Reg. ord. n. 151 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma del 20/05/2025
Tra: Eni Global Energy Markets spa C/ Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale per il Lazio
Oggetto:
Tributi – Energia – Prevista istituzione, per l’anno 2022, di un contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese operanti nel settore energetico – Individuazione dei soggetti passivi – Quantificazione della base imponibile – Criterio di determinazione costituito dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 – Previsione che, in caso di saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ai fini del calcolo della base imponibile per tale periodo è assunto un valore di riferimento pari a zero – Applicazione del contributo nella misura del 25 per cento nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000, mentre se è inferiore al 10 per cento non è dovuto alcun contributo – Assunzione, ai fini del calcolo del medesimo saldo, del totale delle operazioni attive e del totale delle operazioni passive, entrambe al netto dell'IVA – Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali di tali operazioni attive e passive le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1 dell’art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 – Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali delle medesime operazioni attive, le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del d.P.R. n. 633 del 1972, se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA – Previsione che il contributo è liquidato e versato entro il per un importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le modalità di cui all' art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 – Denunciata introduzione di un contributo ingiustificatamente gravoso, a effetto espropriativo, che ha completamente eroso sia le ricchezze patrimoniali, sia quelle reddituali della società ricorrente – Tributo incapace di misurare in modo razionale la ricchezza assoggettata a imposizione, privando il contribuente di tutti i suoi mezzi e compromettendo la sua stessa sopravvivenza – Violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e della capacità contributiva – Prelievo i cui effetti confiscatori generano la perdita della natura di onere fiscale, tramutandolo in una illegittima prestazione patrimoniale diversa e priva di una causa indennitaria o risarcitoria – Violazione della proprietà privata- Lesione del giusto equilibrio tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, come sancito dalla giurisprudenza della Corte Edu - Retroattività del prelievo che grava su una ricchezza che, ove si fosse formata, lo ha fatto prima della sua entrata in vigore – Violazione degli obblighi internazionali, come declinati dall’art. 1 del Primo protocollo addizionale alla CEDU, posto a presidio della proprietà privata – Contributo che non consente di escludere dalla relativa imposizione le operazioni delle stabili organizzazioni estere, attratte nelle liquidazioni periodiche IVA della casa madre italiana per effetto della normativa europea di riferimento – Sistema impositivo che pretende di rintracciare un supposto sovraprofitto mediante il confronto incrementale tra un periodo di piena operatività di una società e un altro precedente, di operatività limitata alle sole attività di avvio dell’impresa che nemmeno generano profitti in senso proprio – Contrasto con i principi di ragionevolezza e della capacità contributiva.
Norme impugnate:
decreto-legge del 21/03/2022 Num. 21 Art. 37
legge del 20/05/2022 Num. 51
decreto-legge del 17/05/2022 Num. 50 Art. 55
legge del 15/07/2022 Num. 91
legge del 29/12/2022 Num. 197 Art. 1 Co. 120
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 42 Co.
Costituzione Art. 53 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 1 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2025 Ordinanza del 20 maggio 2025 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma sul ricorso proposto da Eni Global Energy Markets s.p.a. contro Agenzia delle entrate - Direzione regionale per il Lazio. Tributi - Energia - Prevista istituzione, per l'anno 2022, di un contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese operanti nel settore energetico - Individuazione dei soggetti passivi - Quantificazione della base imponibile - Criterio di determinazione costituito dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 - Previsione che, in caso di saldo negativo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ai fini del calcolo della base imponibile per tale periodo e' assunto un valore di riferimento pari a zero - Applicazione del contributo nella misura del 25 per cento nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000, mentre se e' inferiore al 10 per cento non e' dovuto alcun contributo - Assunzione, ai fini del calcolo del medesimo saldo, del totale delle operazioni attive e del totale delle operazioni passive, entrambe al netto dell'IVA - Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali di tali operazioni attive e passive le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1 dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 - Previsione che non concorrono alla determinazione dei totali delle medesime operazioni attive, le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del d.P.R. n. 633 del 1972, se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA - Previsione che il contributo e' liquidato e versato per un importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le modalita' di cui all'art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. - Decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, art. 37, come modificato dall'art. 55 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttivita' delle imprese e attrazione degli investimenti, nonche' in materia di politiche sociali e di crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91, e dall'art. 1, comma 120, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025). (GU n. 36 del 03-09-2025) LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ROMA Sezione 27 riunita in udienza il 30 ottobre 2024 alle ore 9,30 con la seguente composizione collegiale: Bruno Paolo Antonio, Presidente; Salassa Pier Marco, relatore; Venanzi Mario, giudice, in data 20 novembre 2024 ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 17223/2022 depositato il 30 dicembre 2022, proposto da: Eni Global Energy Markets S.p.a. - -11076280962, difeso da Davide De Girolamo - DGRDVD77A24H501P - Livia Salvini - SLVLVI57H67H501M, rappresentato da Giorgio Bigoni - BGNGRG59B22D548K, rappresentante difeso da Davide De Girolamo - DGRDVD77A24H501P - Livia Salvini - SLVLVI57H67H501M ed elettivamente domiciliato presso davidedegirolamo@ordineavvocatiroma.org Contro Agenzia entrate Direzione regionale Lazio, elettivamente domiciliato presso dr.lazio.gtpec@pce.agenziaentrate.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: Silenzio Rifiut n. IST. del 9 settembre 2022 Caro Bollette 2022 a seguito di discussione in pubblica udienza. Elementi in fatto e diritto Elementi in fatto e diritto 1. Premessa In data 30 giugno 2022, la ENI Global Energy Markets S.p.a. ha provveduto al versamento in acconto del «contributo straordinario contro il caro bollette» di cui all'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 91/2022. Il contributo dovuto e' risultato pari a complessivi euro 507.782.828,10 ed il versamento in acconto, pari al 40% di tale importo, e' stato di complessivi euro 203.113.131,24. Ritenendo l'illegittimita' dell'art. 37 cit., in quanto incompatibile con i principi costituzionali e con il diritto comunitario, in data 9 settembre 2022 la ENI Global Energy Markets S.p.a. ha presentato istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate - Direzione regionale del Lazio, per la restituzione delle somme versate in acconto a titolo di contributo, per l'importo complessivo di euro 203.113.131,24, oltre accessori di legge. L'Agenzia delle entrate - Direzione regionale del Lazio, pur avendo ricevuto la predetta istanza via PEC in data 9 settembre 2022, e' rimasta del tutto silente. La societa' ENI Global Energy Markets S.p.a., trascorso il termine di novanta giorni di cui all'art. 21, comma 2, decreto legislativo n. 546/1992, ha proposto ricorso contro l'Agenzia delle entrate - Direzione regionale del Lazio, avverso il silenzio-rifiuto maturato con riferimento alla richiesta di rimborso dell'importo di euro 203.113.131,24 corrisposto in data 30 giugno 2022 ex art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito in legge n. 91/2022, a titolo di «contributo straordinario contro il caro bollette», oltre interessi maturati e maturandi, presentata via PEC all'amministrazione finanziaria in data 9 settembre 2022. La ricorrente ha dedotto, sia nell'istanza di rimborso che nel ricorso: 1) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli 23, 3 e 53 Cost., sotto molteplici profili: genericita', indeterminatezza e irragionevolezza del presupposto impositivo; inidoneita' allo scopo della norma e, in particolare: a) inidoneita' ad intercettare