Reg. ord. n. 150 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 13/05/2025
Tra: Erg Solar Holding srl C/ Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed altri 1
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea e con la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici nonché con l’obiettivo complessivo dell’Unione europea al 2030 – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Divieto di valenza assoluta non avendo il legislatore istituito alcun possibile bilanciamento tra i contrastanti interessi in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, sganciata da una valutazione concreta dell’effettiva utilizzabilità di tali aree a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Contrasto con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 08/11/2021 Num. 199 Art. 20 Co. 1
decreto-legge del 15/05/2024 Num. 63 Art. 5 Co. 1
legge del 12/07/2024 Num. 101
decreto legislativo del 25/11/2024 Num. 190 Art. 2 Co. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025
Ordinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Erg Solar Holding s.r.l. contro
il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri.
Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al
decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a
limitare l'uso del suolo agricolo - Previsione che l'installazione
degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone
classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita
esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente
agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o
integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a
condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c),
incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con
piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le
discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati,
c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell'art.
20 del d.lgs. n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del
comma 1-bis dell'art. 20 di tale decreto legislativo non si applica
nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita'
energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto
nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di
investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e
del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR
(PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli
obiettivi del PNRR - Disciplina dei regimi amministrativi per la
produzione di energia da fonti rinnovabili - Previsione che gli
interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n.
190 del 2024 sono considerati di pubblica utilita', indifferibili e
urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto
previsto all'art. 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021.
- Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della
direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
dell'11 dicembre 2018 , sulla promozione dell'uso dell'energia da
fonti rinnovabili), art. 20, comma 1-bis, come introdotto dall'art.
5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni
urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura,
nonche' per le imprese di interesse strategico nazionale),
convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101;
decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi
amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili,
in attuazione dell'articolo 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della
legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo.
(GU n. 36 del 03-09-2025)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
Sezione Terza
Ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di
registro generale 10379 del 2024, proposto da Erg Solar Holding
S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comande', Enzo Puccio e
Serena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da registri di
giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Carlo
Comande' in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 326;
Contro Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica,
Ministero della cultura e Ministero dell'agricoltura, della
sovranita' alimentare e delle foreste, in persona dei rispettivi
legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,
via dei Portoghesi n. 12;
Nei confronti della Regione Puglia, non costituita in giudizio;
Per l'annullamento:
degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21 giugno
2024 recante «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree
idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili» adottato
dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica di concerto
con il Ministero della cultura e il Ministero dell'agricoltura, della
sovranita' alimentare e delle foreste e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153 del 2
luglio 2024, nonche' i relativi allegati;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero
dell'ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero della
cultura e del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare
e delle foreste;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 il
dott. Luca Biffaro e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1.) La ricorrente ERG Solar Holding S.r.l. e' parte di un
primario gruppo industriale attivo nella produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili (eolica e solare).
La societa' ricorrente ha esposto di aver gia' realizzato ed
esercito, nonche' di essere in procinto di realizzare e di avere
intenzione di realizzare ed esercire anche in futuro, impianti
fotovoltaici a terra per la produzione di energia elettrica
(«Impianti FTV»).
1.1.) La societa' ricorrente ha, inoltre, esposto di avere in
corso alcune iniziative per le quali avrebbe ottenuto la soluzione di
connessione alla rete di trasmissione nazionale da parte del gestore
ed avrebbe stipulato contratti idonei ad acquisire la disponibilita'
giuridica delle aree dove sviluppare i progetti relativi agli
impianti FTV, pur non avendo ancora avviato il relativo iter
amministrativo di autorizzazione.
1.2.) Secondo quanto riferito dalla societa' ricorrente,
l'iniziativa riguarderebbe un progetto da realizzare nella Regione
Puglia, precisamente in Ascoli Satriano, e relativo ad un impianto
FTV della potenza di 11,00 Mw.
Detto progetto, in particolare, dovrebbe collocarsi in un'area
con destinazione urbanistica agricola e, per tale ragione,
risulterebbe direttamente inciso da quanto previsto dall'art. 1,
comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, che
stabilisce che «In esito al processo definitorio di cui al presente
decreto, le regioni, garantendo l'opportuno coinvolgimento degli enti
locali, individuano sul rispettivo territorio: [...] d) aree in cui
e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il divieto di
installazione di impianti fotovoltaici con moduli a tessa ai sensi
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021,
n. 199».
1.3.) La societa' ricorrente ha altresi' evidenziato che il
divieto di realizzazione di impianti FTV in area agricola e' stato
introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n.
63, recante «Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della
pesca e dell'acquacoltura, nonche' per le imprese di interesse
strategico nazionale», convertito con modificazioni dalla legge 12
luglio 2024, n. 101 («decreto-legge agricoltura»), mediante la
previsione del comma 1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo 8
novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre
2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili».
In particolare, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo
n. 199/2021, oltre a introdurre il suddetto divieto, ha anche
previsto alcune esclusioni per progetti ubicati in siti specifici,
nelle quali, tuttavia, non rientra il progetto che la societa'
ricorrente avrebbe intenzione di realizzare.
Il progetto in questione, peraltro, neppure potrebbe godere della
salvaguardia prevista dal regime transitorio di cui all'art. 5, comma
2, del decreto-legge agricoltura, essendo quest'ultimo applicabile
unicamente «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore
del presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure
amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie
all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli
impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato
almeno uno dei titoli medesimi».
1.4.) Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, il
divieto di installazione di impianti FTV in area agricola si
estenderebbe a tutti i progetti fotovoltaici attualmente in esercizio
in aree di tal guisa, nella misura in cui alle societa' che
esercitano gli impianti sarebbe interdetta la possibilita' di un loro
ampliamento territoriale, con totale ribaltamento del regime
normativo rispetto a quello delineato dal decreto legislativo n.
199/2021 prima delle modifiche introdotte con il decreto-legge
agricoltura.
In particolare, erano state classificate come «aree idonee» le
aree agricole racchiuse in un perimetro i cui punti di ampiezza pari
a un massimo di cinquecento metri, con conseguente applicazione del
regime autorizzativo semplificato a mente di quanto previsto
dall'art. 22 del medesimo decreto legislativo n. 199/2021.
2.) La societa' ricorrente, con la proposizione del ricorso in
esame affidato a quattro differenti motivi, ha impugnato in
principalita' l'art. 1 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024,
lamentandone l'illegittimita' per violazione di legge ed eccesso di
potere, e ne ha chiesto l'annullamento.
In via subordinata, e' stata poi prospettata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021 per violazione degli articoli 9, 41, 77,
comma 2, e 117, commi 1 e 3, della Costituzione.
2.1.) Con il primo motivo di ricorso e' stata contestata la
legittimita' dell'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto
ministeriale del 21 giugno 2024 per «Violazione e falsa applicazione
dell'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 199/2021 -
Violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, del decreto
legislativo n. 387/2003 - Violazione e falsa applicazione delle Linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del
10 settembre 2010 - Violazione della delega - Eccesso di potere -
Manifesta irragionevolezza - Violazione della direttiva 2009/28/CE,
della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE».
In particolare, con tale mezzo di gravame e' stata lamentata
l'illegittimita' dell'art. 1, comma 2, lettera d), del gravato
decreto ministeriale per violazione dell'art. 20, comma 1, del
decreto legislativo n. 199/2021, sull'assunto che tale disposizione
normativa abbia attribuito all'amministrazione ministeriale
unicamente il compito di stabilire principi e criteri omogenei per
l'individuazione delle superfici e aree idonee e non idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili («impianti FER»),
aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come
necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di
sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee di
cui all'art. 20, comma 8, del medesimo decreto legislativo n.
199/2021.
Nessuna delega, per converso, sarebbe stata attribuita
all'amministrazione ministeriale ai fini della individuazione di aree
completamente interdette all'installazione di impianti FTV.
Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, il decreto
ministeriale del 21 giugno 2024, quale espressione dell'esercizio
della delega legislativa di cui all'art. 20, commi 1 e 4, del decreto
legislativo n. 199/2021, non avrebbe potuto essere utilizzato come
veicolo giuridico per dare attuazione anche all'art. 20, comma 1-bis,
del decreto legislativo n. 199/2021, indicando le aree nelle quali e'
vietata l'installazione di impianti FTV.
La societa' ricorrente, con un distinto profilo di censura, ha
poi contestato la legittimita' della gravata disposizione del decreto
ministeriale impugnato per contrasto con l'art. 12, comma 7, del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, ai sensi del quale «Gli
impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma
1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici».
Detta previsione normativa, che costituisce attuazione degli
obblighi discendenti dalla direttiva 2001/77/CE (integrandola con i
principi di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione in materia
di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»),
prevede una ammissibilita' generalizzata per l'installazione di
impianti FER in area agricola, fatte salve eventuali limitazioni
ponderate caso per caso al ricorrere delle condizioni di cui al
secondo periodo del comma 7.
Di contro, quanto previsto dall'art. 1, comma 2, lettera d), del
decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non troverebbe alcun
fondamento nella direttiva 2018/2001/UE, ne' nei criteri fissati
dalla legge delega (legge 22 aprile 2021, n. 53).
Pertanto, nel caso in cui la suddetta gravata previsione non sia
suscettibile di essere interpretata nel senso che il divieto di
installazione di impianti FTV in area agricola trovi applicazione
solo nei limiti fissati dal secondo periodo del comma 7, dell'art. 12
del decreto legislativo n. 387/2003, la stessa risulterebbe
illegittima per violazione dell'art. 117, commi 1 e 3, della
Costituzione, in relazione, rispettivamente, ai vincoli derivanti
dalla direttiva 2018/2001/UE e alle previsioni dello stesso art. 12
del decreto legislativo n. 387/2003.
2.2.) La societa' ricorrente, con il secondo motivo di ricorso,
ha prospettato la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 - nella misura
in cui non sia possibile accedere a una lettura costituzionalmente
orientata di tale previsione normativa - per «violazione e falsa
applicazione dell'art. 77, comma secondo, della Costituzione».
Secondo la tesi della societa' ricorrente, dalla disamina del
«Preambolo» al decreto-legge agricoltura si evincerebbe che
l'iniziativa governativa da cui ha preso le mosse l'approvazione
dell'art. 5, comma 1, del menzionato decreto-legge - che, come visto,
ha introdotto il contestato comma 1-bis dell'art. 20 del decreto
legislativo n. 199/2021 - e' stata motivata in ragione della ritenuta
straordinaria necessita' e urgenza di contrastare il fenomeno del
consumo del suolo a vocazione agricola.
Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe sussistente, in quanto
nel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e' pari a
16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata (SAU)
e' pari a 12,5 milioni di ettari; peraltro, 4 milioni di ettari di
terreni agricoli risulterebbero attualmente abbandonati.
