Reg. ord. n. 145 del 2025 pubbl. su G.U. del 27/08/2025 n. 35
Ordinanza del Tribunale di Firenze del 16/06/2025
Tra: M. M. e altri
Oggetto:
Reati e pene – Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Denunciata previsione della sanzione penale in caso di inosservanza – Violazione della libertà, anche convenzionale, di riunione e della libertà di manifestazione del pensiero – Inosservanza degli obblighi internazionali.
- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma.
- Costituzione, artt. 17, 21 e 117; Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, art. 21; Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), art. 11.
Reati e pene – Danneggiamento – Denunciata previsione della rilevanza penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico – Violazione del principio di ragionevolezza – Violazione della libertà di riunione e della libertà di manifestazione del pensiero – Violazione del principio di offensività.
- Codice penale, art. 635, primo comma [, nel testo modificato dall'art. 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 7 del 2016].
- Costituzione, artt. 3, 17, 21, 25, secondo comma, e 27, terzo comma.
In via subordinata: Reati e pene – Danneggiamento – Modifiche normative ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016 – Denunciata previsione che sia punita anche la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico – Violazione dei principi e dei criteri direttivi di cui alla legge di delega n. 67 del 2014.
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, art. 2, comma 1, lettera l); codice penale, art. 635.
- Costituzione, art. 76.
Norme impugnate:
regio decreto
del 18/06/1931
Num. 773
Art. 18
Co. 3
codice penale
del
Num.
Art. 635
Co. 1
decreto legislativo
del 15/01/2016
Num. 7
Art. 2
Co. 1
decreto legislativo
del 15/01/2016
Num. 7
Art. 2
Co. 1
codice penale
del
Num.
Art. 635
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 17
Co.
Costituzione
Art. 21
Co.
Costituzione
Art. 25
Co. 2
Costituzione
Art. 27
Co. 3
Costituzione
Art. 76
Co.
Costituzione
Art. 117
Co.
Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York
Art. 21
Co.
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 11
Co.
Udienza Pubblica del 25 febbraio 2026 rel. PETITTI
Testo dell'ordinanza
N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2025
Ordinanza del 16 giugno 2025 del Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di M. M. e altri.
Reati e pene - Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico -
Obbligo di preavviso al questore - Denunciata previsione della
sanzione penale in caso di inosservanza.
- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma.
Reati e pene - Danneggiamento - Denunciata previsione della rilevanza
penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in
tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in
occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico.
- Codice penale, art. 635, primo comma [, nel testo modificato
dall'art. 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 7 del
2016 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e
introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma
dell'articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67)].
In via subordinata: Reati e pene - Danneggiamento - Modifiche
normative ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016 - Denunciata previsione
che sia punita anche la condotta di chi distrugge, disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in
luogo pubblico o aperto al pubblico.
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in materia
di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni
pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28
aprile 2014, n. 67), art. 2, comma 1, lettera l); codice penale
art. 635.
(GU n. 35 del 27-08-2025)
TRIBUNALE DI FIRENZE
Prima sezione penale
Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di:
M. M., nata a ... il ...; libera assente; difesa dall'avv. di
fiducia Sauro Poli del Foro di Firenze;
P. G. Y. R., nato in ... il ...; libero assente; difesa dall'avv.
di fiducia Claudio Novaro del Foro di Torino;
A. N., nato a ... il ...; libero assente; difesa dall'avv. di
fiducia Ettore Grenci del Foro di Bologna;
S. E., nata a ... (...) il ...; libera assente; difesa dall'avv.
di fiducia Agnese Sbraccia del Foro di Venezia;
E. N., nato a ... il ...; libero assente; difeso di fiducia
dall'avv. Gionata Marini del Foro di Firenze e dall'avv. Sauro Poli
del Foro di Firenze;
L. C., nata a ... (...) il ...; libera assente; difesa dall'avv.
di fiducia Agnese Sbraccia del Foro di Venezia;
T. A., nato a ... (...) il ...; libero assente; difeso dall'avv.
di fiducia Sauro Poli del Foro di Firenze;
imputati dei seguenti reati:
Tutti
1) Reato previsto e punito dagli articoli 110 del codice penale,
art. 18 regio decreto n. 73/1931 perche', in concorso morale e
materiale tra loro, chiamando a raccolta i partecipanti, organizzando
un presidio, esibendo uno striscione sul quale era scritto «Giova,
Ghespe e Paska liberi» ed un ulteriore striscione sul quale era
scritto «Giova-Ghespe-Paska liberi complici con gli anarchici
arrestati fuoco alle galere» seguito dal simbolo anarchico della A
cerchiata, intonando ed urlando alcuni slogan contro lo Stato
italiano e le Forze dell'ordine, senza alcuna comunicazione
preventiva al questore, promuovevano ed organizzavano in luogo
pubblico una manifestazione di protesta in solidarieta' a tutti i
compagni anarchici detenuti in carcere tenutasi per le vie del centro
della citta' di ...
Reato commesso in ..., in data ...
E. N.
2) Delitto previsto e punito dall'art. 99, 635, comma 2, n. 1,
comma 3, perche', nel corso della manifestazione di cui al capo
precedente, in ..., in via ... nr. ..., aggrappandosi all'asta della
bandiera italiana esposta all'esterno della scuola ..., la
distruggeva rendendola del tutto o in parte inservibile.
Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose esistenti in
uffici pubblici.
Con l'ulteriore aggravante di aver commesso il fatto in occasioni
di manifestazioni svolte in luogo pubblico.
Con l'ulteriore aggravante della recidiva specifica.
Fatti commessi in ..., in data ...;
sentite le parti;
premesso che:
- con decreto del pubblico ministero emesso il 10 gennaio
2024 M. M., P. G. Y. R, A. N., S. E., E. N., L. C. e T. A. erano
citati a giudizio per la contravvenzione di cui all'art. 18, regio
decreto n. 73/1931 (TULPS); al solo E. era ascritto anche il delitto
di danneggiamento ex art. 635 del codice penale;
- all'udienza predibattimentale odierna le parti illustravano
le rispettive conclusioni. In particolare, il pubblico ministero
chiedeva sentenza di non luogo a procedere per il capo 1) per
intervenuta prescrizione e disporsi la prosecuzione del giudizio per
il capo 2); la difesa chiedeva sentenza di non luogo a procedere per
il capo 1) per intervenuta prescrizione e per il capo 2) perche' il
fatto non sussiste o per particolare tenuita' del fatto;
rilevato che:
A) dagli atti d'indagine emerge che in data ... si svolgeva a
... una manifestazione.
Pur non essendo stata l'iniziativa oggetto di preavviso al
questore, la Divisione investigazioni generali operazioni speciali
(DIGOS) della Questura di Firenze monitorando alcuni siti internet
dell'area anarchica, aveva appreso che il ... alle ore ... si sarebbe
tenuto in ... (nel centro storico) un presidio di solidarieta' ad
alcuni soggetti detenuti in carcere. Veniva percio' organizzato un
apposito servizio di polizia a tutela dell'ordine pubblico e della
sicurezza pubblica.
Gli operanti nel corso del servizio osservavano cosi' una
trentina di soggetti che, verso le ore ... del ..., raggiungevano e
vi svolgevano un presidio, nel corso del quale, anche utilizzando un
microfono collegato ad un amplificatore, leggevano vari testi,
intonavano cori e slogan, appendevano alcuni striscioni (del seguente
tenore: «Giova, Ghespe e Paska liberi» e «Complici con gli anarchici
arrestati fuoco alle galere»). Intorno alle ore ... il gruppo dava
vita ad un corteo per le strade del centro fino a raggiungere la
locale piazza ..., ove venivano nuovamente appesi gli striscioni.
I poliziotti riconoscevano molti tra i soggetti presenti. In
particolare osservavano che gli attuali imputati tenevano le seguenti
condotte: M. e T. portavano sul posto i volantini che poi nel corso
della manifestazione sarebbero stati letti e distribuiti; A. e P.
portavano sul posto uno striscione; E. e un altro soggetto
appendevano uno striscione; A. e P. durante il presidio distribuivano
i volantini; M. e T. alla fine del presidio recuperavano la cassa
amplificatrice e lo striscione; L., S. e M. si posizionavano alla
testa del corteo (successivo), sorreggendo uno striscione e guidando
il corteo stesso; A. e P. durante il corteo attaccavano ad una
vetrata due manifesti.
Inoltre, mentre il corteo transitava in via ... nei pressi della
«Scuola ...» E. era visto (e fotografato) nell'azione di staccarsi
dal gruppo, arrampicarsi e aggrapparsi all'asta della bandiera
italiana appesa sulla facciata dell'edificio, rompendo la citata
asta, per poi tornare nel gruppo.
In relazione a tale danneggiamento non risulta presentata nessuna
querela.
In atti non risulta specificata la natura - pubblica o meno -
dell'istituto scolastico.
B) ai sensi dell'art. 554-ter, comma 1 del codice penale
questo giudice deve valutare «se sulla base degli atti trasmessi ai
sensi dell'art. 553, sussiste una causa che estingue il reato o per
la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere
proseguita, se risulta che il fatto non e' previsto dalla legge come
reato ovvero che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha
commesso o che il fatto non costituisce reato o che l'imputato non e'
punibile per qualsiasi causa»; il giudice pronuncia sentenza di non
luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono
una ragionevole previsione di condanna.
Ai sensi del successivo terzo comma dello stesso art. 554-ter del
codice di procedura penale «Se non sussistono le condizioni per
pronunciare sentenza di non luogo a procedere e in assenza di
definizioni alternative di cui al comma 2, il giudice fissa per la
prosecuzione del giudizio la data dell'udienza dibattimentale davanti
ad un giudice diverso e dispone la restituzione del fascicolo del
pubblico ministero».
C) Quanto al reato di cui all'art. 18, regio decreto n.
73/1931 contestato al capo 1), risulta chiaramente decorso il termine
di prescrizione. Piu' precisamente, il termine massimo di cinque anni
dalla data del fatto risulta decorso in data 20 aprile 2024 (non
risultano periodi di sospensione); risulta altresi' decorso in data
20 aprile 2023 il termine ordinario di quattro anni dalla data del
fatto prima che intervenisse il primo atto interruttivo (il decreto
di citazione a giudizio emesso il 10 gennaio 2024).
Si dovrebbe dunque dichiarare l'estinzione del reato per
intervenuta prescrizione.
Tuttavia, ove vi fosse l'evidenza di una causa di proscioglimento
nel merito, questo giudice dovrebbe ai sensi dell'art. 129, comma 2
del codice di procedura penale dare la precedenza a tale formula di
proscioglimento.
D) Nel caso di specie, alla luce degli elementi di fatto
sopra descritti, alla stregua della disciplina in vigore, non
emergono cause di proscioglimento immediato nel merito:
- ne' rispetto alla possibilita' di qualificare
l'assembramento come riunione: le Sezioni Unite della Corte di
cassazione nella sentenza n. 46595 del 2019 (punto 13 del Considerato
in diritto) hanno individuato una nozione di «pubblica riunione»
comune a varie norme dell'ordinamento, tra cui l'art. 18 TULPS:
«Questa nozione ristretta e comune a tutte le norme menzionate
esiste: e' la riunione non occasionale di piu' persone in luogo
pubblico»; in base al comportamento tenuto e alla predisposizione ed
organizzazione dei mezzi necessari, e' evidente come quella descritta
in atti fosse una riunione volontaria e non occasionale;
- ne' rispetto alla pubblicita' del luogo della riunione,
costituito da piazze e vie pubbliche.
- ne' rispetto al ruolo di promotore ed organizzatore della
riunione (non oggetto del dovuto preavviso) attribuito agli imputati;
secondo la giurisprudenza di legittimita', infatti, «ai fini della
configurabilita' del reato di omesso previo avviso al questore, di
cui all'art. 18 TULPS, risponde come promotore di una riunione in
luogo pubblico o di un corteo per le pubbliche vie non soltanto chi
progetta, indice, promuove e organizza la manifestazione, ma anche
chi collabora alla realizzazione pratica e al buon esito della
stessa, partecipando alla fase preparatoria» (cosi' Cassazione Sez. 1
- sentenza n. 35493 del 17 novembre 2020 Rv. 280200 - 01, nello
stesso senso Cassazione Sez. 1, sentenza n. 42448 del 21 ottobre 2009
Rv. 245561 - 01). In atti sono descritte varie condotte con cui gli
attuali imputati avrebbero contribuito alla realizzazione pratica
della riunione.
E) Ai fini del giudizio circa la sussistenza di una causa di
proscioglimento immediato nel merito ex art. 129, comma 2 del codice
di procedura penale e in particolare ai fini del giudizio circa la
rilevanza penale del fatto in questione, pare pero' necessario il
pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita'
costituzionale dell'art. 18, comma 3, regio decreto 18 giugno 1931,
n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza);
F) Quanto al reato di danneggiamento contestato al capo 2) al
solo E., si deve in primo luogo rilevare che l'art. 635 del codice
penale - sia nella formulazione vigente all'epoca dei fatti, sia in
quella attuale - non delinea un'unica figura di reato per la quale i
vari commi configurino distinte circostanze aggravanti.
A seguito della riforma operata dal decreto legislativo n.
7/2016, la precedente figura di danneggiamento semplice e' ora
penalmente irrilevante; le precedenti fattispecie aggravate - tra cui
quella avente ad oggetto le cose esistenti in stabilimenti pubblici
(o destinate a pubblico servizio o esposte alla pubblica fede) ai
sensi dell'art. 625, comma 1, n. 7 del codice penale (richiamato
dall'art. 635, comma 2 del codice penale) - sono state trasformate in
fattispecie autonome di reato; parimenti autonome sono le ulteriori
fattispecie di danneggiamento che sono state successivamente
delineate dal legislatore.