presunti «extraprofitti» del meccanismo scelto per la determinazione della base imponibile, anche con riferimento, tra l'altro, all'inclusione nella base imponibile stessa delle accise traslate sui clienti, che rappresentano componenti fiscali in definitiva riversate allo Stato, che non rientrano in alcun modo nella definizione di profitto in senso economico o fiscale, sicche' non possono rappresentare in alcun modo un incremento rilevante di «ricchezza» tassabile; b) inidoneita' ad isolare un presunto sovraprofitto anche delle norme in materia di competenza temporale; c) inidoneita' anche del periodo di tempo preso a riferimento dalla norma (1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022) a rappresentare ipotetici sovraprofitti realizzati dalle imprese; d) l'omessa considerazione, nel calcolo della base imponibile, dei derivati realizzati per la copertura delle variazioni prezzo dei prodotti oggetto dell'attivita' caratteristica, quale ulteriore elemento di incoerenza del prelievo fiscale in esame. Deviazione dai modelli di corretta tassazione dei profitti incrementali forniti dal regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio dell'UE del 6 ottobre 2022 «relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia» ovvero dalle linee guida di cui all'Allegato 2 della «Comunicazione "RePowerEU: azione europea comune per un'energia piu' sicura, piu' sostenibile e a prezzi piu' accessibili», pubblicata l'8 marzo 2022 dalla Commissione europea ovvero ancora dalla sentenza n. 10/2015 della Corte costituzionale sulla nota «Robin Hood Tax», menzionata a piu' riprese anche nei lavori preparatori al citato art. 37. Portata discriminatoria del contributo, interna o esterna al mercato energetico. 2) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost., nella misura in cui consente che il contributo possa avere effetti ablativi integrali della capacita' economica del soggetto inciso. 3) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, atteso che il contributo in esame determinerebbe una limitazione della tutela proprietaria nel godimento dei beni della ricorrente, risolvendosi in una contribuzione in denaro che determina l'erosione di tutto il patrimonio netto sociale della ricorrente. 4) L'incompatibilita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 con le norme ed i principi comunitari, sotto vari profili: violazione degli articoli 106 e 107 TFUE, costituendo il contributo in esame aiuto di Stato illegittimo poiche': grava solo su alcune imprese che operano nel settore energetico e non si giustifica per ragioni di coerenza del sistema tributario nel suo insieme; manda esenti da imposta operatori che hanno realizzato extraprofitti per importi inferiori a 5 milioni di euro o in una percentuale inferiore al 10 per cento, introducendo cosi' un regime fiscale differenziato pur a fronte di situazioni del tutto comparabili; violazione dell'art. 17 della Carta di Nizza, di contenuto analogo all'art. 1 del primo protocollo Cedu, ai sensi del quale il contributo in esame, in quanto manifestamente espropriativo, deve considerarsi illegittimo. 5) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nonche' la sua incompatibilita' con il diritto comunitario, per violazione dell'art. 49 TFUE, laddove non si ritenga di accedere ad una interpretazione della predetta norma costituzionalmente orientata e conforme al diritto dell'Unione europea, secondo la quale devono essere escluse da imposizione le operazioni delle stabili organizzazioni estere «attratte» nelle LIPE della casa madre italiana per effetto dell'art. 192-bis della direttiva n. 112/06/CE e dell'art. 54 del regolamento n. 282/2011. 6) L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., laddove non si ritenga di accedere ad una interpretazione della predetta norma costituzionalmente orientata, secondo la quale il contributo dovuto deve essere calcolato tenendo in considerazione la circostanza che la ricorrente ha cominciato in concreto a svolgere la propria attivita' solo dal 1° gennaio 2021, risultando quindi non effettivamente operativa nei primi tre mesi del primo periodo di riferimento per il calcolo del contributo, cosicche', nel caso di specie, la base imponibile e' costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito non al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021, ma al periodo dal 1° gennaio 2022 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° gennaio 2021 al 30 aprile 2021. La ricorrente ha quindi chiesto, eventualmente anche previa apertura di un incidente di costituzionalita' ovvero previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea: a) in via principale, il rimborso di euro 203.113.131,24 corrisposti in data 30 giugno 2022 a titolo acconto del di contributo straordinario contro il caro bollette ai sensi dell'art. 37 del decreto-legge 21 maggio 2022, n. 21, convertito in legge 20 maggio 2022, n. 51; b) in via subordinata, il rimborso di euro 153.166.358,71 corrisposti in data 30 giugno 2022 a titolo di acconto del contributo straordinario contro il caro bollette ai sensi dell'art. 37 del decreto-legge 21 maggio 2022, n. 21, convertito in legge 20 maggio 2022, n. 51, stante la dimostrata illegittimita' del concorso alla base imponibile del contributo di periodi nei quali la societa' non era operativa; c) in ogni caso, il rimborso dei relativi interessi maturati e maturandi sulle somme indebitamente versate. Con ordinanza del 3 maggio 2023, a scioglimento della riserva ex art. 35, decreto legislativo n. 546/1992 assunta all'udienza del 5 aprile 2023, questa Corte tributaria di I grado di Roma ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito in legge n. 91/2022, per violazione degli articoli 3, 23, 41, 42, 53, 117 della Costituzione e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, con riguardo ai profili dedotti dalla ricorrente nel primo, secondo e terzo motivo di ricorso e, conseguentemente, ha disposto la sospensione del giudizio ed ordinato l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La Corte costituzionale, con sentenza n. 111/2024 del 4 giugno 2024, depositata il 27 giugno 2024 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 3 luglio 2024, pur dichiarando inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 sollevate nel presente giudizio da questa Corte di giustizia di primo grado di Roma, in riferimento agli articoli 3, 23, 41, 42, 53 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, per omessa ricostruzione del quadro normativo di riferimento, si e' comunque pronunciata sulla legittimita' costituzionale dell'art. 37 cit., a fronte delle eccezioni di incostituzionalita' sollevate, in altri giudizi, dalla Corte di giustizia di primo grado di Milano, in gran parte sostanzialmente sovrapponibili a quelle eccepite dalla ricorrente nell'odierno giudizio. In particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 limitatamente alla parte in cui non esclude dalla base imponibile le accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive, mentre ha ritenuto infondate tutte le altre questioni di costituzionalita'. Riavviato il giudizio a seguito della conclusione dell'indicente di costituzionalita', la ricorrente, con memoria illustrativa ritualmente depositata per l'udienza del 30 ottobre 2024, mentre ha dato atto che la citata decisione della Corte costituzionale, pur emessa con riguardo a posizioni contenzione diverse dalla sua, ha risolto negativamente le censure di incostituzionalita' dedotte nel primo motivo di ricorso, peraltro lasciando impregiudicate le censure di incompatibilita' comunitaria di cui al quarto motivo di ricorso, ha evidenziato che le questioni di costituzionalita' di cui al secondo e terzo motivo di ricorso, relative alla dedotta natura confiscatoria del contributo ex art. 37, decreto-legge n. 21/2022, non sono state scalfite dalla predetta decisione. Invero, la soluzione a tali questioni che si legge nella sentenza n. 111/2024 della Corte costituzionale e', ovviamente, modellata sui giudizi oggetto degli incidenti di costituzionalita' dichiarati ammissibili e, cioe', di quelli avanzati dalla Corte di giustizia tributaria di i grado di Milano, mentre la posizione della societa' ENI Global Energy Markets S.p.a., caratterizzata dal fatto che il contributo di cui trattasi ha integralmente eroso sia le ricchezze reddituali che quelle patrimoniali della medesima, non e' stata specificamente vagliata dalla Corte costituzionale, in quanto le questioni di costituzionalita' formulate dalla Corte di giustizia tributaria di I grado di Roma sono state dichiarate inammissibili. La ricorrente, dunque, ha insistito nell'eccepire l'incostituzionalita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost. e per violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu. La ricorrente, inoltre, ha insistito nelle questioni di costituzionalita' di cui al quinto e sesto motivo di ricorso, non rimesse in precedenza alla Corte costituzionale, entrambe subordinate alla ritenuta impossibilita' di accedere all'interpretazione costituzionalmente orientata dalla stessa proposta. L'Agenzia delle entrate - Direzione regionale del Lazio, con memorie illustrative depositate in atti, ha chiesto il rigetto del ricorso, stante anche la ritenuta infondatezza delle eccezioni di incostituzionalita' dedotte dalla ricorrente. Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2024, sentite le parti, il ricorso e' stato assunto a riserva ex art. 35, decreto legislativo n. 546/1992. Quindi, la Corte ha deciso nella Camera di consiglio del 20 novembre 2024. 2. Norma oggetto dello scrutinio di costituzionalita' Il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022, in relazione ai profili di illegittimita' costituzionale dedotti dalla ricorrente nel secondo, terzo, quinto e sesto motivo di ricorso, negli ultimi due casi ritenendo che non sia possibile prospettare una interpretazione della norma costituzionalmente orientata. Dunque, viene in questa sede prospettata l'illegittimita' costituzionale del citato art. 37: per violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost., nella misura in cui consente che il contributo possa avere effetti ablativi integrali della capacita' economica del soggetto inciso; per violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, atteso che il contributo in esame determina una limitazione della tutela proprietaria nel godimento dei beni della ricorrente, risolvendosi in una contribuzione in denaro che determina l'erosione di tutto il patrimonio netto sociale della ricorrente; per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura in cui non consente di escludere dall'imposizione le operazioni delle stabili organizzazioni estere «attratte» nelle LIPE della casa madre italiana per effetto dell'art. 192-bis della direttiva n. 112/06/CE e dell'art. 54 del regolamento n. 282/2011, stante l'impossibilita' di prospettare una interpretazione costituzionalmente orientata della predetta norma e, in particolare, del comma 3 della stessa; per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura in cui non consente di tenere conto, nella determinazione della base imponibile, della circostanza che la ricorrente ha cominciato in concreto a svolgere la propria attivita' solo dal 1° gennaio 2021, risultando quindi non effettivamente operativa nei primi tre mesi del primo periodo di riferimento per il calcolo del contributo, stante l'impossibilita' di prospettare una interpretazione costituzionalmente orientata della predetta norma e, in particolare, del comma 2 della stessa. 3. Ricostruzione del quadro normativo di riferimento L'art. 37, decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, in legge 20 maggio 2022, n. 51 (noto anche come decreto «Ucraina Bis» o «Taglia Prezzi»), come modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022, ha introdotto un contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese operanti nel settore energetico. Tale norma e' stata attuata, quanto agli adempimenti, dal provvedimento prot. n. 221978/2022 del 17 giugno 2022 del direttore dell'Agenzia delle entrate e commentata dall'Agenzia delle entrate nelle circolari n. 22/E del 23 giugno 2022 e 25/E dell'11 luglio 2022. Come si legge al comma 1 dell'art. 37 cit., il contributo in esame e' stato istituito, «a titolo di prelievo solidaristico straordinario», «al fine di contenere per le imprese e i consumatori gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico». Gli elementi essenziali del contributo individuati dal legislatore sono i soggetti passivi e i criteri di determinazione (base imponibile e aliquota). Con riferimento ai soggetti passivi, il primo comma della norma dispone che sono tali: a) ai sensi del primo periodo, i soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l'attivita' di produzione di energia elettrica, i soggetti che esercitano l'attivita' di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, i soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e i soggetti che esercitano l'attivita' di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi; b) ai sensi del secondo periodo, i soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano, prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell'Unione europea. Come indica questa disposizione, i soggetti incisi dal contributo sono individuati da un criterio puramente qualitativo, che e' rappresentato dalla loro appartenenza ai mercati energetici nel significato piu' ampiamente inteso, senza alcuna ulteriore specificazione. Peraltro, la legge n. 197/2022 ha integrato il comma di cui sopra, precisando che «il contributo e' dovuto se almeno il 75 per cento del volume d'affari dell'anno 2021 deriva dalle attivita' indicate nei periodi precedenti». Il secondo comma del citato art. 37 precisa che la base imponibile e' costituita «dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021». A tal fine, richiama quindi la disciplina in materia di IVA, e nello specifico quella delle relative liquidazioni periodiche («LIPE»). Il concetto viene ribadito, ed anzi rafforzato, nella circolare n. 22/E del 23 giugno 2022, ove l'Agenzia precisa che «dal momento che il combinato normativo previsto ai commi 2 e 3 dell'art. 37 del decreto Ucraina fa espresso riferimento, ai fini del calcolo della base imponibile del contributo straordinario, al totale delle operazioni attive e passive indicate nelle LIPE per i periodi 1° ottobre 2020 - 30 aprile 2021 e 1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022, senza prevedere esclusioni, si ritiene che la norma non consenta correzioni degli importi evidenziati nelle LIPE prese in considerazione». Va precisato che originariamente il periodo da prendere in considerazione per il calcolo del saldo delle operazioni attive e delle operazioni passive era previsto fino al 31 marzo, rispettivamente del 2021 e 2022. Tale periodo e' stato esteso fino al 30 aprile dall'art. 55, decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd. decreto «Aiuti»). Sempre a mente dell'art. 37, comma secondo, cit., alla base imponibile, costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive riferite ai periodi sopra indicati, si applica un'aliquota pari al 25%, «nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000», mentre «il contributo non e' dovuto se l'incremento e' inferiore al 10 per cento». Va precisato che originariamente la norma prevedeva un'aliquota del 10%, la quale e' stata aumentata al 25% dall'art. 55, decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd. decreto «Aiuti»). Il comma terzo del citato art. 37 dispone che «ai fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA, e il totale delle operazioni passive, al netto dell'IVA, indicato nelle Comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, presentate, ai sensi dell'art. 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per i periodi indicati al comma 2». Tale norma e' stata dichiarata incostituzionale con la gia' richiamata sentenza n. 111/2024 della Corte costituzionale nella parte in cui prevede che «ai fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA», anziche' «ai fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA e delle accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive». Quanto alla territorialita', tale requisito e' stato interpretato dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 22/E del 23 giugno 2022, la quale ha mutuato i suoi parametri applicativi direttamente dall'IVA. Piu' in dettaglio, nella circolare n. 22/E l'Agenzia ha chiarito che le operazioni non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, proprio perche' non «rilevanti» ai fin dell'IVA, non rilevano nemmeno ai fini della base imponibile del contributo. L'11 luglio 2022, l'Agenzia delle entrate ha espresso un vero e proprio ripensamento su quanto precedentemente affermato e, nella successiva circolare n. 25/E, ha richiesto ai contribuenti lo sforzo di individuare gli «acquisti afferenti» alle vendite estere e di escludere queste ultime dalla base imponibile del contributo solo se i correlati «acquisti afferenti» siano, a loro volta, esclusi dalla base imponibile. Tale interpretazione e' stata confermata dall'art. 1, comma 120, lettera c), legge n. 197/2022, che ha introdotto nell'art. 37 cit. il comma 3-ter, il quale prevede che «non concorrono alla determinazione dei totali delle operazioni attive, di cui al comma 3, le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA». Per completezza, si evidenzia che l'art. 1, comma 120, lettera c), legge n. 197/2022 ha introdotto anche il comma 3-bis, secondo il quale «non concorrono alla determinazione dei totali delle operazioni attive e passive, di cui al comma 3, le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1». Il comma 5 dell'art. 37 cit., come modificato dall'art. 55 decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (cd. decreto «Aiuti»), prevede che il pagamento del contributo venga effettuato, a titolo di acconto, per un importo pari al 40% di quanto dovuto, entro il 30 giugno 2022 e, per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022. Va evidenziato che il legislatore e' intervenuto sulla disciplina dettata