Reg. ord. n. 150 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio  del 13/05/2025

Tra: Erg Solar Holding srl  C/ Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed altri 1



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea e con la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici nonché con l’obiettivo complessivo dell’Unione europea al 2030 – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Divieto di valenza assoluta non avendo il legislatore istituito alcun possibile bilanciamento tra i contrastanti interessi in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, sganciata da una valutazione concreta dell’effettiva utilizzabilità di tali aree a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Contrasto con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 08/11/2021  Num. 199  Art. 20  Co. 1

decreto-legge  del 15/05/2024  Num. 63  Art. 5  Co. 1

legge  del 12/07/2024  Num. 101

decreto legislativo  del 25/11/2024  Num. 190  Art. 2  Co. 2



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

direttiva UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025

Ordinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Erg Solar Holding s.r.l.  contro
il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri. 
 
Energia - Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al
  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a
  limitare l'uso del suolo agricolo - Previsione che  l'installazione
  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone
  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e'  consentita
  esclusivamente nelle aree di cui  alle  lettere  a),  limitatamente
  agli  interventi  per  modifica,   rifacimento,   potenziamento   o
  integrale  ricostruzione  degli   impianti   gia'   installati,   a
  condizione che non comportino incremento  dell'area  occupata,  c),
  incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle  con
  piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le
  discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,
  c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8  dell'art.
  20 del d.lgs. n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del
  comma 1-bis dell'art. 20 di tale decreto legislativo non si applica
  nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli
  collocati a terra finalizzati alla costituzione  di  una  comunita'
  energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del  predetto  decreto
  nonche' in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure  di
  investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza  (PNRR)  e
  del Piano nazionale per  gli  investimenti  complementari  al  PNRR
  (PNC) ovvero di  progetti  necessari  per  il  conseguimento  degli
  obiettivi del PNRR - Disciplina dei regimi  amministrativi  per  la
  produzione di energia da fonti rinnovabili  -  Previsione  che  gli
  interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto  legislativo  n.
  190 del 2024 sono considerati di pubblica utilita', indifferibili e
  urgenti  e  possono  essere  ubicati  anche  in  zone  classificate
  agricole dai vigenti piani  urbanistici,  nel  rispetto  di  quanto
  previsto all'art. 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021. 
- Decreto legislativo 8  novembre  2021,  n.  199  (Attuazione  della
  direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,
  dell'11 dicembre 2018 , sulla promozione dell'uso  dell'energia  da
  fonti rinnovabili), art. 20, comma 1-bis, come introdotto dall'art.
  5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n.  63  (Disposizioni
  urgenti per le imprese agricole, della pesca  e  dell'acquacoltura,
  nonche'  per  le  imprese  di  interesse   strategico   nazionale),
  convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n.  101;
  decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi
  amministrativi per la produzione di energia da  fonti  rinnovabili,
  in attuazione dell'articolo 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della
  legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo. 


(GU n. 36 del 03-09-2025)

 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                            Sezione Terza 
 
    Ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 10379 del  2024,  proposto  da  Erg  Solar  Holding
S.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comande', Enzo  Puccio  e
Serena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da  registri  di
giustizia e domicilio eletto presso  lo  studio  dell'avvocato  Carlo
Comande' in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 326; 
    Contro Ministero  dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica,
Ministero  della  cultura   e   Ministero   dell'agricoltura,   della
sovranita' alimentare e delle  foreste,  in  persona  dei  rispettivi
legali   rappresentanti   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,
via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti della Regione Puglia, non costituita in giudizio; 
    Per l'annullamento: 
        degli articoli 1, 3 e 7 del decreto  ministeriale  21  giugno
2024 recante «Disciplina per l'individuazione  di  superfici  e  aree
idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili»  adottato
dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica di  concerto
con il Ministero della cultura e il Ministero dell'agricoltura, della
sovranita' alimentare e delle foreste  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153  del  2
luglio 2024, nonche' i relativi allegati; 
        di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'ambiente e  della  sicurezza  energetica,  del  Ministero  della
cultura e del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare
e delle foreste; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  5  febbraio  2025  il
dott. Luca Biffaro e uditi per le parti i difensori come  specificato
nel verbale; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1.) La ricorrente  ERG  Solar  Holding  S.r.l.  e'  parte  di  un
primario  gruppo  industriale  attivo  nella  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili (eolica e solare). 
    La societa' ricorrente ha esposto  di  aver  gia'  realizzato  ed
esercito, nonche' di essere in procinto  di  realizzare  e  di  avere
intenzione di  realizzare  ed  esercire  anche  in  futuro,  impianti
fotovoltaici  a  terra  per  la  produzione  di   energia   elettrica
(«Impianti FTV»). 
    1.1.) La societa' ricorrente ha, inoltre,  esposto  di  avere  in
corso alcune iniziative per le quali avrebbe ottenuto la soluzione di
connessione alla rete di trasmissione nazionale da parte del  gestore
ed avrebbe stipulato contratti idonei ad acquisire la  disponibilita'
giuridica  delle  aree  dove  sviluppare  i  progetti  relativi  agli
impianti  FTV,  pur  non  avendo  ancora  avviato  il  relativo  iter
amministrativo di autorizzazione. 
    1.2.)  Secondo  quanto  riferito   dalla   societa'   ricorrente,
l'iniziativa riguarderebbe un progetto da  realizzare  nella  Regione
Puglia, precisamente in Ascoli Satriano, e relativo  ad  un  impianto
FTV della potenza di 11,00 Mw. 
    Detto progetto, in particolare, dovrebbe  collocarsi  in  un'area
con  destinazione  urbanistica  agricola   e,   per   tale   ragione,
risulterebbe direttamente inciso  da  quanto  previsto  dall'art.  1,
comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, che
stabilisce che «In esito al processo definitorio di cui  al  presente
decreto, le regioni, garantendo l'opportuno coinvolgimento degli enti
locali, individuano sul rispettivo territorio: [...] d) aree  in  cui
e'  vietata  l'installazione  di  impianti  fotovoltaici  con  moduli
collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il  divieto  di
installazione di impianti fotovoltaici con moduli a  tessa  ai  sensi
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8  novembre  2021,
n. 199». 
    1.3.) La societa'  ricorrente  ha  altresi'  evidenziato  che  il
divieto di realizzazione di impianti FTV in area  agricola  e'  stato
introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n.
63, recante «Disposizioni urgenti  per  le  imprese  agricole,  della
pesca e  dell'acquacoltura,  nonche'  per  le  imprese  di  interesse
strategico nazionale», convertito con modificazioni  dalla  legge  12
luglio  2024,  n.  101  («decreto-legge  agricoltura»),  mediante  la
previsione del comma 1-bis dell'art. 20  del  decreto  legislativo  8
novembre 2021, n.  199,  recante  «Attuazione  della  direttiva  (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  dell'11  dicembre
2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili». 
    In particolare, l'art. 20, comma 1-bis, del  decreto  legislativo
n. 199/2021,  oltre  a  introdurre  il  suddetto  divieto,  ha  anche
previsto alcune esclusioni per progetti ubicati  in  siti  specifici,
nelle quali, tuttavia,  non  rientra  il  progetto  che  la  societa'
ricorrente avrebbe intenzione di realizzare. 
    Il progetto in questione, peraltro, neppure potrebbe godere della
salvaguardia prevista dal regime transitorio di cui all'art. 5, comma
2, del decreto-legge agricoltura,  essendo  quest'ultimo  applicabile
unicamente «ai progetti per i quali, alla data di entrata  in  vigore
del presente decreto, sia stata avviata almeno  una  delle  procedure
amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie
all'ottenimento dei titoli per la  costruzione  e  l'esercizio  degli
impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato  rilasciato
almeno uno dei titoli medesimi». 
    1.4.) Secondo la prospettazione  della  societa'  ricorrente,  il
divieto  di  installazione  di  impianti  FTV  in  area  agricola  si
estenderebbe a tutti i progetti fotovoltaici attualmente in esercizio
in aree  di  tal  guisa,  nella  misura  in  cui  alle  societa'  che
esercitano gli impianti sarebbe interdetta la possibilita' di un loro
ampliamento  territoriale,  con  totale   ribaltamento   del   regime
normativo rispetto a quello  delineato  dal  decreto  legislativo  n.
199/2021  prima  delle  modifiche  introdotte  con  il  decreto-legge
agricoltura. 
    In particolare, erano state classificate come  «aree  idonee»  le
aree agricole racchiuse in un perimetro i cui punti di ampiezza  pari
a un massimo di cinquecento metri, con conseguente  applicazione  del
regime  autorizzativo  semplificato  a  mente  di   quanto   previsto
dall'art. 22 del medesimo decreto legislativo n. 199/2021. 
    2.) La societa' ricorrente, con la proposizione  del  ricorso  in
esame  affidato  a  quattro  differenti  motivi,  ha   impugnato   in
principalita' l'art. 1 del decreto ministeriale del 21  giugno  2024,
lamentandone l'illegittimita' per violazione di legge ed  eccesso  di
potere, e ne ha chiesto l'annullamento. 
    In via subordinata, e' stata  poi  prospettata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021 per violazione  degli  articoli  9,  41,  77,
comma 2, e 117, commi 1 e 3, della Costituzione. 
    2.1.) Con il primo motivo  di  ricorso  e'  stata  contestata  la
legittimita'  dell'art.  1,  comma  2,  lettera   d),   del   decreto
ministeriale del 21 giugno 2024 per «Violazione e falsa  applicazione
dell'art. 20, commi 1 e 2, del  decreto  legislativo  n.  199/2021  -
Violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma  7,  del  decreto
legislativo n. 387/2003 - Violazione e falsa applicazione delle Linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico  del
10 settembre 2010 - Violazione della delega -  Eccesso  di  potere  -
Manifesta irragionevolezza - Violazione della  direttiva  2009/28/CE,
della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE». 
    In particolare, con tale mezzo  di  gravame  e'  stata  lamentata
l'illegittimita' dell'art.  1,  comma  2,  lettera  d),  del  gravato
decreto ministeriale  per  violazione  dell'art.  20,  comma  1,  del
decreto legislativo n. 199/2021, sull'assunto che  tale  disposizione
normativa   abbia   attribuito    all'amministrazione    ministeriale
unicamente il compito di stabilire principi e  criteri  omogenei  per
l'individuazione  delle  superfici  e  aree  idonee  e   non   idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili  («impianti  FER»),
aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata  come
necessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree  idonee  di
cui all'art.  20,  comma  8,  del  medesimo  decreto  legislativo  n.
199/2021. 
    Nessuna  delega,   per   converso,   sarebbe   stata   attribuita
all'amministrazione ministeriale ai fini della individuazione di aree
completamente interdette all'installazione di impianti FTV. 
    Secondo la prospettazione della societa' ricorrente,  il  decreto
ministeriale del 21 giugno  2024,  quale  espressione  dell'esercizio
della delega legislativa di cui all'art. 20, commi 1 e 4, del decreto
legislativo n. 199/2021, non avrebbe potuto  essere  utilizzato  come
veicolo giuridico per dare attuazione anche all'art. 20, comma 1-bis,
del decreto legislativo n. 199/2021, indicando le aree nelle quali e'
vietata l'installazione di impianti FTV. 
    La societa' ricorrente, con un distinto profilo  di  censura,  ha
poi contestato la legittimita' della gravata disposizione del decreto
ministeriale impugnato per contrasto con  l'art.  12,  comma  7,  del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, ai sensi del quale «Gli
impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma
1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici». 
    Detta previsione  normativa,  che  costituisce  attuazione  degli
obblighi discendenti dalla direttiva 2001/77/CE (integrandola  con  i
principi di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione in  materia
di «produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»),
prevede  una  ammissibilita'  generalizzata  per  l'installazione  di
impianti FER in area  agricola,  fatte  salve  eventuali  limitazioni
ponderate caso per caso al  ricorrere  delle  condizioni  di  cui  al
secondo periodo del comma 7. 
    Di contro, quanto previsto dall'art. 1, comma 2, lettera d),  del
decreto  ministeriale  del  21  giugno  2024  non  troverebbe   alcun
fondamento nella direttiva  2018/2001/UE,  ne'  nei  criteri  fissati
dalla legge delega (legge 22 aprile 2021, n. 53). 
    Pertanto, nel caso in cui la suddetta gravata previsione non  sia
suscettibile di essere interpretata  nel  senso  che  il  divieto  di
installazione di impianti FTV in  area  agricola  trovi  applicazione
solo nei limiti fissati dal secondo periodo del comma 7, dell'art. 12
del  decreto  legislativo  n.  387/2003,   la   stessa   risulterebbe
illegittima  per  violazione  dell'art.  117,  commi  1  e  3,  della
Costituzione, in relazione,  rispettivamente,  ai  vincoli  derivanti
dalla direttiva 2018/2001/UE e alle previsioni dello stesso  art.  12
del decreto legislativo n. 387/2003. 
    2.2.) La societa' ricorrente, con il secondo motivo  di  ricorso,
ha prospettato la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 -  nella  misura
in cui non sia possibile accedere a  una  lettura  costituzionalmente
orientata di tale previsione normativa  -  per  «violazione  e  falsa
applicazione dell'art. 77, comma secondo, della Costituzione». 
    Secondo la tesi della societa'  ricorrente,  dalla  disamina  del
«Preambolo»  al  decreto-legge   agricoltura   si   evincerebbe   che
l'iniziativa governativa da cui  ha  preso  le  mosse  l'approvazione
dell'art. 5, comma 1, del menzionato decreto-legge - che, come visto,
ha introdotto il contestato comma  1-bis  dell'art.  20  del  decreto
legislativo n. 199/2021 - e' stata motivata in ragione della ritenuta
straordinaria necessita' e urgenza di  contrastare  il  fenomeno  del
consumo del suolo a vocazione agricola. 
    Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe  sussistente,  in  quanto
nel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e' pari a
16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata  (SAU)
e' pari a 12,5 milioni di ettari; peraltro, 4 milioni  di  ettari  di
terreni agricoli risulterebbero attualmente abbandonati. 
    La  societa'  ricorrente  ha   anche   asserito   che   al   2023
risulterebbero installati impianti pari a una potenza di 30,3 GW,  di
cui, secondo i dati del GSE, 9,2 GW sarebbero imputabili  a  impianti
FTV a terra che utilizzano 16.400 ettari di terreno, equivalenti solo
allo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU. 
    A detta della societa' ricorrente, l'installazione degli 84 GW di
cui al Piano elettrico 2030/REPowerEU  richiederebbe  fino  a  70.000
ettari di terreno - considerando l'ipotesi piu' estensiva secondo cui
l'intero obiettivo fosse perseguito mediante  l'utilizzo  della  sola
tecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici  collocati  a  terra  e
senza considerare la quota installabile su edifici - equivalenti allo
0,2% del territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. 
    Si tratterebbe,  quindi,  di  una  porzione  marginale  di  suoli
agricoli anche se paragonata  ai  4  milioni  di  ettari  di  terreni
agricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari di SAU. 
    La societa' ricorrente, quindi, ha posto in rilievo come il  dato
fattuale  posto  dal  Governo  a  fondamento  dell'introduzione   del
contestato  divieto  di  installazione  di  impianti  FER,  ossia  il
depauperamento dei suoli agricoli, sia in realta' carente, stante  la
incidenza minimale dei suoli agricoli destinabili alla  installazione
dei moduli fotovoltaici a  terra  rispetto  alla  SAT  (ma  anche  in
relazione alla minor quota di suoli agricoli abbandonati), nonche' in
ragione del fatto che il perseguimento degli obiettivi  europei  deve
avvenire mediante una  combinazione  di  soluzioni  tecnologiche  che
utilizzino anche immobili o infrastrutture  gia'  esistenti,  con  la
conseguenza che solo una quota parte dei  suoli  agricoli  risultera'
interessata dalla installazione di impianti FER. 
    Infine, secondo quanto riferito dalla  societa'  ricorrente  alla
luce  dei  dati  riportati  nel   motivo   di   gravame   in   esame,
l'illegittimita'  costituzionale  del  divieto  introdotto   con   il
decreto-legge agricoltura e poi traslato nel decreto  legislativo  n.
199/2021, risiederebbe nella carenza, ab origine,  dei  requisiti  di
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77 della Costituzione per il
legittimo  ricorso  allo  strumento  eccezionale  della  decretazione
d'urgenza. 
    2.3.)  Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  e'  stata   lamentata
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  20,  comma  1-bis,   del
decreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa  applicazione
degli articoli 117, commi  primo  e  terzo,  della  Costituzione,  in
relazione,  rispettivamente,  alla  direttiva  (UE)   2018/2001   del
Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell'11  dicembre  2018,  sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e  all'art.  12
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387  (attuazione  della
direttiva 2001/77/CE)». 
    La disposizione normativa contestata, nell'introdurre un  divieto
generalizzato di installazione  di  nuovi  impianti  FTV  con  moduli
collocati a terra e il divieto di aumentare  l'estensione  di  quelli
esistenti nelle aree classificate come agricole dai piani urbanistici
- tale in quanto non vengono previste distinzioni in  funzione  delle
differenti tecnologie utilizzabili e dell'effettivo pregio agricolo o
paesaggistico e ambientale dei siti da assoggettare a  divieto  -  si
porrebbe   innanzitutto   in   contrasto   con   il   parametro    di
costituzionalita' dell'art. 117, comma 1, della Costituzione. 
    Secondo la prospettazione della societa' ricorrente,  l'art.  20,
comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 contrasterebbe con i
vincoli derivanti dall'ordinamento europeo  e,  in  particolare,  con
l'obiettivo di garantire la massima diffusione  degli  impianti  FER,
perseguito dalla direttiva 2009/28/CE,  dalla  direttiva  2001/77/CE,
nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione  della  quale  e'
stato emanato il medesimo decreto legislativo n. 199/2021. 
    Sotto  altro  profilo,  l'art.  20,  comma  1-bis,  del   decreto
legislativo n. 199/2021 si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi
fondamentali  dettati   dal   legislatore   statale   nella   materia
concorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia». 
    In   particolare,   la   disposizione   normativa   tacciata   di
incostituzionalita' si porrebbe  in  contrasto  con  quanto  previsto
dall'art. 12, comma 7, del decreto  legislativo  n.  387/2003  -  che
costituisce attuazione dei principi statali e eurounitari  (direttiva
2001/77/CE) nella richiamata materia concorrente di cui all'art. 117,
comma 3, della Costituzione - ai sensi del  quale  «Gli  impianti  di
produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1,  lettere
b) e c), possono essere ubicati anche in zone  classificate  agricole
dai vigenti piani urbanistici». 
    A fronte della presenza,  all'interno  dell'ordinamento,  di  una
siffatta  previsione  normativa,   l'introduzione   di   un   divieto
generalizzato di installazione  di  impianti  FTV  in  area  agricola
risulterebbe porti in  patente  contrasto  con  i  principi  statuali
rettori della materia. 
    La sussistenza di un siffatto contrasto,  peraltro,  risulterebbe
vieppiu' evidente considerando  quanto  previsto  dalle  linee  guida
nazionali di cui  al  decreto  ministeriale  del  10  settembre  2010
(«Linee guida») - introdotte in attuazione del  citato  art.  12  del
decreto legislativo n. 387/2003 e  considerate  dalla  giurisprudenza
costituzionale quali principi fondamentali della materia  legislativa
concorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia» - secondo le quali (allegato 3) «ai sensi dell'art. 12,
comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani  urbanistici
non possono essere genericamente considerate aree e siti non  idonei»
e «l'individuazione delle  aree  e  dei  siti  non  idonei  non  puo'
riguardare porzioni significative del territorio [...]». 
    La circostanza per  cui  l'art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto
legislativo  n.  199/2021  sia  contenuto  in  un   corpo   normativo
dichiaratamente attuativo della direttiva 2018/2001/UE non e' di  per
se' sufficiente a dissipare i  dubbi  di  costituzionalita'  di  tale
disposizione, in quanto la stessa  non  trova  fondamento  ne'  nella
direttiva oggetto di trasposizione, ne'  men  che  meno  nella  legge
delega n. 53/2021. 
    2.4.)  Con  il  quarto  motivo  di  ricorso  e'  stata  lamentata
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  20,  comma  1-bis,   del
decreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa  applicazione
dell'art. 9 della  Costituzione -  Violazione  e  falsa  applicazione
dell'art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo  e
del  Consiglio  dell'11  dicembre  2018,  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili  -  Violazione  del  principio  di
proporzionalita'  -  Violazione  dell'art.  11   del   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea -  Violazione  dell'art.  41  della
Costituzione». 
    Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, la scelta di
introdurre  un  generale  e  indiscriminato  divieto  di   realizzare
impianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come
«agricole»  risulterebbe  sproporzionata  e  tale  da  rallentare  la
diffusione  delle  fonti  rinnovabili  in  modo   da   incidere   sul
perseguimento degli obiettivi di tutela dell'ambiente. 
    Sul  punto,  infatti,  giova  evidenziare  che  l'art.  15  della
direttiva 2018/2001/UE prevede che  «Gli  Stati  membri  prendono  in
particolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme  in
materia di autorizzazione, certificazione e  concessione  di  licenze
siano oggettive, trasparenti e proporzionate [...]». 
    L'art. 20, comma 1-bis,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021,
invero, sarebbe tutt'altro che una forma di esercizio «proporzionato»
della  potesta'  legislativa  ratione  materiae.   Detta   previsione
normativa, inoltre, violerebbe il  principio  di  integrazione  delle
tutele -  riconosciuto,  sia  a  livello  europeo  dall'art.  11  del
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  sia  a   livello
nazionale dall'art. 3-quater del decreto legislativo 3  aprile  2006,
n. 152 (sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) -
in virtu' del quale le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere
integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre  pertinenti
politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo
sostenibile. 
    Se il principio di proporzionalita' rappresenta il criterio  alla
stregua del quale mediare e comporre il potenziale  conflitto  tra  i
due valori costituzionali  all'interno  di  un  quadro  argomentativo
razionale, il principio di integrazione costituisce la  direttiva  di
metodo.  La  tutela  dell'ambiente  e  quella  del  paesaggio  (nello
specifico dell'ambiente  e  del  contesto  agricolo)  non  potrebbero
essere considerate alla stregua di valori contrapposti rispetto  alla
diffusione delle fonti rinnovabili, sia sotto il profilo della tutela
dell'ambiente,  sia  sotto  quello   della   tutela   dell'iniziativa
economica privata. 
    Oltretutto, a fronte del fatto che l'art.  9  della  Costituzione
