Reg. ord. n. 151 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36

Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma  del 20/05/2025

Tra: Eni Global Energy Markets spa  C/ Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale per il Lazio



Oggetto:

Tributi – Energia – Prevista istituzione, per l’anno 2022, di un contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese operanti nel settore energetico – Individuazione dei soggetti passivi – Quantificazione della base imponibile – Criterio di determinazione costituito dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 – Previsione che, in caso di saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ai fini del calcolo della base imponibile per tale periodo è assunto un valore di riferimento pari a zero – Applicazione del contributo nella misura del 25 per cento nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000, mentre se è inferiore al 10 per cento non è dovuto alcun contributo – Assunzione, ai fini del calcolo del medesimo saldo, del totale delle operazioni attive e del totale delle operazioni passive, entrambe al netto dell'IVA – Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali di tali operazioni attive e passive le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1 dell’art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 – Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali delle medesime operazioni attive, le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del d.P.R. n. 633 del 1972, se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA – Previsione che il contributo è liquidato e versato entro il per un importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le modalità di cui all' art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 – Denunciata introduzione di un contributo ingiustificatamente gravoso, a effetto espropriativo, che ha completamente eroso sia le ricchezze patrimoniali, sia quelle reddituali della società ricorrente – Tributo incapace di misurare in modo razionale la ricchezza assoggettata a imposizione, privando il contribuente di tutti i suoi mezzi e compromettendo la sua stessa sopravvivenza – Violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e della capacità contributiva – Prelievo i cui effetti confiscatori generano la perdita della natura di onere fiscale, tramutandolo in una illegittima prestazione patrimoniale diversa e priva di una causa indennitaria o risarcitoria – Violazione della proprietà privata- Lesione del giusto equilibrio tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, come sancito dalla giurisprudenza della Corte Edu - Retroattività del prelievo che grava su una ricchezza che, ove si fosse formata, lo ha fatto prima della sua entrata in vigore – Violazione degli obblighi internazionali, come declinati dall’art. 1 del Primo protocollo addizionale alla CEDU, posto a presidio della proprietà privata – Contributo che non consente di escludere dalla relativa imposizione le operazioni delle stabili organizzazioni estere, attratte nelle liquidazioni periodiche IVA della casa madre italiana per effetto della normativa europea di riferimento – Sistema impositivo che pretende di rintracciare un supposto sovraprofitto mediante il confronto incrementale tra un periodo di piena operatività di una società e un altro precedente, di operatività limitata alle sole attività di avvio dell’impresa che nemmeno generano profitti in senso proprio – Contrasto con i principi di ragionevolezza e della capacità contributiva.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 21/03/2022  Num. 21  Art. 37

legge  del 20/05/2022  Num. 51

decreto-legge  del 17/05/2022  Num. 50  Art. 55

legge  del 15/07/2022  Num. 91

legge  del 29/12/2022  Num. 197  Art. 1  Co. 120



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 42   Co.  

Costituzione  Art. 53   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2025

Ordinanza del 20 maggio 2025 della Corte di giustizia  tributaria  di
primo grado di Roma sul ricorso proposto da Eni Global Energy Markets
s.p.a. contro Agenzia delle entrate  -  Direzione  regionale  per  il
Lazio. 
 
Tributi - Energia - Prevista istituzione,  per  l'anno  2022,  di  un
  contributo straordinario contro il caro  bollette  a  carico  delle
  imprese  operanti  nel  settore  energetico  -  Individuazione  dei
  soggetti passivi - Quantificazione della base imponibile - Criterio
  di determinazione  costituito  dall'incremento  del  saldo  tra  le
  operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo  dal
  1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al  saldo  del  periodo
  dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 - Previsione che, in caso  di
  saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30  aprile  2021,
  ai fini del calcolo della  base  imponibile  per  tale  periodo  e'
  assunto un valore di riferimento pari a  zero  -  Applicazione  del
  contributo nella misura del  25  per  cento  nei  casi  in  cui  il
  suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000,  mentre  se  e'
  inferiore al  10  per  cento  non  e'  dovuto  alcun  contributo  -
  Assunzione, ai fini del calcolo  del  medesimo  saldo,  del  totale
  delle operazioni attive e  del  totale  delle  operazioni  passive,
  entrambe al netto dell'IVA - Previsione  che  non  concorrono  alla
  determinazione dei totali di tali operazioni attive  e  passive  le
  operazioni di cessione e di  acquisto  di  azioni,  obbligazioni  o
  altri titoli non rappresentativi  di  merci  e  quote  sociali  che
  intercorrono tra i soggetti di cui al  comma  1  dell'art.  37  del
  decreto-legge n. 21 del 2022 - Previsione che non  concorrono  alla
  determinazione dei totali  delle  medesime  operazioni  attive,  le
  operazioni attive non soggette a IVA per  carenza  del  presupposto
  territoriale, ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del  d.P.R.  n.
  633 del 1972, se e  nella  misura  in  cui  gli  acquisti  ad  esse
  afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini  dell'IVA  -
  Previsione che il contributo e' liquidato e versato per un  importo
  pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno  2022
  e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le
  modalita' di cui all'art. 17 del decreto  legislativo  n.  241  del
  1997. 
- Decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per  contrastare
  gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito,
  con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, art. 37, come
  modificato dall'art. 55 del decreto-legge 17  maggio  2022,  n.  50
  (Misure urgenti in  materia  di  politiche  energetiche  nazionali,
  produttivita'  delle  imprese  e  attrazione  degli   investimenti,
  nonche' in materia  di  politiche  sociali  e  di  crisi  ucraina),
  convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91, e
  dall'art. 1, comma 120,  della  legge  29  dicembre  2022,  n.  197
  (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario  2023  e
  bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025). 


(GU n. 36 del 03-09-2025)

 
       LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ROMA 
                             Sezione 27 
 
    riunita in udienza il 30  ottobre  2024  alle  ore  9,30  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Bruno Paolo Antonio, Presidente; 
        Salassa Pier Marco, relatore; 
        Venanzi Mario, giudice, 
    in data 20 novembre 2024 ha pronunciato  la  seguente  ordinanza,
sul ricorso n. 17223/2022 depositato il 30  dicembre  2022,  proposto
da: 
        Eni Global Energy Markets S.p.a. -  -11076280962,  difeso  da
Davide  De  Girolamo   -   DGRDVD77A24H501P   -   Livia   Salvini   -
SLVLVI57H67H501M, rappresentato da Giorgio Bigoni - BGNGRG59B22D548K,
rappresentante difeso da Davide  De  Girolamo  -  DGRDVD77A24H501P  -
Livia Salvini - SLVLVI57H67H501M ed elettivamente domiciliato  presso
davidedegirolamo@ordineavvocatiroma.org 
    Contro Agenzia entrate Direzione regionale  Lazio,  elettivamente
domiciliato presso dr.lazio.gtpec@pce.agenziaentrate.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
        Silenzio Rifiut n. IST. del 9 settembre  2022  Caro  Bollette
2022 
    a seguito di discussione in pubblica udienza. 
 
