rilevanti in Italia ai fini
dell'IVA devono essere fatturate dalla casa madre italiana.
Le LIPE della casa madre saranno quindi destinate ad accogliere
non solo le operazioni attive (leggasi, «i profitti») effettuate
dall'attivita' della casa madre, ma anche le operazioni attive
(leggasi, «i profitti») imputabili all'attivita' esercitata dalle
proprie stabili organizzazioni che hanno rilevanza territoriale in
Italia ai fini IVA.
Quanto sopra vale solo con riferimento alle operazioni effettuate
dalle stabili organizzazioni, e non a quelle ricevute. Il fatturato
passivo delle stabili organizzazioni, infatti, non influenza in alcun
modo i registri e le LIPE della casa madre, rimanendo imputato a
tutti gli effetti di legge alle stabili stesse.
Ne consegue che le LIPE della casa madre ENI Global Energy
Markets S.p.a. risultano «inquinate» da molteplici operazioni attive
che non sono riferibili ad ENI Global Energy Markets S.p.a., ma alle
proprie stabili organizzazioni estere.
Si tratta pacificamente di operazioni riferibili alla attivita'
esercitata all'estero dalla stabile organizzazione, che solo per
effetto delle norme IVA si ritrovano ad essere indicate nel volume
d'affari della casa madre, nonostante essa sia rimasta del tutto
estranea alla loro effettuazione.
Viceversa, nelle medesime LIPE non confluiscono le operazioni
passive delle stabili organizzazioni estere, le quali, a differenza
di quelle attive, non ricadono nella menzionata regola
dell'«attrazione».
Orbene, l'effetto distorsivo determinato dall'inclusione nella
base imponibile del contributo di tale fatturato attivo riferibile
alle attivita' esercitate all'estero dalle stabili organizzazioni,
determina un profilo di incostituzionalita' dell'art. 37,
decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost.
Si tratta, infatti, di una manifesta irragionevolezza causata
proprio dall'applicazione delle norme IVA alla base imponibile del
contributo senza un doveroso coordinamento tra le due imposte, atteso
che le norme IVA hanno logiche del tutto avulse da qualsivoglia
individuazione di un profitto, o sovraprofitto, o anche solo di un
preteso «vantaggio economico».
Infatti, il fatturato attivo riferibile alle stabili
organizzazioni estere che influenza le LIPE della ricorrente:
anche in base alla disciplina IVA, non e' un riferibile
all'attivita' della ricorrente, ma a quella delle sue stabili
organizzazioni estere, restando «attratto» nelle LIPE della
ricorrente solo per effetto dell'applicazione delle norme IVA;
non e' in alcun modo rappresentativo di un incremento del
saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive: se infatti le
operazioni passive riferibili a quella medesima attivita' non sono
imputate alla casa madre, ma «restano» sulle sue stabili
organizzazioni, davvero non si vede come possa calcolarsi un saldo,
che presuppone sotto un profilo logico, prima ancora che giuridico,
un confronto tra due volumi correlati (il fatturato attivo e quello
passivo);
ha dirette ripercussioni anche sulla coerenza della
quantificazione della base imponibile che, se calcolata avendo
riguardo al solo fatturato attivo della stabile organizzazione e non
a quello passivo, si rivela del tutto inidonea ad isolare quel
«sovraprofitto» che il legislatore intende - implicitamente ma
chiaramente - assoggettare ad imposizione.
La ricorrente ha proposto una interpretazione costituzionalmente
orientata dell'art. 37, comma 3, decreto-legge n. 21/2022, secondo la
quale, ai fini del calcolo del contributo dovuto, dovrebbero essere
espunte tutte le operazioni attive «attratte» presso la casa madre,
ma pacificamente riferibili alle proprie stabili organizzazioni
estere.
Nel caso di specie, poiche' il saldo delle operazioni attive
delle stabili organizzazioni «attratte» nelle LIPE della casa madre,
secondo i calcoli della ricorrente, ammonterebbe a complessivi euro
4.069.093.706,20, mentre la base imponibile del contributo versato
dall'ENI Global Energy Markets S.p.a. sarebbe pari ad euro
2.031.131.312,43, l'espunzione da tale imponibile delle operazioni
«attratte» (oltre 4 milioni) restituirebbe un risultato negativo, con
conseguente illegittimita' integrale del contributo versato.