Per il vero, non mancano pronunce di legittimita' che, nel
trattare il merito delle singole ipotesi di cui ai vari commi
dell'art. 635 del codice penale (e quindi non affrontando
specificamente la natura di fattispecie base o di fattispecie
circostanziata di tali ipotesi), fanno ancora riferimento alle
«aggravanti» della destinazione del bene a pubblico servizio o della
presenza in uno stabilimento pubblico (cosi', ad es. Cassazione Sez.
2, sentenza n. 29538 del 15 giugno 2023 Rv. 284940 - 01 e Sez. 2,
sentenza n. 27050 del 12 aprile 2023 Rv. 284769 - 01). Si tratta
tuttavia - si deve ritenere - di espressioni retaggio del passato o,
forse, dovute al fatto che con riguardo al furto le ipotesi aventi ad
oggetto le citate tipologie di beni costituiscono fattispecie
aggravate (ai sensi per l'appunto dell'art. 625, comma 1, n. 7 del
codice penale). Allorche', viceversa, ha affrontato espressamente la
questione, la Corte di cassazione ha rilevato che gli elementi che in
passato avevano natura circostanziale sono ora (a seguito della
riforma del 2016) elementi costitutivi del reato (cosi', ad esempio
Cassazione Sez. 2 sentenza n. 10208 del 16 febbraio 2024 Rv. 286093 -
01 e Cassazione Sez. 2, sentenza n. 37417 del 12 novembre 2020 Rv.
280464 - 01). Nella sentenza Cassazione Sez. 2, sentenza n. 1881 del
3 novembre 2022 (dep. 2023) la Corte ha inoltre sottolineato
l'autonomia delle varie figure delittuose disciplinate nei vari commi
dell'art. 635 del codice penale.
A differenza di quanto indicato nel capo d'imputazione, quindi,
l'avere commesso il fatto su cose esistenti in uffici pubblici e
l'aver commesso il fatto in occasioni di manifestazioni svolte in
luogo pubblico non integrano due circostanze aggravanti di un non
piu' previsto reato di danneggiamento semplice; al contrario
integrano due distinte e autonome fattispecie di danneggiamento.
Cio' pare confermato dal rapporto strutturale tra le due
fattispecie, che e' di specialita' reciproca: a fronte di un nucleo
comune costituito dalla tipologia di condotta, un fatto presenta
quale elemento qualificante lo specifico oggetto (la cosa esistente
in uno stabilimento pubblico), l'altro presenta quale elemento
qualificante lo specifico contesto in cui e' compiuto (in occasione
di una manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico).
La citata conclusione trova inoltre supporto nel dato letterale:
l'art. 635, comma 5 del codice penale (che detta regole in materia di
subordinazione della sospensione condizionale della pena) fa infatti
riferimento ai «reati di cui ai capi precedenti», ove il termine
«reati» figura al plurale.
I due reati ora in esame paiono porsi in rapporto di concorso
formale, posto che sono realizzati con un'unica condotta; ne' appare
possibile ravvisare un assorbimento dell'uno nell'altro, sia perche'
la specialita' e' solo reciproca, sia perche' i beni giuridici
tutelati non sono perfettamente sovrapponibili: alla comune
componente patrimoniale nell'un caso si aggiunge un profilo
pubblicistico connesso all'efficienza della pubblica amministrazione;
nell'altro caso un profilo (almeno in teoria) attinente ad un bene
ulteriore, sia pur di difficile decifrazione.
D) tanto premesso, ritiene pero' questo giudice di dover valutare
la legittimita' della previsione della rilevanza penale del fatto in
esame.
Pare in particolare necessario il pronunciamento della Corte
costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art.
635 del codice penale nella parte in cui prevede la rilevanza penale
del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o
in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico
(incriminazione all'epoca dei fatti contenuta nell'art. 635, comma 1
del codice penale e ora contenuta nell'art. 635, comma 3 del codice
penale, con la previsione di una pena anche piu' severa); in
subordine dell'art. 2, comma 1, lettera l), decreto legislativo n.
7/2016 nella parte in cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del
codice penale - ha disposto che al primo comma dell'art. 635 del
codice penale fosse punita anche la condotta di chi distrugge,
disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose
mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si
svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico;
cio' premesso,
Osserva
1. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Rilevanza
Come si e' gia' evidenziato, qualora fosse accolta la questione
relativa alla legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 3 TULPS
questo giudice ai sensi dell'art. 129, comma 2 del codice di
procedura penale dovrebbe - con riguardo a detta imputazione -
emettere una sentenza di non luogo a procedere perche' il fatto non
e' previsto dalla legge come reato.
Diversamente, dovrebbe essere emessa sentenza di non luogo a
procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
2. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Non manifesta
infondatezza.
2.1 Appare opportuna una breve ricostruzione del quadro
normativo.
L'art. 18 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 prevedeva:
«I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al
pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore.
E' considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene
indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sara' tenuta,
o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo
scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata.
I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e
con l'ammenda da lire mille a quattromila. Con le stesse pene sono
puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.
Il questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di
ordine pubblico, di moralita' o di sanita' pubblica, puo' impedire
che la riunione abbia luogo e puo', per le stesse ragioni,
prescrivere modalita' di tempo e di luogo alla riunione.
I contravventori al divieto o alle prescrizioni
dell'autorita' sono puniti con l'arresto fino a un anno e con
l'ammenda da lire duemila a quattromila. Con le stesse pene sono
puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola.
Non e' punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorita' o
per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle
riunioni elettorali.»
Successivamente all'adozione della Costituzione repubblicana e
all'inizio dell'operativita' della Corte costituzionale, il citato
articolo del TULPS - a parte i vari adeguamenti della pena pecuniaria
(la cui cornice edittale e' oggi compresa tra 103 euro e 413 euro) -
e' stato oggetto di numerose questioni di costituzionalita', alcune
delle quali accolte.
In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del
1958 ha dichiarato l'illegittimita' delle norme del citato articolo
nella parte relativa alle riunioni non tenute in luogo pubblico; con
la sentenza n. 90 del 1970 ha dichiarato l'incostituzionalita'
dell'art. 18, comma 3 nella parte in cui non limita la previsione
punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza
dell'omissione del preavviso previsto dal primo comma dello stesso
articolo; con la sentenza n. 11 del 1979 ha dichiarato
l'incostituzionalita' dell'art. 18, comma 3 nella parte in cui
prevede la punizione di coloro che prendono la parola essendo a
conoscenza della omissione di preavviso previsto nel primo comma
(accogliendo cosi' una questione precedentemente ritenuta infondata,
sia con la sentenza 90 del 1970, sia con la sentenza n. 51 del 1975).
Attualmente, quindi, l'incriminazione e' circoscritta ai soli
promotori della riunione in luogo pubblico che omettano di darne
avviso al questore almeno tre giorni prima (oltre che a coloro che
contravvengono al divieto di riunione imposto dal questore o alle
prescrizioni da questi imposte, ai sensi dell'art. 18, comma 4).
2.2 La questione che ora s'intende proporre in via principale non
attiene alla previsione dell'obbligo del preavviso per le riunioni in
luogo pubblico, bensi' alla previsione di una sanzione penale per
l'ipotesi in cui tale obbligo non sia rispettato.
Trattasi - per certi versi - di questione analoga a quella
ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 9
del 1956. In tale occasione - a fronte del dedotto contrasto della
norma censurata con l'art. 17 della Costituzione, che non contempla
una sanzione per il mancato preavviso - cosi' la Corte motivava la
propria decisione: «E' normale che il precetto costituzionale non
copra, per tutta la sua estensione, la materia regolata dalle norme
ad essa sottordinate nella scala dei valori normativi. L'art. 17
della Costituzione, per le riunioni in luogo pubblico - come
chiaramente risulta da tutti i lavori preparatori -, e' confermativo
della disciplina preesistente. Pertanto la sanzione penale contenuta
nell'art. 18 del T.U. delle leggi di p.s., nella parte che si
riferisce alle riunioni in luogo pubblico, integra e completa, sotto
il relativo profilo, la disposizione costituzionale, non essendo
nemmeno pensabile che il precetto costituzionale possa, se veramente
se ne vuole il rispetto, essere sprovvisto di sanzione». L'assunto e'
stato poi confermato in numerose ordinanze successive (ordinanze 27
del 1956, 31 del 1956, 32 del 1956, 86 del 1957, 87 del 1957, 88 del
1957, 89 del 1957, 90 del 1957, 10 del 1960).
2.3 La citata conclusione non appare condivisibile.
2.3.1 Da un lato, la circostanza che il principio costituzionale
non sia meramente confermativo della disciplina precedente (dettata
in periodo particolarmente infausto per le liberta' fondamentali)
emerge gia' solo dal fatto che con le tre sentenze sopra citate (27
del 1958, 90 del 1970 e 11 del 1979) la stessa Corte costituzionale
ha rilevato il contrasto in piu' punti della disciplina dettata
dall'art. 18 TULPS con il combinato disposto degli articoli 17 e 21
della Costituzione.
2.3.2 Dall'altro - premesso che l'art. 17, comma 3 della
Costituzione prevede che delle riunioni in luogo pubblico debba
essere dato preavviso alle autorita', senza fare alcun riferimento a
pene - se non e' logicamente corretto desumere da tale mancanza tout
court un divieto di sanzione penale, risulta pero' eccessivo dedurre
che il precetto debba essere necessariamente accompagnato da una
sanzione e, in particolare, che la sanzione debba essere di natura
penale (per di piu' di tipo detentivo); a maggior ragione ove si
consideri che l'obbligo di preavviso costituisce una limitazione
all'esercizio di un diritto fondamentale e quindi la relativa
previsione pare doversi interpretare restrittivamente.
Si consideri anche che nel frattempo il quadro normativo
complessivo e' mutato notevolmente, per cui da una logica
panpenalistica si e' passati ad una concezione del diritto penale
come extrema ratio. Inoltre, si e' diffusa ampiamente la figura
dell'illecito amministrativo con finalita' punitiva, sicche' molte
ipotesi di illecito che in passato avevano natura penale hanno ora
una rilevanza soltanto amministrativa.
Del resto, il mancato preavviso gia' trova una possibile sanzione
(di tipo non punitivo) nella dispersione della riunione ad opera
delle forze di polizia (dispersione che costituisce una mera
eventualita' e non l'oggetto di un obbligo, come gia' sottolineato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 90 del 1970).
L'art. 17 della Costituzione non impone dunque affatto
l'incriminazione dell'omesso preavviso da parte dei promotori della
riunione in luogo pubblico.
2.4 Dall'epoca delle citate pronunce della Corte costituzionale
e' inoltre maturata una maggiore sensibilita' rispetto alla tutela
dei diritti fondamentali, anche con riguardo all'esigenza che le
limitazioni ai diritti fondamentali rispettino sempre il canone della
proporzionalita', «in quanto la proporzionalita' e' "requisito di
sistema nell'ordinamento costituzionale italiano, in relazione a ogni
atto dell'autorita' suscettibile di incidere sui diritti fondamentali
dell'individuo"» (cosi' la sentenza n. 203 del 2024, che richiama a
sua volta precedenti pronunce).
A questo riguardo, l'art. 18, comma 3 TULPS pare violare gli
articoli 17 e 21 della Costituzione (la liberta' di riunione e la
liberta' di manifestazione del pensiero paiono strettamente
collegate, come riconosciuto sia dalla Corte costituzionale sia dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo in plurime pronunce), posto che
pare sproporzionata la previsione dell'incriminazione per tutte le
ipotesi di omesso preavviso da parte degli organizzatori, a
prescindere dalla tipologia di riunione, dall'entita' della stessa,
dal numero dei partecipanti (effettivi o attesi), dal luogo e dai
mezzi di svolgimento, nonche' dalle conseguenze che ne derivino.
Il raduno di centinaia di manifestanti a bordo di trattori sulla
tangenziale di una grande citta' e' situazione radicalmente diversa
rispetto al ritrovo di una decina di giovani a piedi; una
manifestazione nei pressi della sede del Parlamento e' situazione
radicalmente diversa da una riunione in un parco cittadino (come si
vedra' oltre, nel caso RAI and Evans v. the United Kingdom la Corte
europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto giustificata l'interferenza
nelle liberta' fondamentali posto che la norma nazionale prevedeva
sanzioni penali - detentiva e/o pecuniaria - soltanto per le
manifestazioni non autorizzate che si svolgessero in zone limitate e
particolarmente sensibili dal punto di vista della sicurezza e che
era inoltre stata concretamente inflitta solo una pena pecuniaria).
In ogni caso, la previsione della possibilita' per le autorita'
di impedire lo svolgimento della riunione pare sufficiente alla
salvaguardia dell'ordine pubblico, per cui la configurazione come
reato dell'omesso preavviso appare inutilmente limitativa delle
liberta' di riunione e di manifestazione del pensiero.
2.5 La norma censurata pare violare altresi' l'art. 117 della
Costituzione in relazione all'art. 21 del Patto internazionale
relativo ai diritti civili e politici di New York.
Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre 1966
(reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881),
cosi' recita: «E' riconosciuto il diritto di riunione pacifica.
