Reg. ord. n. 150 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 13/05/2025
Tra: Erg Solar Holding srl C/ Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed altri 1
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea e con la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici nonché con l’obiettivo complessivo dell’Unione europea al 2030 – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Divieto di valenza assoluta non avendo il legislatore istituito alcun possibile bilanciamento tra i contrastanti interessi in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, sganciata da una valutazione concreta dell’effettiva utilizzabilità di tali aree a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Contrasto con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 08/11/2021 Num. 199 Art. 20 Co. 1
decreto-legge del 15/05/2024 Num. 63 Art. 5 Co. 1
legge del 12/07/2024 Num. 101
decreto legislativo del 25/11/2024 Num. 190 Art. 2 Co. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025 Ordinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Erg Solar Holding s.r.l. contro il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri. Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a limitare l'uso del suolo agricolo - Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell'art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell'art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR - Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili - Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021. - Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018 , sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), art. 20, comma 1-bis, come introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonche' per le imprese di interesse strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in attuazione dell'articolo 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo. (GU n. 36 del 03-09-2025) IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sezione Terza Ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di registro generale 10379 del 2024, proposto da Erg Solar Holding S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comande', Enzo Puccio e Serena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Carlo Comande' in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 326; Contro Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, Ministero della cultura e Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Nei confronti della Regione Puglia, non costituita in giudizio; Per l'annullamento: degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21 giugno 2024 recante «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili» adottato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministero della cultura e il Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153 del 2 luglio 2024, nonche' i relativi allegati; di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero della cultura e del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 il dott. Luca Biffaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto 1.) La ricorrente ERG Solar Holding S.r.l. e' parte di un primario gruppo industriale attivo nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (eolica e solare). La societa' ricorrente ha esposto di aver gia' realizzato ed esercito, nonche' di essere in procinto di realizzare e di avere intenzione di realizzare ed esercire anche in futuro, impianti fotovoltaici a terra per la produzione di energia elettrica («Impianti FTV»). 1.1.) La societa' ricorrente ha, inoltre, esposto di avere in corso alcune iniziative per le quali avrebbe ottenuto la soluzione di connessione alla rete di trasmissione nazionale da parte del gestore ed avrebbe stipulato contratti idonei ad acquisire la disponibilita' giuridica delle aree dove sviluppare i progetti relativi agli impianti FTV, pur non avendo ancora avviato il relativo iter amministrativo di autorizzazione. 1.2.) Secondo quanto riferito dalla societa' ricorrente, l'iniziativa riguarderebbe un progetto da realizzare nella Regione Puglia, precisamente in Ascoli Satriano, e relativo ad un impianto FTV della potenza di 11,00 Mw. Detto progetto, in particolare, dovrebbe collocarsi in un'area con destinazione urbanistica agricola e, per tale ragione, risulterebbe direttamente inciso da quanto previsto dall'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, che stabilisce che «In esito al processo definitorio di cui al presente decreto, le regioni, garantendo l'opportuno coinvolgimento degli enti locali, individuano sul rispettivo territorio: [...] d) aree in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a tessa ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». 1.3.) La societa' ricorrente ha altresi' evidenziato che il divieto di realizzazione di impianti FTV in area agricola e' stato introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, recante «Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonche' per le imprese di interesse strategico nazionale», convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2024, n. 101 («decreto-legge agricoltura»), mediante la previsione del comma 1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili». In particolare, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, oltre a introdurre il suddetto divieto, ha anche previsto alcune esclusioni per progetti ubicati in siti specifici, nelle quali, tuttavia, non rientra il progetto che la societa' ricorrente avrebbe intenzione di realizzare. Il progetto in questione, peraltro, neppure potrebbe godere della salvaguardia prevista dal regime transitorio di cui all'art. 5, comma 2, del decreto-legge agricoltura, essendo quest'ultimo applicabile unicamente «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». 1.4.) Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, il divieto di installazione di impianti FTV in area agricola si estenderebbe a tutti i progetti fotovoltaici attualmente in esercizio in aree di tal guisa, nella misura in cui alle societa' che esercitano gli impianti sarebbe interdetta la possibilita' di un loro ampliamento territoriale, con totale ribaltamento del regime normativo rispetto a quello delineato dal decreto legislativo n. 199/2021 prima delle modifiche introdotte con il decreto-legge agricoltura. In particolare, erano state classificate come «aree idonee» le aree agricole racchiuse in un perimetro i cui punti di ampiezza pari a un massimo di cinquecento metri, con conseguente applicazione del regime autorizzativo semplificato a mente di quanto previsto dall'art. 22 del medesimo decreto legislativo n. 199/2021. 2.) La societa' ricorrente, con la proposizione del ricorso in esame affidato a quattro differenti motivi, ha impugnato in principalita' l'art. 1 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, lamentandone l'illegittimita' per violazione di legge ed eccesso di potere, e ne ha chiesto l'annullamento. In via subordinata, e' stata poi prospettata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per violazione degli articoli 9, 41, 77, comma 2, e 117, commi 1 e 3, della Costituzione. 2.1.) Con il primo motivo di ricorso e' stata contestata la legittimita' dell'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 per «Violazione e falsa applicazione dell'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 199/2021 - Violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003 - Violazione e falsa applicazione delle Linee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 - Violazione della delega - Eccesso di potere - Manifesta irragionevolezza - Violazione della direttiva 2009/28/CE, della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE». In particolare, con tale mezzo di gravame e' stata lamentata l'illegittimita' dell'art. 1, comma 2, lettera d), del gravato decreto ministeriale per violazione dell'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, sull'assunto che tale disposizione normativa abbia attribuito all'amministrazione ministeriale unicamente il compito di stabilire principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili («impianti FER»), aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee di cui all'art. 20, comma 8, del medesimo decreto legislativo n. 199/2021. Nessuna delega, per converso, sarebbe stata attribuita all'amministrazione ministeriale ai fini della individuazione di aree completamente interdette all'installazione di impianti FTV. Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, il decreto ministeriale del 21 giugno 2024, quale espressione dell'esercizio della delega legislativa di cui all'art. 20, commi 1 e 4, del decreto legislativo n. 199/2021, non avrebbe potuto essere utilizzato come veicolo giuridico per dare attuazione anche all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, indicando le aree nelle quali e' vietata l'installazione di impianti FTV. La societa' ricorrente, con un distinto profilo di censura, ha poi contestato la legittimita' della gravata disposizione del decreto ministeriale impugnato per contrasto con l'art. 12, comma 7, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, ai sensi del quale «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici». Detta previsione normativa, che costituisce attuazione degli obblighi discendenti dalla direttiva 2001/77/CE (integrandola con i principi di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»), prevede una ammissibilita' generalizzata per l'installazione di impianti FER in area agricola, fatte salve eventuali limitazioni ponderate caso per caso al ricorrere delle condizioni di cui al secondo periodo del comma 7. Di contro, quanto previsto dall'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non troverebbe alcun fondamento nella direttiva 2018/2001/UE, ne' nei criteri fissati dalla legge delega (legge 22 aprile 2021, n. 53). Pertanto, nel caso in cui la suddetta gravata previsione non sia suscettibile di essere interpretata nel senso che il divieto di installazione di impianti FTV in area agricola trovi applicazione solo nei limiti fissati dal secondo periodo del comma 7, dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003, la stessa risulterebbe illegittima per violazione dell'art. 117, commi 1 e 3, della Costituzione, in relazione, rispettivamente, ai vincoli derivanti dalla direttiva 2018/2001/UE e alle previsioni dello stesso art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003. 2.2.) La societa' ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, ha prospettato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 - nella misura in cui non sia possibile accedere a una lettura costituzionalmente orientata di tale previsione normativa - per «violazione e falsa applicazione dell'art. 77, comma secondo, della Costituzione». Secondo la tesi della societa' ricorrente, dalla disamina del «Preambolo» al decreto-legge agricoltura si evincerebbe che l'iniziativa governativa da cui ha preso le mosse l'approvazione dell'art. 5, comma 1, del menzionato decreto-legge - che, come visto, ha introdotto il contestato comma 1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - e' stata motivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita' e urgenza di contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola. Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe sussistente, in quanto nel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e' pari a 16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata (SAU) e' pari a 12,5 milioni di ettari; peraltro, 4 milioni di ettari di terreni agricoli risulterebbero attualmente abbandonati. La societa' ricorrente ha anche asserito che al 2023 risulterebbero installati impianti pari a una potenza di 30,3 GW, di cui, secondo i dati del GSE, 9,2 GW sarebbero imputabili a impianti FTV a terra che utilizzano 16.400 ettari di terreno, equivalenti solo allo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU. A detta della societa' ricorrente, l'installazione degli 84 GW di cui al Piano elettrico 2030/REPowerEU richiederebbe fino a 70.000 ettari di terreno - considerando l'ipotesi piu' estensiva secondo cui l'intero obiettivo fosse perseguito mediante l'utilizzo della sola tecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e senza considerare la quota installabile su edifici - equivalenti allo 0,2% del territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. Si tratterebbe, quindi, di una porzione marginale di suoli agricoli anche se paragonata ai 4 milioni di ettari di terreni agricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari di SAU. La societa' ricorrente, quindi, ha posto in rilievo come il dato fattuale posto dal Governo a fondamento dell'introduzione del contestato divieto di installazione di impianti FER, ossia il depauperamento dei suoli agricoli, sia in realta' carente, stante la incidenza minimale dei suoli agricoli destinabili alla installazione dei moduli fotovoltaici a terra rispetto alla SAT (ma anche in relazione alla minor quota di suoli agricoli abbandonati), nonche' in ragione del fatto che il perseguimento degli obiettivi europei deve avvenire mediante una combinazione di soluzioni tecnologiche che utilizzino anche immobili o infrastrutture gia' esistenti, con la conseguenza che solo una quota parte dei suoli agricoli risultera' interessata dalla installazione di impianti FER. Infine, secondo quanto riferito dalla societa' ricorrente alla luce dei dati riportati nel motivo di gravame in esame, l'illegittimita' costituzionale del divieto introdotto con il decreto-legge agricoltura e poi traslato nel decreto legislativo n. 199/2021, risiederebbe nella carenza, ab origine, dei requisiti di necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77 della Costituzione per il legittimo ricorso allo strumento eccezionale della decretazione d'urgenza. 