dall'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, addirittura prima ancora che il decreto-legge n. 21/2022 venisse convertito in legge, con il decreto-legge n. 50/2022 (c.d. decreto «Aiuti»), il quale, come gia' sopra segnalato, ha esteso fino al 30 aprile il periodo da prendere in considerazione per il calcolo del saldo delle operazioni attive e delle operazioni passive, ha aumentato l'aliquota dal 10% al 25% ed ha previsto il pagamento di un acconto, pari al 40% di quanto dovuto gia' entro il 30 giugno 2022, con pagamento del saldo entro il 30 novembre 2022. In definitiva, all'esito delle modifiche introdotte dal decreto «Aiuti», entrato in vigore nel maggio 2022, convertito in legge n. 91/2022, gli operatori interessati sono chiamati a corrispondere un contributo pari non piu' al 10%, bensi' al 25% dell'incremento del saldo delle operazioni attive e passive riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021, il cui acconto del 40% e' stato corrisposto entro il 30 giugno 2022. Si e' visto poi che il legislatore e' nuovamente intervenuto sull'art. 37 cit. con l'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022 (Legge di bilancio 2023), prevedendo l'inapplicabilita' del contributo laddove il volume d'affari dell'anno 2021 derivante dalle attivita' indicate al comma 1 dell'art. 37 cit. sia inferiore al 75%, nonche' due eccezioni rispetto alla determinazione delle operazioni attive e passive, ai fini del calcolo della base imponibile, nello specifico, con riguardo alle operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti a carico dei quali e' previsto il contributo (art. 37, comma 3-bis, decreto-legge n. 21/2022) ed alle operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972, «se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA» (art. 37, comma 3-ter, cit.). 4. Sulla rilevanza delle questioni di costituzionalita' Ritiene il Collegio che le questioni di costituzionalita' sopra evidenziate siano rilevanti ai fini della decisione del presente giudizio, atteso che la presenza nell'ordinamento giuridico del contributo di cui all'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022, anche solo con riferimento alle concrete modalita' di calcolo della base imponibile per un ente economico che, come la ricorrente, opera tramite stabili organizzazioni site all'estero ed ha iniziato effettivamente la propria attivita' solo in data 1° gennaio 2021, osta al richiesto rimborso. 5. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita' 5.1. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37 cit. per violazione degli articoli 53 e 42 Cost. e dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu. Il Collegio condivide l'assunto della ricorrente secondo il quale le conclusioni raggiunte sull'argomento dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 111/2024, non risolvono le censure di costituzionalita' da essa sollevate in relazione all'effetto espropriativo del contributo in esame. Si e' gia' chiarito che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 111/2024, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 37 decreto-legge n. 21/2022 sollevate nel presente giudizio da questa Corte di giustizia di primo grado di Roma, in riferimento agli articoli 3, 23, 41, 42, 53 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ma si e' comunque pronunciata sulla legittimita' costituzionale dell'art. 37 cit., a fronte delle eccezioni di incostituzionalita' sollevate, in altri giudizi, dalla Corte di giustizia di primo grado di Milano, in gran parte, ma non completamente, sovrapponibili a quelle eccepite dalla ricorrente nell'odierno giudizio. Pertanto, la citata decisione della Corte costituzionale e' stata emessa con riguardo a posizioni contenzione diverse da quelle della societa' ENI Global Energy Markets S.p.a. Tale circostanza assume particolare rilievo proprio con riferimento al rigetto della questione di costituzionalita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli 53 e 42 Cost. e dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, a fronte della dedotta natura espropriativa del contributo, apparendo evidente che tale decisione della Corte costituzionale e' modellata sui giudizi oggetto degli incidenti di costituzionalita' dichiarati ammissibili e, cioe', di quelli avanzati dalla Corte di giustizia tributaria di I grado di Milano, mentre la posizione della societa' ENI Global Energy Markets S.p.a., caratterizzata dal fatto che il contributo di cui trattasi ha integralmente eroso sia le ricchezze reddituali che quelle patrimoniali della medesima, non e' stata specificamente vagliata dalla Corte costituzionale, in quanto le questioni di costituzionalita' formulate dalla Corte di giustizia tributaria di I grado di Roma, tra cui quella ora in esame, sono state dichiarate inammissibili. Invero, la soluzione adottata nella citata sentenza, circa la dedotta illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli articoli 53 e 42 Cost. e dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu, puo' essere riassunta come segue: una legge tributaria, anche retroattiva, non da' luogo a un'espropriazione di proprieta' privata, ma solo ad una obbligazione pecuniaria verso lo Stato o altro ente pubblico; quando si discute di tributi, non opera il limite «esterno» di cui al principio della tutela proprietaria di cui all'art. 42 Cost., perche' lo stesso principio di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost. (unitamente all'art. 3 Cost., trattandosi certamente di questione che attiene alla ragionevolezza del prelievo) reca un limite «interno» ostativo all'introduzione di tributi la cui misura si riveli irrazionale e arbitraria; le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo sugli effetti espropriativi dei tributi non sono applicabili al contributo perche' si trattava di situazioni estreme nelle quali le imposte censurate avevano dato luogo ad un incremento di aliquota che elevava al 98% l'imposizione marginale sulle buonuscite dei dipendenti pubblici con un «effetto sorpresa», posto che la norma si applicava retroattivamente; i remittenti della Corte di giustizia tributaria di I grado di Milano, per argomentare nel senso che il contributo sortiva effetti espropriativi, avevano assunto come parametro di riferimento «l'utile dell'anno precedente», non coerente con le suddette argomentazioni e, quindi, non sufficiente a giustificare la sua rilevanza nei medesimi contenziosi. Tale soluzione e' stata elaborata in relazione a casi radicalmente diversi rispetto da quello della ENI Global Energy Markets S.p.a., non specificamente preso in esame dalla Corte costituzionale, per i motivi di cui si e' detto. Ne deriva, pertanto, la necessita' di riproporre la questione alla Corte costituzionale, questa volta con riferimento alla specifica situazione della societa' ENI Global Energy Markets S.p.a. Preliminarmente, va precisato che l'effetto espropriativo di un prelievo puo' misurarsi su due diversi valori: da un lato, quello patrimoniale, che e' statico, poiche' guarda alle ricchezze patrimoniali che devono essere erose, cioe' smobilizzate, per adempiere all'obbligazione; dall'altro, quello reddituale, che e' invece dinamico, poiche' guarda all'incidenza del costo di quella obbligazione rispetto ai guadagni, che nel caso degli enti economici sono gli utili che vengono erosi da quel costo. Per valutare l'impatto che un onere ha sulle ricchezze patrimoniali, che sono quelle che devono essere smobilizzate per adempiere all'obbligazione, devono ovviamente ricercarsi le ricchezze patrimoniali esistenti al momento in cui l'obbligazione insorge: e tali ricchezze non possono che essere quelle «fotografate» dall'ultimo bilancio approvato. Nel caso del contributo in esame, che e' un onere riferito (sia per competenza che per cassa) all'anno 2022, le ricchezze patrimoniali erose dall'onere in parola non possono che essere quelle cristallizzate nell'ultimo bilancio, e cioe' quelle in essere al 31 dicembre 2021. Diversamente, per valutare l'impatto che un onere ha sulle ricchezze reddituali di un ente, devono ricercarsi le ricchezze in corso di formazione quando l'obbligazione insorge. Proprio alla luce della natura dinamica di questo secondo parametro, al fine di verificare se un onere ha eroso gli utili di periodo, non puo' che aversi riguardo, come la stessa Corte costituzionale afferma, ai risultati reddituali di quel periodo i quali, naturalmente, emergono solo alla fine dell'esercizio, quando l'ente puo' verificare se il totale delle componenti reddituali positive sia stato sufficiente per coprire quell'onere o se esso le abbia erose tutte. Nel caso del contributo in esame, che, come visto, e' un onere riferito (sia per competenza che per cassa) all'anno 2022, le ricchezze reddituali erose dall'onere in parola non possono che essere quelle risultanti dal bilancio di competenza del prelievo, e cioe' quelle in essere al 31 dicembre 2022. Tanto premesso, non vi e' dubbio che nel caso di specie entrambe le verifiche - sia quella patrimoniale, sia quella reddituale - dimostrano che il