L'esercizio di tale diritto non puo' formare oggetto di restrizioni
tranne quelle imposte in conformita' alla legge e che siano
necessarie in una societa' democratica, nell'interesse della
sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o
per tutelare la sanita' o la morale pubbliche, o gli altrui diritti e
liberta'.»
Quanto al concetto di «restrizioni [...] necessarie in una
societa' democratica» - che evoca il principio di proporzionalita' -
risulta fondamentale l'interpretazione fornita dal Comitato per i
diritti umani dell'ONU nel commento generale n. 37 sul diritto di
riunione pacifica.
2.5.1 Preliminarmente nel citato commento generale, il comitato
precisa: che «riunione pacifica» e' sinonimo di «riunione non
violenta», ove per violenza si deve intendere l'uso ad opera dei
partecipanti di una forza fisica suscettibile di cagionare delle
lesioni o la morte o dei danni gravi ai beni (paragrafo 15); che il
confine tra riunione pacifica e riunione non pacifica puo' talora non
essere chiaro, ma esiste una presunzione in favore del carattere
pacifico della riunione e gli eventuali atti sporadici di violenza
posti in essere da alcuni partecipanti non possono essere attribuiti
agli altri o agli organizzatori o far qualificare come violenta la
riunione (par. 17).
Ai paragrafi 70 e seguenti e' trattato il tema del preavviso. In
particolare, e' previsto che l'adozione di un sistema di preavviso
non deve diventare un fine in se'. Al par. 71 il comitato afferma che
la mancanza di preavviso, ove richiesto, non puo' rendere illegale la
partecipazione ad una riunione, non puo' di per se' legittimare la
dispersione della riunione o l'arresto dei partecipanti o degli
organizzatori o l'inflizione di sanzioni ingiustificate, come ad
esempio accusare gli organizzatori o i partecipanti di illeciti
penali; anche le eventuali sanzioni amministrative devono essere
giustificate dalle autorita'; la mancanza di preavviso non esonera le
autorita' dal dovere, nella misura in cui sia loro possibile, di
agevolare la riunione e di proteggere i partecipanti. (1)
Dunque, per quel che qui piu' strettamente interessa, secondo
l'interpretazione fornita dall'apposito Comitato ONU, la mancanza di
preavviso di una riunione, pur quando lo stesso sia richiesto, non
puo' costituire l'oggetto di un'infrazione penalmente rilevante nei
confronti degli organizzatori.
2.5.2 Le interpretazioni del Patto fornite dal Comitato per i
Diritti dell'Uomo dell'ONU non sono di per se' vincolanti.
Il citato commento generale tuttavia - per l'autorevolezza e la
specializzazione dell'organo da cui promana e per il livello di
approfondimento - costituisce una interpretazione molto autorevole da
cui non vi e' motivo di discostarsi.
In proposito, si rilevi che la Corte europea dei Diritti
dell'uomo molto spesso cita le osservazioni e i commenti generali del
Comitato ONU per i Diritti dell'uomo come fonte autorevole
d'interpretazione del Patto di New York: cosi', ad esempio, nella
sentenza del 25 giugno 2013 nel caso Youth Initiative for Human
Rights v. Serbia al par. 13 a proposito del commento generale
sull'art. 19 del patto; nella sentenza del 28 marzo 2006 nel caso
Sukhovetskyy c. Ukraine al par. 41 in materia di diritti elettorali;
nella sentenza del 21 settembre 2006 nel caso Maszni c. Roumanie ai
par. 28-30 a proposito dell'art. 14 del patto; nella sentenza del 20
febbraio 2018 nel caso Krombach c. France ai par. 19-20 a proposito
del principio del bis in idem; nella sentenza del 27 novembre 2014
nel caso Hrvatski Lijecsicki Sindikat v. Croatia nella concurring
opinion del giudice Pinto De Albuquerque a proposito del diritto di
sciopero.
Anche il Presidente del Consiglio dei ministri nei propri ricorsi
in via principale dinanzi alla Corte costituzionale ha talora
invocato gli articoli del Patto di New York per come interpretati dal
Comitato per i diritti umani dell'organizzazione delle Nazioni Unite
nei propri commenti generali: si veda ad esempio il ricorso n. 47 del
2015 Reg. Ric. (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 19
del 13 maggio 2015) in relazione alla legittimita' costituzionale
degli articoli 70 e 72 della legge della Regione Lombardia 11 marzo
2005, n. 12, nell'ambito del quale al par. 4 della motivazione il
Governo ha invocato il general comment all'art. 18 del Patto di New
York e in particolare l'indicazione del Comitato circa
l'interpretazione necessariamente restrittiva delle limitazioni alla
liberta' di religione di cui all'art. 18, comma 3 e il principio di
proporzionalita'. (2)
Infine, i commenti generali del Comitato dei diritti umani
dell'ONU costituiscono un importante parametro per l'interpretazione
delle disposizioni del Patto di New York anche nella giurisprudenza
delle Corti nazionali di vari Paesi europei: vi hanno fatto
riferimento, ad esempio, il Tribunale costituzionale spagnolo nella
sentenza n. 26/2024 del 14 febbraio 2024 a proposito della liberta'
di religione e la Corte costituzionale federale tedesca nella
sentenza del 29 gennaio 2019 (2 BvC 62/14) in materia elettorale.
2.6 Analoga questione si prospetta rispetto alla possibile
violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 11
della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo (letto anche in
correlazione all'art. 10 della stessa Convenzione).
L'art. 11 CEDU al primo comma riconosce il diritto di ogni
persona alla liberta' di riunione pacifica. Il secondo comma prevede
poi che l'esercizio di tale diritto (e degli altri diritti
riconosciuti al primo comma) «non puo' essere oggetto di restrizioni
diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono
misure necessarie, in una societa' democratica, alla sicurezza
nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e
alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui».
2.6.1 La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo
ha ritenuto che la richiesta di preavviso per le riunioni in luogo
pubblico - da parte della legge nazionale di uno Stato membro -
costituisca una interferenza con il diritto di riunione, che puo'
tuttavia essere compatibile con il citato articolo laddove ricorrano
i requisiti sopra indicati.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha in particolare
sottolineato reiteratamente che la semplice assenza di notifica
preliminare, pur prevista dalla legge per un fine legittimo, non dia
carta bianca alle autorita', ne' rispetto alla dispersione di una
riunione pacifica - che potrebbe comunque costituire una reazione
sproporzionata e quindi un'interferenza illegittima con il diritto
fondamentale in questione (sentenza del 17 luglio 2007 nel caso Bukta
et Autres c. Hongrie, par. 34-38; sentenza del 12 giugno 2014 nel
caso Primov and others v. Russia, par. 118-119; sentenza del 15
ottobre 2015 nel caso Kudrevicius and others v. Lithuania, par.
149-153) - ne' rispetto alle possibili sanzioni per il mancato
preavviso.
Sotto quest'ultimo profilo, piu' strettamente rilevante ai fini
in esame, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha richiamato la
propria costante giurisprudenza secondo cui la natura e l'entita'
delle sanzioni inflitte sono elementi da tenere in considerazione nel
valutare il carattere proporzionato o meno di un'interferenza
rispetto al fine dalla stessa perseguito (tra le altre, sentenza del
28 settembre 1999 nel caso Öztürk c. Turquie; sentenza dell'11
ottobre 2022 nel caso Osmani and others v. the Former Yugoslav
Republic of Macedonia).
Piu' precisamente, con riguardo alla liberta' di riunione, la
Corte ha affermato che la previsione di una sanzione penale (e ancor
piu' di una pena detentiva) per l'omesso preavviso richiede una
giustificazione particolare, posto che «una manifestazione pacifica
non dovrebbe, in linea di principio, essere soggetta alla minaccia di
una sanzione penale» (sentenza del 17 maggio 2011 nel caso Akgol and
Gal v. Turkey, par. 43), «in particolare una privazione della
liberta'» (sentenza del 18 giugno 2013 nel caso Gon et Autres c.
Turquie, par. 83).
Ad esempio, nel caso RAI and Evans v. The United Kingdom
(sentenza del 17 novembre 2009) la Corte riteneva giustificata
l'interferenza posto che la norma nazionale prevedeva sanzioni penali
(detentiva e/o pecuniaria) soltanto per le manifestazioni non
autorizzate che si svolgessero in zone limitate e particolarmente
sensibili dal punto di vista della sicurezza (era inoltre stata
concretamente inflitta solo una pena pecuniaria).
Viceversa, nel caso Obote v. Russia (sentenza del 19 novembre
2019, par. 43-45) - relativo a sette soggetti che avevano posto in
essere un «flash mob» di fronte ad un ufficio governativo senza la
prescritta previa comunicazione - la Corte europea dei diritti
dell'uomo ha ritenuto che la condotta delle autorita' nazionali, che
avevano inflitto una sanzione amministrativa pecuniaria
sostanzialmente punitiva, costituisse una interferenza sproporzionata
e quindi illegittima ai sensi dell'art. 11 della Convenzione. Piu'
precisamente, la Corte ha ritenuto che il semplice fatto di avere
omesso il previsto preavviso non giustificasse una sanzione di natura
penale.
2.6.2 Alla luce di quanto precede, ad avviso dello scrivente la
norma di cui all'art. 18, comma 3, regio decreto n. 773/1931 si pone
in contrasto con l'art. 11 CEDU, come interpretato dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. La citata
norma nazionale, infatti, punisce (peraltro con una pena sia
detentiva, sia pecuniaria) l'organizzatore di una riunione in luogo
pubblico per il solo fatto dell'omesso preavviso, sulla base del solo
dato formale e a prescindere da ogni giustificazione ulteriore.
2.7 D'altro canto, a parere dello scrivente la dichiarazione di
illegittimita' della norma censurata non darebbe luogo ad un
intollerabile vuoto di tutela del bene giuridico protetto: a fronte
di un mancato preavviso della riunione, sarebbe comunque possibile la
dispersione della stessa ad opera delle forze di polizia (sempreche'
tale dispersione sia concretamente giustificata e proporzionata).
3. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Possibilita' di
un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma
ora censurata ai parametri costituzionali indicati, chiaro e univoco
essendo il dato normativo.
4. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale. Rilevanza
4.1 In via principale, si dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 635 del codice penale nella parte in cui
prevede la rilevanza penale del fatto di chi distrugge, disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in
luogo pubblico o aperto al pubblico.
Qualora fosse accolta detta questione, questo giudice dovrebbe
emettere - con riguardo a tale profilo dell'imputazione - una
sentenza di non luogo a procedere perche' il fatto non e' previsto
dalla legge come reato (fatta salva ogni diversa valutazione quanto
all'ulteriore reato di danneggiamento di cosa presente in un pubblico
stabilimento contestato nel medesimo capo d'imputazione).
Diversamente, posto che - sia dal punto di vista oggettivo, sia
dal punto di vista soggettivo - il reato in esame risulta integrato,
questo giudice dovrebbe valutare la sussistenza di ulteriori e meno
favorevoli cause di non punibilita' e in particolare della
particolare tenuita' del fatto ex art. 131-bis del codice penale
(emettendo, in caso di riconoscimento della stessa, sentenza di non
luogo a procedere e disponendo in caso contrario la prosecuzione del
giudizio davanti ad un giudice diverso ai sensi dell'art. 554-ter,
comma 3 del codice di procedura penale); incidentalmente si deve
rilevare che non sussiste la contestata recidiva perche' l'imputato
non risulta avere mai subito condanne.
Ad ogni modo, dal punto di vista logico e' pregiudiziale la
questione circa la previsione o meno del fatto come reato: «una
pronuncia di non punibilita' ex art. 131-bis del codice penale, in
qualunque fase procedimentale o processuale sia collocata, presuppone
logicamente la valutazione che un reato, completo di tutti i suoi
elementi oggettivi e soggettivi, sia stato commesso dalla persona
sottoposta a indagini o dall'imputato» (sentenza n. 116 del 2023,
richiamata poi dalla sentenza n. 146 del 2023).
Del resto, una pronuncia di non luogo a procedere perche' il
fatto non e' previsto dalla legge come reato e' piu' favorevole per
l'imputato rispetto ad una pronuncia di non luogo a procedere per
particolare tenuita' del fatto, sia perche' quest'ultima presuppone
che un reato vi sia stato, sia per i diversi effetti pratici delle
due pronunce (la prima non produce alcun effetto, la seconda e'
comunque destinata ad essere iscritta nel certificato del casellario
e potrebbe essere presa in considerazione ai fini di una successiva
valutazione della particolare tenuita' di un diverso fatto di reato).
4.2 In via subordinata, si dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 2, lettera l), decreto legislativo n. 7/2016
nella parte in cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del codice
penale - ha disposto che al primo comma dell'art. 635 del codice
penale sia punita anche la condotta di chi distrugge, disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in
luogo pubblico o aperto al pubblico.
La questione risulta rilevante: il testo dell'art. 635 del codice
penale introdotto dall'art. 2, lettera l), decreto legislativo n.
7/2016 era quello in vigore al momento del fatto in esame (sarebbe
poi stato modificato dal decreto-legge n. 53/2019), per cui in caso
di dichiarazione di illegittimita' dell'art. 2, lettera l), decreto
legislativo n. 7/2016, nella parte censurata, il fatto ascritto
all'imputato - di danneggiamento commesso in occasione di una
manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico - si dovrebbe
considerare penalmente irrilevante: lo stesso art. 2, lettera l)
infatti privava di rilevanza penale il danneggiamento semplice. Si
dovrebbe quindi emettere sentenza di non luogo a procedere perche' il
fatto non e' previsto dalla legge come reato (fatta salva ogni
diversa valutazione quanto all'ulteriore reato di danneggiamento di
cosa presente in un pubblico stabilimento contestato nel medesimo
capo d'imputazione).