La societa' ricorrente ha anche asserito che al 2023
risulterebbero installati impianti pari a una potenza di 30,3 GW, di
cui, secondo i dati del GSE, 9,2 GW sarebbero imputabili a impianti
FTV a terra che utilizzano 16.400 ettari di terreno, equivalenti solo
allo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU.
A detta della societa' ricorrente, l'installazione degli 84 GW di
cui al Piano elettrico 2030/REPowerEU richiederebbe fino a 70.000
ettari di terreno - considerando l'ipotesi piu' estensiva secondo cui
l'intero obiettivo fosse perseguito mediante l'utilizzo della sola
tecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e
senza considerare la quota installabile su edifici - equivalenti allo
0,2% del territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT.
Si tratterebbe, quindi, di una porzione marginale di suoli
agricoli anche se paragonata ai 4 milioni di ettari di terreni
agricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari di SAU.
La societa' ricorrente, quindi, ha posto in rilievo come il dato
fattuale posto dal Governo a fondamento dell'introduzione del
contestato divieto di installazione di impianti FER, ossia il
depauperamento dei suoli agricoli, sia in realta' carente, stante la
incidenza minimale dei suoli agricoli destinabili alla installazione
dei moduli fotovoltaici a terra rispetto alla SAT (ma anche in
relazione alla minor quota di suoli agricoli abbandonati), nonche' in
ragione del fatto che il perseguimento degli obiettivi europei deve
avvenire mediante una combinazione di soluzioni tecnologiche che
utilizzino anche immobili o infrastrutture gia' esistenti, con la
conseguenza che solo una quota parte dei suoli agricoli risultera'
interessata dalla installazione di impianti FER.
Infine, secondo quanto riferito dalla societa' ricorrente alla
luce dei dati riportati nel motivo di gravame in esame,
l'illegittimita' costituzionale del divieto introdotto con il
decreto-legge agricoltura e poi traslato nel decreto legislativo n.
199/2021, risiederebbe nella carenza, ab origine, dei requisiti di
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77 della Costituzione per il
legittimo ricorso allo strumento eccezionale della decretazione
d'urgenza.
2.3.) Con il terzo motivo di ricorso e' stata lamentata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa applicazione
degli articoli 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in
relazione, rispettivamente, alla direttiva (UE) 2018/2001 del
Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e all'art. 12
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della
direttiva 2001/77/CE)».
La disposizione normativa contestata, nell'introdurre un divieto
generalizzato di installazione di nuovi impianti FTV con moduli
collocati a terra e il divieto di aumentare l'estensione di quelli
esistenti nelle aree classificate come agricole dai piani urbanistici
- tale in quanto non vengono previste distinzioni in funzione delle
differenti tecnologie utilizzabili e dell'effettivo pregio agricolo o
paesaggistico e ambientale dei siti da assoggettare a divieto - si
porrebbe innanzitutto in contrasto con il parametro di
costituzionalita' dell'art. 117, comma 1, della Costituzione.
Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, l'art. 20,
comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 contrasterebbe con i
vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e, in particolare, con
l'obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER,
perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE,
nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e'
stato emanato il medesimo decreto legislativo n. 199/2021.
Sotto altro profilo, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021 si porrebbe in contrasto con i principi
fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia
concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia».
In particolare, la disposizione normativa tacciata di
incostituzionalita' si porrebbe in contrasto con quanto previsto
dall'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003 - che
costituisce attuazione dei principi statali e eurounitari (direttiva
2001/77/CE) nella richiamata materia concorrente di cui all'art. 117,
comma 3, della Costituzione - ai sensi del quale «Gli impianti di
produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lettere
b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole
dai vigenti piani urbanistici».
A fronte della presenza, all'interno dell'ordinamento, di una
siffatta previsione normativa, l'introduzione di un divieto
generalizzato di installazione di impianti FTV in area agricola
risulterebbe porti in patente contrasto con i principi statuali
rettori della materia.
La sussistenza di un siffatto contrasto, peraltro, risulterebbe
vieppiu' evidente considerando quanto previsto dalle linee guida
nazionali di cui al decreto ministeriale del 10 settembre 2010
(«Linee guida») - introdotte in attuazione del citato art. 12 del
decreto legislativo n. 387/2003 e considerate dalla giurisprudenza
costituzionale quali principi fondamentali della materia legislativa
concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia» - secondo le quali (allegato 3) «ai sensi dell'art. 12,
comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici
non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei»
e «l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo'
riguardare porzioni significative del territorio [...]».
La circostanza per cui l'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021 sia contenuto in un corpo normativo
dichiaratamente attuativo della direttiva 2018/2001/UE non e' di per
se' sufficiente a dissipare i dubbi di costituzionalita' di tale
disposizione, in quanto la stessa non trova fondamento ne' nella
direttiva oggetto di trasposizione, ne' men che meno nella legge
delega n. 53/2021.
2.4.) Con il quarto motivo di ricorso e' stata lamentata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa applicazione
dell'art. 9 della Costituzione - Violazione e falsa applicazione
dell'art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e
del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili - Violazione del principio di
proporzionalita' - Violazione dell'art. 11 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea - Violazione dell'art. 41 della
Costituzione».
Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, la scelta di
introdurre un generale e indiscriminato divieto di realizzare
impianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come
«agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la
diffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sul
perseguimento degli obiettivi di tutela dell'ambiente.
Sul punto, infatti, giova evidenziare che l'art. 15 della
direttiva 2018/2001/UE prevede che «Gli Stati membri prendono in
particolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme in
materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze
siano oggettive, trasparenti e proporzionate [...]».
L'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021,
invero, sarebbe tutt'altro che una forma di esercizio «proporzionato»
della potesta' legislativa ratione materiae. Detta previsione
normativa, inoltre, violerebbe il principio di integrazione delle
tutele - riconosciuto, sia a livello europeo dall'art. 11 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sia a livello
nazionale dall'art. 3-quater del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 (sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) -
in virtu' del quale le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere
integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre pertinenti
politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo
sostenibile.
Se il principio di proporzionalita' rappresenta il criterio alla
stregua del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i
due valori costituzionali all'interno di un quadro argomentativo
razionale, il principio di integrazione costituisce la direttiva di
metodo. La tutela dell'ambiente e quella del paesaggio (nello
specifico dell'ambiente e del contesto agricolo) non potrebbero
essere considerate alla stregua di valori contrapposti rispetto alla
diffusione delle fonti rinnovabili, sia sotto il profilo della tutela
dell'ambiente, sia sotto quello della tutela dell'iniziativa
economica privata.
Oltretutto, a fronte del fatto che l'art. 9 della Costituzione
dispone che la tutela dei valori ambientali deve essere perseguita
«anche nell'interesse delle future generazioni», l'art. 20, comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 muoverebbe dall'assunto di
un aprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e
l'autorizzazione di impianti per la produzione di energia mediante
collocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se le descritte
finalita' di tutela non fossero tra loro contemperabili mediante
l'introduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso
per caso, quando e dove consentire o meno la collocazione degli
impianti FTV in area agricola.
3.) Le amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza
nel presente giudizio e, con memoria depositata in data 19 ottobre
2024, hanno eccepito l'infondatezza del gravame.
In particolare, secondo la prospettazione difensiva delle
amministrazioni ministeriali, il perimetro della delega legislativa
in favore dell'amministrazione ministeriale, per come individuato
dall'art. 20, commi 1 e 5, del decreto legislativo n. 199/2021 - nel
quale rientra la individuazione di principi e criteri omogenei per
l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee
all'installazione degli impianti FER, nel rispetto dei principi della
minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio, sul
patrimonio culturale e sul paesaggio - giustificherebbe il richiamo,
all'interno del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, della
disposizione di cui all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo
n. 199/2021, in quanto funzionale a completare la cornice di
riferimento della disciplina per la individuazione delle aree nelle
quali e' possibile installare gli impianti FER, in un'ottica di
riordino, semplificazione e coordinamento degli atti normativi di
riferimento.
Le amministrazioni resistenti, inoltre, hanno posto in rilievo
che il decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non costituirebbe
strumento di «attuazione» dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021, in quanto tale disposizione normativa - di
rango primario e introdotta con legge ordinaria, benche' in un
momento successivo rispetto al testo originario del decreto
legislativo n. 199/2021 - spiegherebbe i propri effetti all'interno
del medesimo decreto legislativo n. 199/2021.
Per tali ragioni, quindi, la sospensione del decreto ministeriale
del 21 giugno 2024 non produrrebbe alcun effetto utile per la
societa' ricorrente, atteso che le regioni sono comunque tenute a
legiferare all'interno del quadro normativo delineato dalla normativa
primaria, venendo in rilievo una materia di competenza legislativa
concorrente, quale la «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, comma 3, della
Costituzione.
D'altronde, il rimando operato nel gravato decreto ministeriale,
lungi dal volere introdurre un divieto generalizzato di portata
innovativa, troverebbe ragione in forza della ratio del medesimo
provvedimento impugnato, teso tra l'altro a fornire agli operatori
del settore chiare indicazioni sulla individuazione sia delle
superfici e aree ove poter ubicare i progetti di impianti FER, sia di
quelle in cui cio' risulta precluso.
Oltretutto, atteso che la normativa regionale avrebbe dovuto
essere adottata in un termine stringente previsto dalla legge, la
modifica del decreto legislativo n. 199/2021 ad opera del
decreto-legge agricoltura rivestiva sicuramente un carattere di
assoluta urgenza.
Secondo la prospettazione difensiva delle amministrazioni
resistenti, la disciplina complessiva sulla individuazione delle aree
e superfici inerenti agli impianti FER denota un assoluto favor per
lo sviluppo di detti impianti, cosi' come l'assegnazione alle regioni
di quote vincolanti di produzione di energia da fonti rinnovabili
renderebbe palese l'infondatezza delle censure ricorsuali, non
potendo essere predicato alcun contrasto con la disciplina
sovranazionale in relazione alla massima diffusione degli impianti
FER.
Peraltro, la disciplina dettata dal decreto ministeriale del 21
giugno 2024 e' stata approvata previa intesa in sede di Conferenza
unificata, frutto di un lungo iter segnato da plurimi confronti con
gli enti locali e i Ministeri concertanti (Ministero
dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste e
Ministero della cultura), indice di garanzia della necessaria e
ponderata valutazione dei differenti interessi attribuiti alla cura
delle amministrazioni coinvolte, nonche' del rispetto dei principi di
derivazione eurounitaria applicabili ratione materiae.
4.) La societa' ricorrente, con memoria depositata in data 30
dicembre 2024, ha specificato le proprie doglianze, controdedotto
alle difese articolate dalle amministrazioni resistenti e insistito
per l'accoglimento del ricorso.
5.) All'udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la causa e' stata
discussa.