                     Elementi in fatto e diritto 
 
    Elementi in fatto e diritto 
1. Premessa 
    In data 30 giugno 2022, la ENI Global Energy  Markets  S.p.a.  ha
provveduto al versamento in  acconto  del  «contributo  straordinario
contro il  caro  bollette»  di  cui  all'art.  37,  decreto-legge  n.
21/2022, convertito, con modificazioni, in  legge  n.  51/2022,  come
modificato dall'art. 55, decreto-legge n.  50/2022,  convertito,  con
modificazioni, in legge n. 91/2022. Il contributo dovuto e' risultato
pari a complessivi euro 507.782.828,10 ed il versamento  in  acconto,
pari  al  40%  di  tale  importo,  e'  stato  di   complessivi   euro
203.113.131,24. 
    Ritenendo  l'illegittimita'  dell'art.   37   cit.,   in   quanto
incompatibile  con  i  principi  costituzionali  e  con  il   diritto
comunitario, in data 9 settembre 2022 la ENI  Global  Energy  Markets
S.p.a. ha presentato istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate  -
Direzione regionale  del  Lazio,  per  la  restituzione  delle  somme
versate in acconto a titolo di contributo, per l'importo  complessivo
di euro 203.113.131,24, oltre accessori di legge. 
    L'Agenzia delle entrate -  Direzione  regionale  del  Lazio,  pur
avendo ricevuto la predetta istanza via PEC in data 9 settembre 2022,
e' rimasta del tutto silente. 
    La societa'  ENI  Global  Energy  Markets  S.p.a.,  trascorso  il
termine di novanta giorni  di  cui  all'art.  21,  comma  2,  decreto
legislativo n. 546/1992, ha proposto ricorso contro  l'Agenzia  delle
entrate - Direzione regionale del Lazio, avverso il  silenzio-rifiuto
maturato con riferimento alla richiesta di rimborso  dell'importo  di
euro 203.113.131,24 corrisposto in data 30 giugno 2022  ex  art.  37,
decreto-legge n.  21/2022,  convertito  in  legge  n.  51/2022,  come
modificato dall'art. 55,  decreto-legge  n.  50/2022,  convertito  in
legge n. 91/2022, a titolo di  «contributo  straordinario  contro  il
caro bollette», oltre interessi maturati e maturandi, presentata  via
PEC all'amministrazione finanziaria in data 9 settembre 2022. 
    La ricorrente ha dedotto, sia nell'istanza di  rimborso  che  nel
ricorso: 
        1)    l'illegittimita'    costituzionale    dell'art.     37,
decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli  23,  3  e  53
Cost., sotto molteplici profili: 
          genericita',  indeterminatezza   e   irragionevolezza   del
presupposto impositivo; 
          inidoneita' allo scopo della norma e, in particolare: 
a)  inidoneita'  ad   intercettare   presunti   «extraprofitti»   del
meccanismo scelto per la determinazione della base imponibile,  anche
con riferimento, tra l'altro, all'inclusione  nella  base  imponibile
stessa  delle  accise  traslate  sui   clienti,   che   rappresentano
componenti fiscali  in  definitiva  riversate  allo  Stato,  che  non
rientrano in alcun  modo  nella  definizione  di  profitto  in  senso
economico o fiscale, sicche' non possono rappresentare in alcun  modo
un incremento rilevante di «ricchezza» tassabile; 
b) inidoneita' ad isolare un presunto sovraprofitto anche delle norme
in materia di competenza temporale; 
c) inidoneita' anche del periodo di tempo preso a  riferimento  dalla
norma (1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022)  a  rappresentare  ipotetici
sovraprofitti realizzati dalle imprese; 
d) l'omessa considerazione, nel calcolo della  base  imponibile,  dei
derivati realizzati per la  copertura  delle  variazioni  prezzo  dei
prodotti  oggetto  dell'attivita'  caratteristica,  quale   ulteriore
elemento di incoerenza del prelievo fiscale in esame. 
    Deviazione  dai  modelli  di  corretta  tassazione  dei  profitti
incrementali forniti dal regolamento  (UE)  2022/1854  del  Consiglio
dell'UE del 6 ottobre 2022 «relativo a un intervento di emergenza per
far fronte ai prezzi elevati dell'energia» ovvero dalle  linee  guida
di cui all'Allegato 2 della «Comunicazione "RePowerEU: azione europea
comune per un'energia piu' sicura, piu' sostenibile e a  prezzi  piu'
accessibili», pubblicata l'8 marzo  2022  dalla  Commissione  europea
ovvero ancora dalla sentenza n. 10/2015  della  Corte  costituzionale
sulla nota «Robin Hood Tax», menzionata  a  piu'  riprese  anche  nei
lavori preparatori al citato art. 37. 
    Portata discriminatoria del  contributo,  interna  o  esterna  al
mercato energetico. 
    2) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022 per violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost., nella  misura
in cui consente  che  il  contributo  possa  avere  effetti  ablativi
integrali della capacita' economica del soggetto inciso. 
    3) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022 per  violazione  dell'art.  117  Cost.  e,  in  via  mediata,
dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, atteso che  il  contributo  in
esame determinerebbe una limitazione della  tutela  proprietaria  nel
godimento  dei   beni   della   ricorrente,   risolvendosi   in   una
contribuzione  in  denaro  che  determina  l'erosione  di  tutto   il
patrimonio netto sociale della ricorrente. 
    4) L'incompatibilita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022  con
le norme ed i principi comunitari, sotto vari profili: 
        violazione degli articoli 106  e  107  TFUE,  costituendo  il
contributo in esame aiuto di Stato illegittimo poiche': grava solo su
alcune imprese che operano nel settore energetico e non si giustifica
per ragioni di coerenza del sistema tributario nel suo insieme; manda
esenti da imposta operatori che hanno  realizzato  extraprofitti  per
importi inferiori a 5 milioni di euro o in una percentuale  inferiore
al 10 per cento, introducendo cosi' un regime  fiscale  differenziato
pur a fronte di situazioni del tutto comparabili; 
        violazione dell'art. 17 della Carta di  Nizza,  di  contenuto
analogo all'art. 1 del primo protocollo Cedu, ai sensi del  quale  il
contributo in esame, in  quanto  manifestamente  espropriativo,  deve
considerarsi illegittimo. 
    5) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nonche'  la  sua
incompatibilita' con il diritto comunitario, per violazione dell'art.
49 TFUE, laddove non si ritenga di accedere  ad  una  interpretazione
della predetta  norma  costituzionalmente  orientata  e  conforme  al
diritto dell'Unione europea, secondo la quale devono  essere  escluse
da imposizione le  operazioni  delle  stabili  organizzazioni  estere
«attratte» nelle LIPE della casa madre italiana per effetto dell'art.
192-bis della direttiva n. 112/06/CE e dell'art. 54  del  regolamento
n. 282/2011. 
    6) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n.
21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., laddove  non  si
ritenga di accedere  ad  una  interpretazione  della  predetta  norma
costituzionalmente orientata, secondo la quale il  contributo  dovuto
deve essere calcolato tenendo in considerazione la circostanza che la
ricorrente ha cominciato in concreto a svolgere la propria  attivita'
solo dal  1°  gennaio  2021,  risultando  quindi  non  effettivamente
operativa nei primi tre mesi del primo periodo di riferimento per  il
calcolo del contributo,  cosicche',  nel  caso  di  specie,  la  base
imponibile e' costituita dall'incremento del saldo tra le  operazioni
attive e le operazioni  passive,  riferito  non  al  periodo  dal  1°
ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal  1°
ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ma al periodo dal 1° gennaio 2022  al
30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° gennaio 2021  al
30 aprile 2021. 
    La ricorrente  ha  quindi  chiesto,  eventualmente  anche  previa
apertura di un incidente di costituzionalita'  ovvero  previo  rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea: a) in  via
principale, il rimborso di euro 203.113.131,24 corrisposti in data 30
giugno 2022 a titolo acconto del di contributo  straordinario  contro
il caro bollette ai sensi dell'art. 37 del  decreto-legge  21  maggio
2022, n. 21, convertito in legge 20 maggio 2022, n.  51;  b)  in  via
subordinata, il rimborso di euro 153.166.358,71 corrisposti  in  data
30 giugno 2022 a  titolo  di  acconto  del  contributo  straordinario
contro il caro bollette ai sensi dell'art. 37  del  decreto-legge  21
maggio 2022, n. 21, convertito in legge 20 maggio 2022, n. 51, stante
la dimostrata illegittimita' del concorso alla  base  imponibile  del
contributo di periodi nei quali la societa' non era operativa; c)  in
ogni caso, il rimborso dei relativi interessi  maturati  e  maturandi
sulle somme indebitamente versate. 
    Con ordinanza del 3 maggio 2023, a scioglimento della riserva  ex
art. 35, decreto legislativo n. 546/1992 assunta  all'udienza  del  5
aprile 2023, questa Corte tributaria di I grado di Roma ha dichiarato
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito  in
legge n. 51/2022, come  modificato  dall'art.  55,  decreto-legge  n.
50/2022,  convertito  in  legge  n.  91/2022,  per  violazione  degli
articoli 3, 23, 41, 42, 53, 117 della Costituzione e, in via mediata,
dell'art. 1 del  primo  protocollo  Cedu,  con  riguardo  ai  profili
dedotti dalla ricorrente nel primo, secondo e terzo motivo di ricorso
e, conseguentemente, ha  disposto  la  sospensione  del  giudizio  ed
ordinato   l'immediata   trasmissione   degli   atti    alla    Corte
costituzionale. 
    La Corte costituzionale, con sentenza n. 111/2024  del  4  giugno
2024, depositata il 27 giugno 2024 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale
in data 3 luglio 2024, pur dichiarando inammissibili le questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 37,  decreto-legge  n.  21/2022
sollevate nel presente giudizio da questa Corte di giustizia di primo
grado di Roma, in riferimento agli articoli 3, 23, 41, 42, 53  e  117
della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.   1   del
Protocollo  addizionale  alla   Convenzione   europea   dei   diritti
dell'uomo,  per  omessa  ricostruzione  del   quadro   normativo   di
riferimento,  si   e'   comunque   pronunciata   sulla   legittimita'
costituzionale  dell'art.  37  cit.,  a  fronte  delle  eccezioni  di
incostituzionalita' sollevate,  in  altri  giudizi,  dalla  Corte  di
giustizia di primo grado di Milano,  in  gran  parte  sostanzialmente
sovrapponibili  a  quelle  eccepite  dalla  ricorrente   nell'odierno
giudizio. 
    In   particolare,   la   Corte   costituzionale   ha   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  37,   decreto-legge   n.
21/2022 limitatamente alla  parte  in  cui  non  esclude  dalla  base
imponibile le accise versate allo  Stato  e  indicate  nelle  fatture