Non pare inoltre superfluo sottolineare che nel caso di specie
non e' stata presentata alcuna querela. Qualora il decreto
legislativo n. 7/2016 avesse mantenuto in essere - limitatamente ai
fatti di danneggiamento commessi in occasione di manifestazioni in
luogo pubblico o aperto al pubblico - la previgente disciplina, alla
stregua di quest'ultima il danneggiamento semplice non sarebbe
procedibile.
5. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale. Non
manifesta infondatezza della questione principale.
5.1 In via principale, si dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 635 del codice penale nella parte in cui
prevede la rilevanza penale del fatto commesso in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
Occorre premettere che il testo dell'art. 635 del codice penale
negli ultimi anni e' stato oggetto di numerose e ripetute modifiche.
La disposizione ora censurata era inserita nel testo dell'art.
635, comma 1 del codice penale dall'art. 2, lettera l) decreto
legislativo n. 7/2016 (in precedenza era prevista la rilevanza penale
del danneggiamento semplice, a prescindere dalla sussistenza di
ulteriori elementi, ma si trattava di reato procedibile a querela e
di competenza del Giudice di pace; gli ulteriori elementi indicati
nei commi successivi dell'art. 635 del codice penale integravano
delle circostanze aggravanti).
All'epoca dei fatti in contestazione il testo dell'art. 635 del
codice penale era ancora quello introdotto dall'art. 2, lettera l),
decreto legislativo n. 7/2016; la disposizione censurata era quindi
contenuta nel primo comma dell'art. 635 del codice penale e
contemplava un trattamento sanzionatorio identico a quello previsto
per le altre forme di danneggiamento penalmente rilevanti (reclusione
da sei mesi a tre anni).
Attualmente la disposizione - a seguito delle modifiche apportate
dal decreto-legge n. 53/2019 (convertito dalla legge n. 77/2019) -
figura invece nel terzo comma dello stesso articolo e prevede un
trattamento sanzionatorio (reclusione da uno a cinque anni) piu'
severo rispetto alle ipotesi di cui ai precedenti commi (il recente
decreto-legge n. 48/2025 ha previsto un ulteriore inasprimento per
l'ipotesi in cui i fatti siano commessi in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico
e con violenza alla persona o con minaccia). Tale ultimo profilo in
questa sede peraltro non rileva strettamente posto che - in virtu'
delle regole sulla successione delle leggi penali nel tempo di cui
all'art. 2 del codice penale e del principio di cui all'art. 25,
comma 2 della Costituzione - le nuove norme non sono applicabili ai
fatti ora in esame.
5.2 In altre disposizioni dell'ordinamento, incriminatrici o
circostanziali, il termine «manifestazioni» e' accompagnato da
un'aggettivazione - spesso «sportive» - che ne delimita la portata:
e' il caso ad esempio dell'art. 61, n. 11-septies del codice penale,
dell'art. 583-quater del codice penale, dell'art. 635, comma 2, n. 4
del codice penale.
Nel caso in esame (ma anche nell'art. 339 del codice penale e in
altre disposizioni), viceversa, il termine «manifestazioni» non e'
ulteriormente specificato, per cui e' idoneo a ricomprendere
manifestazioni di vario genere: musicali, artistiche e, per quel che
piu' rileva, politiche.
5.3 La norma censurata pare illegittima per violazione degli
articoli 17 e 21 della Costituzione: far dipendere la rilevanza
penale di una medesima condotta dal fatto che la stessa sia tenuta in
occasione di una manifestazione significa in sostanza punire
l'esercizio del diritto (liberta' di riunione ed eventualmente
liberta' di manifestazione del pensiero) che si esprime in quella
manifestazione.
5.4 Con la sentenza n. 119 del 1970 la Corte costituzionale ha
dichiarato illegittima - per violazione dell'art. 3 e dell'art. 40
della Costituzione - la norma dell'art. 635, comma 2, n. 2 del codice
penale (nel testo allora vigente), nella parte in cui prevedeva come
circostanza aggravante, e come causa di procedibilita' d'ufficio, del
reato di danneggiamento il fatto che tale reato fosse commesso da
lavoratori in occasione di uno sciopero o da datori di lavoro in
occasione di serrate. Nella motivazione della sentenza la Corte
censurava in particolare il fatto che la citata norma fosse in
sostanza stata dettata dal legislatore del 1930 per «colpire, sia
pure in occasione del danneggiamento, proprio lo sciopero in quanto
tale»; inoltre la citata norma era ritenuta discriminatoria a
discapito dei lavoratori, posto che in base alla stessa i lavoratori
erano puniti piu' severamente rispetto ad un eventuale terzo che
nella stessa situazione si rendesse autore di un danneggiamento.
5.5 Se pur la formulazione della norma ora censurata e' in
astratto neutra quanto al soggetto attivo del reato - «chiunque» e
quindi in teoria anche soggetti diversi dai manifestanti - la
situazione pare in realta' analoga a quella esaminata dalla Corte
nella citata sentenza n. 119 del 1970.
In sostanza, un fatto - il danneggiamento - e' punito per il
fatto di essere stato posto in essere nel corso di una manifestazione
in luogo pubblico o aperto al pubblico. Tale previsione, strettamente
legata al compimento del fatto in occasione della manifestazione, si
traduce in una punizione della stessa manifestazione - in violazione
degli articoli 17 e 21 della Costituzione, ai sensi dei quali la
liberta' di riunione e la liberta' di manifestazione del pensiero
costituiscono diritti fondamentali - nella misura in cui la
realizzazione del fatto nel corso della manifestazione non comporta
di per se' una maggior offesa al bene giuridico tutelato (il
patrimonio).
Il danneggiamento non determina una maggior offesa al bene
giuridico tutelato per il solo fatto di essere realizzato in
occasione di una manifestazione in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
Cio' determina ad avviso dello scrivente anche una violazione del
principio di offensivita' enucleabile dall'art. 25, comma 2 della
Costituzione e dall'art. 27, comma 3 della Costituzione (quest'ultimo
in quanto la punizione del soggetto pur in mancanza di un quid pluris
risulterebbe incomprensibile allo stesso e quindi precluderebbe la
concreta possibilita' dell'adesione del medesimo ad un percorso
rieducativo).
Analogamente l'interruzione di pubblico servizio - reato per il
quale con l'art. 7, decreto-legge n. 53/2019 e' stata prevista una
circostanza aggravante per l'ipotesi in cui la condotta sia stata
posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o
aperto al pubblico - non determina una maggior offesa al bene
tutelato per il solo fatto di essere realizzato in occasione di una
manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico.
5.6 Si potrebbe obiettare che la previsione - quale elemento
costitutivo del reato - della commissione del fatto in occasione
della manifestazione varrebbe a delineare per il reato in questione
un'oggettivita' giuridica composita, in cui alla tutela del
patrimonio si affiancherebbe la tutela di altro bene giuridico.
In proposito, potrebbe considerarsi quale bene protetto anche
l'ordine pubblico; oppure si potrebbe sostenere che la citata
previsione miri a proteggere lo stesso regolare svolgimento della
manifestazione pubblica (e quindi le liberta' di riunione e di
manifestazione del pensiero) da possibili condotte illecite di
singoli manifestanti o anche di terzi. Oppure si potrebbe sostenere -
come si e' fatto in sede di relazione illustrativa del decreto
legislativo n. 7/2016, allorche' si e' riformulato il testo dell'art.
635 del codice penale - che «l'esecuzione del danneggiamento
durante lo svolgimento di una manifestazione pubblica sia una
condotta intrinsecamente minacciosa, di particolare effetto
intimidatorio e pericolosita' sociale», ravvisando quindi in tali
condotte una minaccia alla persona e quindi - quale ulteriore bene
giuridico - la liberta' morale di singoli individui.
5.7 Tali considerazioni non paiono pero' persuasive.
In primo luogo, la norma incriminatrice richiede unicamente che
il danneggiamento del bene altrui sia posto in essere in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico, senza prevedere ulteriori elementi costitutivi.
In particolare, non si e' richiesto che la condotta avvenga con
determinate modalita', particolarmente pericolose, ne' che sussista
un certo grado di diffusivita' della condotta, ne' che la stessa
determini il pericolo di atti emulativi, ne' che dal fatto derivi o
anche solo possa derivare un turbamento per l'ordine pubblico o per
il regolare svolgimento della manifestazione; ne' che dalla stessa
derivi o possa derivare (per le relative modalita') un effetto
intimidatorio nei confronti di qualche soggetto, ne' - ancor prima -
che vi sia un soggetto potenzialmente intimidito.
5.8 Non pare possibile restringere in via interpretativa il
portato della norma, in un tentativo di interpretazione
costituzionalmente orientata, si' da far rientrare nell'ambito della
stessa solo le condotte che ledano o mettano in pericolo in concreto
i citati beni giuridici aggiuntivi (ulteriore problema sarebbe quello
di individuare quale di preciso tra i beni giuridici sopra
ipotizzati: ordine pubblico e/o liberta' di riunione e di
manifestazione del pensiero e/o liberta' morale). Si tratterebbe
infatti di un'operazione ermeneutica arbitraria, priva di concreti
appigli nel dato letterale della disposizione normativa.
Inoltre, la Corte di cassazione nelle sentenze in cui si e'
occupata della citata figura di reato non pare essersi mai neppure
posta il problema della verifica di un pericolo concreto per alcuno
dei suddetti beni giuridici ulteriori. Si vedano in proposito
Cassazione Sez. 2 - sentenza n. 29588 del 4 aprile 2019 Rv. 277494 -
02, Cassazione Sez. 6, sentenza n. 39919 del 6 giugno 2018 Rv. 273795
- 01.
Al contrario nella citata sentenza n. 29588 del 4 aprile 2019 la
Suprema Corte ha altresi' riconosciuto la configurabilita' del citato
reato anche in un'ipotesi in cui il danneggiamento si era verificato
in un luogo diverso - per quanto limitrofo - rispetto a quello in cui
si svolgeva la manifestazione; in particolare la Corte di cassazione
riteneva sufficiente per l'integrazione del reato la sussistenza di
un qualunque nesso, «sicche' si ritengono comprese nell'area del
penalmente rilevante anche le condotte di danneggiamento che non si
sarebbero verificate se la manifestazione non ci fosse stata». Si e'
ritenuto, cioe', sufficiente un'incidenza della manifestazione anche
solo sulla motivazione all'origine del danneggiamento, a prescindere
da qualunque considerazione circa pericoli per l'ordine pubblico,
effetti intimidatori particolari, ecc.
5.9 Ne' pare legittima la presunzione da parte del legislatore
che i fatti di danneggiamento commessi in occasione di manifestazioni
in luogo pubblico o aperto al pubblico comportino sempre un'offesa
all'ordine pubblico, o ad altro dei citati beni giuridici ulteriori,
a prescindere dalle modalita' del danneggiamento, dal luogo in cui la
manifestazione si svolga (diversa pare la situazione tra una
manifestazione che si svolga di fronte al Parlamento e una
manifestazione che si svolta in un parco), dal numero dei
partecipanti alla manifestazione e degli autori del danneggiamento.
E' poi relativamente facile ipotizzare fatti che, pur ricadendo
nell'ambito applicativo della norma censurata, non offendano -
neanche in termini di messa in pericolo - i beni giuridici aggiuntivi
sopra indicati.
Ad esempio, il fatto oggetto del presente processo - come emerge
anche dai fotogrammi acquisiti - non ha comportato alcun pericolo ne'
per l'ordine pubblico, ne' per il pacifico svolgimento del corteo,
ne' per la liberta' morale di chicchessia (sarebbe anche difficile
individuare il soggetto che potrebbe essersi sentito intimidito).
5.10 Inoltre, paiono significative anche alcune considerazioni di
ordine sistematico.
In particolare, si deve rilevare che l'art. 339 del codice penale
considera quale circostanza aggravante (inserita dal decreto-legge n.
53/2019) la commissione dei reati previsti nei tre articoli
precedenti nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al
pubblico, ma anche - in alternativa - con armi, o da persona
travisata, o da piu' persone riunite; inoltre all'art. 339, comma 2
del codice penale e' prevista un'aggravante ad effetto speciale per
il caso in cui i citati reati siano commessi da piu' di dieci persone
(pur senza uso di anni).
Nel caso del danneggiamento, viceversa, l'art. 635 del codice
penale incrimina i fatti di danneggiamento commessi - anche
eventualmente da una singola persona, come nella fattispecie ora in
esame - in occasione di una manifestazione in luogo pubblico o aperto
al pubblico, ma non incrimina di per se' le condotte di
danneggiamento poste in essere da piu' persone riunite (a condizione
che non ricorra nessuna delle ipotesi contemplate dalla
disposizione), benche' queste - specie ove il numero dei soggetti sia
elevato - possano essere decisamente piu' rilevanti sul piano
dell'ordine pubblico.
E' parimenti significativo che rispetto al reato di lesioni
personali non sia prevista alcuna circostanza aggravante in relazione
all'eventuale compimento in occasione di una manifestazione in luogo
pubblico o aperto al pubblico (mentre e' prevista l'aggravante -
rilevante anche ai fini della procedibilita' e della competenza - del
fatto commesso da piu' persone riunite). Una simile aggravante e'
prevista viceversa per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Cio' da un lato comporta che le lesioni commesse in occasione di
una manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico, ove non
ricorrano altre aggravanti, sono procedibili a querela, di competenza
del Giudice di pace e quindi punite con pene lievi; i danneggiamenti
commessi in occasione di una manifestazione in luogo pubblico o
aperto al pubblico sono invece procedibili d'ufficio, di competenza
del tribunale e puniti con pene detentive non irrisorie.