dispone che la tutela dei valori ambientali  deve  essere  perseguita
«anche nell'interesse delle future  generazioni»,  l'art.  20,  comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 muoverebbe dall'assunto di
un aprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole  e
l'autorizzazione di impianti per la produzione  di  energia  mediante
collocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se  le  descritte
finalita' di tutela non  fossero  tra  loro  contemperabili  mediante
l'introduzione di parametri di valutazione idonei a  stabilire,  caso
per caso, quando e dove  consentire  o  meno  la  collocazione  degli
impianti FTV in area agricola. 
    3.) Le amministrazioni intimate si sono costituite in  resistenza
nel presente giudizio e, con memoria depositata in  data  19  ottobre
2024, hanno eccepito l'infondatezza del gravame. 
    In  particolare,  secondo  la  prospettazione   difensiva   delle
amministrazioni ministeriali, il perimetro della  delega  legislativa
in favore dell'amministrazione  ministeriale,  per  come  individuato
dall'art. 20, commi 1 e 5, del decreto legislativo n. 199/2021 -  nel
quale rientra la individuazione di principi e  criteri  omogenei  per
l'individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee
all'installazione degli impianti FER, nel rispetto dei principi della
minimizzazione  degli  impatti  sull'ambiente,  sul  territorio,  sul
patrimonio culturale e sul paesaggio - giustificherebbe il  richiamo,
all'interno del  decreto  ministeriale  del  21  giugno  2024,  della
disposizione di cui all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo
n.  199/2021,  in  quanto  funzionale  a  completare  la  cornice  di
riferimento della disciplina per la individuazione delle  aree  nelle
quali e' possibile installare  gli  impianti  FER,  in  un'ottica  di
riordino, semplificazione e coordinamento  degli  atti  normativi  di
riferimento. 
    Le amministrazioni resistenti, inoltre, hanno  posto  in  rilievo
che il decreto ministeriale del  21  giugno  2024  non  costituirebbe
strumento di «attuazione» dell'art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021, in quanto tale disposizione normativa  -  di
rango primario e  introdotta  con  legge  ordinaria,  benche'  in  un
momento  successivo  rispetto  al  testo   originario   del   decreto
legislativo n. 199/2021 - spiegherebbe i propri  effetti  all'interno
del medesimo decreto legislativo n. 199/2021. 
    Per tali ragioni, quindi, la sospensione del decreto ministeriale
del 21 giugno  2024  non  produrrebbe  alcun  effetto  utile  per  la
societa' ricorrente, atteso che le regioni  sono  comunque  tenute  a
legiferare all'interno del quadro normativo delineato dalla normativa
primaria, venendo in rilievo una materia  di  competenza  legislativa
concorrente,  quale  la  «produzione,   trasporto   e   distribuzione
nazionale  dell'energia»,  di  cui  all'art.  117,  comma  3,   della
Costituzione. 
    D'altronde, il rimando operato nel gravato decreto  ministeriale,
lungi dal volere  introdurre  un  divieto  generalizzato  di  portata
innovativa, troverebbe ragione in  forza  della  ratio  del  medesimo
provvedimento impugnato, teso tra l'altro a  fornire  agli  operatori
del  settore  chiare  indicazioni  sulla  individuazione  sia   delle
superfici e aree ove poter ubicare i progetti di impianti FER, sia di
quelle in cui cio' risulta precluso. 
    Oltretutto, atteso che  la  normativa  regionale  avrebbe  dovuto
essere adottata in un termine stringente  previsto  dalla  legge,  la
modifica  del  decreto  legislativo  n.   199/2021   ad   opera   del
decreto-legge  agricoltura  rivestiva  sicuramente  un  carattere  di
assoluta urgenza. 
    Secondo  la  prospettazione   difensiva   delle   amministrazioni
resistenti, la disciplina complessiva sulla individuazione delle aree
e superfici inerenti agli impianti FER denota un assoluto  favor  per
lo sviluppo di detti impianti, cosi' come l'assegnazione alle regioni
di quote vincolanti di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili
renderebbe  palese  l'infondatezza  delle  censure  ricorsuali,   non
potendo  essere  predicato  alcun   contrasto   con   la   disciplina
sovranazionale in relazione alla massima  diffusione  degli  impianti
FER. 
    Peraltro, la disciplina dettata dal decreto ministeriale  del  21
giugno 2024 e' stata approvata previa intesa in  sede  di  Conferenza
unificata, frutto di un lungo iter segnato da plurimi  confronti  con
gli   enti   locali   e   i    Ministeri    concertanti    (Ministero
dell'agricoltura, della  sovranita'  alimentare  e  delle  foreste  e
Ministero della cultura),  indice  di  garanzia  della  necessaria  e
ponderata valutazione dei differenti interessi attribuiti  alla  cura
delle amministrazioni coinvolte, nonche' del rispetto dei principi di
derivazione eurounitaria applicabili ratione materiae. 
    4.) La societa' ricorrente, con memoria  depositata  in  data  30
dicembre 2024, ha specificato  le  proprie  doglianze,  controdedotto
alle difese articolate dalle amministrazioni resistenti  e  insistito
per l'accoglimento del ricorso. 
    5.) All'udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la  causa  e'  stata
discussa. 
    Il Collegio, nel corso della  discussione,  ha  prospettato  alle
parti, ai sensi dell'art. 73, comma  3,  c.p.a.,  la  sussistenza  di
possibili  profili  di  inammissibilita'  del  ricorso  per   carenza
d'interesse, anche relativamente alle censure inerenti al  contestato
divieto di installazione di impianti FER in  area  agricola,  laddove
non risultasse comprovato che i progetti insistono su aree aventi una
effettiva destinazione agricola, e cio' e' stato fatto  constare  nel
verbale d'udienza. 
    All'esito della discussione, la  causa  e'  stata  trattenuta  in
decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Il Collegio, in via preliminare, ritiene di poter  superare  i
rilievi d'ufficio con i quali, all'udienza pubblica  del  5  febbraio
2025, era stata prospettata l'inammissibilita' del  presente  gravame
per carenza di interesse. 
    Infatti, dalla documentazione  versata  in  atti  dalla  societa'
ricorrente  -  e  segnatamente,  dal  certificato   di   destinazione
urbanistica n. 159/2024, rilasciato dal  Comune  di  Ascoli  Satriano
(cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente) - risulta  che  le
aree interessate dal  progetto  inerente  alla  realizzazione  di  un
impianto FTV nel territorio della Regione Puglia ricadono nella  zona
E del Piano urbanistico  generale  del  Comune  di  Ascoli  Satriano,
classificata  come  «Zona  per  attivita'  agricole»  e  nella  quale
risultano ammesse anche attivita' produttive quali,  inter  alia,  il
trasporto di energia. 
    1.1. Atteso che le censure articolate con  il  ricorso  in  esame
appuntano  sulla  illegittimita'  dell'introduzione  di  un   divieto
generalizzato alla realizzazione di impianti FTV in aree classificate
agricole  dai  piani  urbanistici  vigenti,  la  societa'  ricorrente
risulta, gia' in base a una  valutazione  prognostica,  negativamente
incisa, in via diretta e immediata,  dalla  previsione  dell'art.  1,
comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, con
la quale e' stata data  attuazione  all'art.  20,  comma  1-bis,  del
decreto legislativo n. 199/2021. 
    Infatti,  il  progetto  che  la   societa'   ricorrente   intende
realizzare non rientra tra quelli per i quali trova  applicazione  lo
specifico regime di salvaguardia dettato dall'art. 5,  comma  2,  del
decreto-legge agricoltura, atteso che all'atto della sua  entrata  in
vigore non era stata ancora avviata alcuna  procedura  amministrativa
necessaria  all'ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e
l'esercizio dell'impianto  FTV  da  realizzare  su  un'area  agricola
localizzata nell'ambito del territorio del Comune di Ascoli Satriano. 
    1.2. Ad avviso del Collegio, l'introduzione del suddetto  divieto
ad opera del gravato decreto ministeriale non costituisce  il  frutto
di  una   autonoma   scelta   discrezionale   delle   amministrazioni
ministeriali resistenti,  ma  risulta  essere  attuazione  di  quanto
previsto dall'art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021,  a  sua  volta  correlato  al  disposto  dell'art.  5   del
decreto-legge agricoltura. 
    1.3. Tale aspetto avvalora  la  ammissibilita'  della  iniziativa
giudiziale proposta dalla societa' ricorrente, tenuto anche conto del
fatto che il decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  all'art.  1,
comma 2, ha previsto  che  le  regioni  individuino  all'interno  dei
rispettivi territori anche le «aree in cui e' vietata l'installazione
di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra», definite come
«le aree agricole per le quali vige il divieto  di  installazione  di
impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell'art. 20, comma
1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». 
    1.4. Pertanto,  diversamente  da  quanto  ritenuto  dalla  difesa
erariale, l'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del
21  giugno  2024  costituisce  senz'altro  strumento  di   attuazione
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.  199/2021,  per
quanto del tutto vincolato nel contenuto, per le seguenti ragioni: 
        la disposizione normativa primaria teste'  richiamata  (i.e.,
l'art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.   199/2021)
definisce il perimetro delle aree agricole nelle quali e'  consentita
l'installazione di  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a
terra, facendo riferimento alla  classificazione  delle  aree  idonee
prevista dall'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 e
individuando in maniera specifica altre aree sulla scorta di  criteri
di carattere finalistico (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di
impianti FTV per la costituzione di comunita' energetiche rinnovabili
ovvero ai progetti attuativi delle altre misure di  investimento  del
PNRR). Al di fuori di tale perimetro oggettivo  risulta  vietata,  in
via  generale,  l'installazione  in   area   agricola   di   impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra; 
        l'intervento  definitorio  operato  dalla   fonte   normativa
primaria,  tuttavia,  presenta  un  carattere   transeunte,   essendo
destinato a valere solo nelle  more  dell'individuazione  delle  aree
idonee da parte delle regioni che, a  riguardo,  dovranno  legiferare
sulla base dei criteri e delle modalita' stabilite dai decreti di cui
all'art. 20, comma 1, del  decreto  legislativo  n.  199/2021,  ossia
sulla scorta dei criteri e  delle  modalita'  stabilite  dal  gravato
decreto ministeriale del 21 giugno 2024; 
        e' per tale ragione, invero, che  il  divieto  di  realizzare
impianti  FTV  in  area  agricola  risulta  pedissequamente  ribadito
dall'art. 1, comma 2, lettera d), del  decreto  ministeriale  del  21
giugno 2024, come risulta dalla  piana  lettura  del  testo  di  tale
disposizione, in forza della quale e' stato  stabilito  che  le  aree
nelle quali e' vietata l'installazione di impianti  fotovoltaici  con
moduli collocati a terra coincidono con le aree agricole per le quali
un siffatto divieto e' stato sancito dall'art. 20, comma  1-bis,  del
decreto legislativo n. 199/2021; 
        a conferma del fatto  che  il  divieto  di  installazione  di
impianti FTV in area agricola sancito dall'art. 20, comma 1-bis,  del
decreto legislativo n. 199/2021  trovi  piena  attuazione  nel  nuovo
contesto normativo e  regolamentare  proprio  ad  opera  del  gravato
decreto ministeriale del 21 giugno  2024,  vale  evidenziare  che  le
regioni, ai sensi dell'art. 3, comma 1, di tale decreto ministeriale,
sono chiamate a individuare, con propria legge ed  entro  centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore del  decreto,  tutte  le  aree
indicate dall'art. 1, comma 2, del decreto ministeriale del 21 giugno
2024. Si tratta, come visto, non solo delle aree idonee e non  idonee
all'installazione di impianti FER, ma anche delle aree nelle quali e'
vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati
a terra; 
        cio' significa che terminata la fase  di  prima  applicazione
della disciplina dettata dall'articolo 20 del decreto legislativo  n.
199/2021  -  ossia,  quella  che  precede  l'adozione   dei   decreti
ministeriali indicati dall'art. 20, comma 1, del decreto  legislativo
n. 199/2021 e gia' esauritasi con l'adozione del decreto ministeriale
impugnato  nel  presente  giudizio  -  l'attuazione  del  divieto  di
installazione di impianti FTV in area  agricola  nel  nuovo  contesto
normativo   e   regolamentare   dipende    dall'applicazione    delle
disposizioni recate dal gravato decreto ministeriale  del  21  giugno
2024. Le regioni, infatti, all'atto di individuare con propria  legge
tutte le aree di cui all'art. 1, comma 2,  del  decreto  ministeriale
del 21 giugno 2024, saranno necessariamente tenute ad  esercitare  la
propria potesta' legislativa conformandosi ai principi e  ai  criteri
stabiliti dal Titolo II del decreto ministeriale del 21 giugno  2024,
come espressamente previsto dall'art. 3, comma 1, di tale decreto. 
    1.5. Il  decreto  ministeriale  impugnato  rappresenta,  inoltre,
l'unico  atto  amministrativo  che   interviene   nel   processo   di
implementazione del divieto in parola, atteso che: 
        esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; 
        secondo quanto previsto dal decreto,  l'individuazione  delle
aree in questione avviene con legge regionale; 
        le  aree  cosi'  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma
assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la
valutazione,   nell'ambito   dei   procedimenti   amministrativi   di
autorizzazione, della compatibilita' dei singoli interventi  rispetto
al soddisfacimento di  ulteriori  valori  e  interessi  ordinamentali
confliggenti  con  quelli  che  hanno  condotto  il  legislatore   ad
introdurre il contestato divieto di installazione di impianti FTV  in
area agricola. 
    1.6.  Merita,  dunque,  di  essere  richiamato   il   consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo il  quale  «un  atto  generale
[...] e' immediatamente impugnabile quando incide senz'altro -  senza
la necessaria intermediazione  di  provvedimenti  applicativi  -  sui
comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (cfr. Cons. Stato,
sez. IV, sentenza n. 1937 del 17 marzo 2022). 
    Risulta,  pertanto,   indubbia   l'incidenza   del   divieto   di
installazione di impianti FTV in area agricola nella sfera  giuridica
della societa' ricorrente, nella sua qualita' di operatore  economico
attivo nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili e
intenzionato a realizzare tale tipologia di impianto in area agricola
nel territorio della Regione Puglia. 
    La attuale, diretta e concreta lesivita' del  contestato  divieto
risulta sussistere nel  caso  di  specie,  in  quanto  lo  stesso  e'
suscettibile di precludere in radice la possibilita' di realizzazione
in area agricola di  impianti  FTV  con  moduli  collocati  a  terra,
laddove l'area interessata dall'intervento non  rientri  tra  quelle,
allo stato, individuate sulla base del combinato disposto  dei  commi
1-bis e 8 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 ovvero con
quelle che, in futuro,  le  regioni  ricomprenderanno  nel  perimetro
delle aree agricole nelle quali l'installazione dei predetti impianti
sara' consentita. 
    2. Il Collegio, esaurita  la  disamina  dei  profili  di  rito  e
ritenuto ammissibile il gravame proposto dalla  societa'  ricorrente,
non reputa meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso. 
    La societa' ricorrente, con tale mezzo di gravame, ha  contestato
la legittimita' dell'art. 1, comma 2, lettera d), del gravato decreto
ministeriale sotto due ordini di profili: i) per violazione dell'art.
20, comma 1, del decreto  legislativo  n.  199/2021,  in  quanto  non
sarebbe   stata   attribuita   alcuna   delega    all'amministrazione
ministeriale ai  fini  della  individuazione  di  aree  completamente
interdette all'installazione di  impianti  FTV;  ii)  per  violazione
dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo  n.  387/2003,  atteso
che  tale  disposizione  normativa   -   peraltro,   di   derivazione
eurounitaria - consente  l'installazione  di  impianti  FER  in  zone
classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. 
    2.1. In proposito, e' sufficiente evidenziare che la  prospettata
illegittimita' del contestato divieto introdotto dall'art.  1,  comma
2, lettera d), del  decreto  ministeriale  del  21  giugno  2024  non
discende da una autonoma determinazione  amministrativa,  ma  promana
dal combinato disposto dell'art. 5 del  decreto-legge  agricoltura  e
dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.  199/2021,  di
cui il gravato  decreto  ministeriale  costituisce  attuazione,  come
ampiamente esposto in precedenza. 
    Per tale ragione, dunque, neppure risulta meritevole di pregio il
profilo di censura con il quale e'  stata  contestata  la  violazione
dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, posto che
e' da attribuire allo stesso legislatore la scelta (normativa) che ha
condotto alla introduzione del divieto di realizzazione  di  impianti
FTV con moduli collocati a terra in  aree  classificate  agricole  ai
sensi dei vigenti piani urbanistici. 
    A riprova del fatto che sia da ascrivere al  legislatore  (con  i
richiamati articoli 5  del  decreto-legge  agricoltura  e  20,  comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021) e non all'amministrazione
delegata (con l'impugnato art. 1, comma 2, lettera  d),  del  decreto
ministeriale del 21 giugno 2024), la scelta di superare la previsione
recata dall'art. 12, comma 7, del decreto  legislativo  n.  387/2003,
giova segnalare che tale parametro di legittimita', che  la  societa'
ricorrente  assume  essere  stato   violato   dalle   amministrazioni
ministeriali resistenti, e' stato abrogato per  effetto  del  decreto
legislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei  regimi
amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili,  in
attuazione dell'art. 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della legge  5
agosto 2022, n. 118». 
    In particolare, l'art. 14 del decreto  legislativo  n.  190/2024,
rubricato «Disposizioni di coordinamento», al comma 8 stabilisce  che
«L'installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a
terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti  e'
consentita nei limiti di cui all'art. 20, comma  1-bis,  del  decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 199». Emerge,  pertanto,  in  maniera
netta come il legislatore, per cio' che concerne la realizzazione  di
impianti FTV con moduli collocati a terra  in  area  agricola,  abbia
inteso superare il regime dettato dall'art. 12, comma 7, del  decreto
legislativo n. 387/2003, sancendo l'esclusiva applicazione del regime
introdotto con l'art. 20, comma 1-bis,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021 e di cui le  previsioni  del  decreto  ministeriale  del  21
giugno 2024 costituiscono diretta attuazione. 
    3. Il Collegio, invece, ritiene che la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.
199/2021 introdotto  dall'art.  5,  comma  1,  del  decreto-legge  n.
63/2024, cosi' come prospettata  dalla  societa'  ricorrente  con  il
secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, risulti non solo rilevante
ai fini  della  definizione  del  presente  giudizio,  ma  anche  non
manifestamente infondata per le seguenti ragioni di diritto. 
I.   Sulla   impossibilita'   di    operare    una    interpretazione
costituzionalmente conforme dell'art. 20, comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021 
    4.  Il  Collegio  non   ritiene   che   sia   possibile   operare
un'interpretazione conforme alla  Costituzione  dell'art.  20,  comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, tentativo questo  che  ai
fini della rimessione alla Corte costituzionale di una  questione  di
legittimita'   costituzionale   deve   essere    ragionevolmente    e
consapevolmente  escluso  (cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.
262/2015; in  senso  conforme  sentenze  numeri  202/2023,  139/2022,
11/2020, 189, 133 e 78/2019, 42/2017). 
    Infatti,  se  e'  vero  che   «le   leggi   non   si   dichiarano
costituzionalmente   illegittime   perche'   e'    possibile    darne
interpretazioni incostituzionali [...],  ma  perche'  e'  impossibile
darne interpretazioni  costituzionali»  (cfr.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 356/1996),  nel  caso  di  specie,  la  sola,  possibile,
interpretazione   costituzionalmente   orientata   della   contestata
previsione normativa  risulterebbe  quella  che  considera  privo  di
effettualita' l'art. 20, comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021. 
    4.1.    In    particolare,    l'impossibilita'     di     operare
un'interpretazione   conforme   a   Costituzione   della    anzidetta
disposizione normativa discende dal suo  chiaro  tenore  letterale  e
dalla  portata  del  divieto  con  essa  introdotto  nell'ordinamento
giuridico. 