Il Collegio, nel corso della discussione, ha prospettato alle
parti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., la sussistenza di
possibili profili di inammissibilita' del ricorso per carenza
d'interesse, anche relativamente alle censure inerenti al contestato
divieto di installazione di impianti FER in area agricola, laddove
non risultasse comprovato che i progetti insistono su aree aventi una
effettiva destinazione agricola, e cio' e' stato fatto constare nel
verbale d'udienza.
All'esito della discussione, la causa e' stata trattenuta in
decisione.
Diritto
1. Il Collegio, in via preliminare, ritiene di poter superare i
rilievi d'ufficio con i quali, all'udienza pubblica del 5 febbraio
2025, era stata prospettata l'inammissibilita' del presente gravame
per carenza di interesse.
Infatti, dalla documentazione versata in atti dalla societa'
ricorrente - e segnatamente, dal certificato di destinazione
urbanistica n. 159/2024, rilasciato dal Comune di Ascoli Satriano
(cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente) - risulta che le
aree interessate dal progetto inerente alla realizzazione di un
impianto FTV nel territorio della Regione Puglia ricadono nella zona
E del Piano urbanistico generale del Comune di Ascoli Satriano,
classificata come «Zona per attivita' agricole» e nella quale
risultano ammesse anche attivita' produttive quali, inter alia, il
trasporto di energia.
1.1. Atteso che le censure articolate con il ricorso in esame
appuntano sulla illegittimita' dell'introduzione di un divieto
generalizzato alla realizzazione di impianti FTV in aree classificate
agricole dai piani urbanistici vigenti, la societa' ricorrente
risulta, gia' in base a una valutazione prognostica, negativamente
incisa, in via diretta e immediata, dalla previsione dell'art. 1,
comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, con
la quale e' stata data attuazione all'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021.
Infatti, il progetto che la societa' ricorrente intende
realizzare non rientra tra quelli per i quali trova applicazione lo
specifico regime di salvaguardia dettato dall'art. 5, comma 2, del
decreto-legge agricoltura, atteso che all'atto della sua entrata in
vigore non era stata ancora avviata alcuna procedura amministrativa
necessaria all'ottenimento dei titoli per la costruzione e
l'esercizio dell'impianto FTV da realizzare su un'area agricola
localizzata nell'ambito del territorio del Comune di Ascoli Satriano.
1.2. Ad avviso del Collegio, l'introduzione del suddetto divieto
ad opera del gravato decreto ministeriale non costituisce il frutto
di una autonoma scelta discrezionale delle amministrazioni
ministeriali resistenti, ma risulta essere attuazione di quanto
previsto dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021, a sua volta correlato al disposto dell'art. 5 del
decreto-legge agricoltura.
1.3. Tale aspetto avvalora la ammissibilita' della iniziativa
giudiziale proposta dalla societa' ricorrente, tenuto anche conto del
fatto che il decreto ministeriale del 21 giugno 2024, all'art. 1,
comma 2, ha previsto che le regioni individuino all'interno dei
rispettivi territori anche le «aree in cui e' vietata l'installazione
di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra», definite come
«le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di
impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell'art. 20, comma
1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199».
1.4. Pertanto, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa
erariale, l'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del
21 giugno 2024 costituisce senz'altro strumento di attuazione
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per
quanto del tutto vincolato nel contenuto, per le seguenti ragioni:
la disposizione normativa primaria teste' richiamata (i.e.,
l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021)
definisce il perimetro delle aree agricole nelle quali e' consentita
l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra, facendo riferimento alla classificazione delle aree idonee
prevista dall'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 e
individuando in maniera specifica altre aree sulla scorta di criteri
di carattere finalistico (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di
impianti FTV per la costituzione di comunita' energetiche rinnovabili
ovvero ai progetti attuativi delle altre misure di investimento del
PNRR). Al di fuori di tale perimetro oggettivo risulta vietata, in
via generale, l'installazione in area agricola di impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra;
l'intervento definitorio operato dalla fonte normativa
primaria, tuttavia, presenta un carattere transeunte, essendo
destinato a valere solo nelle more dell'individuazione delle aree
idonee da parte delle regioni che, a riguardo, dovranno legiferare
sulla base dei criteri e delle modalita' stabilite dai decreti di cui
all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, ossia
sulla scorta dei criteri e delle modalita' stabilite dal gravato
decreto ministeriale del 21 giugno 2024;
e' per tale ragione, invero, che il divieto di realizzare
impianti FTV in area agricola risulta pedissequamente ribadito
dall'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21
giugno 2024, come risulta dalla piana lettura del testo di tale
disposizione, in forza della quale e' stato stabilito che le aree
nelle quali e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra coincidono con le aree agricole per le quali
un siffatto divieto e' stato sancito dall'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021;
a conferma del fatto che il divieto di installazione di
impianti FTV in area agricola sancito dall'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021 trovi piena attuazione nel nuovo
contesto normativo e regolamentare proprio ad opera del gravato
decreto ministeriale del 21 giugno 2024, vale evidenziare che le
regioni, ai sensi dell'art. 3, comma 1, di tale decreto ministeriale,
sono chiamate a individuare, con propria legge ed entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, tutte le aree
indicate dall'art. 1, comma 2, del decreto ministeriale del 21 giugno
2024. Si tratta, come visto, non solo delle aree idonee e non idonee
all'installazione di impianti FER, ma anche delle aree nelle quali e'
vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati
a terra;
cio' significa che terminata la fase di prima applicazione
della disciplina dettata dall'articolo 20 del decreto legislativo n.
199/2021 - ossia, quella che precede l'adozione dei decreti
ministeriali indicati dall'art. 20, comma 1, del decreto legislativo
n. 199/2021 e gia' esauritasi con l'adozione del decreto ministeriale
impugnato nel presente giudizio - l'attuazione del divieto di
installazione di impianti FTV in area agricola nel nuovo contesto
normativo e regolamentare dipende dall'applicazione delle
disposizioni recate dal gravato decreto ministeriale del 21 giugno
2024. Le regioni, infatti, all'atto di individuare con propria legge
tutte le aree di cui all'art. 1, comma 2, del decreto ministeriale
del 21 giugno 2024, saranno necessariamente tenute ad esercitare la
propria potesta' legislativa conformandosi ai principi e ai criteri
stabiliti dal Titolo II del decreto ministeriale del 21 giugno 2024,
come espressamente previsto dall'art. 3, comma 1, di tale decreto.
1.5. Il decreto ministeriale impugnato rappresenta, inoltre,
l'unico atto amministrativo che interviene nel processo di
implementazione del divieto in parola, atteso che:
esso e' stabilito direttamente dalla legge statale;
secondo quanto previsto dal decreto, l'individuazione delle
aree in questione avviene con legge regionale;
le aree cosi' individuate non sono «non idonee», ma
assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la
valutazione, nell'ambito dei procedimenti amministrativi di
autorizzazione, della compatibilita' dei singoli interventi rispetto
al soddisfacimento di ulteriori valori e interessi ordinamentali
confliggenti con quelli che hanno condotto il legislatore ad
introdurre il contestato divieto di installazione di impianti FTV in
area agricola.
1.6. Merita, dunque, di essere richiamato il consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo il quale «un atto generale
[...] e' immediatamente impugnabile quando incide senz'altro - senza
la necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui
comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (cfr. Cons. Stato,
sez. IV, sentenza n. 1937 del 17 marzo 2022).
Risulta, pertanto, indubbia l'incidenza del divieto di
installazione di impianti FTV in area agricola nella sfera giuridica
della societa' ricorrente, nella sua qualita' di operatore economico
attivo nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili e
intenzionato a realizzare tale tipologia di impianto in area agricola
nel territorio della Regione Puglia.
La attuale, diretta e concreta lesivita' del contestato divieto
risulta sussistere nel caso di specie, in quanto lo stesso e'
suscettibile di precludere in radice la possibilita' di realizzazione
in area agricola di impianti FTV con moduli collocati a terra,
laddove l'area interessata dall'intervento non rientri tra quelle,
allo stato, individuate sulla base del combinato disposto dei commi
1-bis e 8 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 ovvero con
quelle che, in futuro, le regioni ricomprenderanno nel perimetro
delle aree agricole nelle quali l'installazione dei predetti impianti
sara' consentita.
2. Il Collegio, esaurita la disamina dei profili di rito e
ritenuto ammissibile il gravame proposto dalla societa' ricorrente,
non reputa meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso.
La societa' ricorrente, con tale mezzo di gravame, ha contestato
la legittimita' dell'art. 1, comma 2, lettera d), del gravato decreto
ministeriale sotto due ordini di profili: i) per violazione dell'art.
20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, in quanto non
sarebbe stata attribuita alcuna delega all'amministrazione
ministeriale ai fini della individuazione di aree completamente
interdette all'installazione di impianti FTV; ii) per violazione
dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, atteso
che tale disposizione normativa - peraltro, di derivazione
eurounitaria - consente l'installazione di impianti FER in zone
classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.
2.1. In proposito, e' sufficiente evidenziare che la prospettata
illegittimita' del contestato divieto introdotto dall'art. 1, comma
2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non
discende da una autonoma determinazione amministrativa, ma promana
dal combinato disposto dell'art. 5 del decreto-legge agricoltura e
dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, di
cui il gravato decreto ministeriale costituisce attuazione, come
ampiamente esposto in precedenza.
Per tale ragione, dunque, neppure risulta meritevole di pregio il
profilo di censura con il quale e' stata contestata la violazione
dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, posto che
e' da attribuire allo stesso legislatore la scelta (normativa) che ha
condotto alla introduzione del divieto di realizzazione di impianti
FTV con moduli collocati a terra in aree classificate agricole ai
sensi dei vigenti piani urbanistici.
A riprova del fatto che sia da ascrivere al legislatore (con i
richiamati articoli 5 del decreto-legge agricoltura e 20, comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021) e non all'amministrazione
delegata (con l'impugnato art. 1, comma 2, lettera d), del decreto
ministeriale del 21 giugno 2024), la scelta di superare la previsione
recata dall'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003,
giova segnalare che tale parametro di legittimita', che la societa'
ricorrente assume essere stato violato dalle amministrazioni
ministeriali resistenti, e' stato abrogato per effetto del decreto
legislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi
amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in
attuazione dell'art. 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della legge 5
agosto 2022, n. 118».
In particolare, l'art. 14 del decreto legislativo n. 190/2024,
rubricato «Disposizioni di coordinamento», al comma 8 stabilisce che
«L'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti e'
consentita nei limiti di cui all'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 199». Emerge, pertanto, in maniera
netta come il legislatore, per cio' che concerne la realizzazione di
impianti FTV con moduli collocati a terra in area agricola, abbia
inteso superare il regime dettato dall'art. 12, comma 7, del decreto
legislativo n. 387/2003, sancendo l'esclusiva applicazione del regime
introdotto con l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021 e di cui le previsioni del decreto ministeriale del 21
giugno 2024 costituiscono diretta attuazione.