Dall'altro lato, di fatto le condotte violente contro la persona
poste in essere in occasione di una manifestazione in luogo pubblico
o aperto al pubblico sono punite severamente solo se integrano i
reati di cui agli articoli 336 e 337 del codice penale.
Le circostanze aggravanti non sono state previste in via
generale, con riguardo a tutti i reati, ma nella forma di circostanze
speciali relative a specifici reati, per i quali il legislatore,
avuto riguardo all'esperienza storica, e' intervenuto prendendo in
considerazione - quale soggetto attivo dei reati sopra indicati - il
partecipante alla manifestazione.
Tali elementi inducono a ritenere che con le disposizioni in
questione non si sia voluto tutelare l'ordine pubblico o il regolare
svolgimento delle manifestazioni pubbliche o la serenita' e
tranquillita' delle persone che vi partecipino o assistano. Si e'
viceversa sanzionato indirettamente l'esercizio, attraverso le
manifestazioni, delle liberta' di riunione e di manifestazione del
pensiero, con conseguente violazione degli articoli 17 e 21 della
Costituzione.
5.11 Diversamente opinando, qualora cioe' si ritenesse che il
legislatore con la norma censurata e con le altre analoghe ha inteso
proteggere l'ordine pubblico, bisognerebbe ritenere che l'ha fatto in
modo irragionevole, in violazione dell'art. 3 della Costituzione: ha
infatti perseguito penalmente la condotta del singolo che in
occasione di una manifestazione tenga in modo isolato una condotta di
danneggiamento, ma non ha perseguito altrettanto la condotta di una
pluralita' di persone riunite che tengano condotte di danneggiamento
non in occasione di manifestazioni pubbliche. Allo stesso modo ha
previsto la procedibilita' d'ufficio e pene detentive per le condotte
di danneggiamento tenute in occasione di manifestazioni in luogo
pubblico, ma non le ha previste per i reati di lesioni personali
commessi in occasione di manifestazioni in luogo pubblico (a meno che
non ricorrano circostanze aggravanti).
6. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale. Non
manifesta infondatezza della questione subordinata
6.1 In via subordinata, si censura l'art. 2, comma 1, lettera l),
decreto legislativo n. 7/2016 nella parte in cui - nel sostituire il
testo dell'art. 635 del codice penale - ha disposto che al primo
comma dell'art. 635 del codice penale fosse punita anche la condotta
di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte,
inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
In particolare, a parere dello scrivente il legislatore delegato
e' incorso sotto il profilo in questione in una violazione dell'art.
76 della Costituzione.
6.2 La legge 28 aprile 2014, n. 67 - nell'ambito di una piu'
ampia riforma ispirata ad una logica di ricorso minimo al diritto
penale e di razionalizzazione del sistema giustizia - all'art. 2,
comma 1 delegava il Governo «ad adottare, entro i termini e con le
procedure di cui ai commi 4 e 5, uno o piu' decreti legislativi per
la riforma della disciplina sanrionatoria dei reati e per la
contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili, in
ordine alle fattispecie e secondo i principi e criteri direttivi
specificati nei commi 2 e 3».
I successivi commi 2 e 3 delineavano poi differenti principi e
criteri direttivi.
6.3 In particolare, l'art. 2, comma 3, lettera a), legge n.
67/2014 prevedeva espressamente - tra i principi e criteri direttivi
- l'abrogazione dei reati previsti da alcune disposizioni del codice
penale, tra cui l'art. 635, comma 1 del codice penale (cioe' il
vecchio danneggiamento semplice, procedibile a querela e di
competenza del Giudice di pace).
Alle lettere c) e seguenti dello stesso art. 2, comma 3, la legge
delega prevedeva poi che - contestualmente all'abrogazione dei reati
in questione - i corrispondenti fatti fossero sottoposti a sanzioni
pecuniarie civili a carattere punitivo, fermo restando l'obbligo
delle restituzioni e del risarcimento del danno secondo le leggi
civili.
6.4 Il decreto legislativo n. 7/2016 ha dato attuazione alla
citata delega.
In particolare, l'art. 2, lettera l) ha previsto la sostituzione
dell'intero testo dell'art. 635 del codice penale. Piu' precisamente,
ha previsto il seguente tenore dell'art. 635, comma 1 del codice
penale: «Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o
in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla
persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si
svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto
previsto dall'art. 331, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni»; ha cioe' fatto confluire in tale nuovo primo comma, come nuove
fattispecie autonome, l'ipotesi del danneggiamento con violenza o
minaccia alla persona, gia' contemplata come fattispecie aggravata
dal vecchio art. 635, comma 2, n. 1), e l'ipotesi del danneggiamento
commesso in occasione del delitto di cui all'art. 331 del codice
penale, gia' contemplata come fattispecie aggravata dal vecchio art.
635, comma 2, n. 2); nello stesso comma ha inoltre previsto anche
l'ipotesi del danneggiamento commesso in occasione di manifestazioni
che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico. Nel nuovo
secondo comma dell'art. 635 del codice penale sono state invece
incriminate come fattispecie autonome le ipotesi precedentemente
disciplinate come fattispecie aggravate dall'art. 635, comma 2, n.
3), 4), 5) e 5-bis) del codice penale.
6.5 Il legislatore delegato ha cosi' soppresso la rilevanza
penale del vecchio danneggiamento semplice (per il quale l'art. 4
dello stesso decreto legislativo n. 7/2016 ha previsto una sanzione
pecuniaria civile) e trasformato in fattispecie autonome le vecchie
fattispecie aggravate.
6.6 Al tempo stesso pero' ha inserito nel primo comma del nuovo
art. 635 del codice penale anche l'incriminazione delle condotte di
danneggiamento tenute «in occasione di manifestazioni che si svolgono
in luogo pubblico o aperto al pubblico»; si tratta di un'ipotesi
nuova che attraverso questa previsione e' stata sottratta alla
depenalizzazione del vecchio danneggiamento semplice, nella cui
figura rientravano i fatti ora rilevanti ai sensi della nuova
disposizione. Inoltre, tali fatti - prima rientranti nel
danneggiamento semplice e quindi procedibili a querela e di
competenza del Giudice di pace - a seguito della riforma diventano
procedibili d'ufficio e di competenza del tribunale.
6.7 Ad avviso di chi scrive si tratta di una violazione dei
principi e criteri direttivi di cui all'art. 2, comma 3, lettera a)
della legge delega, che si limitavano a prevedere l'abrogazione del
reato previsto dall'art. 635, comma 1 del codice penale (e la
contestuale creazione del nuovo illecito civile), senza prevedere
eccezioni rispetto a tale abrogazione e, tanto meno, senza
contemplare l'inasprimento del trattamento - in termini di
procedibilita' e di sanzioni - per alcune condotte gia' contemplate
dall'art. 635, comma 1 del codice penale.
6.8 Nella relazione illustrativa del decreto legislativo si
afferma in proposito quanto segue: «[...] giacche' l'art. 2, comma 3,
lettera a), n. 5, della delega prevede l'abrogazione del (solo) primo
comma dell'art. 635 del codice penale (Danneggiamento), si e' dovuto
procedere alla riformulazione di tale disposizione, con la
contestuale "trasformazione" delle ipotesi circostanziali di cui al
comma secondo di tale articolo in corrispondenti fattispecie autonome
(art. 2, comma 1, lettera l). Non si tratta di una riscrittura
arbitraria delle disposizioni incriminatrici ad opera del legislatore
delegato, chiamato dalla legge delega soltanto ad un'opera di
depenalizzazione e non certo a quella di una diversa costruzione
delle fattispecie penali non toccate dall'intervento depenalizzante.
Si e' piuttosto apprezzata la necessita' di tener conto, con piena
fedelta' al testo della norma penale che tale rimane, delle
espunzioni che sono conseguenza della previsione di depenalizzazione,
e cio' per assicurare la piena intellegibilita' della disposizione
incriminatrice, precondizione di un diritto penale di garanzia. Si e'
ritenuto di esplicitare quale ipotesi di condotta di danneggiamento
che conserva rilievo penale quella commessa su beni, sia pubblici che
privati, in occasione dello svolgimento di manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico. Si reputa, infatti, che l'esecuzione
del danneggiamento durante lo svolgimento di una manifestazione
pubblica sia una condotta intrinsecamente minacciosa, di particolare
effetto intimidatorio e pericolosita' sociale, tale da meritare una
espressa menzione.»
Il legislatore delegato - pur dichiarando di voler dare mera
attuazione ad una delega che aveva ad oggetto soltanto un'opera di
depenalizzazione e non di diversa costruzione delle fattispecie
penali non toccate dall'intervento depenalizzante - sostiene cioe' di
essersi limitato ad esplicitare la persistente rilevanza penale della
condotta di danneggiamento tenuta in occasione dello svolgimento di
manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, in quanto
questa sarebbe intrinsecamente minacciosa. Detto in altri termini,
secondo il legislatore delegato la condotta di danneggiamento tenuta
in occasione dello svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico o
aperto al pubblico, in quanto intrinsecamente minacciosa, gia' in
precedenza non rientrava nel danneggiamento semplice, bensi' nel
danneggiamento aggravato ai sensi dell'art. 635, comma 2, n. 1 del
codice penale perche' commesso con violenza o minaccia alla persona;
il legislatore delegato quindi non avrebbe modificato alcunche', si
sarebbe limitato ad esplicitare cio' che era previsto gia' prima
(salvo trasformare inevitabilmente le fattispecie aggravate in
fattispecie autonome contestualmente alla depenalizzazione del
danneggiamento semplice).
6.9 La tesi in questione non pare plausibile.
E' evidente che una condotta di danneggiamento - per quanto
commessa in occasione di una manifestazione pubblica - puo' benissimo
essere scevra da qualsivoglia connotato di violenza alla persona o di
minaccia. Sia perche' potrebbe essere perpetrata con modalita' prive
di idoneita' intimidatoria, sia perche' potrebbe anche mancare
qualunque persona che possa anche solo astrattamente intimorirsi.
Nel caso oggetto del presente processo - semplice rottura
dell'asta di una bandiera appesa sulla facciata di una scuola - la
polizia giudiziaria non ha descritto reazioni di timore in qualche
soggetto presente nei paraggi, ne' nei fotogrammi si apprezza
alcunche' del genere. D'altronde, per quanto nel vecchio art. 635,
comma 2, n. 1 del codice penale la violenza o minaccia alla persona
fosse solo una circostanza aggravante e non un elemento costitutivo
del delitto, si deve ritenere che la minaccia, per essere tale,
dovesse essere consapevole: il soggetto agente cioe' doveva
consapevolmente minacciare una persona; nell'ipotesi del
danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o
aperto al pubblico, viceversa, l'effetto intimidatorio potrebbe anche
non essere oggetto di rappresentazione da parte del soggetto agente
(pur consapevole della manifestazione in corso e quindi assistito dal
dolo rispetto a tutti gli elementi costitutivi del reato).
6.10 Del resto, se le condotte di danneggiamento poste in essere
in occasione di manifestazioni fossero gia' rientrate, in quanto
intrinsecamente minacciose, nelle ipotesi di danneggiamento con
violenza alla persona o con minaccia, non vi sarebbe stato alcun
motivo di menzionarle espressamente nel nuovo art. 635, comma 1 del
codice penale accanto e in alternativa all'ipotesi di danneggiamento
con violenza alla persona o con minaccia.
6.11 Si deve inoltre rilevare che le sentenze della Corte di
cassazione che, dopo l'intervento riformatore in questione, si sono
occupate del danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico hanno tutte ritenuto che tali condotte
prima della riforma fossero punibili a titolo di danneggiamento
semplice e non di danneggiamento aggravato per l'essere commesso con
violenza o minaccia alla persona.
In particolare, la sentenza Cassazione Sez. 2 n. 29588 del 4
aprile 2019 Rv. 277494 - 02 e la sentenza Cassazione Sez. 6 n. 39919
del 6 giugno 2018 Rv. 273795 - 01 - pur giungendo a conclusioni
difformi circa la continuita' normativa o meno tra la nuova ipotesi e
quella precedente - operano il raffronto con la vecchia ipotesi di
danneggiamento semplice e non con quella aggravata dalla violenza o
minaccia alla persona.
6.12 Infine, lo stesso legislatore negli interventi di riforma
successivi ha mostrato di non considerare il danneggiamento in
occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico
come una sottospecie del danneggiamento con violenza o minaccia alla
persona. Dapprima con il decreto-legge n. 53/2019 ha disciplinato
separatamente il danneggiamento in occasione di manifestazioni in
luogo pubblico o aperto al pubblico, prevedendo per lo stesso una
pena piu' severa che per le altre ipotesi di danneggiamento. Poi con
il decreto legislativo n. 150/2022 ha introdotto per il solo
danneggiamento con violenza alla persona o minaccia un regime di
procedibilita' a querela, mentre le altre ipotesi di danneggiamento
(tra cui il danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico) sono rimaste procedibili d'ufficio.
Infine, con il decreto-legge n. 48/2025 e' stata introdotta all'art.
635, comma 3, secondo periodo, del codice penale l'ipotesi speciale
del danneggiamento in occasione di manifestazioni (in luogo pubblico
o aperto al pubblico) commesso con violenza alla persona o con
minaccia, cio' che logicamente presuppone che l'ipotesi generale di
cui all'art. 635, comma 3, primo periodo, del codice penale sia
scevra da profili di violenza alla persona o minaccia.