    Infatti, l'art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021, nel consentire l'installazione di impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra in  zone  classificate  agricole  dai  piani
urbanistici vigenti, circoscrive tale possibilita' ai  soli  casi  in
cui, da un lato, l'area agricola coincida con alcune specifiche  aree
ritenute  idonee  ai  sensi  dell'art.  20,  comma  8,  del   decreto
legislativo n. 199/2021 - che, peraltro, ricomprendono anche le  aree
nelle quali sono gia' installati detti impianti (comma 8, lettera a),
le quali possono essere interessate solo da interventi  di  modifica,
rifacimento, potenziamento o  ricostruzione,  a  condizione  che  non
comportino  incremento  dell'area  gia'  occupata  -  o,  dall'altro,
l'intervento  sia  finalizzato  alla  creazione  di   una   comunita'
energetica rinnovabile o sia correlato a progetti attuativi del  PNRR
o funzionali al perseguimento degli obiettivi di tale piano. 
    Dal tenore letterale  dell'art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021  risulta,  quindi,  che  il  legislatore  nel
«consentire esclusivamente» l'installazione degli  impianti  FTV  con
moduli collocati a terra nelle aree agricole coincidenti  con  quelle
innanti  menzionate,  ha  sostanzialmente   introdotto   un   divieto
generalizzato di realizzare detti impianti su tutta la restante parte
del suolo agricolo nazionale. 
    4.2.  L'introduzione  di  una  preclusione   di   tale   ampiezza
all'installazione di impianti FTV con moduli  collocati  a  terra  in
area   agricola   non   risulta    costituzionalmente    compatibile,
innanzitutto perche' si pone in insanabile contrasto con l'art.  117,
comma 1, della Costituzione, atteso  che  il  contestato  divieto  e'
suscettibile di  integrare  una  violazione  dei  «vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario». 
    In particolare, con il divieto generalizzato  previsto  dall'art.
20, comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  e'  stato
completamente ribaltato il sistema previgente, plasmato dal principio
di matrice eurounitaria  della  massima  diffusione  delle  fonti  di
energia  rinnovabili  (direttiva  2001/77/CE  e   2009/28/CE).   Tale
principio, in particolare, dovrebbe trovare attuazione nella generale
utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento  degli  impianti
FER, con le sole eccezioni ispirate alla tutela  di  altri  interessi
costituzionalmente protetti (cosi', ad esempio,  si  e'  espressa  la
Corte costituzionale relativamente agli  impianti  di  produzione  di
energia eolica, Corte costituzionale, sentenza n. 224/2012). 
    Con  il  contestato  divieto,  viceversa,   il   legislatore   ha
specificamente individuato le aree agricole nelle quali e' consentita
l'installazione di impianti FTV con moduli collocati  a  terra  e  ha
inibito, per la restante  parte  del  suolo  agricolo  nazionale,  la
realizzazione di detti impianti: risulta, quindi, di  piana  evidenza
che una siffatta preclusione viola il principio di massima diffusione
di matrice eurounitaria, sottraendo  in  maniera  ingiustificata  una
considerevole parte del territorio nazionale al  perseguimento  delle
finalita' sottese allo sviluppo energetico da fonti  rinnovabili,  in
assenza di valide ragioni di tutela di specifici interessi pubblici -
non potendo considerarsi tale l'invocato consumo  indiscriminato  del
suolo - e senza che possa essere  operata  in  concreto,  nell'ambito
dell'iter  procedimentale   di   autorizzazione   dell'impianto,   la
ponderazione con gli altri interessi confliggenti,  anche  di  natura
pubblicistica e, in parte, legati al  perseguimento  degli  obiettivi
unionali di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al
2030, sanciti dalla direttiva 2018/2001/UE. 
    4.3. Tali considerazioni pongono in evidenza anche  il  carattere
non  proporzionato  della  scelta  legislativa,  tenuto  conto  della
ampiezza ed incisivita' del divieto rispetto al fine  perseguito,  il
che corrobora l'impossibilita' di addivenire ad  una  interpretazione
costituzionalmente conforme dell'art. 20, comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021. 
II. Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. 
    5.   Dall'acclarata   impercorribilita'   di   un'interpretazione
dell'enunciato normativo  integralmente  satisfattivo  per  la  parte
ricorrente  deriva  la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale prospettate con il terzo e quarto motivo di ricorso. 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale  che  il  Collegio
intende rimettere alla Corte costituzionale con la presente ordinanza
risulta, dunque, fornita di rilevanza nel presente  giudizio,  atteso
che  l'art.  1,  comma  2,   lettera   d),   dell'impugnato   decreto
ministeriale  del  21  giugno  2024  costituisce   attuazione   della
disposizione normativa qui sospettata di incostituzionalita', vale  a
dire l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per
le ragioni gia' esposte in precedenza e alle quali  integralmente  si
rinvia. 
    Pertanto, dall'esito del giudizio di costituzionalita'  dell'art.
20, comma 1-bis, del  decreto  legislativo  n.  199/2021  dipende  la
legittimita' del contestato divieto  di  cui  all'art.  1,  comma  2,
lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella misura
solo  nel  caso  di   declaratoria   di   incostituzionalita'   della
disposizione  normativa  primaria  la  previsione   impugnata   dalla
societa' ricorrente potrebbe essere annullata, con conseguente  venir
meno della preclusione assoluta, ad oggi vigente, alla  realizzazione
del proprio progetto sul suolo agricolo della Regione Puglia. 
III. Sulla manifesta infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale posta con il II motivo di ricorso. 
    6. La societa' ricorrente, con il secondo motivo di  ricorso,  ha
prospettato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20,
comma 1-bis, del decreto legislativo  n.  199/2021  per  contrarieta'
all'art. 77, comma 2, della Costituzione. 
    In particolare, e' stata contestata la insussistenza dell'addotta
ragione di straordinaria necessita' e urgenza indicata nel  preambolo
del decreto-legge agricoltura - data dalla necessita' di  contrastare
il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola -  in  ragione
del fatto che, posta l'esistenza di una superficie agricola totale di
16 milioni di ettari (di cui solo  12,5  milioni  utilizzati),  anche
nell'ipotesi in cui gli obiettivi energetici nel territorio  italiano
dovessero essere soddisfatti esclusivamente  mediante  la  tecnologia
che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra, si  perverrebbe
a un utilizzo di appena lo 0,4% della superficie agricola, del  tutto
marginale rispetto ai 4 milioni di terreni agricoli abbandonati. 
    6.1. Ad avviso del Collegio, in applicazione  degli  orientamenti
giurisprudenziali   della   Corte    costituzionale,    una    simile
prospettazione non risulta idonea a supportare una valutazione di non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021
rispetto a quanto previsto dall'art. 77, comma 2, della Costituzione. 
    6.2. La Corte costituzionale, infatti, ha  in  plurime  occasioni
affermato che i casi  in  cui  puo'  predicarsi  l'insussistenza  dei
requisiti di necessita'  e  urgenza  richiesti  per  la  decretazione
legislativa d'urgenza sono  circoscritti  alle  ipotesi  di  evidente
mancanza  degli  stessi  ovvero  di  manifesta   irragionevolezza   o
arbitrarieta' della relativa valutazione (cfr.,  ex  plurimis,  Corte
costituzionale, sentenze numero 170/2017, 287/2016, 72/2015, 22/2012,
93/2011, 355/2010; 128/2008 e 171/2007). 
    6.3. Tale verifica, inoltre, deve essere condotta in maniera  non
dissimile  da  quanto   accade   per   il   sindacato   del   giudice
amministrativo sul vizio di eccesso di potere,  ossia  a  partire  da
profili  sintomatici,  tra  i  quali  assume  preminente  rilievo  il
riscontro (o meno) di una intrinseca coerenza delle  norme  contenute
nel decreto-legge dal punto di vista oggettivo e/o funzionale. 
    Il presupposto del caso straordinario di  necessita'  e  urgenza,
infatti, «inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come  un
tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza,  anche
se articolato  e  differenziato  al  suo  interno.  La  scomposizione
atomistica   della   condizione   di   validita'   prescritta   dalla
Costituzione si pone in contrasto con il  necessario  legame  tra  il
provvedimento  legislativo  urgente  ed  il  caso  che  lo  ha   reso
necessario, trasformando il decreto-legge in una  congerie  di  norme
assemblate  soltanto  da  mera  casualita'  temporale»  (cfr.   Corte
costituzionale, sentenza n. 22/2012). 
    6.4. Orbene, nel caso di specie, tenuto conto che con  l'art.  5,
comma  1,  del  decreto-legge  n.  63/2024  -  fonte  originaria  del
contestato divieto, poi confluito  nell'art.  20,  comma  1-bis,  del
decreto legislativo n. 199/2021 - sono  state  dettate  «Disposizioni
finalizzate  a  limitare  l'uso  del  suolo  agricolo»  e  che   tale
decreto-legge e' stato adottato in  ragione  della  «concomitanza  di
congiunture avverse, quali il perdurare del conflitto in Ucraina e la
diffusione di fitopatie,  ha  indotto  il  settore  primario  in  una
persistente situazione di crisi, determinando gravi ripercussioni sul
tessuto economico e sociale», i presupposti di ritenuta necessita'  e
urgenza  sono  stati  individuati  non   solo   nella   esigenza   di
«contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola»,
ma anche in quella di «emanare disposizioni finalizzate  a  garantire
l'approvvigionamento delle materie prime agricole e,  in  specie,  di
quelle  funzionali  all'esercizio  delle  attivita'   di   produzione
primaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive,  in
particolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e
dell'acquacoltura». 
    6.5. Rispetto  a  tali  enunciati  presupposti  e  finalita',  la
disposizione   intesa   a   vietare   l'installazione   di   impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra in  aree  agricole  non  si
pone in termini di manifesta estraneita',  presentando  un'intrinseca
coerenza nell'ambito di un complesso di disposizioni  finalizzate  al
sostegno del settore agricolo. 
    6.6. Gli elementi addotti dalla societa'  ricorrente  a  sostegno
della ritenuta insussistenza delle ragioni di necessita'  e  urgenza,
in  ragione  della  limitata  porzione  di  territorio  agricolo  che
potrebbe  essere  occupata  per  effetto  della  realizzazione  degli
impianti FER ricadenti nell'ambito oggettivo del contestato  divieto,
non consentono di giungere a conclusioni diverse, essendo  un  chiaro
obiettivo dell'intervento legislativo operato con il decreto-legge n.
63/2024 quello di contrastare la sia pur minima riduzione del suolo a
vocazione  agricola:  la   misura   adottata   costituisce,   dunque,
senz'altro sviluppo delle premesse, che non risultano in  alcun  modo
smentite dalle argomentazioni spese nel ricorso. 
IV. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di  legittimita'
costituzionale prospettate  con  il  terzo  e  il  quarto  motivo  di
ricorso. 
    7.  Il  Collegio,   per   converso,   ritiene   che   non   siano
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
sollevate dalla societa' ricorrente con il terzo e il  quarto  motivo
di  ricorso,  con  i  quali  e'  stata  in  sostanza   lamentata   la
contrarieta' dell'art. 20, comma 1-bis, del  decreto  legislativo  n.
199/2021 con: 
        l'art. 117, commi  primo  e  terzo,  della  Costituzione,  in
relazione,   rispettivamente,   alla   direttiva   2018/2001/UE   del
Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell'11  dicembre  2018,  sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e  all'art.  12
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387  (attuazione  della
direttiva  2001/77/CE).  La  disposizione  normativa  sospettata   di
incostituzionalita', nel prevedere il  divieto  di  installazione  di
nuovi impianti FTV con moduli collocati  a  terra  e  il  divieto  di
aumentare l'estensione di quelli esistenti nelle  aree  agricole,  si
porrebbe  in  contrasto  con  i  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
europeo e, in particolare, con il principio della massima  diffusione
degli impianti  FER,  affermato  dalla  direttiva  2009/28/CE,  dalla
direttiva  2001/77/CE,  nonche'  dalla  direttiva  2018/2001/UE,   in
attuazione della quale e' stato emanato  il  decreto  legislativo  n.
199/2021. Sotto altro profilo, l'art. 20, comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021 si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi
generali dettati in materia  dallo  stesso  legislatore  statale,  in
attuazione delle direttive europee, e in particolare con  l'art.  12,
comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli
impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma
1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici», e con  le  Linee  guida  del
2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo  le  quali
le zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non
possono essere genericamente considerate aree e  siti  non  idonei  e
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare
porzioni significative del territorio; 
        gli articoli 9 e 41 della Costituzione, anche tenuto conto di
quanto  previsto  dall'art.  15  della  direttiva  2018/2001/UE,  del
principio  di  proporzionalita'  e  dell'art.  11  del  Trattato  sul
funzionamento  dell'Unione  europea:  la  scelta  di  introdurre   un
generale e indiscriminato divieto di realizzazione degli impianti FTV
con moduli collocati a terra su aree  urbanisticamente  campite  come
«agricole»  risulterebbe  sproporzionata  e  tale  da  rallentare  la
diffusione  delle  fonti  rinnovabili  in  modo  da  incidere   sugli
obiettivi di tutela  dell'ambiente  perseguiti,  dando  luogo  a  una
disciplina  sproporzionata,  in  contrasto  con   il   principio   di
integrazione  delle  tutele  e  con  la  stessa  tutela  dei   valori
ambientali. 
    7.1. In primo  luogo,  il  Collegio  ritiene  che  la  disciplina
censurata presenti profili di contrasto  con  l'art.  117,  comma  1,
della Costituzione,  sotto  il  profilo  del  mancato  rispetto  «dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario»  e,  in  particolare,
del  principio  di  massima  diffusione  delle   fonti   di   energia
rinnovabili di matrice eurounitaria. 
    7.2.  In  proposito,  risulta  necessario  richiamare  tutte   le
previsioni normative vigenti nell'ordinamento giuridico  eurounitario
e suscettibili  di  assumere  rilievo  nella  materia  oggetto  della
presente controversia, da intendersi  anche  quale  integrazione  del
quadro normativo di riferimento, in uno con le  previsioni  nazionali
gia' richiamate in precedenza ed analizzate dal  Collegio  sin  dalla
esposizione dei motivi di ricorso, quale condizione di ammissibilita'
della  rimessione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. 
    In particolare, devono essere presi in considerazione: 
        l'art. 3, paragrafo 5, del TUE,  a  mente  del  quale  «Nelle
relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove  i  suoi
valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini»,
di tal forma che, per  questa  via,  l'Unione  europea  «Contribuisce
[...] allo sviluppo sostenibile della Terra»; 
        l'art. 6, paragrafo 1, del TUE,  che  precisa  che  «L'Unione
riconosce i diritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei
diritti  fondamentali  dell'Unione  europea  del  7  dicembre   2000,
adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha  lo  stesso  valore
giuridico dei trattati». Ai  sensi  dell'art.  37  della  Carta,  «Un
livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della  sua
qualita'  devono  essere  integrati  nelle  politiche  dell'Unione  e
garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile»; 
        l'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
che,  muovendosi  nella  medesima  direzione   gia'   tracciata   dal
richiamato art. 6, paragrafo 1, del TUE, sancisce  che  «Le  esigenze
connesse con la tutela dell'ambiente devono  essere  integrate  nella
definizione e nell'attuazione delle politiche e  azioni  dell'Unione,
in  particolare  nella  prospettiva   di   promuovere   lo   sviluppo
sostenibile» (c.d. principio di integrazione); 
        l'art.  191  del  Trattato  sul   funzionamento   dell'Unione
europea,  secondo  il  quale  «La  politica  dell'Unione  in  materia
ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: 
          salvaguardia,  tutela  e   miglioramento   della   qualita'
dell'ambiente; 
          protezione della salute umana; 
          utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; 
          promozione sul piano internazionale di misure  destinate  a
risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale  e,
in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 
    2. La politica  dell'Unione  in  materia  ambientale  mira  a  un
elevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita'  delle
situazioni nelle varie  regioni  dell'Unione.  Essa  e'  fondata  sui
principi della precauzione e dell'azione  preventiva,  sul  principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"»; 
        l'art. 192,  paragrafo  1,  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea, ai sensi del quale «Il Parlamento europeo  e  il
Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa  ordinaria  e
previa consultazione del Comitato economico e sociale e del  Comitato
delle regioni, decidono in  merito  alle  azioni  che  devono  essere
intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi dell'art. 191»; 
        l'art.  194  del  Trattato  sul   funzionamento   dell'Unione
europea, in forza del quale  «Nel  quadro  dell'instaurazione  o  del
funzionamento del mercato interno e tenendo  conto  dell'esigenza  di
preservare e  migliorare  l'ambiente,  la  politica  dell'Unione  nel
settore dell'energia e' intesa, in uno spirito  di  solidarieta'  tra
Stati  membri,  a   [...]   promuovere   il   risparmio   energetico,
l'efficienza  energetica  e  lo   sviluppo   di   energie   nuove   e
rinnovabili». 
    7.2.1. Protezione dell'ambiente e promozione delle  c.d.  energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. 
    Come si ricava dalla  giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea, l'uso di fonti di  energia  rinnovabili  per  la
produzione di elettricita' e'  utile  alla  tutela  dell'ambiente  in
quanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas  a  effetto
serra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici
che l'Unione europea e i  suoi  Stati  membri  si  sono  impegnati  a
contrastare. 
    L'incremento  della  quota   di   rinnovabili   costituisce,   in
particolare, uno degli elementi  portanti  del  pacchetto  di  misure
richieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al  Protocollo  di
Kyoto, alla Convenzione quadro delle Nazioni  unite  sui  cambiamenti
climatici, nonche' agli altri impegni assunti a livello comunitario e
internazionale per la riduzione delle emissioni  dei  gas  a  effetto
serra. Cio', peraltro, e' funzionale anche alla tutela della salute e
della vita delle persone e degli animali, nonche' alla  preservazione
dei vegetali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sentenza del 1° luglio 2014,
in causa C-573/12,  Ã…lands  vindkraft  AB  contro  Energimyndigheten,
paragrafo 78 e seguenti; CGUE, sentenza del 13 marzo 2001,  in  causa
C-379/98, PreussenElektra AG contro Schhleswag  AG,  paragrafo  73  e
seguenti). 
    7.2.2. La Corte di giustizia dell'Unione  europea  ha,  peraltro,
precisato che l'art. 191 del Trattato sul  funzionamento  dell'Unione
europea si limita a definire gli obiettivi  generali  dell'Unione  in
materia ambientale, mentre l'art. 192 del Trattato sul  funzionamento
dell'Unione europea affida  al  Parlamento  europeo  e  al  Consiglio
dell'Unione europea il compito di decidere le azioni  da  avviare  al
fine del raggiungimento di detti obiettivi. 
    Di  conseguenza,  l'art.  191  del  Trattato  sul   funzionamento
dell'Unione europea non puo'  essere  invocato  in  quanto  tale  dai
privati  al  fine  di  escludere  l'applicazione  di  una   normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata  in
base all'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
viceversa, l'art. 191  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea  assume  rilevanza  allorquando  esso  trovi  attuazione  nel
diritto derivato (cfr. CGUE, Sezione  Terza,  sentenza  del  4  marzo
2015, in causa C;534/13, Ministero dell'ambiente e della  tutela  del
territorio e del mare  et  al.  contro  Fipa  Group  S.r.l.  et  al.,
paragrafo 39 e seguenti). 
    7.3. Disposizioni  sulla  promozione  dell'energia  elettrica  da
fonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175  del
TCE  (ora  art.  192  del  Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione
europea), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  27  settembre  2001   e,
successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 23 aprile 2009. 
    In particolare, nel preambolo della direttiva 2018/2001/UE -  con