attive, mentre ha ritenuto infondate  tutte  le  altre  questioni  di
costituzionalita'. 
    Riavviato il giudizio a seguito della conclusione  dell'indicente
di  costituzionalita',  la  ricorrente,  con   memoria   illustrativa
ritualmente depositata per l'udienza del 30 ottobre 2024,  mentre  ha
dato atto che la citata decisione  della  Corte  costituzionale,  pur
emessa con riguardo a posizioni contenzione  diverse  dalla  sua,  ha
risolto negativamente le censure di incostituzionalita'  dedotte  nel
primo motivo di ricorso, peraltro lasciando impregiudicate le censure
di incompatibilita' comunitaria di cui al quarto motivo  di  ricorso,
ha evidenziato che  le  questioni  di  costituzionalita'  di  cui  al
secondo e terzo motivo  di  ricorso,  relative  alla  dedotta  natura
confiscatoria del contributo ex art. 37,  decreto-legge  n.  21/2022,
non sono state scalfite dalla predetta decisione. 
    Invero, la soluzione a tali questioni che si legge nella sentenza
n. 111/2024 della Corte costituzionale e', ovviamente, modellata  sui
giudizi  oggetto  degli  incidenti  di  costituzionalita'  dichiarati
ammissibili e, cioe', di quelli avanzati  dalla  Corte  di  giustizia
tributaria di i grado di Milano, mentre la posizione  della  societa'
ENI Global Energy Markets S.p.a., caratterizzata  dal  fatto  che  il
contributo di cui trattasi ha integralmente eroso  sia  le  ricchezze
reddituali che quelle  patrimoniali  della  medesima,  non  e'  stata
specificamente vagliata dalla  Corte  costituzionale,  in  quanto  le
questioni di costituzionalita' formulate  dalla  Corte  di  giustizia
tributaria di I grado di Roma sono state dichiarate inammissibili. 
    La    ricorrente,    dunque,    ha    insistito     nell'eccepire
l'incostituzionalita' dell'art. 37,  decreto-legge  n.  21/2022,  per
violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost. e per violazione dell'art.
117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu. 
    La  ricorrente,  inoltre,  ha  insistito   nelle   questioni   di
costituzionalita' di cui al quinto e sesto  motivo  di  ricorso,  non
rimesse in precedenza alla Corte costituzionale, entrambe subordinate
alla  ritenuta   impossibilita'   di   accedere   all'interpretazione
costituzionalmente orientata dalla stessa proposta. 
    L'Agenzia delle entrate -  Direzione  regionale  del  Lazio,  con
memorie illustrative depositate in atti, ha chiesto  il  rigetto  del
ricorso, stante anche la ritenuta  infondatezza  delle  eccezioni  di
incostituzionalita' dedotte dalla ricorrente. 
    Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2024, sentite le  parti,  il
ricorso e' stato assunto a riserva ex art. 35, decreto legislativo n.
546/1992. Quindi, la Corte ha deciso nella Camera di consiglio del 20
novembre 2024. 
2. Norma oggetto dello scrutinio di costituzionalita' 
    Il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente  infondate  le
questioni  di  costituzionalita'  dell'art.  37,   decreto-legge   n.
21/2022, convertito, con modificazioni, in  legge  n.  51/2022,  come
modificato dall'art. 55, decreto-legge n.  50/2022,  convertito,  con
modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma  120,  legge
n. 197/2022, in relazione ai profili di illegittimita' costituzionale
dedotti dalla ricorrente nel secondo, terzo, quinto e sesto motivo di
ricorso, negli ultimi  due  casi  ritenendo  che  non  sia  possibile
prospettare  una  interpretazione  della   norma   costituzionalmente
orientata. 
    Dunque,  viene  in  questa  sede   prospettata   l'illegittimita'
costituzionale del citato art. 37: 
        per violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost., nella  misura
in cui consente  che  il  contributo  possa  avere  effetti  ablativi
integrali della capacita' economica del soggetto inciso; 
        per  violazione  dell'art.  117  Cost.  e,  in  via  mediata,
dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, atteso che  il  contributo  in
esame  determina  una  limitazione  della  tutela  proprietaria   nel
godimento  dei   beni   della   ricorrente,   risolvendosi   in   una
contribuzione  in  denaro  che  determina  l'erosione  di  tutto   il
patrimonio netto sociale della ricorrente; 
        per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella  misura  in
cui non consente di escludere dall'imposizione  le  operazioni  delle
stabili organizzazioni estere «attratte» nelle LIPE della casa  madre
italiana per effetto dell'art. 192-bis della direttiva n. 112/06/CE e
dell'art. 54 del regolamento n. 282/2011, stante l'impossibilita'  di
prospettare una interpretazione  costituzionalmente  orientata  della
predetta norma e, in particolare, del comma 3 della stessa; 
        per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella  misura  in
cui non consente di tenere conto,  nella  determinazione  della  base
imponibile, della circostanza che  la  ricorrente  ha  cominciato  in
concreto a svolgere la propria attivita' solo dal  1°  gennaio  2021,
risultando quindi non effettivamente operativa nei primi tre mesi del
primo periodo di riferimento per il calcolo  del  contributo,  stante
l'impossibilita'     di     prospettare      una      interpretazione
costituzionalmente orientata della predetta norma e, in  particolare,
del comma 2 della stessa. 
3. Ricostruzione del quadro normativo di riferimento 
    L'art. 37, decreto-legge 21 marzo 2022, n.  21,  convertito,  con
modificazioni, in legge 20  maggio  2022,  n.  51  (noto  anche  come
decreto «Ucraina Bis» o «Taglia Prezzi»), come  modificato  dall'art.
55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge
n.  91/2022,  e  dall'art.  1,  comma  120,  legge  n.  197/2022,  ha
introdotto un contributo straordinario  contro  il  caro  bollette  a
carico delle imprese operanti nel settore energetico. Tale  norma  e'
stata attuata, quanto agli adempimenti, dal  provvedimento  prot.  n.
221978/2022 del 17  giugno  2022  del  direttore  dell'Agenzia  delle
entrate e commentata dall'Agenzia delle entrate  nelle  circolari  n.
22/E del 23 giugno 2022 e 25/E dell'11 luglio 2022. 
    Come si legge al comma 1 dell'art.  37  cit.,  il  contributo  in
esame  e'  stato  istituito,  «a  titolo  di  prelievo  solidaristico
straordinario», «al fine di contenere per le imprese e i  consumatori
gli effetti dell'aumento dei  prezzi  e  delle  tariffe  del  settore
energetico». 
    Gli  elementi   essenziali   del   contributo   individuati   dal
legislatore sono i soggetti passivi e  i  criteri  di  determinazione
(base imponibile e aliquota). 
    Con riferimento ai soggetti passivi, il primo comma  della  norma
dispone che sono tali: 
        a) ai sensi del primo periodo, i soggetti che esercitano  nel
territorio  dello  Stato,  per  la  successiva  vendita   dei   beni,
l'attivita' di  produzione  di  energia  elettrica,  i  soggetti  che
esercitano l'attivita' di produzione di gas metano o di estrazione di
gas naturale, i soggetti rivenditori di  energia  elettrica,  di  gas
metano e di gas naturale e i soggetti che esercitano  l'attivita'  di
produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi; 
        b) ai sensi del secondo  periodo,  i  soggetti  che,  per  la
successiva  rivendita,  importano   a   titolo   definitivo   energia
elettrica, gas naturale o gas  metano,  prodotti  petroliferi  o  che
introducono nel territorio dello  Stato  detti  beni  provenienti  da
altri Stati dell'Unione europea. 
    Come indica questa disposizione, i soggetti incisi dal contributo
sono  individuati  da  un  criterio  puramente  qualitativo,  che  e'
rappresentato dalla  loro  appartenenza  ai  mercati  energetici  nel
significato  piu'   ampiamente   inteso,   senza   alcuna   ulteriore
specificazione. 
    Peraltro, la legge n. 197/2022  ha  integrato  il  comma  di  cui
sopra, precisando che «il contributo e' dovuto se almeno  il  75  per
cento del volume  d'affari  dell'anno  2021  deriva  dalle  attivita'
indicate nei periodi precedenti». 
    Il  secondo  comma  del  citato  art.  37  precisa  che  la  base
imponibile e' costituita «dall'incremento del saldo tra le operazioni
attive e le operazioni passive, riferito al periodo  dal  1°  ottobre
2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1°  ottobre
2020 al 30 aprile 2021». 
    A tal fine, richiama quindi la disciplina in materia  di  IVA,  e
nello  specifico  quella  delle  relative   liquidazioni   periodiche
(«LIPE»). Il concetto  viene  ribadito,  ed  anzi  rafforzato,  nella
circolare n. 22/E del 23 giugno 2022, ove l'Agenzia precisa che  «dal
momento che il combinato normativo previsto ai commi 2 e 3  dell'art.
37 del decreto Ucraina fa espresso riferimento, ai fini  del  calcolo
della base imponibile del contributo straordinario, al  totale  delle
operazioni attive e passive indicate nelle  LIPE  per  i  periodi  1°
ottobre 2020 - 30 aprile 2021 e 1° ottobre 2021  -  30  aprile  2022,
senza prevedere esclusioni, si ritiene  che  la  norma  non  consenta
correzioni  degli   importi   evidenziati   nelle   LIPE   prese   in
considerazione». 
    Va precisato  che  originariamente  il  periodo  da  prendere  in
considerazione per il calcolo del saldo  delle  operazioni  attive  e
delle  operazioni  passive   era   previsto   fino   al   31   marzo,
rispettivamente del 2021 e 2022. Tale periodo e' stato esteso fino al
30 aprile dall'art. 55, decreto-legge 17  maggio  2022,  n.  50  (cd.
decreto «Aiuti»). 
    Sempre a mente dell'art.  37,  comma  secondo,  cit.,  alla  base
imponibile, costituita dall'incremento del saldo  tra  le  operazioni
attive e le operazioni passive riferite ai periodi sopra indicati, si
applica un'aliquota pari  al  25%,  «nei  casi  in  cui  il  suddetto
incremento sia superiore a euro 5.000.000», mentre «il contributo non
e' dovuto se l'incremento e' inferiore al 10 per cento». 
    Va precisato che originariamente la norma  prevedeva  un'aliquota
del  10%,  la  quale  e'  stata  aumentata  al  25%   dall'art.   55,
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd. decreto «Aiuti»). 
    Il comma terzo del citato  art.  37  dispone  che  «ai  fini  del
calcolo del saldo di cui al  comma  2,  si  assume  il  totale  delle
operazioni attive, al netto dell'IVA, e il  totale  delle  operazioni
passive, al netto dell'IVA, indicato  nelle  Comunicazioni  dei  dati
delle liquidazioni periodiche IVA,  presentate,  ai  sensi  dell'art.
21-bis del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122,  per  i  periodi
indicati al comma 2». Tale norma e' stata dichiarata incostituzionale
con  la  gia'   richiamata   sentenza   n.   111/2024   della   Corte
costituzionale nella parte in cui prevede che «ai  fini  del  calcolo