6.13 Ad avviso di chi scrive, l'auspicata dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera l)
decreto legislativo n. 7/2016 dovrebbe investire conseguentemente
anche l'art. 635 del codice penale limitatamente alla parte in cui
incrimina la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o rende,
in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in
occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico.
7. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale.
Possibilita' di un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi delle norme
ora censurate ai parametri costituzionali indicati.
In particolare, i tentativi - pur effettuati - di interpretare le
norme in questione in modo compatibile con i principi costituzionali
non paiono praticabili, in quanto si scontrano con il dato letterale
delle disposizioni normative e con il significato (conforme al dato
letterale) comunemente attribuito alle stesse dalla giurisprudenza di
legittimita'.
Quanto alla questione principale, come si e' gia' rilevato, in
assenza di appigli nel dato letterale, la difficolta' di individuare
in modo chiaro l'ulteriore bene giuridico che sarebbe tutelato dalla
norma incriminatrice qui censurata osta ad un'interpretazione
teleologica della fattispecie e quindi ad un'interpretazione
costituzionalmente orientata al rispetto dei principi costituzionali
che si assumono violati.
8. Rapporti tra le varie questioni sollevate
Le questioni concernenti l'art. 18, comma 3 TULPS e le questioni
concernenti l'art. 635 del codice penale (e l'art. 2, comma 1,
lettera l) decreto legislativo n. 7/2016) sono del tutto indipendenti
tra loro, investendo tra l'altro diversi capi d'imputazione.
Le due questioni concernenti l'art. 635 del codice penale sono
viceversa in rapporto di subordinazione tra loro: in via principale
si censura - per violazione degli articoli 3, 17, 21, 25, comma 2 e
27, comma 3 della Costituzione - l'art. 635 del codice penale nella
parte in cui prevede la rilevanza penale del fatto commesso in
occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico; in subordine, si censurano - per violazione
dell'art. 76 della Costituzione - l'art. 2, comma 1, lettera l),
decreto legislativo n. 7/2016 e quindi l'art. 635 del codice penale
limitatamente alla parte in cui incriminano la condotta di chi
distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte,
inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
(1) 71. A failure to notify the authorities of an upcoming assembly,
where required, does not render the act of participation in the
assembly unlawful, and must not in itself be used as a basis for
dispersing the assembly or arresting the participants or
organizers, or for imposing undue sanctions, such as charging the
participants or organizers with criminal offences. Where
administrative sanctions are imposed on organizers for failure to
notify, this must be justified by the authorities. Lack of
notification does not absolve the authorities from the
obligation, within their abilities, to facilitate the assembly
and to protect the participants.
(2) «Anche il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite,
nell'esercizio della sua funzione di interprete del Patto
internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che la
liberta' di religione e il diritto di manifestare il proprio
credo comprendono una vasta gamma di atti. [...] Il diritto di
professare liberamente la propria religione si traduce, quindi,
anche nell'utilita' concreta relativa alla costruzione e/o
utilizzo di luoghi appositamente dedicati alla preghiera e alla
discussione delle questioni riguardanti gli interessi sociali e
culturali della comunita' cui l'individuo appartiene. (par. 4 del
General Comment all'art. 18 del Patto internazionale sui diritti
civili e politici (30.V11.1993). [...] Il Comitato dei diritti
umani delle Nazioni Unite ha osservato (Par. 8) che il terzo
comma dell'art. 18 deve essere interpretato restrittivamente: non
sono ammesse restrizioni se non per i motivi sopra specificati e
tali limitazioni possono essere applicate solo per gli scopi cui
sono stati prescritti e devono essere proporzionate e
direttamente correlate a tali specifici scopi. Le restrizioni,
inoltre, non possono essere imposte o applicate per fini
discriminatori».
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. legge n.
87/1953,
ritenute le questioni rilevanti e non manifestamente infondate,
solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli arti. 17, 21 e 117 della Costituzione (quest'ultimo
in relazione all'art. 21 del Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici di New York e all'art. 11 della CEDU) - della norma
di cui all'art. 18, comma 3 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
(Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza),
nonche',
solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli articoli 3, 17, 21, 25 comma 2 e 27 comma 3 della
Costituzione - dell'art. 635, comma 1 del codice penale (attualmente
art. 635, comma 3 del codice penale) nella parte in cui prevede la
rilevanza penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui
in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico
e, in subordine,
- per violazione dell'art. 76 della Costituzione - dell'art.
2, comma 1, lettera l), decreto legislativo n. 7/2016 nella parte in
cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del codice penale - ha
disposto che al primo comma dell'art. 635 del codice penale fosse
punita anche la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui
in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico,
e conseguentemente dello stesso art. 635 del codice penale
limitatamente alla parte in cui incrimina la condotta di chi
distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte,
inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di
prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale.
Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso.
Manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono
considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura
penale.
Firenze, 16 giugno 2025
Il Giudice: Attina'
Oggetto:
Reati e pene – Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Denunciata previsione della sanzione penale in caso di inosservanza – Violazione della libertà, anche convenzionale, di riunione e della libertà di manifestazione del pensiero – Inosservanza degli obblighi internazionali.
- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma.
- Costituzione, artt. 17, 21 e 117; Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, art. 21; Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), art. 11.
Reati e pene – Danneggiamento – Denunciata previsione della rilevanza penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico – Violazione del principio di ragionevolezza – Violazione della libertà di riunione e della libertà di manifestazione del pensiero – Violazione del principio di offensività.
- Codice penale, art. 635, primo comma [, nel testo modificato dall'art. 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 7 del 2016].
- Costituzione, artt. 3, 17, 21, 25, secondo comma, e 27, terzo comma.
In via subordinata: Reati e pene – Danneggiamento – Modifiche normative ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016 – Denunciata previsione che sia punita anche la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico – Violazione dei principi e dei criteri direttivi di cui alla legge di delega n. 67 del 2014.
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, art. 2, comma 1, lettera l); codice penale, art. 635.
- Costituzione, art. 76.
Norme impugnate:
regio decreto del 18/06/1931 Num. 773 Art. 18 Co. 3
codice penale del Num. Art. 635 Co. 1
decreto legislativo del 15/01/2016 Num. 7 Art. 2 Co. 1
decreto legislativo del 15/01/2016 Num. 7 Art. 2 Co. 1
codice penale del Num. Art. 635
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 17 Co.
Costituzione Art. 21 Co.
Costituzione Art. 25 Co. 2
Costituzione Art. 27 Co. 3
Costituzione Art. 76 Co.
Costituzione Art. 117 Co.
Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York Art. 21 Co.
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 11 Co.
Udienza Pubblica del 25 febbraio 2026 rel. PETITTI
Testo dell'ordinanza
N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2025
Ordinanza del 16 giugno 2025 del Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di M. M. e altri.
Reati e pene - Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico -
Obbligo di preavviso al questore - Denunciata previsione della
sanzione penale in caso di inosservanza.
- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma.
Reati e pene - Danneggiamento - Denunciata previsione della rilevanza
penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in
tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in
occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico.
- Codice penale, art. 635, primo comma [, nel testo modificato
dall'art. 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 7 del
2016 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e
introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma
dell'articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67)].
In via subordinata: Reati e pene - Danneggiamento - Modifiche
normative ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016 - Denunciata previsione
che sia punita anche la condotta di chi distrugge, disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in
luogo pubblico o aperto al pubblico.
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in materia
di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni
pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28
aprile 2014, n. 67), art. 2, comma 1, lettera l); codice penale
art. 635.
(GU n. 35 del 27-08-2025)
TRIBUNALE DI FIRENZE
Prima sezione penale
Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di:
M. M., nata a ... il ...; libera assente; difesa dall'avv. di
fiducia Sauro Poli del Foro di Firenze;
P. G. Y. R., nato in ... il ...; libero assente; difesa dall'avv.
di fiducia Claudio Novaro del Foro di Torino;
A. N., nato a ... il ...; libero assente; difesa dall'avv. di
fiducia Ettore Grenci del Foro di Bologna;
S. E., nata a ... (...) il ...; libera assente; difesa dall'avv.
di fiducia Agnese Sbraccia del Foro di Venezia;
E. N., nato a ... il ...; libero assente; difeso di fiducia
dall'avv. Gionata Marini del Foro di Firenze e dall'avv. Sauro Poli
del Foro di Firenze;
L. C., nata a ... (...) il ...; libera assente; difesa dall'avv.
di fiducia Agnese Sbraccia del Foro di Venezia;
T. A., nato a ... (...) il ...; libero assente; difeso dall'avv.
di fiducia Sauro Poli del Foro di Firenze;
imputati dei seguenti reati:
Tutti
1) Reato previsto e punito dagli articoli 110 del codice penale,
art. 18 regio decreto n. 73/1931 perche', in concorso morale e
materiale tra loro, chiamando a raccolta i partecipanti, organizzando
un presidio, esibendo uno striscione sul quale era scritto «Giova,
Ghespe e Paska liberi» ed un ulteriore striscione sul quale era
scritto «Giova-Ghespe-Paska liberi complici con gli anarchici
arrestati fuoco alle galere» seguito dal simbolo anarchico della A
cerchiata, intonando ed urlando alcuni slogan contro lo Stato
italiano e le Forze dell'ordine, senza alcuna comunicazione
preventiva al questore, promuovevano ed organizzavano in luogo
pubblico una manifestazione di protesta in solidarieta' a tutti i
compagni anarchici detenuti in carcere tenutasi per le vie del centro
della citta' di ...
Reato commesso in ..., in data ...
E. N.
2) Delitto previsto e punito dall'art. 99, 635, comma 2, n. 1,
comma 3, perche', nel corso della manifestazione di cui al capo
precedente, in ..., in via ... nr. ..., aggrappandosi all'asta della
bandiera italiana esposta all'esterno della scuola ..., la
distruggeva rendendola del tutto o in parte inservibile.
Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose esistenti in
uffici pubblici.
Con l'ulteriore aggravante di aver commesso il fatto in occasioni
di manifestazioni svolte in luogo pubblico.
Con l'ulteriore aggravante della recidiva specifica.
Fatti commessi in ..., in data ...;
sentite le parti;
premesso che:
- con decreto del pubblico ministero emesso il 10 gennaio
2024 M. M., P. G. Y. R, A. N., S. E., E. N., L. C. e T. A. erano
citati a giudizio per la contravvenzione di cui all'art. 18, regio
decreto n. 73/1931 (TULPS); al solo E. era ascritto anche il delitto
di danneggiamento ex art. 635 del codice penale;
- all'udienza predibattimentale odierna le parti illustravano
le rispettive conclusioni. In particolare, il pubblico ministero
chiedeva sentenza di non luogo a procedere per il capo 1) per
intervenuta prescrizione e disporsi la prosecuzione del giudizio per
il capo 2); la difesa chiedeva sentenza di non luogo a procedere per
il capo 1) per intervenuta prescrizione e per il capo 2) perche' il
fatto non sussiste o per particolare tenuita' del fatto;
rilevato che:
A) dagli atti d'indagine emerge che in data ... si svolgeva a
... una manifestazione.
Pur non essendo stata l'iniziativa oggetto di preavviso al
questore, la Divisione investigazioni generali operazioni speciali
(DIGOS) della Questura di Firenze monitorando alcuni siti internet
dell'area anarchica, aveva appreso che il ... alle ore ... si sarebbe
tenuto in ... (nel centro storico) un presidio di solidarieta' ad
alcuni soggetti detenuti in carcere. Veniva percio' organizzato un
apposito servizio di polizia a tutela dell'ordine pubblico e della
sicurezza pubblica.
Gli operanti nel corso del servizio osservavano cosi' una
trentina di soggetti che, verso le ore ... del ..., raggiungevano e
vi svolgevano un presidio, nel corso del quale, anche utilizzando un
microfono collegato ad un amplificatore, leggevano vari testi,
intonavano cori e slogan, appendevano alcuni striscioni (del seguente
tenore: «Giova, Ghespe e Paska liberi» e «Complici con gli anarchici
arrestati fuoco alle galere»). Intorno alle ore ... il gruppo dava
vita ad un corteo per le strade del centro fino a raggiungere la
locale piazza ..., ove venivano nuovamente appesi gli striscioni.
I poliziotti riconoscevano molti tra i soggetti presenti. In
particolare osservavano che gli attuali imputati tenevano le seguenti
condotte: M. e T. portavano sul posto i volantini che poi nel corso
della manifestazione sarebbero stati letti e distribuiti; A. e P.
portavano sul posto uno striscione; E. e un altro soggetto
appendevano uno striscione; A. e P. durante il presidio distribuivano
i volantini; M. e T. alla fine del presidio recuperavano la cassa
amplificatrice e lo striscione; L., S. e M. si posizionavano alla
testa del corteo (successivo), sorreggendo uno striscione e guidando
il corteo stesso; A. e P. durante il corteo attaccavano ad una
vetrata due manifesti.
Inoltre, mentre il corteo transitava in via ... nei pressi della
«Scuola ...» E. era visto (e fotografato) nell'azione di staccarsi
dal gruppo, arrampicarsi e aggrapparsi all'asta della bandiera
italiana appesa sulla facciata dell'edificio, rompendo la citata
asta, per poi tornare nel gruppo.
In relazione a tale danneggiamento non risulta presentata nessuna
querela.