la quale il legislatore sovranazionale ha proceduto alla rifusione  e
alla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE
- e' stato inter alia considerato che: 
        «[...] (2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo 1, del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea  (TFUE),  la  promozione  delle
forme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi
della politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo  e'  perseguito
dalla presente direttiva. Il maggiore ricorso  all'energia  da  fonti
rinnovabili  o  all'energia   rinnovabile   costituisce   una   parte
importante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le
emissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni
dell'Unione  nel  quadro  dell'Accordo  di  Parigi   del   2015   sui
cambiamenti climatici, a seguito della  21ª  Conferenza  delle  parti
della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  unite   sui   cambiamenti
climatici («Accordo  di  Parigi»),  e  il  quadro  per  le  politiche
dell'energia e del clima  all'orizzonte  2030,  compreso  l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre le emissioni  di  almeno  il  40  %
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e  i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...]. 
        (3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo'
svolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la
sicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e
industriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita'  demografica  o  soggetti  a  parziale
deindustrializzazione. 
        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i
maggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all'uso   e   alla
diffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo  di  energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del  riscaldamento  e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua  dipendenza
energetica. 
        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo
per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che
fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22
gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e  del
clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del  clima  e
ha promosso un'intesa comune sulle  modalita'  per  sviluppare  dette
politiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo
dell'Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell'Unione
pari ad almeno il  27  %  entro  il  2030.  Tale  proposta  e'  stata
sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre
2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare
i  propri  obiettivi  nazionali  piu'  ambiziosi,  per  realizzare  i
contributi all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi  pianificati
e andare oltre. 
        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio
2014,  «Un  quadro  per  le  politiche  dell'energia  e   del   clima
all'orizzonte 2030», e del 23  giugno  2016,  «I  progressi  compiuti
nell'ambito  delle  energie  rinnovabili»,  si  e'  spinto  oltre  la
proposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,
sottolineando che, alla luce dell'Accordo di Parigi e  delle  recenti
riduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile
essere molto piu' ambiziosi. [...] 
        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo
vincolante dell'Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti
rinnovabili pari almeno al 32 %.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe
valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce
di sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia
rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore  della
decarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo
energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro
contributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell'ambito   dei
rispettivi piani nazionali integrati per  l'energia  e  il  clima  in
applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)
2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...] 
        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati
conseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi
nazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In
nessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...]. 
        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure
qualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di almeno  il  32  %  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito  nel
regolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali
integrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure  a  livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo.  Se,  nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull'energia  e
il clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale
lacuna». 
    7.4.  Quanto   affermato   nei   consideranda   della   direttiva
2018/2001/UE  ha  trovato  poi   concretizzazione   normativa   nelle
previsioni  dell'art.  3  della   direttiva,   rubricato   «Obiettivo
vincolante complessivo dell'Unione per il 2030». 
    Il  legislatore  unionale,  infatti,  ha  previsto  un  obiettivo
vincolante complessivo dell'Unione per il 2030, stabilendo  che  «Gli
Stati membri provvedono collettivamente a far si'  che  la  quota  di
energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale  lordo  di  energia
dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %. La  Commissione  valuta
tale obiettivo al fine di presentare, entro  il  2023,  una  proposta
legislativa intesa a rialzarlo  nel  caso  di  ulteriori  sostanziali
riduzioni dei costi  della  produzione  di  energia  rinnovabile,  se
risulta  necessario  per  rispettare   gli   impegni   internazionali
dell'Unione a favore  della  decarbonizzazione  o  se  il  rialzo  e'
giustificato  da  un  significativo  calo  del   consumo   energetico
nell'Unione»,  con  la  precisazione  che  «Se,  sulla   base   della
valutazione  delle  proposte  dei  piani  nazionali   integrati   per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione  segue
la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». 
    7.5. Il regolamento 2021/1119/UE del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in  forza  dell'art.  192  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha poi  istituito  un
quadro  per  il  conseguimento  della  neutralita'   climatica,   sul
presupposto che: 
        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici
richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per
il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri.  L'Unione  si  e'
impegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti
climatici  e  a  dare  attuazione  all'Accordo  di  Parigi   adottato
nell'ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   unite   sui
cambiamenti  climatici  («Accordo  di  Parigi»),  guidata  dai   suoi
principi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche
disponibili, nel contesto dell'obiettivo  a  lungo  termine  relativo
alla temperatura previsto dall'Accordo di Parigi. [...] 
        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale  per
contribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile  e  al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni
unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi
l'obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui
all'Accordo di Parigi. [...] 
        (9) L'azione per il clima dell'Unione e  degli  Stati  membri
mira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la
prosperita',   l'economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,
l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro  la  minaccia
dei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell'agenda  2030  delle
Nazioni unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli
obiettivi dell'Accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la
prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e
ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In
quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati  membri  dovrebbero
essere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  «chi
inquina paga», istituiti dal Trattato sul  funzionamento  dell'Unione
europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza
energetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green
Deal europeo. [...] 
        (11) Vista l'importanza della produzione  e  del  consumo  di
energia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e'
indispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico
sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione
delle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell'energia  ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel  contempo  la  poverta'  energetica.  Anche   la   trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono
fattori  importanti  per  conseguire  l'obiettivo  della  neutralita'
climatica. [...] 
        (20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,
un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a
effetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...] 
        (25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone
cambiamenti  nell'intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e  della  societa',  come
evidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle
conclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono  essere  coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo  della  neutralita'  climatica  e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti. [...] 
        (36) Al fine di garantire che l'Unione  e  gli  Stati  membri
restino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l'obiettivo   della
neutralita' climatica e  registrino  progressi  nell'adattamento,  e'
opportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi
compiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente
regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma
del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi
collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all'obiettivo  della
neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che  le
misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita'
climatica o inadeguate per migliorare la  capacita'  di  adattamento,
rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la  Commissione
dovrebbe adottare le  misure  necessarie  conformemente  ai  trattati
[...]». 
    7.5.1. Tale regolamento  ha,  quindi,  sancito  che  «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050,  in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell'Accordo  di  Parigi»  (art.
1),  precisando  altresi'  che  per  conseguire  tale  obiettivo  «il
traguardo vincolante dell'Unione in materia  di  clima  per  il  2030
consiste in una riduzione interna netta  delle  emissioni  di  gas  a
effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55
% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). 
    7.5.2. Ai sensi dell'art.  5  del  regolamento  2021/1119/UE  «Le
istituzioni competenti dell'Unione e gli Stati membri  assicurano  il
costante progresso nel miglioramento della capacita' di  adattamento,
nel  rafforzamento  della  resilienza   e   nella   riduzione   della
vulnerabilita' ai cambiamenti climatici in  conformita'  dell'art.  7
dell'Accordo di Parigi», garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in
materia  di  adattamento  nell'Unione  e  negli  Stati  membri  siano
coerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». 
    A tal fine, «Gli Stati membri  adottano  e  attuano  strategie  e
piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della   strategia
dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati
su  analisi  rigorose  in  materia  di  cambiamenti  climatici  e  di
vulnerabilita', sulle valutazioni  dei  progressi  compiuti  e  sugli
indicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu'  recenti  evidenze
scientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di
adattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura,  e  dei
sistemi idrici e alimentari nonche'  della  sicurezza  alimentare,  e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti  a  presentare  a  norma  dell'art.  19,  paragrafo   1,   del
regolamento (UE) 2018/1999». 
    7.6. La direttiva (UE) 2023/2413 del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l'altro,
disposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il
regolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto
riguarda   la   promozione   dell'energia   da   fonti   rinnovabili,
evidenziando che: 
        «[...]  (2)  Le  energie  rinnovabili   svolgono   un   ruolo
fondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore
energetico contribuisce attualmente per oltre il 75 % alle  emissioni
totali di gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo  tali  emissioni
di  gas  a  effetto  serra,  le  energie  rinnovabili  possono  anche
contribuire  ad  affrontare  sfide  ambientali  come  la  perdita  di
biodiversita', e a ridurre l'inquinamento in linea con gli  obiettivi
della comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo
«Un percorso verso un pianeta piu' sano per tutti  -  Piano  d'azione
dell'UE: Verso l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e  il  suolo».
La transizione verde verso un'economia basata sulle energie da  fonti
rinnovabili contribuira' a conseguire gli obiettivi  della  decisione
(UE) 2022/591 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira
altresi'  a  proteggere,   ripristinare   e   migliorare   lo   stato
dell'ambiente, mediante, tra l'altro, l'interruzione  e  l'inversione
del processo di perdita di biodiversita'. [...]. 
        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall'invasione
dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di
COVID-19  ha   provocato   un'impennata   dei   prezzi   dell'energia
nell'intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita'  di
accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso  delle  energie
da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a
lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,
l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione  della  transizione
verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle
emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili
fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e
le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia. 
        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della
Commissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del
2030. Tale  comunicazione  prevede  l'anticipazione  delle  capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale
energia e capacita' supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi
fissati per l'aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio,  gli  Stati
membri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45  %  di  energia  da  fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. 
        (6)  [...]  E'  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano
combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e
della  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che
gli Stati membri decidono di perseguire. [...] 
        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu'  rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili
e per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone
terrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di
apportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per
il 2030  di  cui  all'art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)
2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell'obiettivo   della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita'  del
regolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero
garantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive
traiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e
dovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. 
        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme
di  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e
sottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le
energie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare
zone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di
accelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei  requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi'  facendo,  gli  Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate
di tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. 
        (27) L'uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di
energia rinnovabile e per  altre  attivita'  terrestri,  delle  acque
interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del  suolo,  delle
acque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione
territoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero
esplorare,  consentire  e  favorire  l'uso  polivalente  delle   zone
individuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri  agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare,  purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra  di  loro  e  possano
coesistere. [...] 
        (36) In considerazione  della  necessita'  di  accelerare  la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle
zone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi
progetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all'obbligo   di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle
autorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie
rinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle
autorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l'obiettivo  di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili
dovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto. 
    7.7. La direttiva (UE) 2023/2413,  per  tali  ragioni,  ha  anche
introdotto disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie
per assicurare che  i  contributi  nazionali  forniti  rispettino  il
perseguimento dell'obiettivo  complessivo  dell'Unione  in  relazione
alla produzione di energia  rinnovabile  per  il  2030.  Sono  state,
inoltre, previste zone di accelerazione per le  energie  rinnovabili,
nonche' specifiche procedure amministrative  per  il  rilascio  delle
relative autorizzazioni. 
    7.8. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo  e  del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli
192  e  194  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,
costituisce  la  necessaria  base  legislativa  per  una   governance
dell'Unione dell'energia  e  dell'azione  per  il  clima  affidabile,
inclusiva,  efficace  sotto  il  profilo  dei  costi,  trasparente  e
prevedibile che garantisca il conseguimento  degli  obiettivi  e  dei
traguardi a lungo termine fino al 2030, in  linea  con  l'Accordo  di
Parigi del 2015 sui  cambiamenti  climatici  -  derivante  dalla  21ª
Conferenza delle parti alla Convenzione quadro  delle  Nazioni  unite
sui cambiamenti climatici - attraverso sforzi complementari, coerenti
e ambiziosi da parte dell'Unione e degli Stati membri,  limitando  la
complessita' amministrativa nella materia in questione. 
    7.8.1. In particolare, il legislatore unionale,  nel  configurare
un siffatto meccanismo, ha considerato che: 
        (2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:
la   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell'energia;
l'efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'. 
        (3)  L'obiettivo  di  un'Unione  dell'energia  resiliente   e
articolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e'  di
fornire ai consumatori  dell'UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di
promuovere la ricerca e l'innovazione  attraendo  investimenti;  cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, in particolare  promuovendo  l'efficienza  energetica  e  i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile
[...] 
        (7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il
40 % delle emissioni di gas a effetto  serra  nel  sistema  economico
entro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e'  stato  formalmente
approvato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,
quale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,
dell'Unione e dei suoi Stati membri all'Accordo di Parigi.  L'Accordo
di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5  ottobre  2016  ed  e'
entrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l'approccio
adottato nell'ambito del Protocollo di Kyoto del 1997, che  e'  stato
approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio
e che non sara' prorogato dopo il 2020. E'  opportuno  aggiornare  di
conseguenza  il  sistema  dell'Unione  per  il  monitoraggio   e   la
comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto
serra. 
        (8) L'Accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione
globale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l'obiettivo  di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto
di 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad
adoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C