contributo in esame ha completamente eroso sia le ricchezze patrimoniali, sia quelle reddituali della ricorrente. Sotto il profilo patrimoniale, nel caso di specie, il contributo, che ammonta a complessivi euro 507.782.828,10 (il cui acconto del 40%, pari ad euro 203.113.131,24, e' oggetto della domanda di rimborso di cui e' causa), finisce per erodere tutto il patrimonio netto sociale risultante dall'ultimo esercizio concluso (2021), pari ad euro 300.448.150,00. Cio' e' tanto piu' vero se si considera che, proprio a causa del contributo, il socio Eni S.p.a. si e' visto costretto a ricapitalizzare l'ENI Global Energy Markets S.p.a., per evitare di incorrere nelle conseguenze di cui all'art. 2447 del codice civile. Il verbale di assemblea straordinaria del 3 agosto 2022 attesta tale ricapitalizzazione ed evidenzia che: «Per la societa' l'importo del contributo ascende ad euro 507.782.828,11 e, tenuto conto del positivo risultato semestrale ante contributo di 103.331.723,36, comporta l'iscrizione di una perdita netta di euro -404.451.104,75 al 30 giugno 2022, superiore al valore del patrimonio netto alla stessa data, quale risultante dalla situazione patrimoniale e dalla relazione degli amministratori che si allegano al presente atto sotto la lettera "A" e che si sottopongono all'approvazione dell'assemblea. Sussistendo le condizioni previste dall'art. 2447 del codice civile si e' dunque reso necessario convocare la presente assemblea per l'adozione dei relativi provvedimenti». Invero, dalla relazione allegata al predetto verbale di assemblea, il versamento del contributo ha comportato un decremento del patrimonio netto della ricorrente pari ad euro 404.446.000,00, tant'e' che tale patrimonio netto, che al 31 dicembre 2021 era pari ad euro 300.448.150,00, registrava al 30 giugno 2022 un valore negativo di euro 103.989.000,00, con conseguente necessita' di ricapitalizzazione. Pertanto, alla «morte economica» della ricorrente hanno dovuto far fronte i soci, mediante un nuovo apporto di capitale (e cioe' nuovi beni), essendo stati i beni precedenti integralmente consumati dall'imposta. Sotto il profilo reddituale, il contributo in esame ha eroso anche tutti i guadagni del 2022. La contribuzione straordinaria della ricorrente nel 2022 ammonta a complessivi euro 527.387.519,00 (riferibili al contributo per euro 507.782.828,10 ed al nuovo contributo di solidarieta' di cui all'art. 1, comma 115, legge n. 197/2022 per il residuo) ed ha comportato l'erosione di tutto il risultato ante imposte, circostanza di cui da' atto il bilancio 2022 della ricorrente. La straordinaria ed ingiustificata gravosita' del contributo in esame appare ben rappresentata dalla circostanza che le imposte correnti per il 2021 erano risultate pari ad euro 37.632.000,00, mentre il medesimo valore per il 2022 e' diciassette volte piu' alto e pari a complessivi euro 639.666.000,00, dei quali euro 507.782.828,10 solo a titolo di contributo. A conferma del denunciato effetto espropriativo del contributo, deve rilevarsi che lo stesso legislatore, nel delineare gli elementi essenziali del «nuovo» contributo sulle imprese energetiche, anch'esso gravante sui risultati realizzati nell'anno 2022, introdotto dall'art. 1, commi 115 e ss., legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023), si e' premurato di introdurre una soglia massima di importo dovuto a titolo di «nuovo» contributo, pari al 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022. 5.1.1. La violazione degli articoli 3, 53 e 42 Cost. Si e' gia' detto che la stessa Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 111/2024, ha affermato che, in tema di tributi, non opera il limite «esterno» di cui al principio della tutela proprietaria di cui all'art. 42 Cost., perche' lo stesso principio di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost. (unitamente all'art. 3 Cost., trattandosi certamente di questione che attiene alla ragionevolezza del prelievo) reca un limite «interno» ostativo all'introduzione di tributi la cui misura si riveli irrazionale e arbitraria. Nelle parole della Consulta, l'effetto espropriativo del tributo e' quindi un profilo che attiene alla razionalita' del medesimo, preservata dagli articoli 3 e 53 Cost., e concerne in particolare il risvolto economico del prelievo sul contribuente. L'argomento non e' nuovo, tant'e' che anche in altre pronunce la Consulta, pur tracciando un confine che tende ad esaurire il sindacato di costituzionalita' dei tributi all'interno dell'art. 53 Cost., rispetto al quale non troverebbero ingresso i profili di costituzionalita' relativi al diritto di proprieta', ha sempre mantenuto fermo il suo controllo «sotto il profilo della assoluta arbitrarieta' od irrazionalita' della misura dell'imposizione», pur riconducendo tale controllo allo stesso principio di capacita' contributiva e di ragionevolezza del tributo. E' tuttavia chiaro che, per sindacare l'irragionevolezza di un prelievo in relazione al riflesso economico che esso sortisce su un contribuente, l'analisi di costituzionalita' non puo' sottrarsi ad un esame caso per caso, in relazione alla posizione dei singoli contribuenti incisi. Orbene, non vi e' dubbio che il contributo in esame, nei suoi riflessi economici sulla ricorrente ENI Global Energy Markets S.p.a. e' del tutto privo di razionalita' e, quindi, la violazione degli articoli 3 e 53 Cost. e' manifesta. In primo luogo, si e' gia' detto che il contributo, cosi' come applicato all'ENI Global Energy Markets S.p.a., ha, da solo, eroso tutto il patrimonio netto sociale, tutto il risultato operativo e tutto l'utile ante imposte 2021, nonche' tutto l'utile 2022, elevando il tax rate di quest'ultimo esercizio al 142%. Invero, come rappresentato nel ricorso e documentato negli allegati prospetti contabili, le evidenze contabili della ricorrente mostrano un margine di contribuzione della societa' ai fini delle imposte dirette pari a 139 milioni circa nel periodo ottobre 2020-aprile 2021 ed a 197 milioni circa nel periodo ottobre 2021-aprile 2022. L'incremento tra i due valori, e cioe' il preteso «sovraprofitto», e' dunque pari al 40%. Di contro, il calcolo della base imponibile ai fini del contributo restituisce un risultato ben venti volte superiore a quest'ultimo: il «profitto» (cioe' il differenziale tra saldi IVA) realizzato nel primo periodo risulta pari a circa 771 milioni, mentre il medesimo valore in relazione al secondo periodo e' pari a circa 7.142 milioni. L'incremento tra i due valori, e cioe' il preteso «sovraprofitto», e' dunque pari all'irrealistica percentuale dell'800%. Appare pertanto evidente che l'importo pagato dall'ENI Global Energy Markets S.p.a. a titolo di contributo non ha nulla di razionale, se contestualizzato nei suoi dati contabili e fiscali di periodo, ed ha un effetto sostanzialmente espropriativo. Peraltro, va detto che il divieto di imposte confiscatorie puo' anche essere fatto derivare da un'altra lettura dell'art. 53 Cost., legata al concetto di «minimo vitale»: si tratta di una ulteriore questione che la Consulta non ha affrontato specificamente nella sentenza n. 111/2024 e che merita, quindi, di essere specificamente sottoposta al suo vaglio. Emerge dai lavori della Assemblea costituente che era stato proposto di inserire nell'art. 53 Cost. la precisazione secondo cui l'obbligo di contribuzione alle spese pubbliche faceva «salve le esenzioni determinate dalla necessita' di assicurare a ciascuno la soddisfazione dei bisogni indispensabili alla esistenza», ma tale formula non fu inserita in quanto ritenuta implicita nel concetto stesso di capacita' contributiva espresso nell'art. 53. Si legge, infatti, sempre nei lavori preparatori, che «Tale formula (della capacita' contributiva) contiene gia' in germe l'idea delle limitazioni e delle esenzioni per il fatto che colui il quale dovrebbe contribuire non ha capacita' contributiva...». I costituenti, pur esaminando tale questione nell'ambito del tema del c.d. «minimo vitale» (che ha intuitive analogie con quello dell'imposizione espropriativa), avevano quindi ben in mente l'intenzione di costruire un sistema fiscale che non si risolvesse in una privazione iniqua e sproporzionata dei beni dei contribuenti. Secondo il principio del c.d. «minimo vitale», il livello complessivo di imposizione non puo' mai compromettere i mezzi di sostentamento dei singoli individui per la soddisfazione di bisogni esistenziali primari. Una parte della dottrina ritiene applicabile questo principio non solo alle persone fisiche, ma anche agli enti collettivi. Ed infatti, se e' pur vero che la Carta costituzionale repubblicana e' incentrata prevalentemente sulla figura della «persona umana», e' allo stesso tempo vero che tale concezione risulta superata dalla centralita' che hanno acquisito negli anni le varie «formazioni sociali» che trovano, nonostante la gia' sottolineata centralita' della persona umana, un importantissimo riconoscimento nell'art. 2 Cost, ove viene stabilito che i diritti inviolabili ed i doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale dello Stato vengono riconosciuti