del saldo di cui al comma 2, si assume  il  totale  delle  operazioni
attive, al netto dell'IVA», anziche' «ai fini del calcolo  del  saldo
di cui al comma 2, si assume il totale delle  operazioni  attive,  al
netto dell'IVA e delle accise versate allo  Stato  e  indicate  nelle
fatture attive». 
    Quanto alla territorialita', tale requisito e' stato interpretato
dall'Agenzia delle entrate nella circolare  n.  22/E  del  23  giugno
2022, la quale ha mutuato i suoi parametri  applicativi  direttamente
dall'IVA. Piu' in dettaglio, nella circolare  n.  22/E  l'Agenzia  ha
chiarito che le  operazioni  non  soggette  a  IVA  per  carenza  del
presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da  7  a  7-septies
del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972,  proprio
perche' non «rilevanti» ai fin dell'IVA, non rilevano nemmeno ai fini
della base imponibile del contributo. 
    L'11 luglio 2022, l'Agenzia delle entrate ha espresso un  vero  e
proprio ripensamento su quanto  precedentemente  affermato  e,  nella
successiva circolare n. 25/E, ha richiesto ai contribuenti lo  sforzo
di individuare gli «acquisti afferenti»  alle  vendite  estere  e  di
escludere queste ultime dalla base imponibile del contributo solo  se
i correlati «acquisti afferenti» siano, a loro volta,  esclusi  dalla
base imponibile. 
    Tale interpretazione e' stata confermata dall'art. 1, comma  120,
lettera c), legge n. 197/2022, che ha introdotto nell'art. 37 cit. il
comma 3-ter, il quale prevede che «non concorrono alla determinazione
dei totali delle operazioni attive, di cui al comma 3, le  operazioni
attive non soggette a IVA per carenza del  presupposto  territoriale,
ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del decreto  del  Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se e nella  misura  in  cui
gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente  non  rilevanti
ai fini dell'IVA». 
    Per completezza, si evidenzia che l'art. 1,  comma  120,  lettera
c), legge n. 197/2022 ha introdotto anche il comma 3-bis, secondo  il
quale «non concorrono alla determinazione dei totali delle operazioni
attive e passive, di cui al comma 3, le operazioni di cessione  e  di
acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli  non  rappresentativi
di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti  di  cui  al
comma 1». 
    Il comma 5  dell'art.  37  cit.,  come  modificato  dall'art.  55
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd.  decreto  «Aiuti»),  prevede
che il  pagamento  del  contributo  venga  effettuato,  a  titolo  di
acconto, per un importo pari al 40% di quanto  dovuto,  entro  il  30
giugno 2022 e, per la restante parte, a saldo, entro il  30  novembre
2022. 
    Va evidenziato che il legislatore e' intervenuto sulla disciplina
dettata dall'art. 37, decreto-legge  n.  21/2022,  addirittura  prima
ancora che il decreto-legge n. 21/2022 venisse convertito  in  legge,
con il decreto-legge n. 50/2022 (c.d.  decreto  «Aiuti»),  il  quale,
come gia' sopra segnalato, ha esteso fino al 30 aprile il periodo  da
prendere in considerazione per il calcolo del saldo delle  operazioni
attive e delle operazioni passive, ha aumentato l'aliquota dal 10% al
25% ed ha previsto il pagamento di un acconto, pari al 40% di  quanto
dovuto gia' entro il 30 giugno 2022, con pagamento del saldo entro il
30 novembre 2022. 
    In definitiva, all'esito delle modifiche introdotte  dal  decreto
«Aiuti», entrato in vigore nel maggio 2022, convertito  in  legge  n.
91/2022, gli operatori interessati sono chiamati a  corrispondere  un
contributo pari non piu' al 10%, bensi' al  25%  dell'incremento  del
saldo delle operazioni attive e passive riferito al  periodo  dal  1°
ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal  1°
ottobre 2020 al 30 aprile 2021, il  cui  acconto  del  40%  e'  stato
corrisposto entro il 30 giugno 2022. 
    Si e' visto poi che  il  legislatore  e'  nuovamente  intervenuto
sull'art. 37 cit. con l'art. 1, comma 120, legge n.  197/2022  (Legge
di  bilancio  2023),  prevedendo  l'inapplicabilita'  del  contributo
laddove il volume d'affari dell'anno 2021 derivante  dalle  attivita'
indicate al comma 1 dell'art. 37 cit. sia inferiore al  75%,  nonche'
due eccezioni rispetto alla determinazione delle operazioni attive  e
passive, ai fini del calcolo della base imponibile, nello  specifico,
con riguardo alle operazioni di cessione e  di  acquisto  di  azioni,
obbligazioni o altri titoli non  rappresentativi  di  merci  e  quote
sociali che intercorrono  tra  i  soggetti  a  carico  dei  quali  e'
previsto il  contributo  (art.  37,  comma  3-bis,  decreto-legge  n.
21/2022) ed alle operazioni attive non soggette a IVA per carenza del
presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da  7  a  7-septies
decreto del Presidente della Repubblica  n.  633/1972,  «se  e  nella
misura in cui gli acquisti ad esse afferenti  siano  territorialmente
non rilevanti ai fini dell'IVA» (art. 37, comma 3-ter, cit.). 
4. Sulla rilevanza delle questioni di costituzionalita' 
    Ritiene il Collegio che le questioni di  costituzionalita'  sopra
evidenziate siano rilevanti ai  fini  della  decisione  del  presente
giudizio, atteso  che  la  presenza  nell'ordinamento  giuridico  del
contributo di cui all'art. 37, decreto-legge n. 21/2022,  convertito,
con modificazioni, in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55,
decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge  n.
91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022, anche solo  con
riferimento alle concrete modalita' di calcolo della base  imponibile
per un ente economico che, come la ricorrente, opera tramite  stabili
organizzazioni site  all'estero  ed  ha  iniziato  effettivamente  la
propria attivita' solo in data 1° gennaio  2021,  osta  al  richiesto
rimborso. 
5.   Sulla   non   manifesta   infondatezza   delle   questioni    di
costituzionalita' 
    5.1.  L'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  37  cit.   per
violazione degli articoli 53 e 42 Cost. e dell'art. 117 Cost.  e,  in
via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu. 
    Il Collegio condivide l'assunto della ricorrente secondo il quale
le conclusioni raggiunte sull'argomento dalla  Corte  costituzionale,
nella  sentenza  n.   111/2024,   non   risolvono   le   censure   di
costituzionalita'  da  essa  sollevate   in   relazione   all'effetto
espropriativo del contributo in esame. 
    Si e' gia' chiarito che la Corte costituzionale, con la  sentenza
n. 111/2024, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 37 decreto-legge n.  21/2022  sollevate  nel
presente giudizio da questa Corte di  giustizia  di  primo  grado  di
Roma, in riferimento agli articoli 3, 23, 41,  42,  53  e  117  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione  all'art.  1  del  Protocollo
addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ma si  e'
comunque pronunciata sulla legittimita' costituzionale  dell'art.  37
cit., a fronte delle eccezioni di incostituzionalita'  sollevate,  in
altri giudizi, dalla Corte di giustizia di primo grado di Milano,  in
gran parte, ma non completamente, sovrapponibili  a  quelle  eccepite
dalla ricorrente nell'odierno giudizio. 
    Pertanto, la citata decisione della Corte costituzionale e' stata
emessa con riguardo a posizioni contenzione diverse da  quelle  della
societa' ENI Global Energy Markets S.p.a. 
    Tale  circostanza  assume   particolare   rilievo   proprio   con
riferimento al rigetto della questione di costituzionalita' dell'art.
37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli  53  e  42
Cost. e dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del  primo
protocollo Cedu, a fronte  della  dedotta  natura  espropriativa  del
contributo,  apparendo  evidente  che  tale  decisione  della   Corte
costituzionale e' modellata sui giudizi oggetto  degli  incidenti  di
costituzionalita' dichiarati ammissibili e, cioe', di quelli avanzati
dalla Corte di giustizia tributaria di I grado di Milano,  mentre  la
posizione  della  societa'  ENI   Global   Energy   Markets   S.p.a.,
caratterizzata dal  fatto  che  il  contributo  di  cui  trattasi  ha
integralmente  eroso  sia  le   ricchezze   reddituali   che   quelle
patrimoniali della medesima, non  e'  stata  specificamente  vagliata
dalla   Corte   costituzionale,   in   quanto   le    questioni    di
costituzionalita' formulate dalla Corte di giustizia tributaria di  I
grado di Roma, tra cui quella ora in  esame,  sono  state  dichiarate
inammissibili. 
    Invero, la soluzione adottata nella  citata  sentenza,  circa  la
dedotta illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge  n.
21/2022 per violazione degli articoli 53 e 42 Cost. e  dell'art.  117
Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu,  puo'
essere riassunta come segue: 
        una legge tributaria, anche  retroattiva,  non  da'  luogo  a
un'espropriazione di proprieta' privata, ma solo ad una  obbligazione
pecuniaria verso lo Stato o altro ente pubblico; 
        quando si discute di tributi, non opera il  limite  «esterno»
di cui al principio della tutela  proprietaria  di  cui  all'art.  42
Cost., perche' lo stesso principio di capacita' contributiva  di  cui
all'art.  53  Cost.  (unitamente  all'art.   3   Cost.,   trattandosi
certamente di questione che attiene alla ragionevolezza del prelievo)
reca un limite «interno» ostativo all'introduzione di tributi la  cui
misura si riveli irrazionale e arbitraria; 
        le sentenze della Corte europea dei diritti  dell'uomo  sugli
effetti espropriativi dei tributi non sono applicabili al  contributo
perche' si trattava di situazioni  estreme  nelle  quali  le  imposte
censurate avevano dato luogo ad un incremento di aliquota che elevava
al  98%  l'imposizione  marginale  sulle  buonuscite  dei  dipendenti
pubblici con un «effetto sorpresa», posto che la norma  si  applicava
retroattivamente; 
        i remittenti della Corte di giustizia tributaria di  I  grado
di Milano, per  argomentare  nel  senso  che  il  contributo  sortiva
effetti espropriativi, avevano assunto come parametro di  riferimento
«l'utile  dell'anno  precedente»,  non  coerente  con   le   suddette
argomentazioni e, quindi,  non  sufficiente  a  giustificare  la  sua
rilevanza nei medesimi contenziosi. 
    Tale  soluzione  e'  stata  elaborata   in   relazione   a   casi
radicalmente diversi rispetto  da  quello  della  ENI  Global  Energy
Markets  S.p.a.,  non  specificamente  preso  in  esame  dalla  Corte
costituzionale, per i motivi di cui si e' detto. 
    Ne deriva, pertanto, la necessita'  di  riproporre  la  questione