3. Il Collegio, invece, ritiene che la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021 introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge n.
63/2024, cosi' come prospettata dalla societa' ricorrente con il
secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, risulti non solo rilevante
ai fini della definizione del presente giudizio, ma anche non
manifestamente infondata per le seguenti ragioni di diritto.
I. Sulla impossibilita' di operare una interpretazione
costituzionalmente conforme dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021
4. Il Collegio non ritiene che sia possibile operare
un'interpretazione conforme alla Costituzione dell'art. 20, comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, tentativo questo che ai
fini della rimessione alla Corte costituzionale di una questione di
legittimita' costituzionale deve essere ragionevolmente e
consapevolmente escluso (cfr. Corte costituzionale, sentenza n.
262/2015; in senso conforme sentenze numeri 202/2023, 139/2022,
11/2020, 189, 133 e 78/2019, 42/2017).
Infatti, se e' vero che «le leggi non si dichiarano
costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne
interpretazioni incostituzionali [...], ma perche' e' impossibile
darne interpretazioni costituzionali» (cfr. Corte costituzionale,
sentenza n. 356/1996), nel caso di specie, la sola, possibile,
interpretazione costituzionalmente orientata della contestata
previsione normativa risulterebbe quella che considera privo di
effettualita' l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021.
4.1. In particolare, l'impossibilita' di operare
un'interpretazione conforme a Costituzione della anzidetta
disposizione normativa discende dal suo chiaro tenore letterale e
dalla portata del divieto con essa introdotto nell'ordinamento
giuridico.
Infatti, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021, nel consentire l'installazione di impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani
urbanistici vigenti, circoscrive tale possibilita' ai soli casi in
cui, da un lato, l'area agricola coincida con alcune specifiche aree
ritenute idonee ai sensi dell'art. 20, comma 8, del decreto
legislativo n. 199/2021 - che, peraltro, ricomprendono anche le aree
nelle quali sono gia' installati detti impianti (comma 8, lettera a),
le quali possono essere interessate solo da interventi di modifica,
rifacimento, potenziamento o ricostruzione, a condizione che non
comportino incremento dell'area gia' occupata - o, dall'altro,
l'intervento sia finalizzato alla creazione di una comunita'
energetica rinnovabile o sia correlato a progetti attuativi del PNRR
o funzionali al perseguimento degli obiettivi di tale piano.
Dal tenore letterale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021 risulta, quindi, che il legislatore nel
«consentire esclusivamente» l'installazione degli impianti FTV con
moduli collocati a terra nelle aree agricole coincidenti con quelle
innanti menzionate, ha sostanzialmente introdotto un divieto
generalizzato di realizzare detti impianti su tutta la restante parte
del suolo agricolo nazionale.
4.2. L'introduzione di una preclusione di tale ampiezza
all'installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra in
area agricola non risulta costituzionalmente compatibile,
innanzitutto perche' si pone in insanabile contrasto con l'art. 117,
comma 1, della Costituzione, atteso che il contestato divieto e'
suscettibile di integrare una violazione dei «vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario».
In particolare, con il divieto generalizzato previsto dall'art.
20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 e' stato
completamente ribaltato il sistema previgente, plasmato dal principio
di matrice eurounitaria della massima diffusione delle fonti di
energia rinnovabili (direttiva 2001/77/CE e 2009/28/CE). Tale
principio, in particolare, dovrebbe trovare attuazione nella generale
utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento degli impianti
FER, con le sole eccezioni ispirate alla tutela di altri interessi
costituzionalmente protetti (cosi', ad esempio, si e' espressa la
Corte costituzionale relativamente agli impianti di produzione di
energia eolica, Corte costituzionale, sentenza n. 224/2012).
Con il contestato divieto, viceversa, il legislatore ha
specificamente individuato le aree agricole nelle quali e' consentita
l'installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra e ha
inibito, per la restante parte del suolo agricolo nazionale, la
realizzazione di detti impianti: risulta, quindi, di piana evidenza
che una siffatta preclusione viola il principio di massima diffusione
di matrice eurounitaria, sottraendo in maniera ingiustificata una
considerevole parte del territorio nazionale al perseguimento delle
finalita' sottese allo sviluppo energetico da fonti rinnovabili, in
assenza di valide ragioni di tutela di specifici interessi pubblici -
non potendo considerarsi tale l'invocato consumo indiscriminato del
suolo - e senza che possa essere operata in concreto, nell'ambito
dell'iter procedimentale di autorizzazione dell'impianto, la
ponderazione con gli altri interessi confliggenti, anche di natura
pubblicistica e, in parte, legati al perseguimento degli obiettivi
unionali di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al
2030, sanciti dalla direttiva 2018/2001/UE.
4.3. Tali considerazioni pongono in evidenza anche il carattere
non proporzionato della scelta legislativa, tenuto conto della
ampiezza ed incisivita' del divieto rispetto al fine perseguito, il
che corrobora l'impossibilita' di addivenire ad una interpretazione
costituzionalmente conforme dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021.
II. Sulla rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021.
5. Dall'acclarata impercorribilita' di un'interpretazione
dell'enunciato normativo integralmente satisfattivo per la parte
ricorrente deriva la rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale prospettate con il terzo e quarto motivo di ricorso.
La questione di legittimita' costituzionale che il Collegio
intende rimettere alla Corte costituzionale con la presente ordinanza
risulta, dunque, fornita di rilevanza nel presente giudizio, atteso
che l'art. 1, comma 2, lettera d), dell'impugnato decreto
ministeriale del 21 giugno 2024 costituisce attuazione della
disposizione normativa qui sospettata di incostituzionalita', vale a
dire l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per
le ragioni gia' esposte in precedenza e alle quali integralmente si
rinvia.
Pertanto, dall'esito del giudizio di costituzionalita' dell'art.
20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 dipende la
legittimita' del contestato divieto di cui all'art. 1, comma 2,
lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella misura
solo nel caso di declaratoria di incostituzionalita' della
disposizione normativa primaria la previsione impugnata dalla
societa' ricorrente potrebbe essere annullata, con conseguente venir
meno della preclusione assoluta, ad oggi vigente, alla realizzazione
del proprio progetto sul suolo agricolo della Regione Puglia.
III. Sulla manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale posta con il II motivo di ricorso.
6. La societa' ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, ha
prospettato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20,
comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per contrarieta'
all'art. 77, comma 2, della Costituzione.
In particolare, e' stata contestata la insussistenza dell'addotta
ragione di straordinaria necessita' e urgenza indicata nel preambolo
del decreto-legge agricoltura - data dalla necessita' di contrastare
il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola - in ragione
del fatto che, posta l'esistenza di una superficie agricola totale di
16 milioni di ettari (di cui solo 12,5 milioni utilizzati), anche
nell'ipotesi in cui gli obiettivi energetici nel territorio italiano
dovessero essere soddisfatti esclusivamente mediante la tecnologia
che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra, si perverrebbe
a un utilizzo di appena lo 0,4% della superficie agricola, del tutto
marginale rispetto ai 4 milioni di terreni agricoli abbandonati.
6.1. Ad avviso del Collegio, in applicazione degli orientamenti
giurisprudenziali della Corte costituzionale, una simile
prospettazione non risulta idonea a supportare una valutazione di non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021
rispetto a quanto previsto dall'art. 77, comma 2, della Costituzione.
6.2. La Corte costituzionale, infatti, ha in plurime occasioni
affermato che i casi in cui puo' predicarsi l'insussistenza dei
requisiti di necessita' e urgenza richiesti per la decretazione
legislativa d'urgenza sono circoscritti alle ipotesi di evidente
mancanza degli stessi ovvero di manifesta irragionevolezza o
arbitrarieta' della relativa valutazione (cfr., ex plurimis, Corte
costituzionale, sentenze numero 170/2017, 287/2016, 72/2015, 22/2012,
93/2011, 355/2010; 128/2008 e 171/2007).
6.3. Tale verifica, inoltre, deve essere condotta in maniera non
dissimile da quanto accade per il sindacato del giudice
amministrativo sul vizio di eccesso di potere, ossia a partire da
profili sintomatici, tra i quali assume preminente rilievo il
riscontro (o meno) di una intrinseca coerenza delle norme contenute
nel decreto-legge dal punto di vista oggettivo e/o funzionale.
Il presupposto del caso straordinario di necessita' e urgenza,
infatti, «inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un
tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche
se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione
atomistica della condizione di validita' prescritta dalla
Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il
provvedimento legislativo urgente ed il caso che lo ha reso
necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme
assemblate soltanto da mera casualita' temporale» (cfr. Corte
costituzionale, sentenza n. 22/2012).
6.4. Orbene, nel caso di specie, tenuto conto che con l'art. 5,
comma 1, del decreto-legge n. 63/2024 - fonte originaria del
contestato divieto, poi confluito nell'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021 - sono state dettate «Disposizioni
finalizzate a limitare l'uso del suolo agricolo» e che tale
decreto-legge e' stato adottato in ragione della «concomitanza di
congiunture avverse, quali il perdurare del conflitto in Ucraina e la
diffusione di fitopatie, ha indotto il settore primario in una
persistente situazione di crisi, determinando gravi ripercussioni sul
tessuto economico e sociale», i presupposti di ritenuta necessita' e
urgenza sono stati individuati non solo nella esigenza di
«contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola»,
ma anche in quella di «emanare disposizioni finalizzate a garantire
l'approvvigionamento delle materie prime agricole e, in specie, di
quelle funzionali all'esercizio delle attivita' di produzione
primaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive, in
particolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e
dell'acquacoltura».
6.5. Rispetto a tali enunciati presupposti e finalita', la
disposizione intesa a vietare l'installazione di impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non si
pone in termini di manifesta estraneita', presentando un'intrinseca
coerenza nell'ambito di un complesso di disposizioni finalizzate al
sostegno del settore agricolo.
6.6. Gli elementi addotti dalla societa' ricorrente a sostegno
della ritenuta insussistenza delle ragioni di necessita' e urgenza,
in ragione della limitata porzione di territorio agricolo che
potrebbe essere occupata per effetto della realizzazione degli
impianti FER ricadenti nell'ambito oggettivo del contestato divieto,
non consentono di giungere a conclusioni diverse, essendo un chiaro
obiettivo dell'intervento legislativo operato con il decreto-legge n.
63/2024 quello di contrastare la sia pur minima riduzione del suolo a
vocazione agricola: la misura adottata costituisce, dunque,
senz'altro sviluppo delle premesse, che non risultano in alcun modo
smentite dalle argomentazioni spese nel ricorso.
IV. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale prospettate con il terzo e il quarto motivo di
ricorso.