rispetto ai livelli preindustriali [...] 
        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il
Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di
governance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi
superflui e con una sufficiente flessibilita' per  gli  Stati  membri
per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di
politica energetica, nel pieno rispetto della  liberta'  degli  Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...] 
        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi  del
quadro 2030 per il clima e l'energia,  nei  settori  della  riduzione
delle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia
rinnovabili e dell'efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e  dalla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere  considerato  secondario  rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia
e  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo
flessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche'  tale  flessibilita'  sia
compatibile    con    l'ulteriore    integrazione    del     mercato,
l'intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...] 
        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo
termine con una prospettiva di almeno trent'anni per  contribuire  al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell'UNFCCC  e
all'Accordo di Parigi, nel contesto  dell'obiettivo  dell'Accordo  di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per
limitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in  tutti  i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...]. 
        (56)  Se  l'ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per
l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente
per  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell'Unione
dell'energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il
raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile
e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a
livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di
tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di
ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali  obiettivi  e
traguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la
Commissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire
il  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi'  eventuali
«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi'  tenere
conto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il
2020 o nell'attuazione del loro contributo  all'obiettivo  vincolante
dell'Unione di almeno il 32 % di energia  rinnovabile  nel  2030.  In
materia di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un
meccanismo  di  finanziamento  dell'energia  rinnovabile  nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione,  offrendo  cosi'  agli  Stati  membri  la  possibilita'  di
contribuire al  conseguimento  dell'obiettivo  dell'Unione  al  minor
costo possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di
rinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero
essere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza
energetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti. 
        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di
energia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all'allegato  I  della
direttiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento. 
        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di
riferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento
in cui il divario in questione si e' verificato,  sia  ai  sensi  del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». 
    7.8.2. Il  meccanismo  di  governance  previsto  dal  regolamento
2018/1999/UE, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate
con l'art. 2 della direttiva 2023/2413/UE, prevede, tra l'altro, che: 
        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla
Commissione un piano nazionale integrato per  l'energia  e  il  clima
[...]» (art. 3, paragrafo 1): 
          «Ciascuno Stato membro definisce nel  suo  Piano  nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato  I,
sezione A, punto 2: 
a) dimensione «decarbonizzazione»: [...] 
2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile: 
al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota
di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art.  3,  paragrafo  1,
della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell'aumento
totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il
suo contributo all'obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il  43  %
dell'aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra
l'obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad
almeno il 65 % dell'aumento totale della quota di  energia  da  fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. 
Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno  il
contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato  membro  prevede
di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la
sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si aspetta di
raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,  nel  loro
insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei  punti  di  riferimento
dell'Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all'obiettivo   vincolante
dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il  2030  di  cui
all'art.  3,   paragrafo   1,   della   direttiva   (UE)   2018/2001.
Indipendentemente dal  suo  contributo  all'obiettivo  dell'Unione  e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi  per
finalita' di politica nazionale» (art. 4); 
        «Nel proprio contributo alla  propria  quota  di  energia  da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo  di  energia  del  2030  e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene
conto degli elementi seguenti: 
          a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; 
          b)  misure  adottate  per  conseguire   il   traguardo   di
efficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; 
          c) altre misure  esistenti  volte  a  promuovere  l'energia
rinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di
Unione; 
          d) l'obiettivo nazionale  vincolante  2020  di  energia  da
fonti  rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  di  cui
all'allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; 
          e) le circostanze pertinenti che incidono sulla  diffusione
dell'energia rinnovabile, quali: 
i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione; 
ii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro
capite; 
iii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili
efficace sul piano dei costi; 
iv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli
delle zone e regioni non interconnesse; 
v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; 
vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi pregressi
[...] 
        2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che  la  somma
dei rispettivi contributi  ammonti  almeno  all'obiettivo  vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5); 
        «[...] 3. Se nel settore dell'energia  rinnovabile,  in  base
alla valutazione di cui all'art. 29, paragrafi 1 e 2, la  Commissione
conclude che uno  o  piu'  punti  di  riferimento  della  traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all'art.  29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei  rispettivi  punti  di
riferimento nazionali  di  cui  all'art.  4,  lettera  a),  punto  2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: 
          a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare  la  diffusione
dell'energia rinnovabile; 
          b)  l'adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti
rinnovabili nel settore del riscaldamento  e  raffreddamento  di  cui
all'art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; 
          c)  l'adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti
rinnovabili nel settore dei trasporti di cui all'art.  25,  paragrafo
1, della direttiva (UE) 2018/2001; 
          d) un pagamento finanziario  volontario  al  meccanismo  di
finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile  istituito  a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da
fonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla
Commissione, come indicato all'art. 33; 
          e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla
direttiva (UE) 2018/2001 [...]» (art. 32). 
    7.9. Come gia' esposto in precedenza, il decreto  legislativo  n.
199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE)  2018/2001  del
Parlamento europeo e del  Consiglio,  dell'11  dicembre  2018,  sulla
promozione dell'uso dell'energia da  fonti  rinnovabili»  e  si  pone
«l'obiettivo di accelerare il percorso di  crescita  sostenibile  del
Paese,  recando  disposizioni  in  materia  di   energia   da   fonti
rinnovabili,   in   coerenza   con   gli   obiettivi    europei    di
decarbonizzazione del  sistema  energetico  al  2030  e  di  completa
decarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti,  i  meccanismi,
gli incentivi e il quadro  istituzionale,  finanziario  e  giuridico,
necessari per il raggiungimento degli obiettivi di  incremento  della
quota di energia da fonti rinnovabili al 2030,  in  attuazione  della
direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto  dei  criteri  fissati  dalla
legge 22 aprile 2021, n. 53» (art. 1, commi 1 e 2). 
    In  vista  del  perseguimento  di  tali  finalita',  il   decreto
legislativo n. 199/2021 reca «disposizioni necessarie  all'attuazione
delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di  seguito
anche:  PNRR)  in  materia   di   energia   da   fonti   rinnovabili,
conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia e  il  clima
(di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare un insieme
di misure e strumenti coordinati,  gia'  orientati  all'aggiornamento
degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento  (UE)
n. 2021/1119, con il quale  si  prevede,  per  l'Unione  europea,  un
obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di  gas  a  effetto
serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro  il
2030» (art. 1, comma 3). 
    7.10.   Come   ripetutamente   rilevato   dalla    giurisprudenza
costituzionale (cfr., ex multis, Corte costituzionale sentenze numero
121/2022, 77/2022, 106/2020, 286/2019, 69/2018, 13/2014  e  44/2011),
la normativa eurounitaria (nonche' quella nazionale) e' ispirata  nel
suo insieme al principio fondamentale  di  massima  diffusione  delle
fonti di energia rinnovabili, che tra l'altro «trova attuazione nella
generale utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento di tali
impianti, con le  eccezioni  [...]  ispirate  alla  tutela  di  altri
interessi costituzionalmente protetti» (cfr., in  particolare,  Corte
costituzionale, sentenza n. 13/2014). 
    7.11. La disciplina originariamente contenuta  nell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all'individuazione  delle
aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti  alimentati
da fonti  rinnovabili,  non  prevedeva  alcun  divieto  generalizzato
rispetto alla realizzazione di impianti FER su  terreni  classificati
come agricoli dai vigenti piani urbanistici. 
    L'art. 20, comma 3, di tale decreto, in effetti,  stabilisce  che
«nella definizione  della  disciplina  inerente  le  aree  idonee,  i
decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del
patrimonio  culturale  e  del  paesaggio,  delle  aree   agricole   e
forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando
l'utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni
industriali e parcheggi, nonche' di aree a destinazione  industriale,
artigianale, per servizi e logistica, e  verificando  l'idoneita'  di
aree non utilizzabili per  altri  scopi,  ivi  incluse  le  superfici
agricole non utilizzabili». 
    Tale disposizione, pur prendendo espressamente in  considerazione
l'esigenza di approntare tutela alle aree agricole, da  un  lato  non
pone alcuna preclusione assoluta all'installazione di impianti FER su
tale tipologia di siti e, dall'altro, stabilisce chiaramente  che  le
superfici agricole non utilizzabili costituiscono, tra le altre, aree
privilegiate per l'installazione degli impianti FER. 
    L'art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre,
prevede che «Le aree non incluse  tra  le  aree  idonee  non  possono
essere  dichiarate  non  idonee  all'installazione  di  impianti   di
produzione  di  energia  rinnovabile,  in  sede   di   pianificazione
territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti,  in  ragione
della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». 
    Il successivo comma 8, poi, nell'individuare transitoriamente  le
aree ritenute idonee alla installazione di impianti  FER,  stabilisce
quanto segue «fatto salvo quanto previsto alle lettere  a),  b),  c),
c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese  nel  perimetro  dei
beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22  gennaio
2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici  di  cui  all'art.
142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto,  ne'  ricadono  nella
fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della  parte
seconda oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo». 
    7.12. L'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021
ha, di contro, determinato un radicale mutamento di  regime  rispetto
all'assetto  previgente,  prevedendo   che   «L'installazione   degli
impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra,   in   zone
classificate agricole dai piani urbanistici  vigenti,  e'  consentita
esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente  agli
interventi  per  modifica,  rifacimento,  potenziamento  o  integrale
ricostruzione degli impianti gia' installati, a  condizione  che  non
comportino incremento dell'area occupata, c), incluse  le  cave  gia'
oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano  di  coltivazione
terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di
discarica chiusi  ovvero  ripristinati,  c-bis),  c-bis.1)  e  c-ter,
numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il  primo  periodo
non  si  applica  nel  caso  di  progetti  che   prevedano   impianti
fotovoltaici  con  moduli  collocati   a   terra   finalizzati   alla
costituzione  di  una  comunita'  energetica  rinnovabile  ai   sensi
dell'art. 31  del  presente  decreto  nonche'  in  caso  di  progetti
attuativi delle altre misure di investimento del Piano  nazionale  di
ripresa e resilienza (PNRR), approvato con  decisione  del  Consiglio
ECOFIN  del  13  luglio  2021,  come  modificato  con  decisione  del
Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per  gli
investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui  all'art.  1  del
decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari  per
il conseguimento degli obiettivi del PNRR». 
    7.13. Pertanto, successivamente  alle  modifiche  introdotte  nel
decreto legislativo n. 199/2021 ad opera dell'art. 5,  comma  1,  del
decreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli
collocati a terra possono essere realizzati soltanto: 
        a) nei siti ove sono gia' installati  impianti  della  stessa
fonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,
potenziamento o ricostruzione, senza incremento dell'area occupata; 
        b)  presso  cave  e  miniere  cessate,   non   recuperate   o
abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le  porzioni  di
cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; 
        c) presso i siti e gli impianti  nelle  disponibilita'  delle
societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di
infrastrutture  ferroviarie  nonche'  delle  societa'  concessionarie
autostradali; 
        d) presso i siti e gli impianti  nella  disponibilita'  delle
societa'   di   gestione   aeroportuale   all'interno   dei    sedimi
aeroportuali; 
        e) nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli
stabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un
perimetro i cui punti distino non piu'  di  500  metri  dal  medesimo
impianto o stabilimento; 
        f) nelle aree adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una
distanza non superiore a 300 metri. 
    7.14. Dalla richiamata elencazione si desume  che,  in  sostanza,
sulla generalita' dei terreni classificati agricoli (pari a circa  la
meta' della superficie del territorio italiano) risulta  preclusa  la
realizzazione di qualsiasi intervento di  installazione  di  impianti
fotovoltaici con moduli collocati  a  terra,  residuando,  di  fatto,
unicamente la possibilita' di realizzare interventi  consistenti  nel
mero rifacimento/modifica/ricostruzione di impianti  gia'  esistenti,
sempre che cio' non comporti consumo di ulteriore terreno agricolo. 
    7.15. Se e' vero che il divieto introdotto  dall'art.  20,  comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 non  riguarda  i  progetti
attuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, e' pur vero  che
detti  progetti  non  comprendono,  ne'  esauriscono,  tutti   quelli
necessari al  raggiungimento  dei  target  previsti  dal  PNIEC,  che
rappresenta lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per il
conseguimento degli obiettivi vincolanti fissati dall'Unione  europea
in relazione alla  quota  di  energia  rinnovabile  che  deve  essere
assicurata  dai  singoli  Stati  membri  nel   contesto   dell'Unione
dell'energia. 
    Gia' tale circostanza evidenzia come la previsione di un  divieto
di portata pari  a  quella  stabilita  dalla  disposizione  normativa
sospettata di incostituzionalita' rischi  di  mettere  seriamente  in
pericolo il conseguimento degli obiettivi energetici unionali. 
    L'applicazione  di  un  siffatto  divieto,  invero,  si  appalesa
suscettibile di sottrarre una larga porzione del territorio  agricolo
nazionale a ogni possibile utilizzo  della  tecnologia  fotovoltaica,
senza che siano prevedibili  e  siano  stati  vagliati  i  potenziali
effetti sul rispetto delle traiettorie stabilite in sede unionale  in
merito alla quota di energia da fonti  rinnovabili  che  deve  essere
assicurata dall'Italia. 
    Oltretutto, in considerazione dello  stato  di  attuazione  della
disciplina dettata dall'art. 20, comma 1, del decreto legislativo  n.
199/2021, nonche' degli ampi margini di flessibilita' che il  decreto
ministeriale  del  21   giugno   2024   lascia   alle   regioni   per
l'individuazione delle aree non  idonee,  l'impatto  del  divieto  in
questione risulta del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un
severo  limite  all'individuazione   delle   zone   disponibili   per
l'installazione degli impianti FER che, in  base  a  quanto  previsto
dall'art. 15-ter,  paragrafo  1,  secondo  periodo,  della  direttiva
2018/2001/UE, devono essere commisurate «alle traiettorie  stimate  e
alla potenza totale installata pianificata delle  tecnologie  per  le
energie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l'energia e  il
clima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del  regolamento  (UE)
2018/1999». 
    7.16. Peraltro, si e' gia' avuto modo di porre in  evidenza  che,
in forza  dell'art.  32  del  regolamento  2018/1999/UE,  laddove  la
Commissione europea ritenga che uno o piu' punti di riferimento della
traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e  2027  non  siano
stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 risultino
al di sotto di  uno  o  piu'  dei  rispettivi  punti  di  riferimento
nazionali, saranno interessati dall'esercizio degli specifici  poteri
della Commissione europea. 
    Tali Stati, in particolare, entro un anno dalla valutazione della
Commissione europea saranno tenuti ad adottare  misure  supplementari
(art. 32, paragrafo 3, del regolamento 2018/1999/UE), tra le quali e'
incluso anche il pagamento finanziario volontario  al  meccanismo  di
finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile  istituito  a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da
fonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla
Commissione. 
    La sottrazione  indiscriminata  di  larga  parte  del  territorio
nazionale  all'utilizzo  della  tecnologia  fotovoltaica  con  moduli
collocati  a  terra,  laddove  si   risolva   in   un   ostacolo   al
raggiungimento degli obiettivi dell'Unione dell'energia, potrebbe far
sorgere in capo allo Stato  italiano  l'obbligo  di  adottare  misure
supplementari, il cui impatto sulle finanze  pubbliche  potrebbe  non
essere trascurabile. 
    Giova, inoltre, evidenziare che la  mera  adozione  delle  misure
supplementari richieste dalla Commissione europea potrebbe non essere
sufficiente  a  riallineare  lo  Stato  italiano  sulle   traiettorie
unionali in tema di energia rinnovabile, come risulta  dall'art.  32,
paragrafo 2, secondo capoverso, del regolamento 2018/1999/UE, a mente
del quale «Qualora le misure nazionali  risultino  insufficienti,  la
Commissione, se opportuno, propone misure ed esercita i propri poteri
a livello unionale in aggiunta a  tali  raccomandazioni  al  fine  di