alla  Corte  costituzionale,  questa  volta  con   riferimento   alla
specifica situazione della societa' ENI Global Energy Markets S.p.a. 
    Preliminarmente, va precisato che l'effetto espropriativo  di  un
prelievo puo' misurarsi su due diversi valori:  da  un  lato,  quello
patrimoniale,  che  e'  statico,  poiche'   guarda   alle   ricchezze
patrimoniali  che  devono  essere  erose,  cioe'  smobilizzate,   per
adempiere all'obbligazione; dall'altro,  quello  reddituale,  che  e'
invece dinamico, poiche' guarda all'incidenza  del  costo  di  quella
obbligazione rispetto ai guadagni, che nel caso degli enti  economici
sono gli utili che vengono erosi da quel costo. 
    Per  valutare  l'impatto  che  un  onere   ha   sulle   ricchezze
patrimoniali, che sono quelle  che  devono  essere  smobilizzate  per
adempiere all'obbligazione, devono ovviamente ricercarsi le ricchezze
patrimoniali esistenti al momento in cui  l'obbligazione  insorge:  e
tali  ricchezze  non  possono   che   essere   quelle   «fotografate»
dall'ultimo bilancio approvato. 
    Nel caso del contributo in esame, che e' un onere  riferito  (sia
per  competenza  che  per  cassa)   all'anno   2022,   le   ricchezze
patrimoniali erose dall'onere in parola non possono che essere quelle
cristallizzate nell'ultimo bilancio, e cioe' quelle in essere  al  31
dicembre 2021. 
    Diversamente, per  valutare  l'impatto  che  un  onere  ha  sulle
ricchezze reddituali di un ente, devono ricercarsi  le  ricchezze  in
corso di formazione quando l'obbligazione insorge. Proprio alla  luce
della natura  dinamica  di  questo  secondo  parametro,  al  fine  di
verificare se un onere ha eroso gli utili di periodo,  non  puo'  che
aversi riguardo, come la  stessa  Corte  costituzionale  afferma,  ai
risultati reddituali di quel periodo i quali, naturalmente,  emergono
solo alla fine dell'esercizio, quando l'ente puo'  verificare  se  il
totale delle componenti reddituali positive sia stato sufficiente per
coprire quell'onere o se esso le abbia erose tutte. 
    Nel caso del contributo in esame, che, come visto,  e'  un  onere
riferito (sia  per  competenza  che  per  cassa)  all'anno  2022,  le
ricchezze reddituali erose  dall'onere  in  parola  non  possono  che
essere quelle risultanti dal bilancio di competenza del  prelievo,  e
cioe' quelle in essere al 31 dicembre 2022. 
    Tanto premesso, non vi e' dubbio che nel caso di specie  entrambe
le verifiche - sia  quella  patrimoniale,  sia  quella  reddituale  -
dimostrano che il contributo in esame ha completamente eroso  sia  le
ricchezze patrimoniali, sia quelle reddituali della ricorrente. 
    Sotto il profilo patrimoniale, nel caso di specie, il contributo,
che ammonta a complessivi euro 507.782.828,10  (il  cui  acconto  del
40%, pari  ad  euro  203.113.131,24,  e'  oggetto  della  domanda  di
rimborso di cui e' causa), finisce per erodere  tutto  il  patrimonio
netto sociale risultante dall'ultimo esercizio concluso (2021),  pari
ad euro 300.448.150,00. 
    Cio' e' tanto piu' vero se si considera che, proprio a causa  del
contributo,  il  socio  Eni  S.p.a.   si   e'   visto   costretto   a
ricapitalizzare l'ENI Global Energy Markets S.p.a.,  per  evitare  di
incorrere nelle conseguenze di cui all'art. 2447 del codice civile. 
    Il verbale di assemblea straordinaria del 3 agosto  2022  attesta
tale ricapitalizzazione ed evidenzia che: «Per la societa'  l'importo
del contributo ascende ad euro 507.782.828,11  e,  tenuto  conto  del
positivo risultato  semestrale  ante  contributo  di  103.331.723,36,
comporta l'iscrizione di una perdita netta di euro -404.451.104,75 al
30 giugno 2022, superiore al valore del patrimonio netto alla  stessa
data,  quale  risultante  dalla  situazione  patrimoniale   e   dalla
relazione degli amministratori che si allegano al presente atto sotto
la lettera "A" e che si sottopongono all'approvazione dell'assemblea.
Sussistendo le condizioni previste dall'art. 2447 del  codice  civile
si e' dunque reso necessario  convocare  la  presente  assemblea  per
l'adozione dei relativi provvedimenti». 
    Invero,  dalla  relazione  allegata  al   predetto   verbale   di
assemblea, il versamento del contributo ha comportato  un  decremento
del patrimonio netto della ricorrente pari  ad  euro  404.446.000,00,
tant'e' che tale patrimonio netto, che al 31 dicembre 2021  era  pari
ad euro 300.448.150,00,  registrava  al  30  giugno  2022  un  valore
negativo  di  euro  103.989.000,00,  con  conseguente  necessita'  di
ricapitalizzazione. Pertanto, alla «morte economica» della ricorrente
hanno dovuto far fronte i soci, mediante un nuovo apporto di capitale
(e cioe' nuovi beni), essendo stati i beni  precedenti  integralmente
consumati dall'imposta. 
    Sotto il profilo reddituale, il  contributo  in  esame  ha  eroso
anche tutti i guadagni del 2022. 
    La contribuzione straordinaria della ricorrente nel 2022  ammonta
a complessivi euro 527.387.519,00 (riferibili al contributo per  euro
507.782.828,10 ed al nuovo contributo di solidarieta' di cui all'art.
1, comma 115, legge n. 197/2022 per  il  residuo)  ed  ha  comportato
l'erosione di tutto il risultato ante imposte, circostanza di cui da'
atto il bilancio 2022 della ricorrente. 
    La straordinaria ed ingiustificata gravosita' del  contributo  in
esame appare ben  rappresentata  dalla  circostanza  che  le  imposte
correnti per il 2021 erano  risultate  pari  ad  euro  37.632.000,00,
mentre il medesimo valore per il 2022 e' diciassette volte piu'  alto
e  pari  a  complessivi   euro   639.666.000,00,   dei   quali   euro
507.782.828,10 solo a titolo di contributo. 
    A conferma del denunciato effetto espropriativo  del  contributo,
deve rilevarsi che lo stesso legislatore, nel delineare gli  elementi
essenziali  del  «nuovo»  contributo   sulle   imprese   energetiche,
anch'esso  gravante  sui   risultati   realizzati   nell'anno   2022,
introdotto dall'art. 1, commi 115 e ss., legge n. 197/2022 (legge  di
bilancio 2023), si e' premurato di introdurre una soglia  massima  di
importo dovuto a titolo di «nuovo» contributo, pari al 25% del valore
del patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio antecedente
a quello in corso al 1° gennaio 2022. 
    5.1.1. La violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost. 
    Si e' gia' detto che la stessa Corte costituzionale, nella citata
sentenza n. 111/2024, ha affermato che, in tema di tributi, non opera
il limite «esterno» di cui al principio della tutela proprietaria  di
cui all'art. 42 Cost.,  perche'  lo  stesso  principio  di  capacita'
contributiva di cui all'art. 53 Cost. (unitamente all'art.  3  Cost.,
trattandosi certamente di questione che attiene  alla  ragionevolezza
del prelievo) reca un limite «interno» ostativo  all'introduzione  di
tributi la cui misura si riveli irrazionale e arbitraria. 
    Nelle parole della Consulta, l'effetto espropriativo del  tributo
e' quindi un profilo che  attiene  alla  razionalita'  del  medesimo,
preservata dagli articoli 3 e 53 Cost., e concerne in particolare  il
risvolto economico del prelievo sul contribuente. 
    L'argomento non e' nuovo, tant'e' che anche in altre pronunce  la
Consulta,  pur  tracciando  un  confine  che  tende  ad  esaurire  il
sindacato di costituzionalita' dei tributi all'interno  dell'art.  53
Cost., rispetto al quale  non  troverebbero  ingresso  i  profili  di
costituzionalita'  relativi  al  diritto  di  proprieta',  ha  sempre
mantenuto fermo il suo controllo «sotto  il  profilo  della  assoluta
arbitrarieta' od irrazionalita' della misura  dell'imposizione»,  pur
riconducendo  tale  controllo  allo  stesso  principio  di  capacita'
contributiva e di ragionevolezza del tributo. 
    E' tuttavia chiaro che, per sindacare  l'irragionevolezza  di  un
prelievo in relazione al riflesso economico che esso sortisce  su  un
contribuente, l'analisi di costituzionalita' non puo' sottrarsi ad un
esame  caso  per  caso,  in  relazione  alla  posizione  dei  singoli
contribuenti incisi. 
    Orbene, non vi e' dubbio che il contributo  in  esame,  nei  suoi
riflessi economici sulla ricorrente ENI Global Energy Markets  S.p.a.
e' del tutto privo di razionalita' e,  quindi,  la  violazione  degli
articoli 3 e 53 Cost. e' manifesta. 
    In primo luogo, si e' gia' detto che il  contributo,  cosi'  come
applicato all'ENI Global Energy Markets S.p.a., ha,  da  solo,  eroso
tutto il patrimonio netto sociale, tutto  il  risultato  operativo  e
tutto l'utile ante imposte 2021, nonche' tutto l'utile 2022, elevando
il tax rate di quest'ultimo esercizio al 142%. 
    Invero,  come  rappresentato  nel  ricorso  e  documentato  negli
allegati prospetti contabili, le evidenze contabili della  ricorrente
mostrano un margine di contribuzione della  societa'  ai  fini  delle
imposte  dirette  pari  a  139  milioni  circa  nel  periodo  ottobre
2020-aprile  2021  ed  a  197  milioni  circa  nel  periodo   ottobre
2021-aprile 2022. L'incremento tra i due valori, e cioe'  il  preteso
«sovraprofitto», e' dunque pari al 40%. 
    Di  contro,  il  calcolo  della  base  imponibile  ai  fini   del
contributo restituisce un  risultato  ben  venti  volte  superiore  a
quest'ultimo: il «profitto» (cioe' il differenziale  tra  saldi  IVA)
realizzato nel primo periodo risulta pari a circa 771 milioni, mentre
il medesimo valore in relazione al secondo periodo e'  pari  a  circa
7.142 milioni. L'incremento tra i due  valori,  e  cioe'  il  preteso
«sovraprofitto»,  e'   dunque   pari   all'irrealistica   percentuale
dell'800%. 
    Appare pertanto evidente che  l'importo  pagato  dall'ENI  Global
Energy Markets  S.p.a.  a  titolo  di  contributo  non  ha  nulla  di
razionale, se contestualizzato nei suoi dati contabili e  fiscali  di
periodo, ed ha un effetto sostanzialmente espropriativo. 
    Peraltro, va detto che il divieto di imposte  confiscatorie  puo'
anche essere fatto derivare da un'altra lettura dell'art.  53  Cost.,
legata al concetto di «minimo vitale»: si  tratta  di  una  ulteriore
questione che la Consulta  non  ha  affrontato  specificamente  nella
sentenza n. 111/2024 e che merita, quindi, di  essere  specificamente
sottoposta al suo vaglio. 
    Emerge dai lavori  della  Assemblea  costituente  che  era  stato
proposto di inserire nell'art. 53 Cost. la precisazione  secondo  cui
l'obbligo di contribuzione alle  spese  pubbliche  faceva  «salve  le
esenzioni determinate dalla necessita' di assicurare  a  ciascuno  la
soddisfazione dei bisogni indispensabili  alla  esistenza»,  ma  tale
formula non fu inserita in quanto  ritenuta  implicita  nel  concetto
stesso di capacita' contributiva espresso nell'art. 53. 