7. Il Collegio, per converso, ritiene che non siano
manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale
sollevate dalla societa' ricorrente con il terzo e il quarto motivo
di ricorso, con i quali e' stata in sostanza lamentata la
contrarieta' dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021 con:
l'art. 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in
relazione, rispettivamente, alla direttiva 2018/2001/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e all'art. 12
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della
direttiva 2001/77/CE). La disposizione normativa sospettata di
incostituzionalita', nel prevedere il divieto di installazione di
nuovi impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di
aumentare l'estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si
porrebbe in contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento
europeo e, in particolare, con il principio della massima diffusione
degli impianti FER, affermato dalla direttiva 2009/28/CE, dalla
direttiva 2001/77/CE, nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in
attuazione della quale e' stato emanato il decreto legislativo n.
199/2021. Sotto altro profilo, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021 si porrebbe in contrasto con i principi
generali dettati in materia dallo stesso legislatore statale, in
attuazione delle direttive europee, e in particolare con l'art. 12,
comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli
impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma
1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del
2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali
le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non
possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare
porzioni significative del territorio;
gli articoli 9 e 41 della Costituzione, anche tenuto conto di
quanto previsto dall'art. 15 della direttiva 2018/2001/UE, del
principio di proporzionalita' e dell'art. 11 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea: la scelta di introdurre un
generale e indiscriminato divieto di realizzazione degli impianti FTV
con moduli collocati a terra su aree urbanisticamente campite come
«agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la
diffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sugli
obiettivi di tutela dell'ambiente perseguiti, dando luogo a una
disciplina sproporzionata, in contrasto con il principio di
integrazione delle tutele e con la stessa tutela dei valori
ambientali.
7.1. In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina
censurata presenti profili di contrasto con l'art. 117, comma 1,
della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto «dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario» e, in particolare,
del principio di massima diffusione delle fonti di energia
rinnovabili di matrice eurounitaria.
7.2. In proposito, risulta necessario richiamare tutte le
previsioni normative vigenti nell'ordinamento giuridico eurounitario
e suscettibili di assumere rilievo nella materia oggetto della
presente controversia, da intendersi anche quale integrazione del
quadro normativo di riferimento, in uno con le previsioni nazionali
gia' richiamate in precedenza ed analizzate dal Collegio sin dalla
esposizione dei motivi di ricorso, quale condizione di ammissibilita'
della rimessione della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021.
In particolare, devono essere presi in considerazione:
l'art. 3, paragrafo 5, del TUE, a mente del quale «Nelle
relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi
valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini»,
di tal forma che, per questa via, l'Unione europea «Contribuisce
[...] allo sviluppo sostenibile della Terra»;
l'art. 6, paragrafo 1, del TUE, che precisa che «L'Unione
riconosce i diritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000,
adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore
giuridico dei trattati». Ai sensi dell'art. 37 della Carta, «Un
livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua
qualita' devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e
garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile»;
l'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
che, muovendosi nella medesima direzione gia' tracciata dal
richiamato art. 6, paragrafo 1, del TUE, sancisce che «Le esigenze
connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella
definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione,
in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo
sostenibile» (c.d. principio di integrazione);
l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, secondo il quale «La politica dell'Unione in materia
ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:
salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita'
dell'ambiente;
protezione della salute umana;
utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
promozione sul piano internazionale di misure destinate a
risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e,
in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un
elevato livello di tutela, tenendo conto della diversita' delle
situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa e' fondata sui
principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"»;
l'art. 192, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea, ai sensi del quale «Il Parlamento europeo e il
Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e
previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato
delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere
intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi dell'art. 191»;
l'art. 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, in forza del quale «Nel quadro dell'instaurazione o del
funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di
preservare e migliorare l'ambiente, la politica dell'Unione nel
settore dell'energia e' intesa, in uno spirito di solidarieta' tra
Stati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico,
l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e
rinnovabili».
7.2.1. Protezione dell'ambiente e promozione delle c.d. energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.
Come si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia
dell'Unione europea, l'uso di fonti di energia rinnovabili per la
produzione di elettricita' e' utile alla tutela dell'ambiente in
quanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto
serra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici
che l'Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a
contrastare.
L'incremento della quota di rinnovabili costituisce, in
particolare, uno degli elementi portanti del pacchetto di misure
richieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al Protocollo di
Kyoto, alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti
climatici, nonche' agli altri impegni assunti a livello comunitario e
internazionale per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto
serra. Cio', peraltro, e' funzionale anche alla tutela della salute e
della vita delle persone e degli animali, nonche' alla preservazione
dei vegetali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sentenza del 1° luglio 2014,
in causa C-573/12, Ã…lands vindkraft AB contro Energimyndigheten,
paragrafo 78 e seguenti; CGUE, sentenza del 13 marzo 2001, in causa
C-379/98, PreussenElektra AG contro Schhleswag AG, paragrafo 73 e
seguenti).
7.2.2. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha, peraltro,
precisato che l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea si limita a definire gli obiettivi generali dell'Unione in
materia ambientale, mentre l'art. 192 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea affida al Parlamento europeo e al Consiglio
dell'Unione europea il compito di decidere le azioni da avviare al
fine del raggiungimento di detti obiettivi.
Di conseguenza, l'art. 191 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea non puo' essere invocato in quanto tale dai
privati al fine di escludere l'applicazione di una normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata in
base all'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
viceversa, l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea assume rilevanza allorquando esso trovi attuazione nel
diritto derivato (cfr. CGUE, Sezione Terza, sentenza del 4 marzo
2015, in causa C;534/13, Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare et al. contro Fipa Group S.r.l. et al.,
paragrafo 39 e seguenti).
7.3. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da
fonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175 del
TCE (ora art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 e,
successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 23 aprile 2009.
In particolare, nel preambolo della direttiva 2018/2001/UE - con
la quale il legislatore sovranazionale ha proceduto alla rifusione e
alla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE
- e' stato inter alia considerato che:
«[...] (2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo 1, del Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione delle
forme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi
della politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e' perseguito
dalla presente direttiva. Il maggiore ricorso all'energia da fonti
rinnovabili o all'energia rinnovabile costituisce una parte
importante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le
emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni
dell'Unione nel quadro dell'Accordo di Parigi del 2015 sui
cambiamenti climatici, a seguito della 21ª Conferenza delle parti
della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti
climatici («Accordo di Parigi»), e il quadro per le politiche
dell'energia e del clima all'orizzonte 2030, compreso l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40 %
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...].
(3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo'
svolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la
sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione, oltre alla leadership tecnologica e
industriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita' demografica o soggetti a parziale
deindustrializzazione.
(4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i
maggiori progressi tecnologici, gli incentivi all'uso e alla
diffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo di energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del riscaldamento e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua dipendenza
energetica.
(5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo
per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili che
fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22
gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e del
clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del clima e
ha promosso un'intesa comune sulle modalita' per sviluppare dette
politiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo
dell'Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell'Unione
pari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e' stata
sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre
2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare
i propri obiettivi nazionali piu' ambiziosi, per realizzare i
contributi all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi pianificati
e andare oltre.
(6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio
2014, «Un quadro per le politiche dell'energia e del clima
all'orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti
nell'ambito delle energie rinnovabili», si e' spinto oltre la
proposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,
sottolineando che, alla luce dell'Accordo di Parigi e delle recenti
riduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile
essere molto piu' ambiziosi. [...]
(8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo
vincolante dell'Unione in relazione alla quota di energia da fonti
rinnovabili pari almeno al 32 %. Inoltre, la Commissione dovrebbe
valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce
di sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia
rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore della
decarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo
energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro
contributo al conseguimento di tale obiettivo nell'ambito dei
rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima in
applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)
2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...]
(10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati
conseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi
nazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In
nessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...].
(11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure
qualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel
regolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali
integrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure a livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo. Se, nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e
il clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale
lacuna».
7.4. Quanto affermato nei consideranda della direttiva
2018/2001/UE ha trovato poi concretizzazione normativa nelle
previsioni dell'art. 3 della direttiva, rubricato «Obiettivo
vincolante complessivo dell'Unione per il 2030».
Il legislatore unionale, infatti, ha previsto un obiettivo
vincolante complessivo dell'Unione per il 2030, stabilendo che «Gli
Stati membri provvedono collettivamente a far si' che la quota di
energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia
dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %. La Commissione valuta
tale obiettivo al fine di presentare, entro il 2023, una proposta
legislativa intesa a rialzarlo nel caso di ulteriori sostanziali
riduzioni dei costi della produzione di energia rinnovabile, se
risulta necessario per rispettare gli impegni internazionali
dell'Unione a favore della decarbonizzazione o se il rialzo e'
giustificato da un significativo calo del consumo energetico
nell'Unione», con la precisazione che «Se, sulla base della
valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione segue
la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento».
7.5. Il regolamento 2021/1119/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art. 192 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha poi istituito un
quadro per il conseguimento della neutralita' climatica, sul
presupposto che:
«(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici
richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per
il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri. L'Unione si e'
impegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti
climatici e a dare attuazione all'Accordo di Parigi adottato
nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui
cambiamenti climatici («Accordo di Parigi»), guidata dai suoi
principi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche
disponibili, nel contesto dell'obiettivo a lungo termine relativo
alla temperatura previsto dall'Accordo di Parigi. [...]
(4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale per
contribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile e al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni
unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi
l'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'Accordo di Parigi. [...]
(9) L'azione per il clima dell'Unione e degli Stati membri
mira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la
prosperita', l'economia, la salute, i sistemi alimentari,
l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro la minaccia
dei cambiamenti climatici, nel contesto dell'agenda 2030 delle
Nazioni unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli
obiettivi dell'Accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la
prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e
ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In
quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero
essere guidate dal principio di precauzione e dal principio «chi
inquina paga», istituiti dal Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza
energetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green
Deal europeo. [...]
(11) Vista l'importanza della produzione e del consumo di
energia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e'
indispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico
sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione
delle energie rinnovabili, su un mercato interno dell'energia ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel contempo la poverta' energetica. Anche la trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono
fattori importanti per conseguire l'obiettivo della neutralita'
climatica. [...]
(20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,
un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a
effetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...]
(25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone
cambiamenti nell'intero spettro delle politiche e uno sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e della societa', come
evidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle
conclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono essere coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti. [...]
(36) Al fine di garantire che l'Unione e gli Stati membri
restino sulla buona strada per conseguire l'obiettivo della
neutralita' climatica e registrino progressi nell'adattamento, e'
opportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi
compiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente
regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma
del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi
collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all'obiettivo della
neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che le
misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita'
climatica o inadeguate per migliorare la capacita' di adattamento,
rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la Commissione
dovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati
[...]».