2.3.) Con il terzo motivo di ricorso e' stata lamentata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa applicazione degli articoli 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della direttiva 2001/77/CE)». La disposizione normativa contestata, nell'introdurre un divieto generalizzato di installazione di nuovi impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l'estensione di quelli esistenti nelle aree classificate come agricole dai piani urbanistici - tale in quanto non vengono previste distinzioni in funzione delle differenti tecnologie utilizzabili e dell'effettivo pregio agricolo o paesaggistico e ambientale dei siti da assoggettare a divieto - si porrebbe innanzitutto in contrasto con il parametro di costituzionalita' dell'art. 117, comma 1, della Costituzione. Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 contrasterebbe con i vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e, in particolare, con l'obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE, nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e' stato emanato il medesimo decreto legislativo n. 199/2021. Sotto altro profilo, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». In particolare, la disposizione normativa tacciata di incostituzionalita' si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003 - che costituisce attuazione dei principi statali e eurounitari (direttiva 2001/77/CE) nella richiamata materia concorrente di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione - ai sensi del quale «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici». A fronte della presenza, all'interno dell'ordinamento, di una siffatta previsione normativa, l'introduzione di un divieto generalizzato di installazione di impianti FTV in area agricola risulterebbe porti in patente contrasto con i principi statuali rettori della materia. La sussistenza di un siffatto contrasto, peraltro, risulterebbe vieppiu' evidente considerando quanto previsto dalle linee guida nazionali di cui al decreto ministeriale del 10 settembre 2010 («Linee guida») - introdotte in attuazione del citato art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e considerate dalla giurisprudenza costituzionale quali principi fondamentali della materia legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» - secondo le quali (allegato 3) «ai sensi dell'art. 12, comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei» e «l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare porzioni significative del territorio [...]». La circostanza per cui l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 sia contenuto in un corpo normativo dichiaratamente attuativo della direttiva 2018/2001/UE non e' di per se' sufficiente a dissipare i dubbi di costituzionalita' di tale disposizione, in quanto la stessa non trova fondamento ne' nella direttiva oggetto di trasposizione, ne' men che meno nella legge delega n. 53/2021. 2.4.) Con il quarto motivo di ricorso e' stata lamentata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della Costituzione - Violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili - Violazione del principio di proporzionalita' - Violazione dell'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - Violazione dell'art. 41 della Costituzione». Secondo la prospettazione della societa' ricorrente, la scelta di introdurre un generale e indiscriminato divieto di realizzare impianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come «agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sul perseguimento degli obiettivi di tutela dell'ambiente. Sul punto, infatti, giova evidenziare che l'art. 15 della direttiva 2018/2001/UE prevede che «Gli Stati membri prendono in particolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme in materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano oggettive, trasparenti e proporzionate [...]». L'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, invero, sarebbe tutt'altro che una forma di esercizio «proporzionato» della potesta' legislativa ratione materiae. Detta previsione normativa, inoltre, violerebbe il principio di integrazione delle tutele - riconosciuto, sia a livello europeo dall'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sia a livello nazionale dall'art. 3-quater del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) - in virtu' del quale le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Se il principio di proporzionalita' rappresenta il criterio alla stregua del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori costituzionali all'interno di un quadro argomentativo razionale, il principio di integrazione costituisce la direttiva di metodo. La tutela dell'ambiente e quella del paesaggio (nello specifico dell'ambiente e del contesto agricolo) non potrebbero essere considerate alla stregua di valori contrapposti rispetto alla diffusione delle fonti rinnovabili, sia sotto il profilo della tutela dell'ambiente, sia sotto quello della tutela dell'iniziativa economica privata. Oltretutto, a fronte del fatto che l'art. 9 della Costituzione dispone che la tutela dei valori ambientali deve essere perseguita «anche nell'interesse delle future generazioni», l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 muoverebbe dall'assunto di un aprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e l'autorizzazione di impianti per la produzione di energia mediante collocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se le descritte finalita' di tutela non fossero tra loro contemperabili mediante l'introduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso per caso, quando e dove consentire o meno la collocazione degli impianti FTV in area agricola. 3.) Le amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza nel presente giudizio e, con memoria depositata in data 19 ottobre 2024, hanno eccepito l'infondatezza del gravame. In particolare, secondo la prospettazione difensiva delle amministrazioni ministeriali, il perimetro della delega legislativa in favore dell'amministrazione ministeriale, per come individuato dall'art. 20, commi 1 e 5, del decreto legislativo n. 199/2021 - nel quale rientra la individuazione di principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti FER, nel rispetto dei principi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio - giustificherebbe il richiamo, all'interno del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, della disposizione di cui all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, in quanto funzionale a completare la cornice di riferimento della disciplina per la individuazione delle aree nelle quali e' possibile installare gli impianti FER, in un'ottica di riordino, semplificazione e coordinamento degli atti normativi di riferimento. Le amministrazioni resistenti, inoltre, hanno posto in rilievo che il decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non costituirebbe strumento di «attuazione» dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, in quanto tale disposizione normativa - di rango primario e introdotta con legge ordinaria, benche' in un momento successivo rispetto al testo originario del decreto legislativo n. 199/2021 - spiegherebbe i propri effetti all'interno del medesimo decreto legislativo n. 199/2021. Per tali ragioni, quindi, la sospensione del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non produrrebbe alcun effetto utile per la societa' ricorrente, atteso che le regioni sono comunque tenute a legiferare all'interno del quadro normativo delineato dalla normativa primaria, venendo in rilievo una materia di competenza legislativa concorrente, quale la «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione. D'altronde, il rimando operato nel gravato decreto ministeriale, lungi dal volere introdurre un divieto generalizzato di portata innovativa, troverebbe ragione in forza della ratio del medesimo provvedimento impugnato, teso tra l'altro a fornire agli operatori del settore chiare indicazioni sulla individuazione sia delle superfici e aree ove poter ubicare i progetti di impianti FER, sia di quelle in cui cio' risulta precluso. Oltretutto, atteso che la normativa regionale avrebbe dovuto essere adottata in un termine stringente previsto dalla legge, la modifica del decreto legislativo n. 199/2021 ad opera del decreto-legge agricoltura rivestiva sicuramente un carattere di assoluta urgenza. Secondo la prospettazione difensiva delle amministrazioni resistenti, la disciplina complessiva sulla individuazione delle aree e superfici inerenti agli impianti FER denota un assoluto favor per lo sviluppo di detti impianti, cosi' come l'assegnazione alle regioni di quote vincolanti di produzione di energia da fonti rinnovabili renderebbe palese l'infondatezza delle censure ricorsuali, non potendo essere predicato alcun contrasto con la disciplina sovranazionale in relazione alla massima diffusione degli impianti FER. Peraltro, la disciplina dettata dal decreto ministeriale del 21 giugno 2024 e' stata approvata previa intesa in sede di Conferenza unificata, frutto di un lungo iter segnato da plurimi confronti con gli enti locali e i Ministeri concertanti (Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste e Ministero della cultura), indice di garanzia della necessaria e ponderata valutazione dei differenti interessi attribuiti alla cura delle amministrazioni coinvolte, nonche' del rispetto dei principi di derivazione eurounitaria applicabili ratione materiae. 4.) La societa' ricorrente, con memoria depositata in data 30 dicembre 2024, ha specificato le proprie doglianze, controdedotto alle difese articolate dalle amministrazioni resistenti e insistito per l'accoglimento del ricorso. 5.) All'udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la causa e' stata discussa. Il Collegio, nel corso della discussione, ha prospettato alle parti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., la sussistenza di possibili profili di inammissibilita' del ricorso per carenza d'interesse, anche relativamente alle censure inerenti al contestato divieto di installazione di impianti FER in area agricola, laddove non risultasse comprovato che i progetti insistono su aree aventi una effettiva destinazione agricola, e cio' e' stato fatto constare nel verbale d'udienza. All'esito della discussione, la causa e' stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Il Collegio, in via preliminare, ritiene di poter superare i rilievi d'ufficio con i quali, all'udienza pubblica del 5 febbraio 2025, era stata prospettata l'inammissibilita' del presente gravame per carenza di interesse. Infatti, dalla documentazione versata in atti dalla societa' ricorrente - e segnatamente, dal certificato di destinazione urbanistica n. 159/2024, rilasciato dal Comune di Ascoli Satriano (cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente) - risulta che le aree interessate dal progetto inerente alla realizzazione di un impianto FTV nel territorio della Regione Puglia ricadono nella zona E del Piano urbanistico generale del Comune di Ascoli Satriano, classificata come «Zona per attivita' agricole» e nella quale risultano ammesse anche attivita' produttive quali, inter alia, il trasporto di energia. 1.1. Atteso che le censure articolate con il ricorso in esame appuntano sulla illegittimita' dell'introduzione di un divieto generalizzato alla realizzazione di impianti FTV in aree classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, la societa' ricorrente risulta, gia' in base a una valutazione prognostica, negativamente incisa, in via diretta e immediata, dalla previsione dell'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, con la quale e' stata data attuazione all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. Infatti, il progetto che la societa' ricorrente intende realizzare non rientra tra quelli per i quali trova applicazione lo specifico regime di salvaguardia dettato dall'art. 5, comma 2, del decreto-legge agricoltura, atteso che all'atto della sua entrata in vigore non era stata ancora avviata alcuna procedura amministrativa necessaria all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio dell'impianto FTV da realizzare su un'area agricola localizzata nell'ambito del territorio del Comune di Ascoli Satriano. 