A sostegno di tale interpretazione, la ricorrente ha evidenziato
che l'Agenzia delle entrate, nelle gia' menzionate circolari n. 22/E
e n. 25/E del 2022, ha riconosciuto, con riferimento alle operazioni
attive extraterritoriali, che si deve derogare al criterio di
determinazione della base imponibile in conformita' alle LIPE quando
cio' si rivela necessario per «ragioni di simmetria». E' quindi
evidente che la stessa Agenzia delle entrate riconosce che possono
apportarsi correttivi alla base imponibile del contributo quando essa
determina delle manifeste «asimmetrie»; asimmetrie costituite, in
particolare, dalla ricomprensione nelle LIPE - e quindi nei fattori
rilevanti per la determinazione del contributo - solo delle
operazioni attive, senza che rilevino le corrispondenti operazioni
passive.
Ma la «asimmetria» che deriva dal concorso delle operazioni
«attratte» nella base imponibile del contributo e' autoevidente.
Invero, solo il fatturato attivo e' influenzato da tali voci di
costo, senza un «simmetrico» bilanciamento nel fatturato passivo, che
invece e' privo di tali valori, i quali rimangono imputati alle
stabili organizzazioni estere. Cosi', concorre al contributo un
componente attivo che, pacificamente, non e' bilanciato da un
correlato componente negativo.
Vi sarebbe dunque spazio per accedere ad un'interpretazione
costituzionalmente orientata della norma che escluda le operazioni
«attratte» dal calcolo del contributo, senza sconfessare - ed anzi,
avallando - i principi «di simmetria» che lo stesso ufficio ha gia'
richiamato, sebbene ad altri fini, nell'interpretazione dell'art. 37
cit.
Tuttavia, il Collegio non condivide tale assunto.
Si e' gia' osservato che il secondo comma del citato art. 37
precisa che la base imponibile e' costituita «dall'incremento del
saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al
periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del
periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021».
A tal fine, richiama quindi la disciplina in materia di IVA, e
nello specifico quella delle relative liquidazioni periodiche
(«LIPE»). Il concetto viene ribadito, ed anzi rafforzato, nella
circolare n. 22/E del 23 giugno 2022, ove l'Agenzia precisa che «dal
momento che il combinato normativo previsto ai commi 2 e 3 dell'art.
37 del decreto Ucraina fa espresso riferimento, ai fini del calcolo
della base imponibile del contributo straordinario, al totale delle
operazioni attive e passive indicate nelle LIPE per i periodi 1°
ottobre 2020 - 30 aprile 2021 e 1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022,
senza prevedere esclusioni, si ritiene che la norma non consenta
correzioni degli importi evidenziati nelle LIPE prese in
considerazione».
Il comma terzo del citato art. 37 dispone che «ai fini del
calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle
operazioni attive, al netto dell'IVA, e il totale delle operazioni
passive, al netto dell'IVA, indicato nelle comunicazioni dei dati
delle liquidazioni periodiche IVA, presentate, ai sensi dell'art.
21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per i periodi
indicati al comma 2». Tale norma e' stata dichiarata incostituzionale
con la gia' richiamata sentenza n. 111/2024 della Corte
costituzionale nella parte in cui prevede che «ai fini del calcolo
del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni
attive, al netto dell'IVA», anziche' «ai fini del calcolo del saldo
di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al
netto dell'IVA e delle accise versate allo Stato e indicate nelle
fatture attive».
L'art. 1, comma 120, lettera c), legge n. 197/2022, ha introdotto
nell'art. 37 cit. il comma 3-bis, secondo il quale «non concorrono
alla determinazione dei totali delle operazioni attive e passive, di
cui al comma 3, le operazioni di cessione e di acquisto di azioni,
obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote
sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1», ed il
comma 3-ter, il quale prevede che «non concorrono alla determinazione
dei totali delle operazioni attive, di cui al comma 3, le operazioni
attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale,
ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se e nella misura in cui
gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti
ai fini dell'IVA».
La normativa non prevede ulteriori esclusioni dalla base
imponibile, oltre a quelle espressamente previste.