7.5.1. Tale regolamento ha, quindi, sancito che «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050, in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell'Accordo di Parigi» (art.
1), precisando altresi' che per conseguire tale obiettivo «il
traguardo vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030
consiste in una riduzione interna netta delle emissioni di gas a
effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55
% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4).
7.5.2. Ai sensi dell'art. 5 del regolamento 2021/1119/UE «Le
istituzioni competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il
costante progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento,
nel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della
vulnerabilita' ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7
dell'Accordo di Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in
materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano
coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione».
A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano strategie e
piani nazionali di adattamento, tenendo conto della strategia
dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati
su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e di
vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli
indicatori, e basandosi sulle migliori e piu' recenti evidenze
scientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di
adattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura, e dei
sistemi idrici e alimentari nonche' della sicurezza alimentare, e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti a presentare a norma dell'art. 19, paragrafo 1, del
regolamento (UE) 2018/1999».
7.6. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l'altro,
disposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il
regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto
riguarda la promozione dell'energia da fonti rinnovabili,
evidenziando che:
«[...] (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo
fondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore
energetico contribuisce attualmente per oltre il 75 % alle emissioni
totali di gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni
di gas a effetto serra, le energie rinnovabili possono anche
contribuire ad affrontare sfide ambientali come la perdita di
biodiversita', e a ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi
della comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo
«Un percorso verso un pianeta piu' sano per tutti - Piano d'azione
dell'UE: Verso l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo».
La transizione verde verso un'economia basata sulle energie da fonti
rinnovabili contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione
(UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira
altresi' a proteggere, ripristinare e migliorare lo stato
dell'ambiente, mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione
del processo di perdita di biodiversita'. [...].
(4) Il contesto generale determinato dall'invasione
dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di
COVID-19 ha provocato un'impennata dei prezzi dell'energia
nell'intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita' di
accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso delle energie
da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a
lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,
l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione della transizione
verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle
emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili
fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e
le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia.
(5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della
Commissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del
2030. Tale comunicazione prevede l'anticipazione delle capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale
energia e capacita' supplementari di energia da fonti rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o anticipare gli obiettivi
fissati per l'aumento della quota di energia rinnovabile nel mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio, gli Stati
membri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45 % di energia da fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU.
(6) [...] E' auspicabile che gli Stati membri possano
combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e
della struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato obiettivo generale vincolante dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che
gli Stati membri decidono di perseguire. [...]
(25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu' rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili
e per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone
terrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di
apportare almeno i rispettivi contributi nazionali all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per
il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)
2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell'obiettivo della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in conformita' del
regolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero
garantire che le zone in questione riflettano le rispettive
traiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e
dovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...].
(26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme
di tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e
sottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le
energie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare
zone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di
accelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi' facendo, gli Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate
di tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001.
(27) L'uso polivalente dello spazio per la produzione di
energia rinnovabile e per altre attivita' terrestri, delle acque
interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del suolo, delle
acque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione
territoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero
esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone
individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano
coesistere. [...]
(36) In considerazione della necessita' di accelerare la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle
zone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi
progetti dovrebbero continuare a sottostare all'obbligo di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle
autorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle
autorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l'obiettivo di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili
dovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto.
7.7. La direttiva (UE) 2023/2413, per tali ragioni, ha anche
introdotto disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie
per assicurare che i contributi nazionali forniti rispettino il
perseguimento dell'obiettivo complessivo dell'Unione in relazione
alla produzione di energia rinnovabile per il 2030. Sono state,
inoltre, previste zone di accelerazione per le energie rinnovabili,
nonche' specifiche procedure amministrative per il rilascio delle
relative autorizzazioni.
7.8. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli
192 e 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
costituisce la necessaria base legislativa per una governance
dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima affidabile,
inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi, trasparente e
prevedibile che garantisca il conseguimento degli obiettivi e dei
traguardi a lungo termine fino al 2030, in linea con l'Accordo di
Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici - derivante dalla 21ª
Conferenza delle parti alla Convenzione quadro delle Nazioni unite
sui cambiamenti climatici - attraverso sforzi complementari, coerenti
e ambiziosi da parte dell'Unione e degli Stati membri, limitando la
complessita' amministrativa nella materia in questione.
7.8.1. In particolare, il legislatore unionale, nel configurare
un siffatto meccanismo, ha considerato che:
(2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:
la sicurezza energetica; il mercato interno dell'energia;
l'efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'.
(3) L'obiettivo di un'Unione dell'energia resiliente e
articolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e' di
fornire ai consumatori dell'UE - comprese famiglie e imprese -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di
promuovere la ricerca e l'innovazione attraendo investimenti; cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, in particolare promuovendo l'efficienza energetica e i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile
[...]
(7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il
40 % delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico
entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e' stato formalmente
approvato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015,
quale contributo previsto determinato a livello nazionale,
dell'Unione e dei suoi Stati membri all'Accordo di Parigi. L'Accordo
di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 ed e'
entrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l'approccio
adottato nell'ambito del Protocollo di Kyoto del 1997, che e' stato
approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio
e che non sara' prorogato dopo il 2020. E' opportuno aggiornare di
conseguenza il sistema dell'Unione per il monitoraggio e la
comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto
serra.
(8) L'Accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione
globale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto
di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad
adoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C
rispetto ai livelli preindustriali [...]
(12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il
Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di
governance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi
superflui e con una sufficiente flessibilita' per gli Stati membri
per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di
politica energetica, nel pieno rispetto della liberta' degli Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...]
(18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi del
quadro 2030 per il clima e l'energia, nei settori della riduzione
delle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia
rinnovabili e dell'efficienza energetica. Tali obiettivi derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e dalla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere considerato secondario rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia
e di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo
flessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche' tale flessibilita' sia
compatibile con l'ulteriore integrazione del mercato,
l'intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...]
(36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo
termine con una prospettiva di almeno trent'anni per contribuire al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell'UNFCCC e
all'Accordo di Parigi, nel contesto dell'obiettivo dell'Accordo di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per
limitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in tutti i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...].
(56) Se l'ambizione dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente
per il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell'Unione
dell'energia e, nel primo periodo, in particolare per il
raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile
e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a
livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di
tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di
ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali obiettivi e
traguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la
Commissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire
il raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi' eventuali
«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi' tenere
conto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il
2020 o nell'attuazione del loro contributo all'obiettivo vincolante
dell'Unione di almeno il 32 % di energia rinnovabile nel 2030. In
materia di energia rinnovabile, le misure possono includere anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un
meccanismo di finanziamento dell'energia rinnovabile nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione, offrendo cosi' agli Stati membri la possibilita' di
contribuire al conseguimento dell'obiettivo dell'Unione al minor
costo possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di
rinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero
essere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza
energetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti.
(57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di
energia rinnovabile per il 2020, di cui all'allegato I della
direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento.
(58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di
riferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento
in cui il divario in questione si e' verificato, sia ai sensi del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]».
7.8.2. Il meccanismo di governance previsto dal regolamento
2018/1999/UE, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate
con l'art. 2 della direttiva 2023/2413/UE, prevede, tra l'altro, che:
«Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla
Commissione un piano nazionale integrato per l'energia e il clima
[...]» (art. 3, paragrafo 1):
«Ciascuno Stato membro definisce nel suo Piano nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi, traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato I,
sezione A, punto 2:
a) dimensione «decarbonizzazione»: [...]
2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile:
al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota
di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1,
della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell'aumento
totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il
suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43 %
dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra
l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad
almeno il 65 % dell'aumento totale della quota di energia da fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030.
Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno il
contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro prevede
di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la
sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si aspetta di
raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri, nel loro
insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di riferimento
dell'Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all'obiettivo vincolante
dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui
all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.
Indipendentemente dal suo contributo all'obiettivo dell'Unione e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi per
finalita' di politica nazionale» (art. 4);
«Nel proprio contributo alla propria quota di energia da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene
conto degli elementi seguenti:
a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001;
b) misure adottate per conseguire il traguardo di
efficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE;
c) altre misure esistenti volte a promuovere l'energia
rinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di
Unione;
d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui
all'allegato I della direttiva (EU) 2018/2001;
e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione
dell'energia rinnovabile, quali:
i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione;
ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro
capite;
iii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili
efficace sul piano dei costi;
iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli
delle zone e regioni non interconnesse;
v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri;
vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi pregressi
[...]
2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma
dei rispettivi contributi ammonti almeno all'obiettivo vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5);
«[...] 3. Se nel settore dell'energia rinnovabile, in base
alla valutazione di cui all'art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione
conclude che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all'art. 29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di
riferimento nazionali di cui all'art. 4, lettera a), punto 2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un anno dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali:
a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione
dell'energia rinnovabile;
b) l'adeguamento della quota di energia da fonti
rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui
all'art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001;
c) l'adeguamento della quota di energia da fonti
rinnovabili nel settore dei trasporti di cui all'art. 25, paragrafo
1, della direttiva (UE) 2018/2001;
d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di
finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da
fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla
Commissione, come indicato all'art. 33;
e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla
direttiva (UE) 2018/2001 [...]» (art. 32).
7.9. Come gia' esposto in precedenza, il decreto legislativo n.
199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del
Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone
«l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del
Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti
rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di
decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa
decarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti, i meccanismi,
gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico,
necessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della
quota di energia da fonti rinnovabili al 2030, in attuazione della
direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei criteri fissati dalla
legge 22 aprile 2021, n. 53» (art. 1, commi 1 e 2).
In vista del perseguimento di tali finalita', il decreto
legislativo n. 199/2021 reca «disposizioni necessarie all'attuazione
delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito
anche: PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili,
conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima
(di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare un insieme
di misure e strumenti coordinati, gia' orientati all'aggiornamento
degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento (UE)
n. 2021/1119, con il quale si prevede, per l'Unione europea, un
obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto
serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il
2030» (art. 1, comma 3).
7.10. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza
costituzionale (cfr., ex multis, Corte costituzionale sentenze numero
121/2022, 77/2022, 106/2020, 286/2019, 69/2018, 13/2014 e 44/2011),
la normativa eurounitaria (nonche' quella nazionale) e' ispirata nel
suo insieme al principio fondamentale di massima diffusione delle
fonti di energia rinnovabili, che tra l'altro «trova attuazione nella
generale utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento di tali
impianti, con le eccezioni [...] ispirate alla tutela di altri
interessi costituzionalmente protetti» (cfr., in particolare, Corte
costituzionale, sentenza n. 13/2014).