    Si legge, infatti,  sempre  nei  lavori  preparatori,  che  «Tale
formula (della capacita' contributiva) contiene gia' in germe  l'idea
delle limitazioni e delle esenzioni per il fatto che colui  il  quale
dovrebbe contribuire non ha capacita' contributiva...». 
    I costituenti, pur esaminando tale questione nell'ambito del tema
del c.d. «minimo  vitale»  (che  ha  intuitive  analogie  con  quello
dell'imposizione  espropriativa),  avevano  quindi   ben   in   mente
l'intenzione di costruire un sistema fiscale che non si risolvesse in
una privazione iniqua e sproporzionata dei beni dei contribuenti. 
    Secondo  il  principio  del  c.d.  «minimo  vitale»,  il  livello
complessivo di imposizione non puo'  mai  compromettere  i  mezzi  di
sostentamento dei singoli individui per la soddisfazione  di  bisogni
esistenziali primari. Una parte della  dottrina  ritiene  applicabile
questo principio non solo alle persone fisiche, ma  anche  agli  enti
collettivi. Ed infatti, se e' pur vero che  la  Carta  costituzionale
repubblicana  e'  incentrata  prevalentemente  sulla   figura   della
«persona umana», e'  allo  stesso  tempo  vero  che  tale  concezione
risulta superata dalla centralita' che hanno acquisito negli anni  le
varie  «formazioni  sociali»  che   trovano,   nonostante   la   gia'
sottolineata centralita'  della  persona  umana,  un  importantissimo
riconoscimento nell'art. 2 Cost, ove viene stabilito  che  i  diritti
inviolabili  ed  i  doveri  inderogabili  di  solidarieta'  politica,
economica e sociale dello  Stato  vengono  riconosciuti  e  garantiti
all'uomo «sia come singolo sia nelle formazioni sociali». 
    In questa accezione, un tributo che cagiona la «morte  economica»
di un ente e'  due  volte  incostituzionale:  la  prima,  perche'  e'
incapace di costruire un prelievo che misura in maniera razionale  la
ricchezza assoggettata ad imposizione; la seconda, perche'  priva  il
contribuente-ente collettivo  di  tutti  i  suoi  mezzi,  mettendo  a
repentaglio la sua stessa «sopravvivenza». 
    L'incostituzionalita' degli effetti confiscatori  del  contributo
emerge  anche  se   si   ricostruisce   l'argomentazione   da   altra
prospettiva, che non guarda  agli  articoli  3  e  53  Cost.,  bensi'
all'art.  42  Cost.  e  che  parte  dall'assunto  che   un   prelievo
integralmente  confiscatorio,  quale  e'   il   contributo   per   la
ricorrente, perde la sua natura tributaria, con la conseguenza che il
presidio di cui all'art. 53 Cost.  non  e'  piu'  invocabile,  mentre
riacquista vigore quello di cui all'art. 42 Cost., che si  applica  -
per l'appunto - a tutte le prestazioni diverse da quelle impositive. 
    Invero, se  un  prelievo  ha  effetti  ablativi  integrali  delle
sostanze del soggetto inciso non e' piu' un tributo.  Esso  travalica
quindi i limiti dell'art. 53 Cost., perde la natura di onere  fiscale
e diviene una prestazione patrimoniale diversa e priva di causa  (non
e' sinallagmatica, ne' risarcitoria, ne' indennitaria) e  si  risolve
per cio' solo in una prestazione illegittima. 
    In quanto tale, essa si scontra frontalmente con l'art. 42  Cost.
che, a questo punto, riacquista pieno vigore: se anche si  accetta  -
come fa parte della dottrina - che quest'ultima norma non  limita  il
potere impositivo, e' di contro pacifico che essa  limita  il  potere
dello Stato di imporre prestazioni aventi  causa  diversa  da  quella
tributaria,  quale  e'  -  lo  si  e'  appena  detto  -  un  prelievo
confiscatorio. 
    Viene  cosi'  in  rilievo  anche  tutta   quella   giurisprudenza
costituzionale in materia di prestazioni patrimoniali non  tributarie
che, con fermezza, ritiene  che  tali  prestazioni  sono  soggette  a
precisi limiti, nella consapevolezza che «il legittimo sacrificio che
puo' essere imposto in nome dell'interesse pubblico non puo' giungere
sino  alla  pratica  vanificazione  dell'oggetto   del   diritto   di
proprieta'» (sent. n. 348/2007, nella quale la Corte ha  riconosciuto
che un sacrificio che incide sull'oggetto del diritto in  una  misura
oscillante tra il 60 e il 76 per cento non  supera  il  controllo  di
costituzionalita'  ed  e'  superiore  alla  soglia   accettabile   di
espropriazione legittima). 
    5.1.2. La violazione dell'art.  117  Cost.  e,  in  via  mediata,
dell'art. 1 del primo protocollo Cedu. 
    E' indubbio che gli effetti manifestamente espropriativi prodotti
dal  contributo  in  esame  si  riverberano  sulla  violazione  anche
dell'art.  1  del  primo  protocollo  Convenzione  europea   per   la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
cosi' come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Infatti, proprio nella materia tributaria, la Corte  europea  dei
diritti dell'uomo ha dichiarato  illegittimi  tributi  che  sortivano
effetti espropriativi: il riferimento e', in particolare, alla  causa
N.K.M. vs. Hungary, sentenza del 14 maggio 2013, ove si legge che «la
soglia applicabile nella  presente  causa  e'  superiore  a  HUF  3,5
milioni, gli importi del trattamento di fine rapporto che scendono al
di  sotto  di  questa  soglia  sono  soggetti  all'aliquota  generale
dell'imposta sul reddito delle persone  fisiche  del  16%.  Nel  caso
della ricorrente, cio' comportava un  onere  fiscale  complessivo  di
circa il 52%». 
    Nella  sentenza  n.  111/2024,  la  Consulta  ha  esaminato  tale
pronuncia e ha ritenuto  che  essa  non  fosse  invocabile  nei  casi
sottoposti al suo vaglio e dichiarati  ammissibili.  Cio'  in  quanto
quella sentenza e le altre analoghe citate dai ricorrenti avevano  ad
oggetto situazioni estreme nelle quali le imposte  censurate  avevano
dato  luogo  ad  un  incremento  di  aliquota  che  elevava  al   52%
l'imposizione marginale complessiva e al 98% l'imposizione  marginale
sullo specifico componente reddituale,  che  era  la  buonuscita  dei
dipendenti pubblici, peraltro con un «effetto sorpresa» posto che  la
norma si applicava retroattivamente. 
    Ancora una volta, la Consulta  ha  posto  l'accento  sull'effetto
confiscatorio in concreto, cioe' su  quello  prodotto  e  documentato
nelle specifiche controversie sottoposte al suo vaglio dalla Corte di
giustizia tributaria di I grado di Milano (e dichiarate ammissibili).
E, nel procedere a questo esame, la stessa Consulta ha  concluso  che
tali  situazioni  non  erano  assimilabili  e  quelle  oggetto  delle
sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo perche', nei  casi
originati dai contenziosi milanesi, l'effetto confiscatorio non aveva
dato luogo ad una «situazione estrema» e, prima ancora, tale  effetto
non era stato comprovato, oltre che parametrato  a  valori  contabili
ritenuti inconferenti allo scopo (l'utile 2021). 
    Orbene, alla luce di tutto  quanto  sopra  rappresentato,  appare
evidente  che  nella  specifica  situazione  dell'ENI  Global  Energy
Markets  S.p.a.,  non  esaminata  dalla  Corte  costituzionale,  sono
ravvisabili proprio quelle «situazioni estreme» idonee a far ritenere
la natura espropriativa dell'imposta in argomento. 
    Infatti, si e' gia' piu' volte osservato che,  nella  fattispecie
in esame, l'applicazione del  contributo  ha  determinato  l'interale
erosione (100%) del patrimonio e del reddito della ricorrente. 
    Se gia' una contribuzione specifica del 98% e complessiva del 52%
e' sufficiente per la Corte europea dei diritti dell'uomo al fine  di
quantificare un prelievo come «espropriativo», vieppiu' deve  esserlo
una contribuzione che, come in questo caso, determina sostanzialmente
la «morte economica» dell'ente. 
    Il trascritto principio si rinviene,  oltre  che  nelle  sentenze
della Corte europea dei diritti dell'uomo gia'  citate  nell'atto  di
costituzione della societa', anche nella giurisprudenza piu'  recente
della medesima Corte. 
    Il riferimento e' alla pronuncia del 7  dicembre  2023  nel  caso
Waldner contro Francia, ove la Corte europea dei diritti dell'uomo ha
nuovamente ricordato, al punto 42, che «qualsiasi ingerenza, compresa
quella derivante da una misura diretta ad assicurare il pagamento  di
un'imposta, deve garantire un "giusto equilibrio" tra gli  imperativi
dell'interesse  generale  e   quelli   della   tutela   dei   diritti
fondamentali  dell'individuo  (SA  Dangeville  contro   Francia,   n.
36677/97, § 52, Convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali 2002 -  III,  e  «Bulves»  AD
contro Bulgaria , n . 3991/03, § 62, 22 gennaio 2009). La ricerca  di
tale equilibrio si riflette  nella  struttura  dell'art.  1  nel  suo
complesso,  quindi  anche  nel  secondo  comma;  deve   esistere   un
ragionevole rapporto di proporzionalita' tra i mezzi impiegati  e  lo
scopo perseguito». 
    Invero, la Corte europea dei diritti dell'uomo, pur  riconoscendo
la piena discrezionalita' degli Stati nell'imporre misure fiscali, ha
chiarito che resta fermo  il  suo  sindacato  sulla  proporzionalita'
delle misure tributarie, al fine di verificare se esse siano  fondate
su una «"base ragionevole", tale da garantire  un  giusto  equilibrio
tra gli imperativi dell'interesse generale e quelli della tutela  dei
diritti fondamentali dell'individuo». 
    Ma nel caso del contributo, e' acclarato - ed  anzi  riconosciuto
dalla stessa Corte costituzionale, al punto 8.3.  della  sentenza  n.
111/2024 - che esso non supera il test della connessione razionale  e
della proporzionalita':  la  violazione  del  principio  del  «giusto
equilibrio» sancito dalla Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  e'
manifesta, come pure e' manifesta,  conseguentemente,  la  violazione
del primo protocollo, alla luce degli innegabili effetti confiscatori
che detto contributo, proprio a causa della  sua  irrazionalita',  ha
provocato in capo alla ricorrente. 
    Analoghe   considerazioni    possono    essere    svolte    sulla
retroattivita' della misura. 
    Occorre infatti ricordare che  l'imposta  in  esame  assume  come
ricchezza tassabile un  differenziale  calcolato  sul  fatturato  IVA
relativo al periodo ottobre 2021 - aprile 2022  (confrontato  con  il
precedente periodo ottobre 2020 - aprile  2021).  Tuttavia,  esso  e'
entrato in vigore il 22 marzo 2022, con il decreto-legge n.  21/2022,
peraltro  subendo  modifiche  molto  rilevanti   -   tra   le   quali
l'incremento dell'aliquota, che e' piu' che raddoppiata, passando dal
10% al 25% - il 18 maggio 2022 con il decreto-legge n. 50/2022  (c.d.
decreto «Aiuti»). 
    Pertanto, la retroattivita' del prelievo e'  di  tutta  evidenza:
esso infatti grava su una ricchezza che, semmai si e' formata, lo  ha
fatto ben prima della sua entrata in vigore. 
    In proposito, e' opportuno sottolineare che la Corte europea  dei