Pertanto, non appare possibile effettuare una interpretazione
costituzionalmente orientata che sia rispettosa del testo letterale
della norma, tenuto conto che «la lettera della norma costituisce il
limite cui deve arrestarsi anche l'interpretazione costituzionalmente
orientata dovendo, infatti, essere sollevato l'incidente di
costituzionalita' ogni qual volta l'opzione ermeneutica supposta
conforme a Costituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale
della norma stessa» (Cass., S.U. 1° giugno 2021, n. 15177; nello
stesso senso Corte costituzionale sentenze n. 78 del 2012; n. 49 del
2015; n. 36 del 2016 e n. 82 del 2017, ricordate da Cassazione, S.U.,
22 marzo 2019, n. 8230).
5.3. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge
n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura
in cui non consente di tenere conto, nella determinazione della base
imponibile, della circostanza che la ricorrente ha cominciato in
concreto a svolgere la propria attivita' solo dal 1° gennaio 2021,
risultando quindi non effettivamente operativa nei primi tre mesi del
primo periodo di riferimento per il calcolo del contributo, stante
l'impossibilita' di prospettare una interpretazione
costituzionalmente orientata della predetta norma e, in particolare,
del comma 2 della stessa.
Come risulta dal ricorso e dalla documentazione allegata, ENI
Global Energy Markets S.p.a. e' la societa' «captive» del Gruppo Eni
che opera nel trading nei mercati internazionali di gas, power, CO2,
GNL e Oil derivatives, garantendo un approccio globale e integrato
che viene rinforzato dalle relazioni e dall'ampio portafoglio di
asset di Eni.
Il business di ENI Global Energy Markets S.p.a. origina dalla
scissione parziale di Eni Trading & Shipping S.p.a. (ETS), avente
efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2021, data in cui la ricorrente,
quale societa' beneficiaria della predetta scissione, ha pertanto
iniziato ad operare.
Il pieno esercizio dell'attivita' da parte della ricorrente si e'
tuttavia di fatto realizzato solo dal 1° luglio 2021 a seguito della
riallocazione in Italia dell'attivita' gia' svolta dalla stabile
organizzazione belga, il cosiddetto «South Desk», concernente le
operazioni di trading delle attivita' gas per il Sud Europa.
La riallocazione e' avvenuta sulla base di un Accordo unilaterale
con l'amministrazione finanziaria Belga finalizzato in data 23 marzo
2021 volto a disciplinarne la exit tax.
Sebbene la ricorrente abbia sostanzialmente avviato l'attivita'
solo il 1° gennaio 2021, il calcolo del contributo dovuto si basa sul
raffronto delle attivita' svolte nel periodo ottobre 2021 - aprile
2022, con quelle svolte nel periodo ottobre 2020 - aprile 2021,
periodo nel quale la societa' non era pienamente operativa.
Come si e' gia' rilevato, la base imponibile del contributo e'
costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le
operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30
aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30
aprile 2021.
Tale definizione, tuttavia, non tiene conto della situazione
particolare in cui versano quelle societa', come la ricorrente, che
nel primo periodo 1° ottobre 2020 - 30 aprile 2021 non erano
costituite o, pur essendo formalmente costituite, non erano ancora
pienamente operative.
Per queste societa' l'intero saldo tra operazioni attive e
operazioni passive nel periodo 1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022
rischia di essere assoggettato a prelievo poiche' nel precedente
periodo di riferimento il corrispondente saldo e' pari a zero o
comunque di scarsissimo valore: e cio' benche' ad esso non
corrisponda una operativita' effettiva.
Tale situazione provoca un effetto distorsivo sul contributo
dovuto che non trova alcuna giustificazione ne' sotto un profilo
logico, ne' sotto un profilo giuridico. Alle societa' neocostituite o
non operative non puo', infatti, essere ascrivibile alcun profitto
straordinario rispetto al precedente periodo di riferimento, dal
momento che nel secondo periodo (i.e. l'unico in cui le societa'
operano) esse realizzano un profitto che non potra' essere
qualificato ne' come sovra - ne' come sotto - profitto, non potendo
essere parametrato a nessuna altra situazione pregressa.