7.11. La disciplina originariamente contenuta nell'art. 20 del
decreto legislativo n. 199/2021, relativa all'individuazione delle
aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili, non prevedeva alcun divieto generalizzato
rispetto alla realizzazione di impianti FER su terreni classificati
come agricoli dai vigenti piani urbanistici.
L'art. 20, comma 3, di tale decreto, in effetti, stabilisce che
«nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i
decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del
patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e
forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando
l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni
industriali e parcheggi, nonche' di aree a destinazione industriale,
artigianale, per servizi e logistica, e verificando l'idoneita' di
aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici
agricole non utilizzabili».
Tale disposizione, pur prendendo espressamente in considerazione
l'esigenza di approntare tutela alle aree agricole, da un lato non
pone alcuna preclusione assoluta all'installazione di impianti FER su
tale tipologia di siti e, dall'altro, stabilisce chiaramente che le
superfici agricole non utilizzabili costituiscono, tra le altre, aree
privilegiate per l'installazione degli impianti FER.
L'art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre,
prevede che «Le aree non incluse tra le aree idonee non possono
essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di
produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione
territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione
della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee».
Il successivo comma 8, poi, nell'individuare transitoriamente le
aree ritenute idonee alla installazione di impianti FER, stabilisce
quanto segue «fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c),
c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei
beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all'art.
142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, ne' ricadono nella
fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte
seconda oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo».
7.12. L'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021
ha, di contro, determinato un radicale mutamento di regime rispetto
all'assetto previgente, prevedendo che «L'installazione degli
impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone
classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita
esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli
interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale
ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non
comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia'
oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione
terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di
discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter,
numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo
non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla
costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi
dell'art. 31 del presente decreto nonche' in caso di progetti
attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di
ripresa e resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio
ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del
Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli
investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all'art. 1 del
decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni,
dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per
il conseguimento degli obiettivi del PNRR».
7.13. Pertanto, successivamente alle modifiche introdotte nel
decreto legislativo n. 199/2021 ad opera dell'art. 5, comma 1, del
decreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra possono essere realizzati soltanto:
a) nei siti ove sono gia' installati impianti della stessa
fonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento,
potenziamento o ricostruzione, senza incremento dell'area occupata;
b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o
abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di
cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita' delle
societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di
infrastrutture ferroviarie nonche' delle societa' concessionarie
autostradali;
d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita' delle
societa' di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi
aeroportuali;
e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli
stabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un
perimetro i cui punti distino non piu' di 500 metri dal medesimo
impianto o stabilimento;
f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una
distanza non superiore a 300 metri.
7.14. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza,
sulla generalita' dei terreni classificati agricoli (pari a circa la
meta' della superficie del territorio italiano) risulta preclusa la
realizzazione di qualsiasi intervento di installazione di impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra, residuando, di fatto,
unicamente la possibilita' di realizzare interventi consistenti nel
mero rifacimento/modifica/ricostruzione di impianti gia' esistenti,
sempre che cio' non comporti consumo di ulteriore terreno agricolo.
7.15. Se e' vero che il divieto introdotto dall'art. 20, comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 non riguarda i progetti
attuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, e' pur vero che
detti progetti non comprendono, ne' esauriscono, tutti quelli
necessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC, che
rappresenta lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per il
conseguimento degli obiettivi vincolanti fissati dall'Unione europea
in relazione alla quota di energia rinnovabile che deve essere
assicurata dai singoli Stati membri nel contesto dell'Unione
dell'energia.
Gia' tale circostanza evidenzia come la previsione di un divieto
di portata pari a quella stabilita dalla disposizione normativa
sospettata di incostituzionalita' rischi di mettere seriamente in
pericolo il conseguimento degli obiettivi energetici unionali.
L'applicazione di un siffatto divieto, invero, si appalesa
suscettibile di sottrarre una larga porzione del territorio agricolo
nazionale a ogni possibile utilizzo della tecnologia fotovoltaica,
senza che siano prevedibili e siano stati vagliati i potenziali
effetti sul rispetto delle traiettorie stabilite in sede unionale in
merito alla quota di energia da fonti rinnovabili che deve essere
assicurata dall'Italia.
Oltretutto, in considerazione dello stato di attuazione della
disciplina dettata dall'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n.
199/2021, nonche' degli ampi margini di flessibilita' che il decreto
ministeriale del 21 giugno 2024 lascia alle regioni per
l'individuazione delle aree non idonee, l'impatto del divieto in
questione risulta del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un
severo limite all'individuazione delle zone disponibili per
l'installazione degli impianti FER che, in base a quanto previsto
dall'art. 15-ter, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva
2018/2001/UE, devono essere commisurate «alle traiettorie stimate e
alla potenza totale installata pianificata delle tecnologie per le
energie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l'energia e il
clima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE)
2018/1999».
7.16. Peraltro, si e' gia' avuto modo di porre in evidenza che,
in forza dell'art. 32 del regolamento 2018/1999/UE, laddove la
Commissione europea ritenga che uno o piu' punti di riferimento della
traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027 non siano
stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 risultino
al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di riferimento
nazionali, saranno interessati dall'esercizio degli specifici poteri
della Commissione europea.
Tali Stati, in particolare, entro un anno dalla valutazione della
Commissione europea saranno tenuti ad adottare misure supplementari
(art. 32, paragrafo 3, del regolamento 2018/1999/UE), tra le quali e'
incluso anche il pagamento finanziario volontario al meccanismo di
finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da
fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla
Commissione.
La sottrazione indiscriminata di larga parte del territorio
nazionale all'utilizzo della tecnologia fotovoltaica con moduli
collocati a terra, laddove si risolva in un ostacolo al
raggiungimento degli obiettivi dell'Unione dell'energia, potrebbe far
sorgere in capo allo Stato italiano l'obbligo di adottare misure
supplementari, il cui impatto sulle finanze pubbliche potrebbe non
essere trascurabile.
Giova, inoltre, evidenziare che la mera adozione delle misure
supplementari richieste dalla Commissione europea potrebbe non essere
sufficiente a riallineare lo Stato italiano sulle traiettorie
unionali in tema di energia rinnovabile, come risulta dall'art. 32,
paragrafo 2, secondo capoverso, del regolamento 2018/1999/UE, a mente
del quale «Qualora le misure nazionali risultino insufficienti, la
Commissione, se opportuno, propone misure ed esercita i propri poteri
a livello unionale in aggiunta a tali raccomandazioni al fine di
assicurare, in particolare, il conseguimento del traguardo
dell'Unione al 2030 sul versante dell'energia rinnovabile».
7.17. Il divieto introdotto dall'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021, inoltre, appare porsi anche in
contrasto con un ulteriore principio di matrice unionale.
In particolare, nell'ambito del processo di individuazione delle
zone necessarie per i contributi nazionali all'obiettivo complessivo
dell'Unione al 2030 sul versante dell'energia rinnovabile, viene in
rilievo il disposto di cui all'art. 15-ter della direttiva
2018/2001/UE, a mente del quale «Gli Stati membri favoriscono l'uso
polivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti in materia
di energia rinnovabile sono compatibili con gli usi preesistenti di
tali zone» (art. 15-ter, paragrafo 3).
Come gia' rilevato in precedenza, il considerando 27 di tale
direttiva precisa che «Gli Stati membri dovrebbero esplorare,
consentire e favorire l'uso polivalente delle zone individuate a
seguito delle misure di pianificazione territoriali adottate. A tal
fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove necessario,
cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche' i diversi usi e
attivita' siano compatibili tra di loro e possano coesistere».
Il divieto introdotto dalla disposizione normativa sospettata di
incostituzionalita' nell'ambito del presente giudizio istituisce,
invece, un insanabile conflitto tra l'utilizzo della tecnologia
fotovoltaica con moduli collocati a terra e l'uso del suolo a fini
agricoli che il legislatore ha risolto in radice, vietando in maniera
generalizzata l'installazione in area agricola degli impianti FTV
caratterizzati da tale tecnologia.
7.18. Ad avviso del Collegio, il divieto in questione, nella
misura in cui e' suscettibile di ostacolare il raggiungimento degli
obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie
rinnovabili, si pone anche in posizione critica rispetto alla
strategia di adattamento ai cambiamenti climatici dell'Unione
europea.
Come precedentemente ricordato, ai sensi dell'art. 5 del
regolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell'Unione e gli
Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della
capacita' di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella
riduzione della vulnerabilita' ai cambiamenti climatici in
conformita' dell'art. 7 dell'Accordo di Parigi. Tali istituzioni,
inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in materia di
adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si
sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le
politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio
l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione».
7.18.1. In proposito, giova rilevare che la Commissione europea,
con la comunicazione COM(2021)82 final, relativa alla nuova Strategia
dell'Unione europea per l'adattamento ai cambiamenti climatici, ha
affermato che «Il Green Deal europeo, la strategia di crescita
dell'UE per un futuro sostenibile, si basa sulla consapevolezza che
la trasformazione verde e' un'opportunita' e che la mancata azione ha
un costo enorme. Con esso l'UE ha mostrato la propria leadership per
scongiurare lo scenario peggiore - impegnandosi a raggiungere la
neutralita' climatica - e prepararsi al meglio - puntando ad azioni
di adattamento piu' ambiziose che si fondano sulla strategia dell'UE
di adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede che nel
2050 l'UE sara' una societa' resiliente ai cambiamenti climatici, del
tutto adeguata agli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici.
Cio' significa che entro il 2050, anno in cui l'Unione aspira ad aver
raggiunto la neutralita' climatica, avremo rafforzato la capacita' di
adattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita' agli effetti dei
cambiamenti climatici, in linea con l'Accordo di Parigi e con la
proposta di legge europea sul clima».
Il raggiungimento dei target di potenza installata delle
tecnologie rinnovabili costituisce, all'evidenza, un elemento
centrale per conseguire nel lungo termine l'obiettivo della
neutralita' climatica, che viene posto seriamente a rischio da una
disciplina, quale quella censurata, che vieta in maniera
generalizzata sulla quasi totalita' del territorio agricolo nazionale
l'installazione di impianti FER dotati di tecnologia fotovoltaica con
pannelli collocati a terra.
7.19. Il divieto in questione, peraltro, appare anche porsi in
contrasto con il principio di integrazione sancito dall'art. 11 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dall'art. 37 della
Carta di Nizza, sulla scorta del quale «Le esigenze connesse con la
tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e
nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare
nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile».
Come noto, l'integrazione ambientale in tutti i settori politici
pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e'
funzionale a ridurre le pressioni sull'ambiente derivanti dalle
politiche e dalle attivita' di altri settori e per raggiungere gli
obiettivi ambientali e climatici.