In atti non risulta specificata la natura - pubblica o meno -
dell'istituto scolastico.
B) ai sensi dell'art. 554-ter, comma 1 del codice penale
questo giudice deve valutare «se sulla base degli atti trasmessi ai
sensi dell'art. 553, sussiste una causa che estingue il reato o per
la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere
proseguita, se risulta che il fatto non e' previsto dalla legge come
reato ovvero che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha
commesso o che il fatto non costituisce reato o che l'imputato non e'
punibile per qualsiasi causa»; il giudice pronuncia sentenza di non
luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono
una ragionevole previsione di condanna.
Ai sensi del successivo terzo comma dello stesso art. 554-ter del
codice di procedura penale «Se non sussistono le condizioni per
pronunciare sentenza di non luogo a procedere e in assenza di
definizioni alternative di cui al comma 2, il giudice fissa per la
prosecuzione del giudizio la data dell'udienza dibattimentale davanti
ad un giudice diverso e dispone la restituzione del fascicolo del
pubblico ministero».
C) Quanto al reato di cui all'art. 18, regio decreto n.
73/1931 contestato al capo 1), risulta chiaramente decorso il termine
di prescrizione. Piu' precisamente, il termine massimo di cinque anni
dalla data del fatto risulta decorso in data 20 aprile 2024 (non
risultano periodi di sospensione); risulta altresi' decorso in data
20 aprile 2023 il termine ordinario di quattro anni dalla data del
fatto prima che intervenisse il primo atto interruttivo (il decreto
di citazione a giudizio emesso il 10 gennaio 2024).
Si dovrebbe dunque dichiarare l'estinzione del reato per
intervenuta prescrizione.
Tuttavia, ove vi fosse l'evidenza di una causa di proscioglimento
nel merito, questo giudice dovrebbe ai sensi dell'art. 129, comma 2
del codice di procedura penale dare la precedenza a tale formula di
proscioglimento.
D) Nel caso di specie, alla luce degli elementi di fatto
sopra descritti, alla stregua della disciplina in vigore, non
emergono cause di proscioglimento immediato nel merito:
- ne' rispetto alla possibilita' di qualificare
l'assembramento come riunione: le Sezioni Unite della Corte di
cassazione nella sentenza n. 46595 del 2019 (punto 13 del Considerato
in diritto) hanno individuato una nozione di «pubblica riunione»
comune a varie norme dell'ordinamento, tra cui l'art. 18 TULPS:
«Questa nozione ristretta e comune a tutte le norme menzionate
esiste: e' la riunione non occasionale di piu' persone in luogo
pubblico»; in base al comportamento tenuto e alla predisposizione ed
organizzazione dei mezzi necessari, e' evidente come quella descritta
in atti fosse una riunione volontaria e non occasionale;
- ne' rispetto alla pubblicita' del luogo della riunione,
costituito da piazze e vie pubbliche.
- ne' rispetto al ruolo di promotore ed organizzatore della
riunione (non oggetto del dovuto preavviso) attribuito agli imputati;
secondo la giurisprudenza di legittimita', infatti, «ai fini della
configurabilita' del reato di omesso previo avviso al questore, di
cui all'art. 18 TULPS, risponde come promotore di una riunione in
luogo pubblico o di un corteo per le pubbliche vie non soltanto chi
progetta, indice, promuove e organizza la manifestazione, ma anche
chi collabora alla realizzazione pratica e al buon esito della
stessa, partecipando alla fase preparatoria» (cosi' Cassazione Sez. 1
- sentenza n. 35493 del 17 novembre 2020 Rv. 280200 - 01, nello
stesso senso Cassazione Sez. 1, sentenza n. 42448 del 21 ottobre 2009
Rv. 245561 - 01). In atti sono descritte varie condotte con cui gli
attuali imputati avrebbero contribuito alla realizzazione pratica
della riunione.
E) Ai fini del giudizio circa la sussistenza di una causa di
proscioglimento immediato nel merito ex art. 129, comma 2 del codice
di procedura penale e in particolare ai fini del giudizio circa la
rilevanza penale del fatto in questione, pare pero' necessario il
pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita'
costituzionale dell'art. 18, comma 3, regio decreto 18 giugno 1931,
n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza);
F) Quanto al reato di danneggiamento contestato al capo 2) al
solo E., si deve in primo luogo rilevare che l'art. 635 del codice
penale - sia nella formulazione vigente all'epoca dei fatti, sia in
quella attuale - non delinea un'unica figura di reato per la quale i
vari commi configurino distinte circostanze aggravanti.
A seguito della riforma operata dal decreto legislativo n.
7/2016, la precedente figura di danneggiamento semplice e' ora
penalmente irrilevante; le precedenti fattispecie aggravate - tra cui
quella avente ad oggetto le cose esistenti in stabilimenti pubblici
(o destinate a pubblico servizio o esposte alla pubblica fede) ai
sensi dell'art. 625, comma 1, n. 7 del codice penale (richiamato
dall'art. 635, comma 2 del codice penale) - sono state trasformate in
fattispecie autonome di reato; parimenti autonome sono le ulteriori
fattispecie di danneggiamento che sono state successivamente
delineate dal legislatore.
Per il vero, non mancano pronunce di legittimita' che, nel
trattare il merito delle singole ipotesi di cui ai vari commi
dell'art. 635 del codice penale (e quindi non affrontando
specificamente la natura di fattispecie base o di fattispecie
circostanziata di tali ipotesi), fanno ancora riferimento alle
«aggravanti» della destinazione del bene a pubblico servizio o della
presenza in uno stabilimento pubblico (cosi', ad es. Cassazione Sez.
2, sentenza n. 29538 del 15 giugno 2023 Rv. 284940 - 01 e Sez. 2,
sentenza n. 27050 del 12 aprile 2023 Rv. 284769 - 01). Si tratta
tuttavia - si deve ritenere - di espressioni retaggio del passato o,
forse, dovute al fatto che con riguardo al furto le ipotesi aventi ad
oggetto le citate tipologie di beni costituiscono fattispecie
aggravate (ai sensi per l'appunto dell'art. 625, comma 1, n. 7 del
codice penale). Allorche', viceversa, ha affrontato espressamente la
questione, la Corte di cassazione ha rilevato che gli elementi che in
passato avevano natura circostanziale sono ora (a seguito della
riforma del 2016) elementi costitutivi del reato (cosi', ad esempio
Cassazione Sez. 2 sentenza n. 10208 del 16 febbraio 2024 Rv. 286093 -
01 e Cassazione Sez. 2, sentenza n. 37417 del 12 novembre 2020 Rv.
280464 - 01). Nella sentenza Cassazione Sez. 2, sentenza n. 1881 del
3 novembre 2022 (dep. 2023) la Corte ha inoltre sottolineato
l'autonomia delle varie figure delittuose disciplinate nei vari commi
dell'art. 635 del codice penale.
A differenza di quanto indicato nel capo d'imputazione, quindi,
l'avere commesso il fatto su cose esistenti in uffici pubblici e
l'aver commesso il fatto in occasioni di manifestazioni svolte in
luogo pubblico non integrano due circostanze aggravanti di un non
piu' previsto reato di danneggiamento semplice; al contrario
integrano due distinte e autonome fattispecie di danneggiamento.
Cio' pare confermato dal rapporto strutturale tra le due
fattispecie, che e' di specialita' reciproca: a fronte di un nucleo
comune costituito dalla tipologia di condotta, un fatto presenta
quale elemento qualificante lo specifico oggetto (la cosa esistente
in uno stabilimento pubblico), l'altro presenta quale elemento
qualificante lo specifico contesto in cui e' compiuto (in occasione
di una manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico).
La citata conclusione trova inoltre supporto nel dato letterale:
l'art. 635, comma 5 del codice penale (che detta regole in materia di
subordinazione della sospensione condizionale della pena) fa infatti
riferimento ai «reati di cui ai capi precedenti», ove il termine
«reati» figura al plurale.
I due reati ora in esame paiono porsi in rapporto di concorso
formale, posto che sono realizzati con un'unica condotta; ne' appare
possibile ravvisare un assorbimento dell'uno nell'altro, sia perche'
la specialita' e' solo reciproca, sia perche' i beni giuridici
tutelati non sono perfettamente sovrapponibili: alla comune
componente patrimoniale nell'un caso si aggiunge un profilo
pubblicistico connesso all'efficienza della pubblica amministrazione;
nell'altro caso un profilo (almeno in teoria) attinente ad un bene
ulteriore, sia pur di difficile decifrazione.
D) tanto premesso, ritiene pero' questo giudice di dover valutare
la legittimita' della previsione della rilevanza penale del fatto in
esame.
Pare in particolare necessario il pronunciamento della Corte
costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art.
635 del codice penale nella parte in cui prevede la rilevanza penale
del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o
in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico
(incriminazione all'epoca dei fatti contenuta nell'art. 635, comma 1
del codice penale e ora contenuta nell'art. 635, comma 3 del codice
penale, con la previsione di una pena anche piu' severa); in
subordine dell'art. 2, comma 1, lettera l), decreto legislativo n.
7/2016 nella parte in cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del
codice penale - ha disposto che al primo comma dell'art. 635 del
codice penale fosse punita anche la condotta di chi distrugge,
disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose
mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si
svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico;
cio' premesso,
Osserva
1. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Rilevanza
Come si e' gia' evidenziato, qualora fosse accolta la questione
relativa alla legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 3 TULPS
questo giudice ai sensi dell'art. 129, comma 2 del codice di
procedura penale dovrebbe - con riguardo a detta imputazione -
emettere una sentenza di non luogo a procedere perche' il fatto non
e' previsto dalla legge come reato.
Diversamente, dovrebbe essere emessa sentenza di non luogo a
procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
2. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Non manifesta
infondatezza.
2.1 Appare opportuna una breve ricostruzione del quadro
normativo.
L'art. 18 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 prevedeva:
«I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al
pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore.
E' considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene
indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sara' tenuta,
o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo
scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata.
I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e
con l'ammenda da lire mille a quattromila. Con le stesse pene sono
puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.
Il questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di
ordine pubblico, di moralita' o di sanita' pubblica, puo' impedire
che la riunione abbia luogo e puo', per le stesse ragioni,
prescrivere modalita' di tempo e di luogo alla riunione.
I contravventori al divieto o alle prescrizioni
dell'autorita' sono puniti con l'arresto fino a un anno e con
l'ammenda da lire duemila a quattromila. Con le stesse pene sono
puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola.
Non e' punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorita' o
per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle
riunioni elettorali.»
Successivamente all'adozione della Costituzione repubblicana e
all'inizio dell'operativita' della Corte costituzionale, il citato
articolo del TULPS - a parte i vari adeguamenti della pena pecuniaria
(la cui cornice edittale e' oggi compresa tra 103 euro e 413 euro) -
e' stato oggetto di numerose questioni di costituzionalita', alcune
delle quali accolte.
In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del
1958 ha dichiarato l'illegittimita' delle norme del citato articolo
nella parte relativa alle riunioni non tenute in luogo pubblico; con
la sentenza n. 90 del 1970 ha dichiarato l'incostituzionalita'
dell'art. 18, comma 3 nella parte in cui non limita la previsione
punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza
dell'omissione del preavviso previsto dal primo comma dello stesso
articolo; con la sentenza n. 11 del 1979 ha dichiarato
l'incostituzionalita' dell'art. 18, comma 3 nella parte in cui
prevede la punizione di coloro che prendono la parola essendo a
conoscenza della omissione di preavviso previsto nel primo comma
(accogliendo cosi' una questione precedentemente ritenuta infondata,
sia con la sentenza 90 del 1970, sia con la sentenza n. 51 del 1975).
Attualmente, quindi, l'incriminazione e' circoscritta ai soli
promotori della riunione in luogo pubblico che omettano di darne
avviso al questore almeno tre giorni prima (oltre che a coloro che
contravvengono al divieto di riunione imposto dal questore o alle
prescrizioni da questi imposte, ai sensi dell'art. 18, comma 4).
2.2 La questione che ora s'intende proporre in via principale non
attiene alla previsione dell'obbligo del preavviso per le riunioni in
luogo pubblico, bensi' alla previsione di una sanzione penale per
l'ipotesi in cui tale obbligo non sia rispettato.
Trattasi - per certi versi - di questione analoga a quella
ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 9
del 1956. In tale occasione - a fronte del dedotto contrasto della
norma censurata con l'art. 17 della Costituzione, che non contempla
una sanzione per il mancato preavviso - cosi' la Corte motivava la
propria decisione: «E' normale che il precetto costituzionale non
copra, per tutta la sua estensione, la materia regolata dalle norme
ad essa sottordinate nella scala dei valori normativi. L'art. 17
della Costituzione, per le riunioni in luogo pubblico - come
chiaramente risulta da tutti i lavori preparatori -, e' confermativo
della disciplina preesistente. Pertanto la sanzione penale contenuta
nell'art. 18 del T.U. delle leggi di p.s., nella parte che si
riferisce alle riunioni in luogo pubblico, integra e completa, sotto
il relativo profilo, la disposizione costituzionale, non essendo
nemmeno pensabile che il precetto costituzionale possa, se veramente
se ne vuole il rispetto, essere sprovvisto di sanzione». L'assunto e'
stato poi confermato in numerose ordinanze successive (ordinanze 27
del 1956, 31 del 1956, 32 del 1956, 86 del 1957, 87 del 1957, 88 del
1957, 89 del 1957, 90 del 1957, 10 del 1960).