1.2. Ad avviso del Collegio, l'introduzione del suddetto divieto ad opera del gravato decreto ministeriale non costituisce il frutto di una autonoma scelta discrezionale delle amministrazioni ministeriali resistenti, ma risulta essere attuazione di quanto previsto dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, a sua volta correlato al disposto dell'art. 5 del decreto-legge agricoltura. 1.3. Tale aspetto avvalora la ammissibilita' della iniziativa giudiziale proposta dalla societa' ricorrente, tenuto anche conto del fatto che il decreto ministeriale del 21 giugno 2024, all'art. 1, comma 2, ha previsto che le regioni individuino all'interno dei rispettivi territori anche le «aree in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». 1.4. Pertanto, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa erariale, l'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 costituisce senz'altro strumento di attuazione dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per quanto del tutto vincolato nel contenuto, per le seguenti ragioni: la disposizione normativa primaria teste' richiamata (i.e., l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021) definisce il perimetro delle aree agricole nelle quali e' consentita l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, facendo riferimento alla classificazione delle aree idonee prevista dall'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 e individuando in maniera specifica altre aree sulla scorta di criteri di carattere finalistico (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di impianti FTV per la costituzione di comunita' energetiche rinnovabili ovvero ai progetti attuativi delle altre misure di investimento del PNRR). Al di fuori di tale perimetro oggettivo risulta vietata, in via generale, l'installazione in area agricola di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra; l'intervento definitorio operato dalla fonte normativa primaria, tuttavia, presenta un carattere transeunte, essendo destinato a valere solo nelle more dell'individuazione delle aree idonee da parte delle regioni che, a riguardo, dovranno legiferare sulla base dei criteri e delle modalita' stabilite dai decreti di cui all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, ossia sulla scorta dei criteri e delle modalita' stabilite dal gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024; e' per tale ragione, invero, che il divieto di realizzare impianti FTV in area agricola risulta pedissequamente ribadito dall'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, come risulta dalla piana lettura del testo di tale disposizione, in forza della quale e' stato stabilito che le aree nelle quali e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra coincidono con le aree agricole per le quali un siffatto divieto e' stato sancito dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021; a conferma del fatto che il divieto di installazione di impianti FTV in area agricola sancito dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 trovi piena attuazione nel nuovo contesto normativo e regolamentare proprio ad opera del gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, vale evidenziare che le regioni, ai sensi dell'art. 3, comma 1, di tale decreto ministeriale, sono chiamate a individuare, con propria legge ed entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, tutte le aree indicate dall'art. 1, comma 2, del decreto ministeriale del 21 giugno 2024. Si tratta, come visto, non solo delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti FER, ma anche delle aree nelle quali e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra; cio' significa che terminata la fase di prima applicazione della disciplina dettata dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - ossia, quella che precede l'adozione dei decreti ministeriali indicati dall'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021 e gia' esauritasi con l'adozione del decreto ministeriale impugnato nel presente giudizio - l'attuazione del divieto di installazione di impianti FTV in area agricola nel nuovo contesto normativo e regolamentare dipende dall'applicazione delle disposizioni recate dal gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024. Le regioni, infatti, all'atto di individuare con propria legge tutte le aree di cui all'art. 1, comma 2, del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, saranno necessariamente tenute ad esercitare la propria potesta' legislativa conformandosi ai principi e ai criteri stabiliti dal Titolo II del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, come espressamente previsto dall'art. 3, comma 1, di tale decreto. 1.5. Il decreto ministeriale impugnato rappresenta, inoltre, l'unico atto amministrativo che interviene nel processo di implementazione del divieto in parola, atteso che: esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; secondo quanto previsto dal decreto, l'individuazione delle aree in questione avviene con legge regionale; le aree cosi' individuate non sono «non idonee», ma assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la valutazione, nell'ambito dei procedimenti amministrativi di autorizzazione, della compatibilita' dei singoli interventi rispetto al soddisfacimento di ulteriori valori e interessi ordinamentali confliggenti con quelli che hanno condotto il legislatore ad introdurre il contestato divieto di installazione di impianti FTV in area agricola. 1.6. Merita, dunque, di essere richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e' immediatamente impugnabile quando incide senz'altro - senza la necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 1937 del 17 marzo 2022). Risulta, pertanto, indubbia l'incidenza del divieto di installazione di impianti FTV in area agricola nella sfera giuridica della societa' ricorrente, nella sua qualita' di operatore economico attivo nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili e intenzionato a realizzare tale tipologia di impianto in area agricola nel territorio della Regione Puglia. La attuale, diretta e concreta lesivita' del contestato divieto risulta sussistere nel caso di specie, in quanto lo stesso e' suscettibile di precludere in radice la possibilita' di realizzazione in area agricola di impianti FTV con moduli collocati a terra, laddove l'area interessata dall'intervento non rientri tra quelle, allo stato, individuate sulla base del combinato disposto dei commi 1-bis e 8 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 ovvero con quelle che, in futuro, le regioni ricomprenderanno nel perimetro delle aree agricole nelle quali l'installazione dei predetti impianti sara' consentita. 2. Il Collegio, esaurita la disamina dei profili di rito e ritenuto ammissibile il gravame proposto dalla societa' ricorrente, non reputa meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso. La societa' ricorrente, con tale mezzo di gravame, ha contestato la legittimita' dell'art. 1, comma 2, lettera d), del gravato decreto ministeriale sotto due ordini di profili: i) per violazione dell'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, in quanto non sarebbe stata attribuita alcuna delega all'amministrazione ministeriale ai fini della individuazione di aree completamente interdette all'installazione di impianti FTV; ii) per violazione dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, atteso che tale disposizione normativa - peraltro, di derivazione eurounitaria - consente l'installazione di impianti FER in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. 2.1. In proposito, e' sufficiente evidenziare che la prospettata illegittimita' del contestato divieto introdotto dall'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non discende da una autonoma determinazione amministrativa, ma promana dal combinato disposto dell'art. 5 del decreto-legge agricoltura e dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, di cui il gravato decreto ministeriale costituisce attuazione, come ampiamente esposto in precedenza. Per tale ragione, dunque, neppure risulta meritevole di pregio il profilo di censura con il quale e' stata contestata la violazione dell'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, posto che e' da attribuire allo stesso legislatore la scelta (normativa) che ha condotto alla introduzione del divieto di realizzazione di impianti FTV con moduli collocati a terra in aree classificate agricole ai sensi dei vigenti piani urbanistici. A riprova del fatto che sia da ascrivere al legislatore (con i richiamati articoli 5 del decreto-legge agricoltura e 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021) e non all'amministrazione delegata (con l'impugnato art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024), la scelta di superare la previsione recata dall'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, giova segnalare che tale parametro di legittimita', che la societa' ricorrente assume essere stato violato dalle amministrazioni ministeriali resistenti, e' stato abrogato per effetto del decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in attuazione dell'art. 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118». In particolare, l'art. 14 del decreto legislativo n. 190/2024, rubricato «Disposizioni di coordinamento», al comma 8 stabilisce che «L'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti e' consentita nei limiti di cui all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». Emerge, pertanto, in maniera netta come il legislatore, per cio' che concerne la realizzazione di impianti FTV con moduli collocati a terra in area agricola, abbia inteso superare il regime dettato dall'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, sancendo l'esclusiva applicazione del regime introdotto con l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 e di cui le previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 costituiscono diretta attuazione. 3. Il Collegio, invece, ritiene che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, cosi' come prospettata dalla societa' ricorrente con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, risulti non solo rilevante ai fini della definizione del presente giudizio, ma anche non manifestamente infondata per le seguenti ragioni di diritto. I. Sulla impossibilita' di operare una interpretazione costituzionalmente conforme dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 4. Il Collegio non ritiene che sia possibile operare un'interpretazione conforme alla Costituzione dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, tentativo questo che ai fini della rimessione alla Corte costituzionale di una questione di legittimita' costituzionale deve essere ragionevolmente e consapevolmente escluso (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 262/2015; in senso conforme sentenze numeri 202/2023, 139/2022, 11/2020, 189, 133 e 78/2019, 42/2017). Infatti, se e' vero che «le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali [...], ma perche' e' impossibile darne interpretazioni costituzionali» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 356/1996), nel caso di specie, la sola, possibile, interpretazione costituzionalmente orientata della contestata previsione normativa risulterebbe quella che considera privo di effettualita' l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. 4.1. In particolare, l'impossibilita' di operare un'interpretazione conforme a Costituzione della anzidetta disposizione normativa discende dal suo chiaro tenore letterale e dalla portata del divieto con essa introdotto nell'ordinamento giuridico. Infatti, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, nel consentire l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, circoscrive tale possibilita' ai soli casi in cui, da un lato, l'area agricola coincida con alcune specifiche aree ritenute idonee ai sensi dell'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 - che, peraltro, ricomprendono anche le aree nelle quali sono gia' installati detti impianti (comma 8, lettera a), le quali possono essere interessate solo da interventi di modifica, rifacimento, potenziamento o ricostruzione, a condizione che non comportino incremento dell'area gia' occupata - o, dall'altro, l'intervento sia finalizzato alla creazione di una comunita' energetica rinnovabile o sia correlato a progetti attuativi del PNRR o funzionali al perseguimento degli obiettivi di tale piano. Dal tenore letterale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 risulta, quindi, che il legislatore nel «consentire esclusivamente» l'installazione degli impianti FTV con moduli collocati a terra nelle aree agricole coincidenti con quelle innanti menzionate, ha sostanzialmente introdotto un divieto generalizzato di realizzare detti impianti su tutta la restante parte del suolo agricolo nazionale. 