Emerge quindi un profilo di illegittimita' costituzionale della
norma, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., non potendosi
ritenere conforme a Costituzione un sistema impositivo che pretende
di rintracciare un supposto «sovraprofitto» mediante il confronto
incrementale tra un periodo di piena operativita' di una societa' e
un altro, precedente, di operativita' limitata alle sole attivita' di
avvio dell'impresa, che nemmeno producono «profitti» in senso
proprio.
Anche in relazione a tale criticita', la ricorrente ha proposto
una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 37, comma
2, decreto-legge n. 21/2022, secondo la quale, ai fini del
contributo, rileverebbe solo il saldo tra le attivita' esercitate nei
mesi di gennaio - aprile 2022 e quelle esercitate nei mesi di gennaio
- aprile 2021: cio' perche' il raffronto tra gli incrementi, al fine
di intercettare l'eventuale extraprofitto, deve riferirsi a due
periodi omogenei e pertanto sarebbe possibile solo per questo
ristretto lasso di tempo.
Tale conclusione sarebbe vieppiu' rafforzata, nel caso di specie,
atteso che, anche sotto il profilo formale, gli effetti della
menzionata scissione decorrono dal 1° gennaio 2021, il che conferma
anche sotto il profilo giuridico il corretto riferimento a tale data
come «inizio» dell'attivita' della ricorrente ai fini qui
d'interesse.
In generale, la predetta impostazione troverebbe ulteriore
conferma anche nel dato testuale dell'art. 37 cit. che, riferendo il
contributo a quei soggetti che «esercitano l'attivita' di...»,
parrebbe volto a attrarre nel proprio ambito applicativo solo le
societa' effettivamente esercenti l'attivita' di impresa (laddove si
presume che risiedano gli extraprofitti) e non anche le societa'
neocostituite o non operative, che pongano eventualmente in essere
solo attivita' preparatorie.
Applicando tale interpretazione nel caso di specie, secondo i
calcoli della ricorrente, il contributo dovuto risulterebbe pari alla
minor somma di euro 124.866.931,33, il cui 40% dovuto in acconto
risulterebbe pari ad euro 49.946.772,53, con conseguente diritto al
rimborso di quanto versato in eccesso, per un importo pari ad euro
153.166.358,71.
Anche in questo caso, il Collegio non ritiene sia possibile
addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata che
sia rispettosa del testo letterale della norma di cui all'art. 37,
comma 2, decreto-legge n. 21/2022, a mente del quale la base
imponibile dell'imposta in esame e' costituita «dall'incremento del
saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al
periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del
periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021», tenuto anche conto
che l'Agenzia delle entrate, con circolare 23 giugno 2022, n. 22/E,
ha chiarito che, ai fini dell'individuazione dell'inizio
dell'attivita', debba farsi riferimento al «momento in cui il
soggetto acquisisce la soggettivita' passiva ai fini IVA, ossia al
momento dell'apertura della partita IVA, accompagnata dallo
svolgimento delle attivita' di carattere preparatorio finalizzate
alla costituzione delle condizioni d'inizio effettivo dell'attivita'
tipica, a prescindere dall'effettiva realizzazione di operazioni
attive (cfr. sentenze della Corte di giustizia UE 2 giugno 2016,
C-263/15, sentenze della Corte di cassazione, sez. civile, 2 febbraio
2004, n. 1863, e sez. tributaria 3 ottobre 2018, n. 23994)».
P.Q.M.
La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, nella
Camera di consiglio del 20 novembre 2024,
A scioglimento della riserva ex art. 35, decreto legislativo n.
546/1992 assunta all'udienza del 30 ottobre 2024,
Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022,
convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022, come modificato
dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con
modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge
n. 197/2022, per violazione degli articoli 3, 42, 53, 117 della
Costituzione e, in via mediata, dell'art. 1 del Primo Protocollo
Cedu, in relazione ai profili di illegittimita' sopra evidenziati.
Sospende il giudizio.
Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
Ordina alla Segreteria che la presente ordinanza sia notificata
alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata
al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della
Camera dei deputati.
Roma, 20 novembre 2024
Il Presidente: Paolo Antonio Bruno
Il giudice estensore: Salassa