Il divieto introdotto dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021 all'interno di un corpo normativo finalizzato
a dare attuazione, nell'ordinamento giuridico italiano, alle
previsioni della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell'uso di
energia da fonti rinnovabili, quale obiettivo della politica
energetica dell'Unione europea, appare violare l'art. 117, comma 1,
della Costituzione anche per le seguenti ragioni:
si inserisce nel complesso delle previsioni dell'art. 20 del
decreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo,
tant'e' che le relative previsioni non risultano neppure
adeguatamente coordinate con il resto dell'articolato normativo (si
consideri, ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20, nella parte
in cui prevede che con i decreti di cui al comma 1 si debba
verificare, tra l'altro, «l'idoneita' di aree non utilizzabili per
altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili»);
il divieto in parola presenta una valenza assoluta, in quanto
il legislatore non ha istituito alcuna forma di possibile
bilanciamento tra i contrastanti valori in gioco. In tal modo,
invero, e' stata sancita una insuperabile prevalenza dell'interesse
alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni classificati
come aree agricole, del tutto sganciata da una valutazione in
concreto della effettiva utilizzabilita' di tali aree a fini
agricoli. Non puo', pertanto, mancarsi di rilevare, che tale scelta
legislativa risulta innesta una contraddizione interna al medesimo
decreto legislativo n. 199/2021, appalesandosi antitetica rispetto al
perseguimento dell'obiettivo normativo per il quale lo stesso e'
stato emanato, dato dalla promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili.
Tali ulteriori considerazioni rafforzano, ad avviso del Collegio,
il sospetto di incostituzionalita' dell'art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021, avvalorando come l'introduzione del
contestato divieto si ponga in contrasto con la cornice normativa
europa in materia di Unione dell'energia.
7.20. Ad avviso del Collegio, sulla scorta delle precedenti
considerazioni, appare che la disposizione normativa sospettata di
incostituzionalita' confligga anche con il principio di
proporzionalita', che rileva non solo quale principio cardine
dell'ordinamento eurounionale, ma anche ai fini della compatibilita'
costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021 rispetto all'art. 3 della Costituzione.
In proposito, occorre innanzitutto porre in evidenza che la Corte
di giustizia dell'Unione europea ha piu' volte ribadito che «il
principio di proporzionalita' e' un principio generale del diritto
comunitario che dev'essere rispettato tanto dal legislatore
comunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (cfr.
CGUE, Sezione Quinta, sentenza dell'11 giugno 2009, in causa
C-170/08, H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur en
Voedselkwaliteit, par. 41). Il sindacato di proporzionalita'
costituisce, inoltre, un aspetto del controllo di ragionevolezza
delle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde
verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente
rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da determinare
il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e
pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.
Come la stessa Corte costituzionale ha gia' avuto modo di
precisare «Tale giudizio deve svolgersi "attraverso ponderazioni
relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore
nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze
obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire,
tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente
sussistenti" (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita'
utilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni
costituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,
ed essenziale strumento della Corte di giustizia dell'Unione europea
per il controllo giurisdizionale di legittimita' degli atti
dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se la norma
oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione
stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi
legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate,
prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e
stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di
detti obiettivi» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014).
7.20.1. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un divieto
generalizzato e sostanzialmente assoluto all'utilizzo, su un'ampia
parte del territorio nazionale, di una determinata tecnologia di
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta di
una soluzione del tutto diversa rispetto a quella adottata in
funzione di tutela di tutti gli altri valori che entrano in
bilanciamento con il principio di massima diffusione delle fonti
rinnovabili: le esigenze di tutela dell'ambiente, della
biodiversita', dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti,
attraverso l'individuazione di aree non idonee che, come in
precedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi' zone in
cui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti,
e' altamente verosimile che si approdi a un esito negativo dell'iter
di autorizzazione, relativamente alla valutazione di compatibilita'
ambientale dei progetti che interessano tali aree.
Cio', peraltro, non osta alla possibilita' di verificare, in
concreto e nell'ambito dei singoli procedimenti autorizzativi,
l'effettiva compatibilita' degli interventi proposti con gli
ulteriori e confliggenti interessi pubblici.
Di contro, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021, introduce un divieto di tale portata che risulta preclusa
in radice la possibilita', per le amministrazioni procedenti, di
operare un bilanciamento tra i contrapposti interessi in giuoco.
Infatti, risulta gia' stata affermata a monte, da parte del
legislatore, la prevalenza assoluta e incondizionata dell'interesse
alla conservazione dei suoli classificati agricoli, rispetto alla
possibile funzionalizzazione degli stessi al soddisfacimento delle
esigenze energetiche correlate con gli obiettivi assunti dall'Italia
a livello unionale.
7.21. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in disparte i gia'
evidenziati profili di contrasto con il diritto unionale, che ai
sensi dell'art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l'ambiente,
la biodiversita' e gli ecosistemi «anche nell'interesse delle future
generazioni», con cio' incorporando il principio di sviluppo
sostenibile nell'ambito dei principi fondamentali in materia di
tutela ambientale.
Il divieto introdotto con l'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021, invero, comporta l'incondizionato sacrificio
di tale principio, ponendosi cosi' in possibile contrasto con l'art.
9 della Costituzione e con la consolidata giurisprudenza
costituzionale in base alla quale «Tutti i diritti fondamentali
tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione
reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di essi che
abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere
sempre "sistemica e non frazionata in una serie di norme non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro" (sentenza n. 264 del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione
di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno" nei confronti delle
altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni
democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza
pretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non prefissato in anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di
proporzionalita' e di ragionevolezza, tali da non consentire un
sacrificio del loro nucleo essenziale» (cfr. Corte costituzionale,
sentenza n. 85/2013).
7.22. Sotto un differente profilo, vale evidenziare che il
contestato divieto trova applicazione a partire dalla mera
classificazione di un'area come agricola in base ai piani
urbanistici, senza che alcuna rilevanza possa a tal fine assumere il
suo utilizzo, concreto o potenziale, a fini agricoli.
Anche per tale ragione la disposizione normativa in questione
sembra caratterizzata da irragionevolezza e non proporzionalita',
atteso che la dichiarata finalita' di contrastare il consumo di suolo
agricolo non e' riscontrabile (o quantomeno non nei termini
incondizionati e assoluti previsti da tale norma) in relazione alle
superfici agricole non utilizzabili o degradate.
Manca, inoltre, qualsivoglia considerazione della qualita' e
dell'importanza delle colture eventualmente praticate sui suoli
interdetti all'installazione degli impianti FTV con moduli collocati
a terra.
7.23. Vale, poi, richiamare quanto previsto nelle Linee guida di
cui al decreto ministeriale del 10 settembre 2010, in base alle
quali:
le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici
non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei;
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo'
riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente
soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico, ne' tradursi nell'identificazione di fasce di
rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate
esigenze di tutela. La tutela di tali interessi e' infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate
nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle
regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all'uopo
preposte, che sono tenute a garantirla all'interno del procedimento
unico e della procedura di valutazione dell'impatto ambientale nei
casi previsti;
le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non
idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree
particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni
territoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da
produzioni agricolo-alimentari di qualita' (produzioni biologiche,
produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni
tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto
paesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste
dalla programmazione regionale, caratterizzate da un'elevata
capacita' d'uso del suolo.
7.24. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme
alle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri
dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui
non puo' essere sviluppata l'energia rinnovabile («zone di
esclusione»). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e
trasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle
restrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone
dell'aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere
basate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo
perseguito massimizzando la disponibilita' di spazio per lo sviluppo
dei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli
di pianificazione territoriale» (cfr. la Raccomandazione (UE)
2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull'accelerazione
delle procedure autorizzative per l'energia da fonti rinnovabili e i
progetti infrastrutturali correlati).
La disciplina posta, in primis, dall'art. 5 del decreto-legge n.
63/2024 e poi confluita nel contestato art. 20, comma 1-bis, del
decreto legislativo n. 199/2021 si traduce, invece, nell'esatto
opposto, ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, che
non risulta fondato su dati concreti e che appare porsi in patente
contrasto con l'obietto di massimizzazione della disponibilita' di
spazio per lo sviluppo dei progetti correlati con la produzione di
energia da fonte rinnovabile.
V. Le questioni di costituzionalita' da sottoporre alla Corte
costituzionale.
8. Il Collegio, sulla scorta di tutte le considerazioni sino ad
ora esposte, ritiene che siano rilevanti e non manifestamente
infondate le questioni di legittimita' costituzionale prospettate nel
presente giudizio in relazione all'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art. 5, comma 1, del
decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 101/2024.
Il Collegio, in particolare, sospetta che tale disposizione
normativa si ponga in contrasto con il dettato costituzionale, per
aver introdotto un divieto all'installazione in area agricola di
impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra che appare
contrario agli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della Costituzione,
anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE)
2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla
direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119.
8.1. Le sollevate questioni di costituzionalita' vanno del pari
riferite all'art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo
25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi
amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili»,
laddove prevede che «Gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, sono
considerati di pubblica utilita', indifferibili e urgenti e possono
essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani
urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma
1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199».
Tale disposizione normativa, infatti, riproduce il divieto
sancito dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021.
VI. Conclusioni.
9. In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni:
il primo motivo di ricorso deve essere respinto, stante la
sua infondatezza;
la questione di legittimita' costituzionale prospettata con
il secondo motivo di ricorso in relazione all'art. 77, comma 2, della
Costituzione deve essere dichiarata manifestamente infondata;
risultano, invece, rilevanti e non manifestamente infondate
le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art.
5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli
3, 9, 11 e117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai
principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento
(UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,
nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119.
9.1. Ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, il presente giudizio e' sospeso fino alla definizione
dell'incidente di costituzionalita'.
9.2. Ai sensi dell'art. 23, commi 4 e 5, della legge 11 marzo
1953, n. 87, la presente sentenza sara' comunicata alle parti
costituite, notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata anche al Presidente del Senato della Repubblica e al
Presidente della Camera dei deputati.
9.3. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine
alle spese resta riservata alla decisione definitiva del presente
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione
Terza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, cosi' dispone:
a) lo rigetta, nei sensi di cui in motivazione, in relazione
al primo motivo di ricorso;
b) dichiara manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art. 5, comma 1, del
decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 101/2024, per violazione dell'art. 77 della Costituzione;
c) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei
termini espressi in motivazione, le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.
199/2021, nonche' dell'art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto
legislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e
117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi
espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE)
2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche'
dal regolamento (UE) 2021/1119;
d) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti
alla definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
e) dispone la comunicazione della presente sentenza alle
parti in causa, nonche' la sua notificazione al Presidente del
Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e
al Presidente della Camera dei deputati;
f) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio
incidentale promosso con la presente sentenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita'
amministrativa.
Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5
febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente;
Luca Biffaro, referendario, estensore;
Marco Savi, referendario.
Il Presidente: Stanizzi
L'estensore: Biffaro