e garantiti all'uomo «sia come singolo sia nelle formazioni sociali». In questa accezione, un tributo che cagiona la «morte economica» di un ente e' due volte incostituzionale: la prima, perche' e' incapace di costruire un prelievo che misura in maniera razionale la ricchezza assoggettata ad imposizione; la seconda, perche' priva il contribuente-ente collettivo di tutti i suoi mezzi, mettendo a repentaglio la sua stessa «sopravvivenza». L'incostituzionalita' degli effetti confiscatori del contributo emerge anche se si ricostruisce l'argomentazione da altra prospettiva, che non guarda agli articoli 3 e 53 Cost., bensi' all'art. 42 Cost. e che parte dall'assunto che un prelievo integralmente confiscatorio, quale e' il contributo per la ricorrente, perde la sua natura tributaria, con la conseguenza che il presidio di cui all'art. 53 Cost. non e' piu' invocabile, mentre riacquista vigore quello di cui all'art. 42 Cost., che si applica - per l'appunto - a tutte le prestazioni diverse da quelle impositive. Invero, se un prelievo ha effetti ablativi integrali delle sostanze del soggetto inciso non e' piu' un tributo. Esso travalica quindi i limiti dell'art. 53 Cost., perde la natura di onere fiscale e diviene una prestazione patrimoniale diversa e priva di causa (non e' sinallagmatica, ne' risarcitoria, ne' indennitaria) e si risolve per cio' solo in una prestazione illegittima. In quanto tale, essa si scontra frontalmente con l'art. 42 Cost. che, a questo punto, riacquista pieno vigore: se anche si accetta - come fa parte della dottrina - che quest'ultima norma non limita il potere impositivo, e' di contro pacifico che essa limita il potere dello Stato di imporre prestazioni aventi causa diversa da quella tributaria, quale e' - lo si e' appena detto - un prelievo confiscatorio. Viene cosi' in rilievo anche tutta quella giurisprudenza costituzionale in materia di prestazioni patrimoniali non tributarie che, con fermezza, ritiene che tali prestazioni sono soggette a precisi limiti, nella consapevolezza che «il legittimo sacrificio che puo' essere imposto in nome dell'interesse pubblico non puo' giungere sino alla pratica vanificazione dell'oggetto del diritto di proprieta'» (sent. n. 348/2007, nella quale la Corte ha riconosciuto che un sacrificio che incide sull'oggetto del diritto in una misura oscillante tra il 60 e il 76 per cento non supera il controllo di costituzionalita' ed e' superiore alla soglia accettabile di espropriazione legittima). 5.1.2. La violazione dell'art. 117 Cost. e, in via mediata, dell'art. 1 del primo protocollo Cedu. E' indubbio che gli effetti manifestamente espropriativi prodotti dal contributo in esame si riverberano sulla violazione anche dell'art. 1 del primo protocollo Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali cosi' come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Infatti, proprio nella materia tributaria, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato illegittimi tributi che sortivano effetti espropriativi: il riferimento e', in particolare, alla causa N.K.M. vs. Hungary, sentenza del 14 maggio 2013, ove si legge che «la soglia applicabile nella presente causa e' superiore a HUF 3,5 milioni, gli importi del trattamento di fine rapporto che scendono al di sotto di questa soglia sono soggetti all'aliquota generale dell'imposta sul reddito delle persone fisiche del 16%. Nel caso della ricorrente, cio' comportava un onere fiscale complessivo di circa il 52%». Nella sentenza n. 111/2024, la Consulta ha esaminato tale pronuncia e ha ritenuto che essa non fosse invocabile nei casi sottoposti al suo vaglio e dichiarati ammissibili. Cio' in quanto quella sentenza e le altre analoghe citate dai ricorrenti avevano ad oggetto situazioni estreme nelle quali le imposte censurate avevano dato luogo ad un incremento di aliquota che elevava al 52% l'imposizione marginale complessiva e al 98% l'imposizione marginale sullo specifico componente reddituale, che era la buonuscita dei dipendenti pubblici, peraltro con un «effetto sorpresa» posto che la norma si applicava retroattivamente. Ancora una volta, la Consulta ha posto l'accento sull'effetto confiscatorio in concreto, cioe' su quello prodotto e documentato nelle specifiche controversie sottoposte al suo vaglio dalla Corte di giustizia tributaria di I grado di Milano (e dichiarate ammissibili). E, nel procedere a questo esame, la stessa Consulta ha concluso che tali situazioni non erano assimilabili e quelle oggetto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo perche', nei casi originati dai contenziosi milanesi, l'effetto confiscatorio non aveva dato luogo ad una «situazione estrema» e, prima ancora, tale effetto non era stato comprovato, oltre che parametrato a valori contabili ritenuti inconferenti allo scopo (l'utile 2021). Orbene, alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, appare evidente che nella specifica situazione dell'ENI Global Energy Markets S.p.a., non esaminata dalla Corte costituzionale, sono ravvisabili proprio quelle «situazioni estreme» idonee a far ritenere la natura espropriativa dell'imposta in argomento. Infatti, si e' gia' piu' volte osservato che, nella fattispecie in esame, l'applicazione del contributo ha determinato l'interale erosione (100%) del patrimonio e del reddito della ricorrente. Se gia' una contribuzione specifica del 98% e complessiva del 52% e' sufficiente per la Corte europea dei diritti dell'uomo al fine di quantificare un prelievo come «espropriativo», vieppiu' deve esserlo una contribuzione che, come in questo caso, determina sostanzialmente la «morte economica» dell'ente. Il trascritto principio si rinviene, oltre che nelle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo gia' citate nell'atto di costituzione della societa', anche nella giurisprudenza piu' recente della medesima Corte. Il riferimento e' alla pronuncia del 7 dicembre 2023 nel caso Waldner contro Francia, ove la Corte europea dei diritti dell'uomo ha nuovamente ricordato, al punto 42, che «qualsiasi ingerenza, compresa quella derivante da una misura diretta ad assicurare il pagamento di un'imposta, deve garantire un "giusto equilibrio" tra gli imperativi dell'interesse generale e quelli della tutela dei diritti fondamentali dell'individuo (SA Dangeville contro Francia, n. 36677/97, § 52, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali 2002 - III, e «Bulves» AD contro Bulgaria , n . 3991/03, § 62, 22 gennaio 2009). La ricerca di tale equilibrio si riflette nella struttura dell'art. 1 nel suo complesso, quindi anche nel secondo comma; deve esistere un ragionevole rapporto di proporzionalita' tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito». Invero, la Corte europea dei diritti dell'uomo, pur riconoscendo la piena discrezionalita' degli Stati nell'imporre misure fiscali, ha chiarito che resta fermo il suo sindacato sulla proporzionalita' delle misure tributarie, al fine di verificare se esse siano fondate su una «"base ragionevole", tale da garantire un giusto equilibrio tra gli imperativi dell'interesse generale e quelli della tutela dei diritti fondamentali dell'individuo». Ma nel caso del contributo, e' acclarato - ed anzi riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale, al punto 8.3. della sentenza n. 111/2024 - che esso non supera il test della connessione razionale e della proporzionalita': la violazione del principio del «giusto equilibrio» sancito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e' manifesta, come pure e' manifesta, conseguentemente, la violazione del primo protocollo, alla luce degli innegabili effetti confiscatori che detto contributo, proprio a causa della sua irrazionalita', ha provocato in capo alla ricorrente. Analoghe considerazioni possono essere svolte sulla retroattivita' della misura. Occorre infatti ricordare che l'imposta in esame assume come ricchezza tassabile un differenziale calcolato sul fatturato IVA relativo al periodo ottobre 2021 - aprile 2022 (confrontato con il precedente periodo ottobre 2020 - aprile 2021). Tuttavia, esso e' entrato in vigore il 22 marzo 2022, con il decreto-legge n. 21/2022, peraltro subendo modifiche molto rilevanti - tra le quali l'incremento dell'aliquota, che e' piu' che raddoppiata, passando dal 10% al 25% - il 18 maggio 2022 con il decreto-legge n. 50/2022 (c.d. decreto «Aiuti»). Pertanto, la retroattivita' del prelievo e' di tutta evidenza: esso infatti grava su una ricchezza che, semmai si e' formata, lo ha fatto ben prima della sua entrata in vigore. In proposito, e' opportuno sottolineare che la Corte europea dei diritti dell'uomo, valorizzando il tema della prevedibilita' dei precetti normativi, ha censurato ad ampio spettro l'illegittimo «effetto sorpresa» delle misure fiscali introdotte ex post, ritenendolo contrario all'art. 1 del primo protocollo Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali a tutela del diritto di proprieta', non solo nella gia' citata pronuncia ungherese, ma anche in molte altre. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha peraltro esteso la necessaria prevedibilita' a tutti gli elementi del tributo rilevanti ai fini della sua determinazione: basti il riferimento alla gia' citata pronuncia ungherese, nella quale la Corte ha finanche ritenuto che l'imposizione sul TFR introdotta dopo la sua erogazione non fosse legittima in quanto emanata dopo la conclusione del rapporto di lavoro, rapporto che aveva inciso esso stesso sulla quantificazione della base imponibile dell'imposta introdotta ex post. 5.2. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura in cui non consente di escludere dall'imposizione le operazioni delle stabili organizzazioni estere «attratte» nelle LIPE della casa madre italiana per effetto dell'art. 192-bis della direttiva n. 112/06/CE e dell'art. 54 del regolamento n. 282/2011, stante l'impossibilita' di prospettare una interpretazione costituzionalmente orientata della predetta norma e, in particolare, del comma 3 della stessa. Come rappresentato nel ricorso, la societa' ENI Global Energy Markets S.p.a. opera attraverso tre stabili organizzazioni all'estero ubicate in Belgio, Regno Unito e Singapore. Tali stabili organizzazioni hanno rilevanza ad ogni effetto fiscale, anche ai fini dell'IVA. Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 192-bis della direttiva 2006/112/CE e 54 del regolamento n. 282/2011, se nel luogo in cui «e' dovuta l'IVA» esiste la casa madre, quest'ultima dovra' accentrare presso di se' tutti gli obblighi relativi alle operazioni aventi rilevanza territoriale in Italia, e cio' anche nei casi in cui le operazioni siano pacificamente riferibili alla sua stabile organizzazione estera e all'attivita' esercitata da quest'ultima. Pertanto, per effetto di tali norme, le operazioni attive imputabili all'attivita' svolta dalle stabili organizzazioni estere, e cioe' all'attivita' svolta tramite strutture e mezzi umani e tecnici delle stabili stesse (art. 53 del regolamento UE n. 282/2011), se sono territorialmente rilevanti in Italia ai fini dell'IVA devono essere fatturate dalla casa madre italiana. Le LIPE della casa madre saranno quindi destinate ad accogliere non solo le operazioni attive (leggasi, «i profitti») effettuate dall'attivita' della casa madre, ma anche le operazioni attive (leggasi, «i profitti») imputabili all'attivita' esercitata dalle proprie stabili organizzazioni che hanno rilevanza territoriale in Italia ai fini IVA. Quanto sopra vale solo con riferimento alle operazioni effettuate dalle stabili organizzazioni, e non a quelle ricevute. Il fatturato passivo delle stabili organizzazioni, infatti, non influenza in alcun modo i registri e le LIPE della casa madre, rimanendo imputato a tutti gli effetti di legge alle stabili stesse. Ne consegue che le LIPE della casa madre ENI Global Energy Markets S.p.a. risultano «inquinate» da molteplici operazioni attive che non sono riferibili ad ENI Global Energy Markets S.p.a., ma alle proprie stabili organizzazioni estere. Si tratta pacificamente di operazioni riferibili alla attivita' esercitata all'estero dalla stabile organizzazione, che solo per effetto delle norme IVA si ritrovano ad essere indicate nel volume d'affari della casa madre, nonostante essa sia rimasta del tutto estranea alla loro effettuazione. Viceversa, nelle medesime LIPE non confluiscono le operazioni passive delle stabili organizzazioni estere, le quali, a differenza di quelle attive, non ricadono nella menzionata regola dell'«attrazione». Orbene, l'effetto distorsivo determinato dall'inclusione nella base imponibile del contributo di tale fatturato attivo riferibile alle attivita' esercitate all'estero dalle stabili organizzazioni, determina un profilo di incostituzionalita' dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost. Si tratta, infatti, di una manifesta irragionevolezza causata proprio dall'applicazione delle norme IVA alla base imponibile del contributo senza un doveroso coordinamento tra le due imposte, atteso che le norme IVA hanno logiche del tutto avulse da qualsivoglia individuazione di un profitto, o sovraprofitto, o anche solo di un preteso «vantaggio economico». Infatti, il fatturato attivo riferibile alle stabili organizzazioni estere che influenza le LIPE della ricorrente: anche in base alla disciplina IVA, non e' un riferibile all'attivita' della ricorrente, ma a quella delle sue stabili organizzazioni estere, restando «attratto» nelle LIPE della ricorrente solo per effetto dell'applicazione delle norme IVA; non e' in alcun modo rappresentativo di un incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive: se infatti le operazioni passive riferibili a quella medesima attivita' non sono imputate alla casa madre, ma «restano» sulle sue stabili organizzazioni, davvero non si vede come possa calcolarsi un saldo, che presuppone sotto un profilo logico, prima ancora che giuridico, un confronto tra due volumi correlati (il fatturato attivo e quello passivo); ha dirette ripercussioni anche sulla coerenza della quantificazione della base imponibile che, se calcolata avendo riguardo al solo fatturato attivo della stabile organizzazione e non a quello passivo, si rivela del tutto inidonea ad isolare quel «sovraprofitto» che il legislatore intende - implicitamente ma chiaramente - assoggettare ad imposizione. La ricorrente ha proposto una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 37, comma 3, decreto-legge n. 21/2022, secondo la quale, ai fini del calcolo del contributo dovuto, dovrebbero essere espunte tutte le operazioni attive «attratte» presso la casa madre, ma pacificamente riferibili alle proprie stabili organizzazioni estere. Nel caso di specie, poiche' il saldo delle operazioni attive delle stabili organizzazioni «attratte» nelle LIPE della casa madre, secondo i calcoli della ricorrente, ammonterebbe a complessivi euro 4.069.093.706,20, mentre la base imponibile del contributo versato dall'ENI Global Energy Markets S.p.a. sarebbe pari ad euro 2.031.131.312,43, l'espunzione da tale imponibile delle operazioni «attratte» (oltre 4 milioni) restituirebbe un risultato negativo, con conseguente illegittimita' integrale del contributo versato. A sostegno di tale interpretazione, la ricorrente ha evidenziato che l'Agenzia delle entrate, nelle gia' menzionate circolari n. 22/E e n. 25/E del 2022, ha riconosciuto, con riferimento alle operazioni attive extraterritoriali, che si deve derogare al criterio di determinazione della base imponibile in conformita' alle LIPE quando cio' si rivela necessario per «ragioni di simmetria». E' quindi evidente che la stessa Agenzia delle entrate riconosce che possono apportarsi correttivi alla base imponibile del contributo quando essa determina delle manifeste «asimmetrie»; asimmetrie costituite, in particolare, dalla ricomprensione nelle LIPE - e quindi nei fattori rilevanti per la determinazione del contributo - solo delle operazioni attive, senza che rilevino le corrispondenti operazioni passive. Ma la «asimmetria» che deriva dal concorso delle operazioni «attratte» nella base imponibile del contributo e' autoevidente. Invero, solo il fatturato attivo e' influenzato da tali voci di costo, senza un «simmetrico» bilanciamento nel fatturato passivo, che invece e' privo di tali valori, i quali rimangono imputati alle stabili organizzazioni estere. Cosi', concorre al contributo un componente attivo che, pacificamente, non e' bilanciato da un correlato componente negativo. Vi sarebbe dunque spazio per accedere ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma che escluda le operazioni «attratte» dal calcolo del contributo, senza sconfessare - ed anzi, avallando - i principi «di simmetria» che lo stesso ufficio ha gia' richiamato, sebbene ad altri fini, nell'interpretazione dell'art. 37 cit. Tuttavia, il Collegio non condivide tale assunto. Si e' gia' osservato che il secondo comma del citato art. 37 precisa che la base imponibile e' costituita «dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021». A tal fine, richiama quindi la disciplina in materia di IVA, e nello specifico quella delle relative liquidazioni periodiche («LIPE»). Il concetto viene ribadito, ed anzi rafforzato, nella circolare n. 22/E del 23 giugno 2022, ove l'Agenzia precisa che «dal momento che il combinato normativo previsto ai commi 2 e 3 dell'art. 37 del decreto Ucraina fa espresso riferimento, ai fini del calcolo della base imponibile del contributo straordinario, al totale delle operazioni attive e passive indicate nelle LIPE per i periodi 1° ottobre 2020 - 30 aprile 2021 e 1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022, senza prevedere esclusioni, si ritiene che la norma non consenta correzioni degli importi evidenziati nelle LIPE prese in considerazione». Il comma terzo del citato art. 37 dispone che «ai fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA, e il totale delle operazioni passive, al netto dell'IVA, indicato nelle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, presentate, ai sensi dell'art. 