4.2. L'introduzione di una preclusione di tale ampiezza all'installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra in area agricola non risulta costituzionalmente compatibile, innanzitutto perche' si pone in insanabile contrasto con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, atteso che il contestato divieto e' suscettibile di integrare una violazione dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario». In particolare, con il divieto generalizzato previsto dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 e' stato completamente ribaltato il sistema previgente, plasmato dal principio di matrice eurounitaria della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili (direttiva 2001/77/CE e 2009/28/CE). Tale principio, in particolare, dovrebbe trovare attuazione nella generale utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento degli impianti FER, con le sole eccezioni ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti (cosi', ad esempio, si e' espressa la Corte costituzionale relativamente agli impianti di produzione di energia eolica, Corte costituzionale, sentenza n. 224/2012). Con il contestato divieto, viceversa, il legislatore ha specificamente individuato le aree agricole nelle quali e' consentita l'installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra e ha inibito, per la restante parte del suolo agricolo nazionale, la realizzazione di detti impianti: risulta, quindi, di piana evidenza che una siffatta preclusione viola il principio di massima diffusione di matrice eurounitaria, sottraendo in maniera ingiustificata una considerevole parte del territorio nazionale al perseguimento delle finalita' sottese allo sviluppo energetico da fonti rinnovabili, in assenza di valide ragioni di tutela di specifici interessi pubblici - non potendo considerarsi tale l'invocato consumo indiscriminato del suolo - e senza che possa essere operata in concreto, nell'ambito dell'iter procedimentale di autorizzazione dell'impianto, la ponderazione con gli altri interessi confliggenti, anche di natura pubblicistica e, in parte, legati al perseguimento degli obiettivi unionali di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030, sanciti dalla direttiva 2018/2001/UE. 4.3. Tali considerazioni pongono in evidenza anche il carattere non proporzionato della scelta legislativa, tenuto conto della ampiezza ed incisivita' del divieto rispetto al fine perseguito, il che corrobora l'impossibilita' di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente conforme dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. II. Sulla rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. 5. Dall'acclarata impercorribilita' di un'interpretazione dell'enunciato normativo integralmente satisfattivo per la parte ricorrente deriva la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale prospettate con il terzo e quarto motivo di ricorso. La questione di legittimita' costituzionale che il Collegio intende rimettere alla Corte costituzionale con la presente ordinanza risulta, dunque, fornita di rilevanza nel presente giudizio, atteso che l'art. 1, comma 2, lettera d), dell'impugnato decreto ministeriale del 21 giugno 2024 costituisce attuazione della disposizione normativa qui sospettata di incostituzionalita', vale a dire l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per le ragioni gia' esposte in precedenza e alle quali integralmente si rinvia. Pertanto, dall'esito del giudizio di costituzionalita' dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 dipende la legittimita' del contestato divieto di cui all'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella misura solo nel caso di declaratoria di incostituzionalita' della disposizione normativa primaria la previsione impugnata dalla societa' ricorrente potrebbe essere annullata, con conseguente venir meno della preclusione assoluta, ad oggi vigente, alla realizzazione del proprio progetto sul suolo agricolo della Regione Puglia. III. Sulla manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale posta con il II motivo di ricorso. 6. La societa' ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, ha prospettato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per contrarieta' all'art. 77, comma 2, della Costituzione. In particolare, e' stata contestata la insussistenza dell'addotta ragione di straordinaria necessita' e urgenza indicata nel preambolo del decreto-legge agricoltura - data dalla necessita' di contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola - in ragione del fatto che, posta l'esistenza di una superficie agricola totale di 16 milioni di ettari (di cui solo 12,5 milioni utilizzati), anche nell'ipotesi in cui gli obiettivi energetici nel territorio italiano dovessero essere soddisfatti esclusivamente mediante la tecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra, si perverrebbe a un utilizzo di appena lo 0,4% della superficie agricola, del tutto marginale rispetto ai 4 milioni di terreni agricoli abbandonati. 6.1. Ad avviso del Collegio, in applicazione degli orientamenti giurisprudenziali della Corte costituzionale, una simile prospettazione non risulta idonea a supportare una valutazione di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 rispetto a quanto previsto dall'art. 77, comma 2, della Costituzione. 6.2. La Corte costituzionale, infatti, ha in plurime occasioni affermato che i casi in cui puo' predicarsi l'insussistenza dei requisiti di necessita' e urgenza richiesti per la decretazione legislativa d'urgenza sono circoscritti alle ipotesi di evidente mancanza degli stessi ovvero di manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della relativa valutazione (cfr., ex plurimis, Corte costituzionale, sentenze numero 170/2017, 287/2016, 72/2015, 22/2012, 93/2011, 355/2010; 128/2008 e 171/2007). 6.3. Tale verifica, inoltre, deve essere condotta in maniera non dissimile da quanto accade per il sindacato del giudice amministrativo sul vizio di eccesso di potere, ossia a partire da profili sintomatici, tra i quali assume preminente rilievo il riscontro (o meno) di una intrinseca coerenza delle norme contenute nel decreto-legge dal punto di vista oggettivo e/o funzionale. Il presupposto del caso straordinario di necessita' e urgenza, infatti, «inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validita' prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il caso che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 22/2012). 6.4. Orbene, nel caso di specie, tenuto conto che con l'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024 - fonte originaria del contestato divieto, poi confluito nell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 - sono state dettate «Disposizioni finalizzate a limitare l'uso del suolo agricolo» e che tale decreto-legge e' stato adottato in ragione della «concomitanza di congiunture avverse, quali il perdurare del conflitto in Ucraina e la diffusione di fitopatie, ha indotto il settore primario in una persistente situazione di crisi, determinando gravi ripercussioni sul tessuto economico e sociale», i presupposti di ritenuta necessita' e urgenza sono stati individuati non solo nella esigenza di «contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola», ma anche in quella di «emanare disposizioni finalizzate a garantire l'approvvigionamento delle materie prime agricole e, in specie, di quelle funzionali all'esercizio delle attivita' di produzione primaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive, in particolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e dell'acquacoltura». 6.5. Rispetto a tali enunciati presupposti e finalita', la disposizione intesa a vietare l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non si pone in termini di manifesta estraneita', presentando un'intrinseca coerenza nell'ambito di un complesso di disposizioni finalizzate al sostegno del settore agricolo. 6.6. Gli elementi addotti dalla societa' ricorrente a sostegno della ritenuta insussistenza delle ragioni di necessita' e urgenza, in ragione della limitata porzione di territorio agricolo che potrebbe essere occupata per effetto della realizzazione degli impianti FER ricadenti nell'ambito oggettivo del contestato divieto, non consentono di giungere a conclusioni diverse, essendo un chiaro obiettivo dell'intervento legislativo operato con il decreto-legge n. 63/2024 quello di contrastare la sia pur minima riduzione del suolo a vocazione agricola: la misura adottata costituisce, dunque, senz'altro sviluppo delle premesse, che non risultano in alcun modo smentite dalle argomentazioni spese nel ricorso. IV. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale prospettate con il terzo e il quarto motivo di ricorso. 7. Il Collegio, per converso, ritiene che non siano manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla societa' ricorrente con il terzo e il quarto motivo di ricorso, con i quali e' stata in sostanza lamentata la contrarieta' dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 con: l'art. 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva 2018/2001/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della direttiva 2001/77/CE). La disposizione normativa sospettata di incostituzionalita', nel prevedere il divieto di installazione di nuovi impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l'estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e, in particolare, con il principio della massima diffusione degli impianti FER, affermato dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE, nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e' stato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. Sotto altro profilo, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 si porrebbe in contrasto con i principi generali dettati in materia dallo stesso legislatore statale, in attuazione delle direttive europee, e in particolare con l'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del 2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare porzioni significative del territorio; gli articoli 9 e 41 della Costituzione, anche tenuto conto di quanto previsto dall'art. 15 della direttiva 2018/2001/UE, del principio di proporzionalita' e dell'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea: la scelta di introdurre un generale e indiscriminato divieto di realizzazione degli impianti FTV con moduli collocati a terra su aree urbanisticamente campite come «agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sugli obiettivi di tutela dell'ambiente perseguiti, dando luogo a una disciplina sproporzionata, in contrasto con il principio di integrazione delle tutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. 7.1. In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina censurata presenti profili di contrasto con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto «dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario» e, in particolare, del principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili di matrice eurounitaria. 7.2. In proposito, risulta necessario richiamare tutte le previsioni normative vigenti nell'ordinamento giuridico eurounitario e suscettibili di assumere rilievo nella materia oggetto della presente controversia, da intendersi anche quale integrazione del quadro normativo di riferimento, in uno con le previsioni nazionali gia' richiamate in precedenza ed analizzate dal Collegio sin dalla esposizione dei motivi di ricorso, quale condizione di ammissibilita' della rimessione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. In particolare, devono essere presi in considerazione: l'art. 3, paragrafo 5, del TUE, a mente del quale «Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini», di tal forma che, per questa via, l'Unione europea «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra»; l'art. 6, paragrafo 1, del TUE, che precisa che «L'Unione riconosce i diritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati». Ai sensi dell'art. 37 della Carta, «Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualita' devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile»; l'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che, muovendosi nella medesima direzione gia' tracciata dal richiamato art. 6, paragrafo 1, del TUE, sancisce che «Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione); l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, secondo il quale «La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita' dell'ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversita' delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa e' fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"»; l'art. 192, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ai sensi del quale «Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi dell'art. 191»; l'art. 