assicurare,  in   particolare,   il   conseguimento   del   traguardo
dell'Unione al 2030 sul versante dell'energia rinnovabile». 
    7.17. Il  divieto  introdotto  dall'art.  20,  comma  1-bis,  del
decreto legislativo n.  199/2021,  inoltre,  appare  porsi  anche  in
contrasto con un ulteriore principio di matrice unionale. 
    In particolare, nell'ambito del processo di individuazione  delle
zone necessarie per i contributi nazionali all'obiettivo  complessivo
dell'Unione al 2030 sul versante dell'energia rinnovabile,  viene  in
rilievo  il  disposto  di  cui  all'art.   15-ter   della   direttiva
2018/2001/UE, a mente del quale «Gli Stati membri  favoriscono  l'uso
polivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti  in  materia
di energia rinnovabile sono compatibili con gli usi  preesistenti  di
tali zone» (art. 15-ter, paragrafo 3). 
    Come gia' rilevato in precedenza,  il  considerando  27  di  tale
direttiva  precisa  che  «Gli  Stati  membri  dovrebbero   esplorare,
consentire e favorire l'uso  polivalente  delle  zone  individuate  a
seguito delle misure di pianificazione territoriali adottate.  A  tal
fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove  necessario,
cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche' i  diversi  usi  e
attivita' siano compatibili tra di loro e possano coesistere». 
    Il divieto introdotto dalla disposizione normativa sospettata  di
incostituzionalita' nell'ambito  del  presente  giudizio  istituisce,
invece, un  insanabile  conflitto  tra  l'utilizzo  della  tecnologia
fotovoltaica con moduli collocati a terra e l'uso del  suolo  a  fini
agricoli che il legislatore ha risolto in radice, vietando in maniera
generalizzata l'installazione in area  agricola  degli  impianti  FTV
caratterizzati da tale tecnologia. 
    7.18. Ad avviso del Collegio,  il  divieto  in  questione,  nella
misura in cui e' suscettibile di ostacolare il  raggiungimento  degli
obiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie
rinnovabili,  si  pone  anche  in  posizione  critica  rispetto  alla
strategia  di  adattamento  ai  cambiamenti   climatici   dell'Unione
europea. 
    Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi  dell'art.   5   del
regolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell'Unione e gli
Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della
capacita' di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e  nella
riduzione  della   vulnerabilita'   ai   cambiamenti   climatici   in
conformita' dell'art. 7 dell'Accordo  di  Parigi.  Tali  istituzioni,
inoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in   materia   di
adattamento nell'Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si
sostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le
politiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio
l'adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». 
    7.18.1. In proposito, giova rilevare che la Commissione  europea,
con la comunicazione COM(2021)82 final, relativa alla nuova Strategia
dell'Unione europea per l'adattamento ai  cambiamenti  climatici,  ha
affermato che «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di  crescita
dell'UE per un futuro sostenibile, si basa sulla  consapevolezza  che
la trasformazione verde e' un'opportunita' e che la mancata azione ha
un costo enorme. Con esso l'UE ha mostrato la propria leadership  per
scongiurare lo scenario peggiore  -  impegnandosi  a  raggiungere  la
neutralita' climatica - e prepararsi al meglio - puntando  ad  azioni
di adattamento piu' ambiziose che si fondano sulla strategia  dell'UE
di adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede  che  nel
2050 l'UE sara' una societa' resiliente ai cambiamenti climatici, del
tutto adeguata agli inevitabili impatti  dei  cambiamenti  climatici.
Cio' significa che entro il 2050, anno in cui l'Unione aspira ad aver
raggiunto la neutralita' climatica, avremo rafforzato la capacita' di
adattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita'  agli  effetti  dei
cambiamenti climatici, in linea con l'Accordo  di  Parigi  e  con  la
proposta di legge europea sul clima». 
    Il  raggiungimento  dei  target  di  potenza   installata   delle
tecnologie  rinnovabili  costituisce,   all'evidenza,   un   elemento
centrale  per  conseguire  nel  lungo   termine   l'obiettivo   della
neutralita' climatica, che viene posto seriamente a  rischio  da  una
disciplina,  quale   quella   censurata,   che   vieta   in   maniera
generalizzata sulla quasi totalita' del territorio agricolo nazionale
l'installazione di impianti FER dotati di tecnologia fotovoltaica con
pannelli collocati a terra. 
    7.19. Il divieto in questione, peraltro, appare  anche  porsi  in
contrasto con il principio di integrazione sancito dall'art.  11  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dall'art.  37  della
Carta di Nizza, sulla scorta del quale «Le esigenze connesse  con  la
tutela dell'ambiente devono  essere  integrate  nella  definizione  e
nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in  particolare
nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». 
    Come noto, l'integrazione ambientale in tutti i settori  politici
pertinenti  (agricoltura,  energia,  pesca,   trasporti,   ecc.)   e'
funzionale a  ridurre  le  pressioni  sull'ambiente  derivanti  dalle
politiche e dalle attivita' di altri settori e  per  raggiungere  gli
obiettivi ambientali e climatici. 
    Il divieto introdotto dall'art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021 all'interno di un corpo normativo finalizzato
a  dare  attuazione,  nell'ordinamento   giuridico   italiano,   alle
previsioni della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell'uso  di
energia  da  fonti  rinnovabili,  quale  obiettivo   della   politica
energetica dell'Unione europea, appare violare l'art. 117,  comma  1,
della Costituzione anche per le seguenti ragioni: 
        si inserisce nel complesso delle previsioni dell'art. 20  del
decreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo,
tant'e'  che   le   relative   previsioni   non   risultano   neppure
adeguatamente coordinate con il resto dell'articolato  normativo  (si
consideri, ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20,  nella  parte
in cui prevede che  con  i  decreti  di  cui  al  comma  1  si  debba
verificare, tra l'altro, «l'idoneita' di aree  non  utilizzabili  per
altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili»); 
        il divieto in parola presenta una valenza assoluta, in quanto
il  legislatore  non  ha  istituito   alcuna   forma   di   possibile
bilanciamento tra i  contrastanti  valori  in  gioco.  In  tal  modo,
invero, e' stata sancita una insuperabile  prevalenza  dell'interesse
alla conservazione dello stato dei luoghi  dei  terreni  classificati
come aree  agricole,  del  tutto  sganciata  da  una  valutazione  in
concreto  della  effettiva  utilizzabilita'  di  tali  aree  a   fini
agricoli. Non puo', pertanto, mancarsi di rilevare, che  tale  scelta
legislativa risulta innesta una contraddizione  interna  al  medesimo
decreto legislativo n. 199/2021, appalesandosi antitetica rispetto al
perseguimento dell'obiettivo normativo per  il  quale  lo  stesso  e'
stato emanato, dato dalla promozione dell'uso dell'energia  da  fonti
rinnovabili. 
    Tali ulteriori considerazioni rafforzano, ad avviso del Collegio,
il sospetto di incostituzionalita' dell'art.  20,  comma  1-bis,  del
decreto legislativo n. 199/2021, avvalorando come l'introduzione  del
contestato divieto si ponga in contrasto  con  la  cornice  normativa
europa in materia di Unione dell'energia. 
    7.20. Ad avviso  del  Collegio,  sulla  scorta  delle  precedenti
considerazioni, appare che la disposizione  normativa  sospettata  di
incostituzionalita'   confligga   anche   con   il    principio    di
proporzionalita',  che  rileva  non  solo  quale  principio   cardine
dell'ordinamento eurounionale, ma anche ai fini della  compatibilita'
costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.
199/2021 rispetto all'art. 3 della Costituzione. 
    In proposito, occorre innanzitutto porre in evidenza che la Corte
di giustizia dell'Unione europea  ha  piu'  volte  ribadito  che  «il
principio di proporzionalita' e' un principio  generale  del  diritto
comunitario  che  dev'essere   rispettato   tanto   dal   legislatore
comunitario quanto dai legislatori e  dai  giudici  nazionali»  (cfr.
CGUE,  Sezione  Quinta,  sentenza  dell'11  giugno  2009,  in   causa
C-170/08, H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur  en
Voedselkwaliteit,  par.  41).  Il   sindacato   di   proporzionalita'
costituisce, inoltre, un  aspetto  del  controllo  di  ragionevolezza
delle  leggi  condotto  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   onde
verificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente
rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da  determinare
il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e
pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. 
    Come la  stessa  Corte  costituzionale  ha  gia'  avuto  modo  di
precisare «Tale  giudizio  deve  svolgersi  "attraverso  ponderazioni
relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal  legislatore
nella  sua  insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle  esigenze
obiettive da soddisfare o  alle  finalita'  che  intende  perseguire,
tenuto conto delle  circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente
sussistenti" (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita'
utilizzato  da  questa  Corte  come  da  molte  delle   giurisdizioni
costituzionali europee, spesso insieme con quello di  ragionevolezza,
ed essenziale strumento della Corte di giustizia dell'Unione  europea
per  il  controllo  giurisdizionale  di   legittimita'   degli   atti
dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se  la  norma
oggetto di scrutinio, con la misura e le  modalita'  di  applicazione
stabilite, sia necessaria e  idonea  al  conseguimento  di  obiettivi
legittimamente perseguiti, in quanto, tra  piu'  misure  appropriate,
prescriva  quella  meno  restrittiva  dei  diritti  a   confronto   e
stabilisca oneri non  sproporzionati  rispetto  al  perseguimento  di
detti obiettivi» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014). 
    7.20.1. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un  divieto
generalizzato e sostanzialmente assoluto  all'utilizzo,  su  un'ampia
parte del territorio nazionale,  di  una  determinata  tecnologia  di
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta  di
una soluzione  del  tutto  diversa  rispetto  a  quella  adottata  in
funzione  di  tutela  di  tutti  gli  altri  valori  che  entrano  in
bilanciamento con il principio  di  massima  diffusione  delle  fonti
rinnovabili:   le   esigenze   di   tutela    dell'ambiente,    della
biodiversita', dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,
attraverso  l'individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in
precedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi'  zone  in
cui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,
e' altamente verosimile che si approdi a un esito negativo  dell'iter
di autorizzazione, relativamente alla valutazione  di  compatibilita'
ambientale dei progetti che interessano tali aree. 
    Cio', peraltro, non osta  alla  possibilita'  di  verificare,  in
concreto  e  nell'ambito  dei  singoli  procedimenti   autorizzativi,
l'effettiva  compatibilita'  degli  interventi   proposti   con   gli
ulteriori e confliggenti interessi pubblici. 
    Di contro, l'art. 20, comma 1-bis,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021, introduce un divieto di tale portata che  risulta  preclusa
in radice la possibilita',  per  le  amministrazioni  procedenti,  di
operare un bilanciamento tra  i  contrapposti  interessi  in  giuoco.
Infatti,  risulta  gia'  stata  affermata  a  monte,  da  parte   del
legislatore, la prevalenza assoluta e  incondizionata  dell'interesse
alla conservazione dei suoli  classificati  agricoli,  rispetto  alla
possibile funzionalizzazione degli stessi  al  soddisfacimento  delle
esigenze energetiche correlate con gli obiettivi assunti  dall'Italia
a livello unionale. 
    7.21. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in  disparte  i  gia'
evidenziati profili di contrasto con  il  diritto  unionale,  che  ai
sensi dell'art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l'ambiente,
la biodiversita' e gli ecosistemi «anche nell'interesse delle  future
generazioni»,  con  cio'  incorporando  il  principio   di   sviluppo
sostenibile nell'ambito  dei  principi  fondamentali  in  materia  di
tutela ambientale. 
    Il divieto introdotto con l'art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021, invero, comporta l'incondizionato sacrificio
di tale principio, ponendosi cosi' in possibile contrasto con  l'art.
9  della   Costituzione   e   con   la   consolidata   giurisprudenza
costituzionale in base  alla  quale  «Tutti  i  diritti  fondamentali
tutelati dalla Costituzione si trovano in  rapporto  di  integrazione
reciproca e non e' possibile pertanto individuare  uno  di  essi  che
abbia la prevalenza assoluta  sugli  altri.  La  tutela  deve  essere
sempre "sistemica  e  non  frazionata  in  una  serie  di  norme  non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro" (sentenza n. 264  del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata  espansione
di uno dei diritti, che  diverrebbe  "tiranno"  nei  confronti  delle
altre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni
democratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza
pretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non  prefissato  in  anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di
proporzionalita' e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un
sacrificio del loro nucleo essenziale»  (cfr.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 85/2013). 
    7.22. Sotto  un  differente  profilo,  vale  evidenziare  che  il
contestato  divieto  trova  applicazione   a   partire   dalla   mera
classificazione  di  un'area  come  agricola   in   base   ai   piani
urbanistici, senza che alcuna rilevanza possa a tal fine assumere  il
suo utilizzo, concreto o potenziale, a fini agricoli. 
    Anche per tale ragione la  disposizione  normativa  in  questione
sembra caratterizzata da  irragionevolezza  e  non  proporzionalita',
atteso che la dichiarata finalita' di contrastare il consumo di suolo
agricolo  non  e'  riscontrabile  (o  quantomeno  non   nei   termini
incondizionati e assoluti previsti da tale norma) in  relazione  alle
superfici agricole non utilizzabili o degradate. 
    Manca, inoltre,  qualsivoglia  considerazione  della  qualita'  e
dell'importanza  delle  colture  eventualmente  praticate  sui  suoli
interdetti all'installazione degli impianti FTV con moduli  collocati
a terra. 
    7.23. Vale, poi, richiamare quanto previsto nelle Linee guida  di
cui al decreto ministeriale del  10  settembre  2010,  in  base  alle
quali: 
        le zone classificate agricole dai vigenti  piani  urbanistici
non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; 
        l'individuazione delle aree e dei siti non  idonei  non  puo'
riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente
soggette a tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio
storico-artistico, ne'  tradursi  nell'identificazione  di  fasce  di
rispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate
esigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e'   infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate
nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle
regioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all'uopo
preposte, che sono tenute a garantirla all'interno  del  procedimento
unico e della procedura di valutazione  dell'impatto  ambientale  nei
casi previsti; 
        le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non
idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree
particolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni
territoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da
produzioni agricolo-alimentari di  qualita'  (produzioni  biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste
dalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un'elevata
capacita' d'uso del suolo. 
    7.24. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta  conforme
alle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri
dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui
non  puo'  essere  sviluppata   l'energia   rinnovabile   («zone   di
esclusione»).  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e
trasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle
restrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone
dell'aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere
basate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo
perseguito massimizzando la disponibilita' di spazio per lo  sviluppo
dei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli
di  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   Raccomandazione   (UE)
2024/1343 della Commissione del  13  maggio  2024  sull'accelerazione
delle procedure autorizzative per l'energia da fonti rinnovabili e  i
progetti infrastrutturali correlati). 
    La disciplina posta, in primis, dall'art. 5 del decreto-legge  n.
63/2024 e poi confluita nel contestato  art.  20,  comma  1-bis,  del
decreto legislativo  n.  199/2021  si  traduce,  invece,  nell'esatto
opposto, ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, che
non risulta fondato su dati concreti e che appare  porsi  in  patente
contrasto con l'obietto di massimizzazione  della  disponibilita'  di
spazio per lo sviluppo dei progetti correlati con  la  produzione  di
energia da fonte rinnovabile. 
V.  Le  questioni  di  costituzionalita'  da  sottoporre  alla  Corte
costituzionale. 
    8. Il Collegio, sulla scorta di tutte le considerazioni  sino  ad
ora  esposte,  ritiene  che  siano  rilevanti  e  non  manifestamente
infondate le questioni di legittimita' costituzionale prospettate nel
presente giudizio in relazione all'art. 20, comma 1-bis, del  decreto
legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art. 5,  comma  1,  del
decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 101/2024. 
    Il Collegio,  in  particolare,  sospetta  che  tale  disposizione
normativa si ponga in contrasto con il  dettato  costituzionale,  per
aver introdotto un divieto  all'installazione  in  area  agricola  di
impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra  che  appare
contrario agli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della  Costituzione,
anche  in  relazione  ai  principi  espressi  dalla  direttiva   (UE)
2018/2001 e dal regolamento (UE)  2018/1999,  come  modificati  dalla
direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119. 
    8.1. Le sollevate questioni di costituzionalita' vanno  del  pari
riferite all'art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto  legislativo
25  novembre  2024,  n.   190,   recante   «Disciplina   dei   regimi
amministrativi per la produzione di energia  da  fonti  rinnovabili»,
laddove prevede che «Gli interventi di cui all'art. 1, comma 1,  sono
considerati di pubblica utilita', indifferibili e urgenti  e  possono
essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti  piani
urbanistici, nel rispetto  di  quanto  previsto  all'art.  20,  comma
1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». 
    Tale  disposizione  normativa,  infatti,  riproduce  il   divieto
sancito  dall'art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021. 
VI. Conclusioni. 
    9. In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni: 
        il primo motivo di ricorso deve essere  respinto,  stante  la
sua infondatezza; 
        la questione di legittimita' costituzionale  prospettata  con
il secondo motivo di ricorso in relazione all'art. 77, comma 2, della
Costituzione deve essere dichiarata manifestamente infondata; 
        risultano, invece, rilevanti e non  manifestamente  infondate
le questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  20,  comma
1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art.
5,  comma  1,  del  decreto-legge   n.   63/2024,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli
3, 9, 11 e117, comma 1, della Costituzione,  anche  in  relazione  ai
principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento
(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,
nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119. 
    9.1. Ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge 11  marzo  1953,
n.  87,  il  presente  giudizio  e'  sospeso  fino  alla  definizione
dell'incidente di costituzionalita'. 
    9.2. Ai sensi dell'art. 23, commi 4 e 5,  della  legge  11  marzo
1953, n.  87,  la  presente  sentenza  sara'  comunicata  alle  parti
costituite, notificata al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e
comunicata anche al Presidente  del  Senato  della  Repubblica  e  al
Presidente della Camera dei deputati. 
    9.3. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito  e  in  ordine
alle spese resta riservata alla  decisione  definitiva  del  presente
giudizio.  