diritti dell'uomo, valorizzando  il  tema  della  prevedibilita'  dei
precetti normativi,  ha  censurato  ad  ampio  spettro  l'illegittimo
«effetto  sorpresa»  delle  misure  fiscali   introdotte   ex   post,
ritenendolo contrario all'art. 1  del  primo  protocollo  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali a tutela del diritto di proprieta', non solo nella  gia'
citata pronuncia ungherese, ma anche in molte altre. 
    La Corte europea dei diritti  dell'uomo  ha  peraltro  esteso  la
necessaria prevedibilita' a tutti gli elementi del tributo  rilevanti
ai fini della sua determinazione:  basti  il  riferimento  alla  gia'
citata pronuncia ungherese, nella quale la Corte ha finanche ritenuto
che l'imposizione sul TFR introdotta dopo la sua erogazione non fosse
legittima in quanto emanata  dopo  la  conclusione  del  rapporto  di
lavoro, rapporto che aveva inciso esso stesso  sulla  quantificazione
della base imponibile dell'imposta introdotta ex post. 
    5.2. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37,  decreto-legge
n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella  misura
in cui non consente di escludere dall'imposizione le operazioni delle
stabili organizzazioni estere «attratte» nelle LIPE della casa  madre
italiana per effetto dell'art. 192-bis della direttiva n. 112/06/CE e
dell'art. 54 del regolamento n. 282/2011, stante l'impossibilita'  di
prospettare una interpretazione  costituzionalmente  orientata  della
predetta norma e, in particolare, del comma 3 della stessa. 
    Come rappresentato nel ricorso, la  societa'  ENI  Global  Energy
Markets S.p.a. opera attraverso tre stabili organizzazioni all'estero
ubicate in Belgio, Regno Unito e Singapore. 
    Tali stabili  organizzazioni  hanno  rilevanza  ad  ogni  effetto
fiscale, anche ai fini dell'IVA.  Infatti,  ai  sensi  del  combinato
disposto degli articoli 192-bis della direttiva 2006/112/CE e 54  del
regolamento n. 282/2011, se nel luogo in cui «e' dovuta l'IVA» esiste
la casa madre, quest'ultima dovra' accentrare presso di se' tutti gli
obblighi relativi alle operazioni aventi  rilevanza  territoriale  in
Italia,  e  cio'  anche  nei  casi  in  cui   le   operazioni   siano
pacificamente riferibili alla sua  stabile  organizzazione  estera  e
all'attivita' esercitata da quest'ultima. 
    Pertanto,  per  effetto  di  tali  norme,  le  operazioni  attive
imputabili all'attivita' svolta dalle stabili organizzazioni  estere,
e cioe' all'attivita'  svolta  tramite  strutture  e  mezzi  umani  e
tecnici  delle  stabili  stesse  (art.  53  del  regolamento  UE   n.
282/2011), se sono  territorialmente  rilevanti  in  Italia  ai  fini
dell'IVA devono essere fatturate dalla casa madre italiana. 
    Le LIPE della casa madre saranno quindi destinate  ad  accogliere
non solo le operazioni  attive  (leggasi,  «i  profitti»)  effettuate
dall'attivita' della  casa  madre,  ma  anche  le  operazioni  attive
(leggasi, «i profitti»)  imputabili  all'attivita'  esercitata  dalle
proprie stabili organizzazioni che hanno  rilevanza  territoriale  in
Italia ai fini IVA. 
    Quanto sopra vale solo con riferimento alle operazioni effettuate
dalle stabili organizzazioni, e non a quelle ricevute.  Il  fatturato
passivo delle stabili organizzazioni, infatti, non influenza in alcun
modo i registri e le LIPE della  casa  madre,  rimanendo  imputato  a
tutti gli effetti di legge alle stabili stesse. 
    Ne consegue che le  LIPE  della  casa  madre  ENI  Global  Energy
Markets S.p.a. risultano «inquinate» da molteplici operazioni  attive
che non sono riferibili ad ENI Global Energy Markets S.p.a., ma  alle
proprie stabili organizzazioni estere. 
    Si tratta pacificamente di operazioni riferibili  alla  attivita'
esercitata all'estero dalla  stabile  organizzazione,  che  solo  per
effetto delle norme IVA si ritrovano ad essere  indicate  nel  volume
d'affari della casa madre, nonostante  essa  sia  rimasta  del  tutto
estranea alla loro effettuazione. 
    Viceversa, nelle medesime LIPE  non  confluiscono  le  operazioni
passive delle stabili organizzazioni estere, le quali,  a  differenza
di   quelle   attive,   non   ricadono   nella   menzionata    regola
dell'«attrazione». 
    Orbene, l'effetto distorsivo  determinato  dall'inclusione  nella
base imponibile del contributo di tale  fatturato  attivo  riferibile
alle attivita' esercitate all'estero  dalle  stabili  organizzazioni,
determina   un   profilo   di   incostituzionalita'   dell'art.   37,
decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost. 
    Si tratta, infatti, di  una  manifesta  irragionevolezza  causata
proprio dall'applicazione delle norme IVA alla  base  imponibile  del
contributo senza un doveroso coordinamento tra le due imposte, atteso
che le norme IVA hanno  logiche  del  tutto  avulse  da  qualsivoglia
individuazione di un profitto, o sovraprofitto, o anche  solo  di  un
preteso «vantaggio economico». 
    Infatti,   il   fatturato   attivo   riferibile   alle    stabili
organizzazioni estere che influenza le LIPE della ricorrente: 
        anche in base alla  disciplina  IVA,  non  e'  un  riferibile
all'attivita'  della  ricorrente,  ma  a  quella  delle  sue  stabili
organizzazioni  estere,  restando   «attratto»   nelle   LIPE   della
ricorrente solo per effetto dell'applicazione delle norme IVA; 
        non e' in alcun modo rappresentativo  di  un  incremento  del
saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive: se infatti le
operazioni passive riferibili a quella medesima  attivita'  non  sono
imputate  alla  casa  madre,   ma   «restano»   sulle   sue   stabili
organizzazioni, davvero non si vede come possa calcolarsi  un  saldo,
che presuppone sotto un profilo logico, prima ancora  che  giuridico,
un confronto tra due volumi correlati (il fatturato attivo  e  quello
passivo); 
        ha  dirette  ripercussioni   anche   sulla   coerenza   della
quantificazione  della  base  imponibile  che,  se  calcolata  avendo
riguardo al solo fatturato attivo della stabile organizzazione e  non
a quello passivo, si  rivela  del  tutto  inidonea  ad  isolare  quel
«sovraprofitto»  che  il  legislatore  intende  -  implicitamente  ma
chiaramente - assoggettare ad imposizione. 
    La ricorrente ha proposto una interpretazione  costituzionalmente
orientata dell'art. 37, comma 3, decreto-legge n. 21/2022, secondo la
quale, ai fini del calcolo del contributo dovuto,  dovrebbero  essere
espunte tutte le operazioni attive «attratte» presso la  casa  madre,
ma  pacificamente  riferibili  alle  proprie  stabili  organizzazioni
estere. 
    Nel caso di specie, poiche'  il  saldo  delle  operazioni  attive
delle stabili organizzazioni «attratte» nelle LIPE della casa  madre,
secondo i calcoli della ricorrente, ammonterebbe a  complessivi  euro
4.069.093.706,20, mentre la base imponibile  del  contributo  versato
dall'ENI  Global  Energy  Markets  S.p.a.  sarebbe   pari   ad   euro
2.031.131.312,43, l'espunzione da tale  imponibile  delle  operazioni
«attratte» (oltre 4 milioni) restituirebbe un risultato negativo, con
conseguente illegittimita' integrale del contributo versato. 
    A sostegno di tale interpretazione, la ricorrente ha  evidenziato
che l'Agenzia delle entrate, nelle gia' menzionate circolari n.  22/E
e n. 25/E del 2022, ha riconosciuto, con riferimento alle  operazioni
attive  extraterritoriali,  che  si  deve  derogare  al  criterio  di
determinazione della base imponibile in conformita' alle LIPE  quando
cio' si rivela necessario  per  «ragioni  di  simmetria».  E'  quindi
evidente che la stessa Agenzia delle entrate  riconosce  che  possono
apportarsi correttivi alla base imponibile del contributo quando essa
determina delle manifeste  «asimmetrie»;  asimmetrie  costituite,  in
particolare, dalla ricomprensione nelle LIPE - e quindi  nei  fattori
rilevanti  per  la  determinazione  del  contributo  -   solo   delle
operazioni attive, senza che rilevino  le  corrispondenti  operazioni
passive. 
    Ma la «asimmetria»  che  deriva  dal  concorso  delle  operazioni
«attratte» nella base  imponibile  del  contributo  e'  autoevidente.
Invero, solo il fatturato attivo  e'  influenzato  da  tali  voci  di
costo, senza un «simmetrico» bilanciamento nel fatturato passivo, che
invece e' privo di tali  valori,  i  quali  rimangono  imputati  alle
stabili organizzazioni  estere.  Cosi',  concorre  al  contributo  un
componente  attivo  che,  pacificamente,  non  e'  bilanciato  da  un
correlato componente negativo. 
    Vi sarebbe  dunque  spazio  per  accedere  ad  un'interpretazione
costituzionalmente orientata della norma che  escluda  le  operazioni
«attratte» dal calcolo del contributo, senza sconfessare -  ed  anzi,
avallando - i principi «di simmetria» che lo stesso ufficio  ha  gia'
richiamato, sebbene ad altri fini, nell'interpretazione dell'art.  37
cit. 
    Tuttavia, il Collegio non condivide tale assunto. 
    Si e' gia' osservato che il secondo  comma  del  citato  art.  37
precisa che la base imponibile  e'  costituita  «dall'incremento  del
saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive,  riferito  al
periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo  del
periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021». 
    A tal fine, richiama quindi la disciplina in materia  di  IVA,  e
nello  specifico  quella  delle  relative   liquidazioni   periodiche
(«LIPE»). Il concetto  viene  ribadito,  ed  anzi  rafforzato,  nella
circolare n. 22/E del 23 giugno 2022, ove l'Agenzia precisa che  «dal
momento che il combinato normativo previsto ai commi 2 e 3  dell'art.
37 del decreto Ucraina fa espresso riferimento, ai fini  del  calcolo
della base imponibile del contributo straordinario, al  totale  delle
operazioni attive e passive indicate nelle  LIPE  per  i  periodi  1°
ottobre 2020 - 30 aprile 2021 e 1° ottobre 2021  -  30  aprile  2022,
senza prevedere esclusioni, si ritiene  che  la  norma  non  consenta
correzioni  degli   importi   evidenziati   nelle   LIPE   prese   in
considerazione». 
    Il comma terzo del citato  art.  37  dispone  che  «ai  fini  del
calcolo del saldo di cui al  comma  2,  si  assume  il  totale  delle
operazioni attive, al netto dell'IVA, e il  totale  delle  operazioni
passive, al netto dell'IVA, indicato  nelle  comunicazioni  dei  dati
delle liquidazioni periodiche IVA,  presentate,  ai  sensi  dell'art.
21-bis del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122,  per  i  periodi
indicati al comma 2». Tale norma e' stata dichiarata incostituzionale
con  la  gia'   richiamata   sentenza   n.   111/2024   della   Corte
costituzionale nella parte in cui prevede che «ai  fini  del  calcolo