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in forza del quale «Nel quadro dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di preservare e migliorare l'ambiente, la politica dell'Unione nel settore dell'energia e' intesa, in uno spirito di solidarieta' tra Stati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico, l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili». 7.2.1. Protezione dell'ambiente e promozione delle c.d. energie rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, l'uso di fonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita' e' utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al Protocollo di Kyoto, alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli altri impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra. Cio', peraltro, e' funzionale anche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, nonche' alla preservazione dei vegetali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sentenza del 1° luglio 2014, in causa C-573/12, Ålands vindkraft AB contro Energimyndigheten, paragrafo 78 e seguenti; CGUE, sentenza del 13 marzo 2001, in causa C-379/98, PreussenElektra AG contro Schhleswag AG, paragrafo 73 e seguenti). 7.2.2. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha, peraltro, precisato che l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea si limita a definire gli obiettivi generali dell'Unione in materia ambientale, mentre l'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea affida al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea il compito di decidere le azioni da avviare al fine del raggiungimento di detti obiettivi. Di conseguenza, l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea non puo' essere invocato in quanto tale dai privati al fine di escludere l'applicazione di una normativa nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata in base all'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea; viceversa, l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea assume rilevanza allorquando esso trovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE, Sezione Terza, sentenza del 4 marzo 2015, in causa C;534/13, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare et al. contro Fipa Group S.r.l. et al., paragrafo 39 e seguenti). 7.3. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175 del TCE (ora art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 e, successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. In particolare, nel preambolo della direttiva 2018/2001/UE - con la quale il legislatore sovranazionale ha proceduto alla rifusione e alla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE - e' stato inter alia considerato che: «[...] (2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione delle forme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e' perseguito dalla presente direttiva. Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili o all'energia rinnovabile costituisce una parte importante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni dell'Unione nel quadro dell'Accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, a seguito della 21ª Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici («Accordo di Parigi»), e il quadro per le politiche dell'energia e del clima all'orizzonte 2030, compreso l'obiettivo vincolante dell'Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e i contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per la politica energetica e ambientale dell'Unione [...]. (3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo' svolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l'innovazione, oltre alla leadership tecnologica e industriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e sanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o nei territori a bassa densita' demografica o soggetti a parziale deindustrializzazione. (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i maggiori progressi tecnologici, gli incentivi all'uso e alla diffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo di energia rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del riscaldamento e del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti molto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua dipendenza energetica. (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili che fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia rinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22 gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del clima e ha promosso un'intesa comune sulle modalita' per sviluppare dette politiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo dell'Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell'Unione pari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e' stata sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri obiettivi nazionali piu' ambiziosi, per realizzare i contributi all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi pianificati e andare oltre. (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio 2014, «Un quadro per le politiche dell'energia e del clima all'orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti nell'ambito delle energie rinnovabili», si e' spinto oltre la proposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio, sottolineando che, alla luce dell'Accordo di Parigi e delle recenti riduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile essere molto piu' ambiziosi. [...] (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo vincolante dell'Unione in relazione alla quota di energia da fonti rinnovabili pari almeno al 32 %. Inoltre, la Commissione dovrebbe valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce di sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro contributo al conseguimento di tale obiettivo nell'ambito dei rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima in applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...] (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati conseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi nazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In nessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero scendere al di sotto di tali contributi. [...]. (11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure qualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo di almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel regolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali integrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure a livello dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo. Se, nel valutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e il clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale lacuna». 7.4. Quanto affermato nei consideranda della direttiva 2018/2001/UE ha trovato poi concretizzazione normativa nelle previsioni dell'art. 3 della direttiva, rubricato «Obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il 2030». Il legislatore unionale, infatti, ha previsto un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il 2030, stabilendo che «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %. La Commissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il 2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia rinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o se il rialzo e' giustificato da un significativo calo del consumo energetico nell'Unione», con la precisazione che «Se, sulla base della valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento (UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali degli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione segue la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». 7.5. Il regolamento 2021/1119/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha poi istituito un quadro per il conseguimento della neutralita' climatica, sul presupposto che: «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri. L'Unione si e' impegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti climatici e a dare attuazione all'Accordo di Parigi adottato nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici («Accordo di Parigi»), guidata dai suoi principi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili, nel contesto dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura previsto dall'Accordo di Parigi. [...] (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale per contribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile e al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto di vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi l'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui all'Accordo di Parigi. [...] (9) L'azione per il clima dell'Unione e degli Stati membri mira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la prosperita', l'economia, la salute, i sistemi alimentari, l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro la minaccia dei cambiamenti climatici, nel contesto dell'agenda 2030 delle Nazioni unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli obiettivi dell'Accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero essere guidate dal principio di precauzione e dal principio «chi inquina paga», istituiti dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza energetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green Deal europeo. [...] (11) Vista l'importanza della produzione e del consumo di energia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e' indispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione delle energie rinnovabili, su un mercato interno dell'energia ben funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo nel contempo la poverta' energetica. Anche la trasformazione digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono fattori importanti per conseguire l'obiettivo della neutralita' climatica. [...] (20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050, un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a effetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno, raggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...] (25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone cambiamenti nell'intero spettro delle politiche e uno sforzo collettivo di tutti i settori dell'economia e della societa', come evidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle conclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le normative e politiche pertinenti dell'Unione devono essere coerenti con il conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica e contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme vigenti. [...] (36) Al fine di garantire che l'Unione e gli Stati membri restino sulla buona strada per conseguire l'obiettivo della neutralita' climatica e registrino progressi nell'adattamento, e' opportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi compiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all'obiettivo della neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che le misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita' climatica o inadeguate per migliorare la capacita' di adattamento, rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la Commissione dovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati [...]». 7.5.1. Tale regolamento ha, quindi, sancito che «l'obiettivo vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050, in vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell'Accordo di Parigi» (art. 1), precisando altresi' che per conseguire tale obiettivo «il traguardo vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030 consiste in una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). 7.5.2. Ai sensi dell'art. 5 del regolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita' ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'Accordo di Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna dell'Unione». A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano strategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli indicatori, e basandosi sulle migliori e piu' recenti evidenze scientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di adattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura, e dei sistemi idrici e alimentari nonche' della sicurezza alimentare, e promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono tenuti a presentare a norma dell'art. 19, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1999». 7.6. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l'altro, disposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto riguarda la promozione dell'energia da fonti rinnovabili, evidenziando che: «[...] (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico contribuisce attualmente per oltre il 75 % alle emissioni totali di gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni di gas a effetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad affrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita', e a ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso verso un pianeta piu' sano per tutti - Piano d'azione dell'UE: Verso l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo». La transizione verde verso un'economia basata sulle energie da fonti rinnovabili contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi' a proteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell'ambiente, mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo di perdita di biodiversita'. [...]. (4) Il contesto generale determinato dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di COVID-19 ha provocato un'impennata dei prezzi dell'energia nell'intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita' di accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso delle energie da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi, l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione della transizione verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia. (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della Commissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030. Tale comunicazione prevede l'anticipazione delle capacita' eolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale energia e capacita' supplementari di energia da fonti rinnovabili entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori a valutare la possibilita' di innalzare o anticipare gli obiettivi fissati per l'aumento della quota di energia rinnovabile nel mix energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45 % di energia da fonti rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. (6) [...] E' auspicabile che gli Stati membri possano combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e della struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel quadro del piu' elevato obiettivo generale vincolante dell'Unione dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che gli Stati membri decidono di perseguire. [...] (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu' rapida diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando una mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili e per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone terrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di apportare almeno i rispettivi contributi nazionali all'obiettivo complessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in conformita' del regolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le zone in questione riflettano le rispettive traiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e dovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di tecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme di tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e sottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia, sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare zone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per uno o piu' tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di accelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei requisiti del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi' facendo, gli Stati membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate di tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. (27) L'uso polivalente dello spazio per la produzione di energia rinnovabile e per altre attivita' terrestri, delle acque interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del suolo, delle acque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione territoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo, delle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche' i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano coesistere. [...] (36) In considerazione della necessita' di accelerare la diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe impedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi progetti dovrebbero continuare a sottostare all'obbligo di valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva 2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle autorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l'obiettivo di energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili dovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso l'introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni ambientali specifiche per ciascun progetto. 7.7. La direttiva (UE) 2023/2413, per tali ragioni, ha anche introdotto disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie per assicurare che i contributi nazionali forniti rispettino il perseguimento dell'obiettivo complessivo dell'Unione in relazione alla produzione di energia rinnovabile per il 2030. Sono state, inoltre, previste zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' specifiche procedure amministrative per il rilascio delle relative autorizzazioni. 7.8. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli 192 e 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, costituisce la necessaria base legislativa per una governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima affidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi, trasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli obiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030, in linea con l'Accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici - derivante dalla 21ª Conferenza delle parti alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici - attraverso sforzi complementari, coerenti e ambiziosi da parte dell'Unione e degli Stati membri, limitando la complessita' amministrativa nella materia in questione. 7.8.1. In particolare, il legislatore unionale, nel configurare un siffatto meccanismo, ha considerato che: (2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni: la sicurezza energetica; il mercato interno dell'energia; l'efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la ricerca, l'innovazione e la competitivita'. (3) L'obiettivo di un'Unione dell'energia resiliente e articolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e' di fornire ai consumatori dell'UE - comprese famiglie e imprese - energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di promuovere la ricerca e l'innovazione attraendo investimenti; cio' richiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo. Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla necessita' di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, in particolare promuovendo l'efficienza energetica e i risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile [...] (7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il 40 % delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e' stato formalmente approvato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015, quale contributo previsto determinato a livello nazionale, dell'Unione e dei suoi Stati membri all'Accordo di Parigi. L'Accordo di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 ed e' entrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l'approccio adottato nell'ambito del Protocollo di Kyoto del 1997, che e' stato approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio e che non sara' prorogato dopo il 2020. E' opportuno aggiornare di conseguenza il sistema dell'Unione per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra. (8) L'Accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione globale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad adoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali [...] (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di governance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi superflui e con una sufficiente flessibilita' per gli Stati membri per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di politica energetica, nel pieno rispetto della liberta' degli Stati membri di stabilire il proprio mix energetico [...] (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi del quadro 2030 per il clima e l'energia, nei settori della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia rinnovabili e dell'efficienza energetica. Tali obiettivi derivano dalla politica dell'Unione in materia di energia e dalla necessita' di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi, tra loro inscindibili, puo' essere considerato secondario rispetto all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia e di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo flessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze nazionali e al loro mix energetico, purche' tale flessibilita' sia compatibile con l'ulteriore integrazione del mercato, l'intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli obiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...] (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo termine con una prospettiva di almeno trent'anni per contribuire al conseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell'UNFCCC e all'Accordo di Parigi, nel contesto dell'obiettivo dell'Accordo di Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per limitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali nonche' delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in tutti i settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...]. (56) Se l'ambizione dei piani nazionali integrati per l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente per il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell'Unione dell'energia e, nel primo periodo, in particolare per il raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali obiettivi e traguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la Commissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire il raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi' eventuali «divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi' tenere conto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020 o prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili superiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il 2020 o nell'attuazione del loro contributo all'obiettivo vincolante dell'Unione di almeno il 32 % di energia rinnovabile nel 2030. In materia di energia rinnovabile, le misure possono includere anche contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un meccanismo di finanziamento dell'energia rinnovabile nell'Unione gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta l'Unione, offrendo cosi' agli Stati membri la possibilita' di contribuire al conseguimento dell'obiettivo dell'Unione al minor costo possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di rinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di riferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero essere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza energetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti. (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di energia rinnovabile per il 2020, di cui all'allegato I della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota base di riferimento. (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di riferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario rispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento in cui il divario in questione si e' verificato, sia ai sensi del presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». 7.8.2. Il meccanismo di governance previsto dal regolamento 2018/1999/UE, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate con l'art. 2 della direttiva 2023/2413/UE, prevede, tra l'altro, che: «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla Commissione un piano nazionale integrato per l'energia e il clima [...]» (art. 3, paragrafo 1): «Ciascuno Stato membro definisce nel suo Piano nazionale integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi, traguardi e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato I, sezione A, punto 2: a) dimensione «decarbonizzazione»: [...] 