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
Terza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul  ricorso,
come in epigrafe proposto, cosi' dispone: 
        a) lo rigetta, nei sensi di cui in motivazione, in  relazione
al primo motivo di ricorso; 
        b)  dichiara  manifestamente  infondata   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma  1-bis,  del  decreto
legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art. 5,  comma  1,  del
decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 101/2024, per violazione dell'art. 77 della Costituzione; 
        c) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei
termini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.
199/2021, nonche' dell'art. 2, comma 2, primo  periodo,  del  decreto
legislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli  3,  9,  11  e
117, comma 1, della Costituzione,  anche  in  relazione  ai  principi
espressi dalla  direttiva  (UE)  2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)
2018/1999, come modificati dalla direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche'
dal regolamento (UE) 2021/1119; 
        d) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti
alla definizione dell'incidente  di  costituzionalita'  e,  ai  sensi
dell'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        e) dispone la  comunicazione  della  presente  sentenza  alle
parti in causa,  nonche'  la  sua  notificazione  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della  Repubblica  e
al Presidente della Camera dei deputati; 
        f) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito  del  giudizio
incidentale promosso con la presente sentenza. 
    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa. 
        Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del  giorno  5
febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati: 
          Elena Stanizzi, Presidente; 
          Luca Biffaro, referendario, estensore; 
          Marco Savi, referendario. 
 
                       Il Presidente: Stanizzi 
 
 
                                                 L'estensore: Biffaro