del saldo di cui al comma 2, si assume  il  totale  delle  operazioni
attive, al netto dell'IVA», anziche' «ai fini del calcolo  del  saldo
di cui al comma 2, si assume il totale delle  operazioni  attive,  al
netto dell'IVA e delle accise versate allo  Stato  e  indicate  nelle
fatture attive». 
    L'art. 1, comma 120, lettera c), legge n. 197/2022, ha introdotto
nell'art. 37 cit. il comma 3-bis, secondo il  quale  «non  concorrono
alla determinazione dei totali delle operazioni attive e passive,  di
cui al comma 3, le operazioni di cessione e di  acquisto  di  azioni,
obbligazioni o altri titoli non  rappresentativi  di  merci  e  quote
sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al  comma  1»,  ed  il
comma 3-ter, il quale prevede che «non concorrono alla determinazione
dei totali delle operazioni attive, di cui al comma 3, le  operazioni
attive non soggette a IVA per carenza del  presupposto  territoriale,
ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del decreto  del  Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se e nella  misura  in  cui
gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente  non  rilevanti
ai fini dell'IVA». 
    La  normativa  non  prevede  ulteriori  esclusioni   dalla   base
imponibile, oltre a quelle espressamente previste. 
    Pertanto, non appare  possibile  effettuare  una  interpretazione
costituzionalmente orientata che sia rispettosa del  testo  letterale
della norma, tenuto conto che «la lettera della norma costituisce  il
limite cui deve arrestarsi anche l'interpretazione costituzionalmente
orientata  dovendo,  infatti,   essere   sollevato   l'incidente   di
costituzionalita' ogni  qual  volta  l'opzione  ermeneutica  supposta
conforme a Costituzione sia incongrua rispetto  al  tenore  letterale
della norma stessa» (Cass., S.U. 1°  giugno  2021,  n.  15177;  nello
stesso senso Corte costituzionale sentenze n. 78 del 2012; n. 49  del
2015; n. 36 del 2016 e n. 82 del 2017, ricordate da Cassazione, S.U.,
22 marzo 2019, n. 8230). 
    5.3. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37,  decreto-legge
n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella  misura
in cui non consente di tenere conto, nella determinazione della  base
imponibile, della circostanza che  la  ricorrente  ha  cominciato  in
concreto a svolgere la propria attivita' solo dal  1°  gennaio  2021,
risultando quindi non effettivamente operativa nei primi tre mesi del
primo periodo di riferimento per il calcolo  del  contributo,  stante
l'impossibilita'     di     prospettare      una      interpretazione
costituzionalmente orientata della predetta norma e, in  particolare,
del comma 2 della stessa. 
    Come risulta dal ricorso e  dalla  documentazione  allegata,  ENI
Global Energy Markets S.p.a. e' la societa' «captive» del Gruppo  Eni
che opera nel trading nei mercati internazionali di gas, power,  CO2,
GNL e Oil derivatives, garantendo un approccio  globale  e  integrato
che viene rinforzato dalle  relazioni  e  dall'ampio  portafoglio  di
asset di Eni. 
    Il business di ENI Global Energy  Markets  S.p.a.  origina  dalla
scissione parziale di Eni Trading &  Shipping  S.p.a.  (ETS),  avente
efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2021, data in cui la ricorrente,
quale societa' beneficiaria della  predetta  scissione,  ha  pertanto
iniziato ad operare. 
    Il pieno esercizio dell'attivita' da parte della ricorrente si e'
tuttavia di fatto realizzato solo dal 1° luglio 2021 a seguito  della
riallocazione in Italia  dell'attivita'  gia'  svolta  dalla  stabile
organizzazione belga, il  cosiddetto  «South  Desk»,  concernente  le
operazioni di trading delle attivita' gas per il Sud Europa. 
    La riallocazione e' avvenuta sulla base di un Accordo unilaterale
con l'amministrazione finanziaria Belga finalizzato in data 23  marzo
2021 volto a disciplinarne la exit tax. 
    Sebbene la ricorrente abbia sostanzialmente  avviato  l'attivita'
solo il 1° gennaio 2021, il calcolo del contributo dovuto si basa sul
raffronto delle attivita' svolte nel periodo ottobre  2021  -  aprile
2022, con quelle svolte nel  periodo  ottobre  2020  -  aprile  2021,
periodo nel quale la societa' non era pienamente operativa. 
    Come si e' gia' rilevato, la base imponibile  del  contributo  e'
costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni  attive  e  le
operazioni passive, riferito al periodo dal 1°  ottobre  2021  al  30
aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al  30
aprile 2021. 
    Tale definizione, tuttavia,  non  tiene  conto  della  situazione
particolare in cui versano quelle societa', come la  ricorrente,  che
nel primo periodo  1°  ottobre  2020  -  30  aprile  2021  non  erano
costituite o, pur essendo formalmente costituite,  non  erano  ancora
pienamente operative. 
    Per queste  societa'  l'intero  saldo  tra  operazioni  attive  e
operazioni passive nel periodo 1°  ottobre  2021  -  30  aprile  2022
rischia di essere assoggettato  a  prelievo  poiche'  nel  precedente
periodo di riferimento il corrispondente  saldo  e'  pari  a  zero  o
comunque  di  scarsissimo  valore:  e  cio'  benche'  ad   esso   non
corrisponda una operativita' effettiva. 
    Tale situazione provoca  un  effetto  distorsivo  sul  contributo
dovuto che non trova alcuna  giustificazione  ne'  sotto  un  profilo
logico, ne' sotto un profilo giuridico. Alle societa' neocostituite o
non operative non puo', infatti, essere  ascrivibile  alcun  profitto
straordinario rispetto al  precedente  periodo  di  riferimento,  dal
momento che nel secondo periodo (i.e.  l'unico  in  cui  le  societa'
operano)  esse  realizzano  un  profitto  che   non   potra'   essere
qualificato ne' come sovra - ne' come sotto - profitto,  non  potendo
essere parametrato a nessuna altra situazione pregressa. 
    Emerge quindi un profilo di illegittimita'  costituzionale  della
norma, per violazione degli articoli 3  e  53  Cost.,  non  potendosi
ritenere conforme a Costituzione un sistema impositivo  che  pretende
di rintracciare un supposto  «sovraprofitto»  mediante  il  confronto
incrementale tra un periodo di piena operativita' di una  societa'  e
un altro, precedente, di operativita' limitata alle sole attivita' di
avvio  dell'impresa,  che  nemmeno  producono  «profitti»  in   senso
proprio. 
    Anche in relazione a tale criticita', la ricorrente  ha  proposto
una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 37,  comma
2,  decreto-legge  n.  21/2022,  secondo  la  quale,  ai   fini   del
contributo, rileverebbe solo il saldo tra le attivita' esercitate nei
mesi di gennaio - aprile 2022 e quelle esercitate nei mesi di gennaio
- aprile 2021: cio' perche' il raffronto tra gli incrementi, al  fine
di intercettare  l'eventuale  extraprofitto,  deve  riferirsi  a  due
periodi  omogenei  e  pertanto  sarebbe  possibile  solo  per  questo
ristretto lasso di tempo. 
    Tale conclusione sarebbe vieppiu' rafforzata, nel caso di specie,
atteso che,  anche  sotto  il  profilo  formale,  gli  effetti  della
menzionata scissione decorrono dal 1° gennaio 2021, il  che  conferma
anche sotto il profilo giuridico il corretto riferimento a tale  data
come  «inizio»  dell'attivita'   della   ricorrente   ai   fini   qui
d'interesse. 
    In  generale,  la  predetta  impostazione  troverebbe   ulteriore
conferma anche nel dato testuale dell'art. 37 cit. che, riferendo  il
contributo  a  quei  soggetti  che  «esercitano  l'attivita'  di...»,
parrebbe volto a attrarre nel  proprio  ambito  applicativo  solo  le
societa' effettivamente esercenti l'attivita' di impresa (laddove  si
presume che risiedano gli extraprofitti)  e  non  anche  le  societa'
neocostituite o non operative, che pongano  eventualmente  in  essere
solo attivita' preparatorie. 
    Applicando tale interpretazione nel caso  di  specie,  secondo  i
calcoli della ricorrente, il contributo dovuto risulterebbe pari alla
minor somma di euro 124.866.931,33, il  cui  40%  dovuto  in  acconto
risulterebbe pari ad euro 49.946.772,53, con conseguente  diritto  al
rimborso di quanto versato in eccesso, per un importo  pari  ad  euro
153.166.358,71. 
    Anche in questo caso,  il  Collegio  non  ritiene  sia  possibile
addivenire ad una interpretazione  costituzionalmente  orientata  che
sia rispettosa del testo letterale della norma di  cui  all'art.  37,
comma 2,  decreto-legge  n.  21/2022,  a  mente  del  quale  la  base
imponibile dell'imposta in esame e' costituita  «dall'incremento  del
saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive,  riferito  al
periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo  del
periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021»,  tenuto  anche  conto
che l'Agenzia delle entrate, con circolare 23 giugno 2022,  n.  22/E,
ha   chiarito   che,   ai   fini   dell'individuazione    dell'inizio
dell'attivita',  debba  farsi  riferimento  al  «momento  in  cui  il
soggetto acquisisce la soggettivita' passiva ai fini  IVA,  ossia  al
momento  dell'apertura  della   partita   IVA,   accompagnata   dallo
svolgimento delle attivita'  di  carattere  preparatorio  finalizzate
alla costituzione delle condizioni d'inizio effettivo  dell'attivita'
tipica, a  prescindere  dall'effettiva  realizzazione  di  operazioni
attive (cfr. sentenze della Corte di  giustizia  UE  2  giugno  2016,
C-263/15, sentenze della Corte di cassazione, sez. civile, 2 febbraio
2004, n. 1863, e sez. tributaria 3 ottobre 2018, n. 23994)». 

 
                                P.Q.M. 
 
    La Corte di giustizia tributaria di primo grado  di  Roma,  nella
Camera di consiglio del 20 novembre 2024, 
    A scioglimento della riserva ex art. 35, decreto  legislativo  n.
546/1992 assunta all'udienza del 30 ottobre 2024, 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge  n.  21/2022,
convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022,  come  modificato
dall'art.   55,   decreto-legge   n.   50/2022,    convertito,    con
modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma  120,  legge
n. 197/2022, per violazione degli  articoli  3,  42,  53,  117  della
Costituzione e, in via mediata,  dell'art.  1  del  Primo  Protocollo
Cedu, in relazione ai profili di illegittimita' sopra evidenziati. 
    Sospende il giudizio. 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina alla Segreteria che la presente ordinanza  sia  notificata
alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri  e  comunicata
al Presidente del Senato della  Repubblica  ed  al  Presidente  della
Camera dei deputati. 
        Roma, 20 novembre 2024 
 
                 Il Presidente: Paolo Antonio Bruno 
 
 
                                        Il giudice estensore: Salassa