2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile: al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43 % dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 65 % dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro prevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si aspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri, nel loro insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di riferimento dell'Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001. Indipendentemente dal suo contributo all'obiettivo dell'Unione e dalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento, uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi per finalita' di politica nazionale» (art. 4); «Nel proprio contributo alla propria quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene conto degli elementi seguenti: a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; b) misure adottate per conseguire il traguardo di efficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; c) altre misure esistenti volte a promuovere l'energia rinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di Unione; d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all'allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione dell'energia rinnovabile, quali: i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione; ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro capite; iii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili efficace sul piano dei costi; iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli delle zone e regioni non interconnesse; v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi pregressi [...] 2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma dei rispettivi contributi ammonti almeno all'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art. 5); «[...] 3. Se nel settore dell'energia rinnovabile, in base alla valutazione di cui all'art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione conclude che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all'art. 29, paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di riferimento nazionali di cui all'art. 4, lettera a), punto 2, provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un anno dal ricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione dell'energia rinnovabile; b) l'adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui all'art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; c) l'adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti di cui all'art. 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla Commissione, come indicato all'art. 33; e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla direttiva (UE) 2018/2001 [...]» (art. 32). 7.9. Come gia' esposto in precedenza, il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone «l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53» (art. 1, commi 1 e 2). In vista del perseguimento di tali finalita', il decreto legislativo n. 199/2021 reca «disposizioni necessarie all'attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati, gia' orientati all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 1, comma 3). 7.10. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza costituzionale (cfr., ex multis, Corte costituzionale sentenze numero 121/2022, 77/2022, 106/2020, 286/2019, 69/2018, 13/2014 e 44/2011), la normativa eurounitaria (nonche' quella nazionale) e' ispirata nel suo insieme al principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l'altro «trova attuazione nella generale utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (cfr., in particolare, Corte costituzionale, sentenza n. 13/2014). 7.11. La disciplina originariamente contenuta nell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, relativa all'individuazione delle aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, non prevedeva alcun divieto generalizzato rispetto alla realizzazione di impianti FER su terreni classificati come agricoli dai vigenti piani urbanistici. L'art. 20, comma 3, di tale decreto, in effetti, stabilisce che «nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonche' di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili». Tale disposizione, pur prendendo espressamente in considerazione l'esigenza di approntare tutela alle aree agricole, da un lato non pone alcuna preclusione assoluta all'installazione di impianti FER su tale tipologia di siti e, dall'altro, stabilisce chiaramente che le superfici agricole non utilizzabili costituiscono, tra le altre, aree privilegiate per l'installazione degli impianti FER. L'art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre, prevede che «Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». Il successivo comma 8, poi, nell'individuare transitoriamente le aree ritenute idonee alla installazione di impianti FER, stabilisce quanto segue «fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo». 7.12. L'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 ha, di contro, determinato un radicale mutamento di regime rispetto all'assetto previgente, prevedendo che «L'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del presente decreto nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». 7.13. Pertanto, successivamente alle modifiche introdotte nel decreto legislativo n. 199/2021 ad opera dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra possono essere realizzati soltanto: a) nei siti ove sono gia' installati impianti della stessa fonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento, potenziamento o ricostruzione, senza incremento dell'area occupata; b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita' delle societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonche' delle societa' concessionarie autostradali; d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita' delle societa' di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi aeroportuali; e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu' di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri. 7.14. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza, sulla generalita' dei terreni classificati agricoli (pari a circa la meta' della superficie del territorio italiano) risulta preclusa la realizzazione di qualsiasi intervento di installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, residuando, di fatto, unicamente la possibilita' di realizzare interventi consistenti nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione di impianti gia' esistenti, sempre che cio' non comporti consumo di ulteriore terreno agricolo. 7.15. Se e' vero che il divieto introdotto dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 non riguarda i progetti attuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, e' pur vero che detti progetti non comprendono, ne' esauriscono, tutti quelli necessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC, che rappresenta lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per il conseguimento degli obiettivi vincolanti fissati dall'Unione europea in relazione alla quota di energia rinnovabile che deve essere assicurata dai singoli Stati membri nel contesto dell'Unione dell'energia. Gia' tale circostanza evidenzia come la previsione di un divieto di portata pari a quella stabilita dalla disposizione normativa sospettata di incostituzionalita' rischi di mettere seriamente in pericolo il conseguimento degli obiettivi energetici unionali. L'applicazione di un siffatto divieto, invero, si appalesa suscettibile di sottrarre una larga porzione del territorio agricolo nazionale a ogni possibile utilizzo della tecnologia fotovoltaica, senza che siano prevedibili e siano stati vagliati i potenziali effetti sul rispetto delle traiettorie stabilite in sede unionale in merito alla quota di energia da fonti rinnovabili che deve essere assicurata dall'Italia. Oltretutto, in considerazione dello stato di attuazione della disciplina dettata dall'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, nonche' degli ampi margini di flessibilita' che il decreto ministeriale del 21 giugno 2024 lascia alle regioni per l'individuazione delle aree non idonee, l'impatto del divieto in questione risulta del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite all'individuazione delle zone disponibili per l'installazione degli impianti FER che, in base a quanto previsto dall'art. 15-ter, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2018/2001/UE, devono essere commisurate «alle traiettorie stimate e alla potenza totale installata pianificata delle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». 7.16. Peraltro, si e' gia' avuto modo di porre in evidenza che, in forza dell'art. 32 del regolamento 2018/1999/UE, laddove la Commissione europea ritenga che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027 non siano stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 risultino al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di riferimento nazionali, saranno interessati dall'esercizio degli specifici poteri della Commissione europea. Tali Stati, in particolare, entro un anno dalla valutazione della Commissione europea saranno tenuti ad adottare misure supplementari (art. 32, paragrafo 3, del regolamento 2018/1999/UE), tra le quali e' incluso anche il pagamento finanziario volontario al meccanismo di finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del territorio nazionale all'utilizzo della tecnologia fotovoltaica con moduli collocati a terra, laddove si risolva in un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione dell'energia, potrebbe far sorgere in capo allo Stato italiano l'obbligo di adottare misure supplementari, il cui impatto sulle finanze pubbliche potrebbe non essere trascurabile. Giova, inoltre, evidenziare che la mera adozione delle misure supplementari richieste dalla Commissione europea potrebbe non essere sufficiente a riallineare lo Stato italiano sulle traiettorie unionali in tema di energia rinnovabile, come risulta dall'art. 32, paragrafo 2, secondo capoverso, del regolamento 2018/1999/UE, a mente del quale «Qualora le misure nazionali risultino insufficienti, la Commissione, se opportuno, propone misure ed esercita i propri poteri a livello unionale in aggiunta a tali raccomandazioni al fine di assicurare, in particolare, il conseguimento del traguardo dell'Unione al 2030 sul versante dell'energia rinnovabile». 7.17. Il divieto introdotto dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre, appare porsi anche in contrasto con un ulteriore principio di matrice unionale. In particolare, nell'ambito del processo di individuazione delle zone necessarie per i contributi nazionali all'obiettivo complessivo dell'Unione al 2030 sul versante dell'energia rinnovabile, viene in rilievo il disposto di cui all'art. 15-ter della direttiva 2018/2001/UE, a mente del quale «Gli Stati membri favoriscono l'uso polivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti in materia di energia rinnovabile sono compatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, paragrafo 3). Come gia' rilevato in precedenza, il considerando 27 di tale direttiva precisa che «Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove necessario, cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche' i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano coesistere». Il divieto introdotto dalla disposizione normativa sospettata di incostituzionalita' nell'ambito del presente giudizio istituisce, invece, un insanabile conflitto tra l'utilizzo della tecnologia fotovoltaica con moduli collocati a terra e l'uso del suolo a fini agricoli che il legislatore ha risolto in radice, vietando in maniera generalizzata l'installazione in area agricola degli impianti FTV caratterizzati da tale tecnologia. 7.18. Ad avviso del Collegio, il divieto in questione, nella misura in cui e' suscettibile di ostacolare il raggiungimento degli obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie rinnovabili, si pone anche in posizione critica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti climatici dell'Unione europea. Come precedentemente ricordato, ai sensi dell'art. 5 del regolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita' ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'Accordo di Parigi. Tali istituzioni, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna dell'Unione». 7.18.1. In proposito, giova rilevare che la Commissione europea, con la comunicazione COM(2021)82 final, relativa alla nuova Strategia dell'Unione europea per l'adattamento ai cambiamenti climatici, ha affermato che «Il Green Deal europeo, la strategia di crescita dell'UE per un futuro sostenibile, si basa sulla consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita' e che la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE ha mostrato la propria leadership per scongiurare lo scenario peggiore - impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al meglio - puntando ad azioni di adattamento piu' ambiziose che si fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno in cui l'Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita' climatica, avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con l'Accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il raggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie rinnovabili costituisce, all'evidenza, un elemento centrale per conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica, che viene posto seriamente a rischio da una disciplina, quale quella censurata, che vieta in maniera generalizzata sulla quasi totalita' del territorio agricolo nazionale l'installazione di impianti FER dotati di tecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a terra. 