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per i periodi indicati al comma 2». Tale norma e' stata dichiarata incostituzionale con la gia' richiamata sentenza n. 111/2024 della Corte costituzionale nella parte in cui prevede che «ai fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA», anziche' «ai fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA e delle accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive». L'art. 1, comma 120, lettera c), legge n. 197/2022, ha introdotto nell'art. 37 cit. il comma 3-bis, secondo il quale «non concorrono alla determinazione dei totali delle operazioni attive e passive, di cui al comma 3, le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1», ed il comma 3-ter, il quale prevede che «non concorrono alla determinazione dei totali delle operazioni attive, di cui al comma 3, le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA». La normativa non prevede ulteriori esclusioni dalla base imponibile, oltre a quelle espressamente previste. Pertanto, non appare possibile effettuare una interpretazione costituzionalmente orientata che sia rispettosa del testo letterale della norma, tenuto conto che «la lettera della norma costituisce il limite cui deve arrestarsi anche l'interpretazione costituzionalmente orientata dovendo, infatti, essere sollevato l'incidente di costituzionalita' ogni qual volta l'opzione ermeneutica supposta conforme a Costituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale della norma stessa» (Cass., S.U. 1° giugno 2021, n. 15177; nello stesso senso Corte costituzionale sentenze n. 78 del 2012; n. 49 del 2015; n. 36 del 2016 e n. 82 del 2017, ricordate da Cassazione, S.U., 22 marzo 2019, n. 8230). 5.3. L'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., nella misura in cui non consente di tenere conto, nella determinazione della base imponibile, della circostanza che la ricorrente ha cominciato in concreto a svolgere la propria attivita' solo dal 1° gennaio 2021, risultando quindi non effettivamente operativa nei primi tre mesi del primo periodo di riferimento per il calcolo del contributo, stante l'impossibilita' di prospettare una interpretazione costituzionalmente orientata della predetta norma e, in particolare, del comma 2 della stessa. Come risulta dal ricorso e dalla documentazione allegata, ENI Global Energy Markets S.p.a. e' la societa' «captive» del Gruppo Eni che opera nel trading nei mercati internazionali di gas, power, CO2, GNL e Oil derivatives, garantendo un approccio globale e integrato che viene rinforzato dalle relazioni e dall'ampio portafoglio di asset di Eni. Il business di ENI Global Energy Markets S.p.a. origina dalla scissione parziale di Eni Trading & Shipping S.p.a. (ETS), avente efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2021, data in cui la ricorrente, quale societa' beneficiaria della predetta scissione, ha pertanto iniziato ad operare. Il pieno esercizio dell'attivita' da parte della ricorrente si e' tuttavia di fatto realizzato solo dal 1° luglio 2021 a seguito della riallocazione in Italia dell'attivita' gia' svolta dalla stabile organizzazione belga, il cosiddetto «South Desk», concernente le operazioni di trading delle attivita' gas per il Sud Europa. La riallocazione e' avvenuta sulla base di un Accordo unilaterale con l'amministrazione finanziaria Belga finalizzato in data 23 marzo 2021 volto a disciplinarne la exit tax. Sebbene la ricorrente abbia sostanzialmente avviato l'attivita' solo il 1° gennaio 2021, il calcolo del contributo dovuto si basa sul raffronto delle attivita' svolte nel periodo ottobre 2021 - aprile 2022, con quelle svolte nel periodo ottobre 2020 - aprile 2021, periodo nel quale la societa' non era pienamente operativa. Come si e' gia' rilevato, la base imponibile del contributo e' costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021. Tale definizione, tuttavia, non tiene conto della situazione particolare in cui versano quelle societa', come la ricorrente, che nel primo periodo 1° ottobre 2020 - 30 aprile 2021 non erano costituite o, pur essendo formalmente costituite, non erano ancora pienamente operative. Per queste societa' l'intero saldo tra operazioni attive e operazioni passive nel periodo 1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022 rischia di essere assoggettato a prelievo poiche' nel precedente periodo di riferimento il corrispondente saldo e' pari a zero o comunque di scarsissimo valore: e cio' benche' ad esso non corrisponda una operativita' effettiva. Tale situazione provoca un effetto distorsivo sul contributo dovuto che non trova alcuna giustificazione ne' sotto un profilo logico, ne' sotto un profilo giuridico. Alle societa' neocostituite o non operative non puo', infatti, essere ascrivibile alcun profitto straordinario rispetto al precedente periodo di riferimento, dal momento che nel secondo periodo (i.e. l'unico in cui le societa' operano) esse realizzano un profitto che non potra' essere qualificato ne' come sovra - ne' come sotto - profitto, non potendo essere parametrato a nessuna altra situazione pregressa. Emerge quindi un profilo di illegittimita' costituzionale della norma, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., non potendosi ritenere conforme a Costituzione un sistema impositivo che pretende di rintracciare un supposto «sovraprofitto» mediante il confronto incrementale tra un periodo di piena operativita' di una societa' e un altro, precedente, di operativita' limitata alle sole attivita' di avvio dell'impresa, che nemmeno producono «profitti» in senso proprio. Anche in relazione a tale criticita', la ricorrente ha proposto una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 37, comma 2, decreto-legge n. 21/2022, secondo la quale, ai fini del contributo, rileverebbe solo il saldo tra le attivita' esercitate nei mesi di gennaio - aprile 2022 e quelle esercitate nei mesi di gennaio - aprile 2021: cio' perche' il raffronto tra gli incrementi, al fine di intercettare l'eventuale extraprofitto, deve riferirsi a due periodi omogenei e pertanto sarebbe possibile solo per questo ristretto lasso di tempo. Tale conclusione sarebbe vieppiu' rafforzata, nel caso di specie, atteso che, anche sotto il profilo formale, gli effetti della menzionata scissione decorrono dal 1° gennaio 2021, il che conferma anche sotto il profilo giuridico il corretto riferimento a tale data come «inizio» dell'attivita' della ricorrente ai fini qui d'interesse. In generale, la predetta impostazione troverebbe ulteriore conferma anche nel dato testuale dell'art. 37 cit. che, riferendo il contributo a quei soggetti che «esercitano l'attivita' di...», parrebbe volto a attrarre nel proprio ambito applicativo solo le societa' effettivamente esercenti l'attivita' di impresa (laddove si presume che risiedano gli extraprofitti) e non anche le societa' neocostituite o non operative, che pongano eventualmente in essere solo attivita' preparatorie. Applicando tale interpretazione nel caso di specie, secondo i calcoli della ricorrente, il contributo dovuto risulterebbe pari alla minor somma di euro 124.866.931,33, il cui 40% dovuto in acconto risulterebbe pari ad euro 49.946.772,53, con conseguente diritto al rimborso di quanto versato in eccesso, per un importo pari ad euro 153.166.358,71. Anche in questo caso, il Collegio non ritiene sia possibile addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata che sia rispettosa del testo letterale della norma di cui all'art. 37, comma 2, decreto-legge n. 21/2022, a mente del quale la base imponibile dell'imposta in esame e' costituita «dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021», tenuto anche conto che l'Agenzia delle entrate, con circolare 23 giugno 2022, n. 22/E, ha chiarito che, ai fini dell'individuazione dell'inizio dell'attivita', debba farsi riferimento al «momento in cui il soggetto acquisisce la soggettivita' passiva ai fini IVA, ossia al momento dell'apertura della partita IVA, accompagnata dallo svolgimento delle attivita' di carattere preparatorio finalizzate alla costituzione delle condizioni d'inizio effettivo dell'attivita' tipica, a prescindere dall'effettiva realizzazione di operazioni attive (cfr. sentenze della Corte di giustizia UE 2 giugno 2016, C-263/15, sentenze della Corte di cassazione, sez. civile, 2 febbraio 2004, n. 1863, e sez. tributaria 3 ottobre 2018, n. 23994)». P.Q.M. La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, nella Camera di consiglio del 20 novembre 2024, A scioglimento della riserva ex art. 35, decreto legislativo n. 546/1992 assunta all'udienza del 30 ottobre 2024, Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 51/2022, come modificato dall'art. 55, decreto-legge n. 50/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 91/2022, e dall'art. 1, comma 120, legge n. 197/2022, per violazione degli articoli 3, 42, 53, 117 della Costituzione e, in via mediata, dell'art. 1 del Primo Protocollo Cedu, in relazione ai profili di illegittimita' sopra evidenziati. Sospende il giudizio. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina alla Segreteria che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Roma, 20 novembre 2024 Il Presidente: Paolo Antonio Bruno Il giudice estensore: Salassa