7.19. Il divieto in questione, peraltro, appare anche porsi in contrasto con il principio di integrazione sancito dall'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dall'art. 37 della Carta di Nizza, sulla scorta del quale «Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». Come noto, l'integrazione ambientale in tutti i settori politici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e' funzionale a ridurre le pressioni sull'ambiente derivanti dalle politiche e dalle attivita' di altri settori e per raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici. Il divieto introdotto dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 all'interno di un corpo normativo finalizzato a dare attuazione, nell'ordinamento giuridico italiano, alle previsioni della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell'uso di energia da fonti rinnovabili, quale obiettivo della politica energetica dell'Unione europea, appare violare l'art. 117, comma 1, della Costituzione anche per le seguenti ragioni: si inserisce nel complesso delle previsioni dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo, tant'e' che le relative previsioni non risultano neppure adeguatamente coordinate con il resto dell'articolato normativo (si consideri, ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20, nella parte in cui prevede che con i decreti di cui al comma 1 si debba verificare, tra l'altro, «l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili»); il divieto in parola presenta una valenza assoluta, in quanto il legislatore non ha istituito alcuna forma di possibile bilanciamento tra i contrastanti valori in gioco. In tal modo, invero, e' stata sancita una insuperabile prevalenza dell'interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni classificati come aree agricole, del tutto sganciata da una valutazione in concreto della effettiva utilizzabilita' di tali aree a fini agricoli. Non puo', pertanto, mancarsi di rilevare, che tale scelta legislativa risulta innesta una contraddizione interna al medesimo decreto legislativo n. 199/2021, appalesandosi antitetica rispetto al perseguimento dell'obiettivo normativo per il quale lo stesso e' stato emanato, dato dalla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Tali ulteriori considerazioni rafforzano, ad avviso del Collegio, il sospetto di incostituzionalita' dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, avvalorando come l'introduzione del contestato divieto si ponga in contrasto con la cornice normativa europa in materia di Unione dell'energia. 7.20. Ad avviso del Collegio, sulla scorta delle precedenti considerazioni, appare che la disposizione normativa sospettata di incostituzionalita' confligga anche con il principio di proporzionalita', che rileva non solo quale principio cardine dell'ordinamento eurounionale, ma anche ai fini della compatibilita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 rispetto all'art. 3 della Costituzione. In proposito, occorre innanzitutto porre in evidenza che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha piu' volte ribadito che «il principio di proporzionalita' e' un principio generale del diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto dal legislatore comunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (cfr. CGUE, Sezione Quinta, sentenza dell'11 giugno 2009, in causa C-170/08, H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur en Voedselkwaliteit, par. 41). Il sindacato di proporzionalita' costituisce, inoltre, un aspetto del controllo di ragionevolezza delle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la stessa Corte costituzionale ha gia' avuto modo di precisare «Tale giudizio deve svolgersi "attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti" (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita' utilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte di giustizia dell'Unione europea per il controllo giurisdizionale di legittimita' degli atti dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014). 7.20.1. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un divieto generalizzato e sostanzialmente assoluto all'utilizzo, su un'ampia parte del territorio nazionale, di una determinata tecnologia di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto a quella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che entrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili: le esigenze di tutela dell'ambiente, della biodiversita', dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti, attraverso l'individuazione di aree non idonee che, come in precedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi' zone in cui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti, e' altamente verosimile che si approdi a un esito negativo dell'iter di autorizzazione, relativamente alla valutazione di compatibilita' ambientale dei progetti che interessano tali aree. Cio', peraltro, non osta alla possibilita' di verificare, in concreto e nell'ambito dei singoli procedimenti autorizzativi, l'effettiva compatibilita' degli interventi proposti con gli ulteriori e confliggenti interessi pubblici. Di contro, l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, introduce un divieto di tale portata che risulta preclusa in radice la possibilita', per le amministrazioni procedenti, di operare un bilanciamento tra i contrapposti interessi in giuoco. Infatti, risulta gia' stata affermata a monte, da parte del legislatore, la prevalenza assoluta e incondizionata dell'interesse alla conservazione dei suoli classificati agricoli, rispetto alla possibile funzionalizzazione degli stessi al soddisfacimento delle esigenze energetiche correlate con gli obiettivi assunti dall'Italia a livello unionale. 7.21. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in disparte i gia' evidenziati profili di contrasto con il diritto unionale, che ai sensi dell'art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversita' e gli ecosistemi «anche nell'interesse delle future generazioni», con cio' incorporando il principio di sviluppo sostenibile nell'ambito dei principi fondamentali in materia di tutela ambientale. Il divieto introdotto con l'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, invero, comporta l'incondizionato sacrificio di tale principio, ponendosi cosi' in possibile contrasto con l'art. 9 della Costituzione e con la consolidata giurisprudenza costituzionale in base alla quale «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre "sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro" (sentenza n. 264 del 2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno" nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di equilibrio, proprio perche' dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di proporzionalita' e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 85/2013). 7.22. Sotto un differente profilo, vale evidenziare che il contestato divieto trova applicazione a partire dalla mera classificazione di un'area come agricola in base ai piani urbanistici, senza che alcuna rilevanza possa a tal fine assumere il suo utilizzo, concreto o potenziale, a fini agricoli. Anche per tale ragione la disposizione normativa in questione sembra caratterizzata da irragionevolezza e non proporzionalita', atteso che la dichiarata finalita' di contrastare il consumo di suolo agricolo non e' riscontrabile (o quantomeno non nei termini incondizionati e assoluti previsti da tale norma) in relazione alle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre, qualsivoglia considerazione della qualita' e dell'importanza delle colture eventualmente praticate sui suoli interdetti all'installazione degli impianti FTV con moduli collocati a terra. 7.23. Vale, poi, richiamare quanto previsto nelle Linee guida di cui al decreto ministeriale del 10 settembre 2010, in base alle quali: le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, ne' tradursi nell'identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela. La tutela di tali interessi e' infatti salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all'uopo preposte, che sono tenute a garantirla all'interno del procedimento unico e della procedura di valutazione dell'impatto ambientale nei casi previsti; le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualita' (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un'elevata capacita' d'uso del suolo. 7.24. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme alle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non puo' essere sviluppata l'energia rinnovabile («zone di esclusione»). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e trasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle restrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone dell'aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere basate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo perseguito massimizzando la disponibilita' di spazio per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli di pianificazione territoriale» (cfr. la Raccomandazione (UE) 2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull'accelerazione delle procedure autorizzative per l'energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta, in primis, dall'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 e poi confluita nel contestato art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 si traduce, invece, nell'esatto opposto, ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, che non risulta fondato su dati concreti e che appare porsi in patente contrasto con l'obietto di massimizzazione della disponibilita' di spazio per lo sviluppo dei progetti correlati con la produzione di energia da fonte rinnovabile. V. Le questioni di costituzionalita' da sottoporre alla Corte costituzionale. 8. Il Collegio, sulla scorta di tutte le considerazioni sino ad ora esposte, ritiene che siano rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale prospettate nel presente giudizio in relazione all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024. Il Collegio, in particolare, sospetta che tale disposizione normativa si ponga in contrasto con il dettato costituzionale, per aver introdotto un divieto all'installazione in area agricola di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra che appare contrario agli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119. 8.1. Le sollevate questioni di costituzionalita' vanno del pari riferite all'art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili», laddove prevede che «Gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, sono considerati di pubblica utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». Tale disposizione normativa, infatti, riproduce il divieto sancito dall'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. VI. Conclusioni. 9. In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni: il primo motivo di ricorso deve essere respinto, stante la sua infondatezza; la questione di legittimita' costituzionale prospettata con il secondo motivo di ricorso in relazione all'art. 77, comma 2, della Costituzione deve essere dichiarata manifestamente infondata; risultano, invece, rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119. 9.1. Ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il presente giudizio e' sospeso fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 9.2. Ai sensi dell'art. 23, commi 4 e 5, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente sentenza sara' comunicata alle parti costituite, notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata anche al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. 9.3. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese resta riservata alla decisione definitiva del presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, cosi' dispone: a) lo rigetta, nei sensi di cui in motivazione, in relazione al primo motivo di ricorso; b) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione dell'art. 77 della Costituzione; c) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei termini espressi in motivazione, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, nonche' dell'art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119; d) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; e) dispone la comunicazione della presente sentenza alle parti in causa, nonche' la sua notificazione al Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati; f) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio incidentale promosso con la presente sentenza. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati: Elena Stanizzi, Presidente; Luca Biffaro, referendario, estensore; Marco Savi, referendario. Il Presidente: Stanizzi L'estensore: Biffaro