2.3 La citata conclusione non appare condivisibile.
2.3.1 Da un lato, la circostanza che il principio costituzionale
non sia meramente confermativo della disciplina precedente (dettata
in periodo particolarmente infausto per le liberta' fondamentali)
emerge gia' solo dal fatto che con le tre sentenze sopra citate (27
del 1958, 90 del 1970 e 11 del 1979) la stessa Corte costituzionale
ha rilevato il contrasto in piu' punti della disciplina dettata
dall'art. 18 TULPS con il combinato disposto degli articoli 17 e 21
della Costituzione.
2.3.2 Dall'altro - premesso che l'art. 17, comma 3 della
Costituzione prevede che delle riunioni in luogo pubblico debba
essere dato preavviso alle autorita', senza fare alcun riferimento a
pene - se non e' logicamente corretto desumere da tale mancanza tout
court un divieto di sanzione penale, risulta pero' eccessivo dedurre
che il precetto debba essere necessariamente accompagnato da una
sanzione e, in particolare, che la sanzione debba essere di natura
penale (per di piu' di tipo detentivo); a maggior ragione ove si
consideri che l'obbligo di preavviso costituisce una limitazione
all'esercizio di un diritto fondamentale e quindi la relativa
previsione pare doversi interpretare restrittivamente.
Si consideri anche che nel frattempo il quadro normativo
complessivo e' mutato notevolmente, per cui da una logica
panpenalistica si e' passati ad una concezione del diritto penale
come extrema ratio. Inoltre, si e' diffusa ampiamente la figura
dell'illecito amministrativo con finalita' punitiva, sicche' molte
ipotesi di illecito che in passato avevano natura penale hanno ora
una rilevanza soltanto amministrativa.
Del resto, il mancato preavviso gia' trova una possibile sanzione
(di tipo non punitivo) nella dispersione della riunione ad opera
delle forze di polizia (dispersione che costituisce una mera
eventualita' e non l'oggetto di un obbligo, come gia' sottolineato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 90 del 1970).
L'art. 17 della Costituzione non impone dunque affatto
l'incriminazione dell'omesso preavviso da parte dei promotori della
riunione in luogo pubblico.
2.4 Dall'epoca delle citate pronunce della Corte costituzionale
e' inoltre maturata una maggiore sensibilita' rispetto alla tutela
dei diritti fondamentali, anche con riguardo all'esigenza che le
limitazioni ai diritti fondamentali rispettino sempre il canone della
proporzionalita', «in quanto la proporzionalita' e' "requisito di
sistema nell'ordinamento costituzionale italiano, in relazione a ogni
atto dell'autorita' suscettibile di incidere sui diritti fondamentali
dell'individuo"» (cosi' la sentenza n. 203 del 2024, che richiama a
sua volta precedenti pronunce).
A questo riguardo, l'art. 18, comma 3 TULPS pare violare gli
articoli 17 e 21 della Costituzione (la liberta' di riunione e la
liberta' di manifestazione del pensiero paiono strettamente
collegate, come riconosciuto sia dalla Corte costituzionale sia dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo in plurime pronunce), posto che
pare sproporzionata la previsione dell'incriminazione per tutte le
ipotesi di omesso preavviso da parte degli organizzatori, a
prescindere dalla tipologia di riunione, dall'entita' della stessa,
dal numero dei partecipanti (effettivi o attesi), dal luogo e dai
mezzi di svolgimento, nonche' dalle conseguenze che ne derivino.
Il raduno di centinaia di manifestanti a bordo di trattori sulla
tangenziale di una grande citta' e' situazione radicalmente diversa
rispetto al ritrovo di una decina di giovani a piedi; una
manifestazione nei pressi della sede del Parlamento e' situazione
radicalmente diversa da una riunione in un parco cittadino (come si
vedra' oltre, nel caso RAI and Evans v. the United Kingdom la Corte
europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto giustificata l'interferenza
nelle liberta' fondamentali posto che la norma nazionale prevedeva
sanzioni penali - detentiva e/o pecuniaria - soltanto per le
manifestazioni non autorizzate che si svolgessero in zone limitate e
particolarmente sensibili dal punto di vista della sicurezza e che
era inoltre stata concretamente inflitta solo una pena pecuniaria).
In ogni caso, la previsione della possibilita' per le autorita'
di impedire lo svolgimento della riunione pare sufficiente alla
salvaguardia dell'ordine pubblico, per cui la configurazione come
reato dell'omesso preavviso appare inutilmente limitativa delle
liberta' di riunione e di manifestazione del pensiero.
2.5 La norma censurata pare violare altresi' l'art. 117 della
Costituzione in relazione all'art. 21 del Patto internazionale
relativo ai diritti civili e politici di New York.
Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre 1966
(reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881),
cosi' recita: «E' riconosciuto il diritto di riunione pacifica.
L'esercizio di tale diritto non puo' formare oggetto di restrizioni
tranne quelle imposte in conformita' alla legge e che siano
necessarie in una societa' democratica, nell'interesse della
sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o
per tutelare la sanita' o la morale pubbliche, o gli altrui diritti e
liberta'.»
Quanto al concetto di «restrizioni [...] necessarie in una
societa' democratica» - che evoca il principio di proporzionalita' -
risulta fondamentale l'interpretazione fornita dal Comitato per i
diritti umani dell'ONU nel commento generale n. 37 sul diritto di
riunione pacifica.
2.5.1 Preliminarmente nel citato commento generale, il comitato
precisa: che «riunione pacifica» e' sinonimo di «riunione non
violenta», ove per violenza si deve intendere l'uso ad opera dei
partecipanti di una forza fisica suscettibile di cagionare delle
lesioni o la morte o dei danni gravi ai beni (paragrafo 15); che il
confine tra riunione pacifica e riunione non pacifica puo' talora non
essere chiaro, ma esiste una presunzione in favore del carattere
pacifico della riunione e gli eventuali atti sporadici di violenza
posti in essere da alcuni partecipanti non possono essere attribuiti
agli altri o agli organizzatori o far qualificare come violenta la
riunione (par. 17).
Ai paragrafi 70 e seguenti e' trattato il tema del preavviso. In
particolare, e' previsto che l'adozione di un sistema di preavviso
non deve diventare un fine in se'. Al par. 71 il comitato afferma che
la mancanza di preavviso, ove richiesto, non puo' rendere illegale la
partecipazione ad una riunione, non puo' di per se' legittimare la
dispersione della riunione o l'arresto dei partecipanti o degli
organizzatori o l'inflizione di sanzioni ingiustificate, come ad
esempio accusare gli organizzatori o i partecipanti di illeciti
penali; anche le eventuali sanzioni amministrative devono essere
giustificate dalle autorita'; la mancanza di preavviso non esonera le
autorita' dal dovere, nella misura in cui sia loro possibile, di
agevolare la riunione e di proteggere i partecipanti. (1)
Dunque, per quel che qui piu' strettamente interessa, secondo
l'interpretazione fornita dall'apposito Comitato ONU, la mancanza di
preavviso di una riunione, pur quando lo stesso sia richiesto, non
puo' costituire l'oggetto di un'infrazione penalmente rilevante nei
confronti degli organizzatori.
2.5.2 Le interpretazioni del Patto fornite dal Comitato per i
Diritti dell'Uomo dell'ONU non sono di per se' vincolanti.
Il citato commento generale tuttavia - per l'autorevolezza e la
specializzazione dell'organo da cui promana e per il livello di
approfondimento - costituisce una interpretazione molto autorevole da
cui non vi e' motivo di discostarsi.
In proposito, si rilevi che la Corte europea dei Diritti
dell'uomo molto spesso cita le osservazioni e i commenti generali del
Comitato ONU per i Diritti dell'uomo come fonte autorevole
d'interpretazione del Patto di New York: cosi', ad esempio, nella
sentenza del 25 giugno 2013 nel caso Youth Initiative for Human
Rights v. Serbia al par. 13 a proposito del commento generale
sull'art. 19 del patto; nella sentenza del 28 marzo 2006 nel caso
Sukhovetskyy c. Ukraine al par. 41 in materia di diritti elettorali;
nella sentenza del 21 settembre 2006 nel caso Maszni c. Roumanie ai
par. 28-30 a proposito dell'art. 14 del patto; nella sentenza del 20
febbraio 2018 nel caso Krombach c. France ai par. 19-20 a proposito
del principio del bis in idem; nella sentenza del 27 novembre 2014
nel caso Hrvatski Lijecsicki Sindikat v. Croatia nella concurring
opinion del giudice Pinto De Albuquerque a proposito del diritto di
sciopero.
Anche il Presidente del Consiglio dei ministri nei propri ricorsi
in via principale dinanzi alla Corte costituzionale ha talora
invocato gli articoli del Patto di New York per come interpretati dal
Comitato per i diritti umani dell'organizzazione delle Nazioni Unite
nei propri commenti generali: si veda ad esempio il ricorso n. 47 del
2015 Reg. Ric. (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 19
del 13 maggio 2015) in relazione alla legittimita' costituzionale
degli articoli 70 e 72 della legge della Regione Lombardia 11 marzo
2005, n. 12, nell'ambito del quale al par. 4 della motivazione il
Governo ha invocato il general comment all'art. 18 del Patto di New
York e in particolare l'indicazione del Comitato circa
l'interpretazione necessariamente restrittiva delle limitazioni alla
liberta' di religione di cui all'art. 18, comma 3 e il principio di
proporzionalita'. (2)
Infine, i commenti generali del Comitato dei diritti umani
dell'ONU costituiscono un importante parametro per l'interpretazione
delle disposizioni del Patto di New York anche nella giurisprudenza
delle Corti nazionali di vari Paesi europei: vi hanno fatto
riferimento, ad esempio, il Tribunale costituzionale spagnolo nella
sentenza n. 26/2024 del 14 febbraio 2024 a proposito della liberta'
di religione e la Corte costituzionale federale tedesca nella
sentenza del 29 gennaio 2019 (2 BvC 62/14) in materia elettorale.
2.6 Analoga questione si prospetta rispetto alla possibile
violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 11
della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo (letto anche in
correlazione all'art. 10 della stessa Convenzione).
L'art. 11 CEDU al primo comma riconosce il diritto di ogni
persona alla liberta' di riunione pacifica. Il secondo comma prevede
poi che l'esercizio di tale diritto (e degli altri diritti
riconosciuti al primo comma) «non puo' essere oggetto di restrizioni
diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono
misure necessarie, in una societa' democratica, alla sicurezza
nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e
alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui».
2.6.1 La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo
ha ritenuto che la richiesta di preavviso per le riunioni in luogo
pubblico - da parte della legge nazionale di uno Stato membro -
costituisca una interferenza con il diritto di riunione, che puo'
tuttavia essere compatibile con il citato articolo laddove ricorrano
i requisiti sopra indicati.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha in particolare
sottolineato reiteratamente che la semplice assenza di notifica
preliminare, pur prevista dalla legge per un fine legittimo, non dia
carta bianca alle autorita', ne' rispetto alla dispersione di una
riunione pacifica - che potrebbe comunque costituire una reazione
sproporzionata e quindi un'interferenza illegittima con il diritto
fondamentale in questione (sentenza del 17 luglio 2007 nel caso Bukta
et Autres c. Hongrie, par. 34-38; sentenza del 12 giugno 2014 nel
caso Primov and others v. Russia, par. 118-119; sentenza del 15
ottobre 2015 nel caso Kudrevicius and others v. Lithuania, par.
149-153) - ne' rispetto alle possibili sanzioni per il mancato
preavviso.
Sotto quest'ultimo profilo, piu' strettamente rilevante ai fini
in esame, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha richiamato la
propria costante giurisprudenza secondo cui la natura e l'entita'
delle sanzioni inflitte sono elementi da tenere in considerazione nel
valutare il carattere proporzionato o meno di un'interferenza
rispetto al fine dalla stessa perseguito (tra le altre, sentenza del
28 settembre 1999 nel caso Öztürk c. Turquie; sentenza dell'11
ottobre 2022 nel caso Osmani and others v. the Former Yugoslav
Republic of Macedonia).
Piu' precisamente, con riguardo alla liberta' di riunione, la
Corte ha affermato che la previsione di una sanzione penale (e ancor
piu' di una pena detentiva) per l'omesso preavviso richiede una
giustificazione particolare, posto che «una manifestazione pacifica
non dovrebbe, in linea di principio, essere soggetta alla minaccia di
una sanzione penale» (sentenza del 17 maggio 2011 nel caso Akgol and
Gal v. Turkey, par. 43), «in particolare una privazione della
liberta'» (sentenza del 18 giugno 2013 nel caso Gon et Autres c.
Turquie, par. 83).
Ad esempio, nel caso RAI and Evans v. The United Kingdom
(sentenza del 17 novembre 2009) la Corte riteneva giustificata
l'interferenza posto che la norma nazionale prevedeva sanzioni penali
(detentiva e/o pecuniaria) soltanto per le manifestazioni non
autorizzate che si svolgessero in zone limitate e particolarmente
sensibili dal punto di vista della sicurezza (era inoltre stata
concretamente inflitta solo una pena pecuniaria).
Viceversa, nel caso Obote v. Russia (sentenza del 19 novembre
2019, par. 43-45) - relativo a sette soggetti che avevano posto in
essere un «flash mob» di fronte ad un ufficio governativo senza la
prescritta previa comunicazione - la Corte europea dei diritti
dell'uomo ha ritenuto che la condotta delle autorita' nazionali, che
avevano inflitto una sanzione amministrativa pecuniaria
sostanzialmente punitiva, costituisse una interferenza sproporzionata
e quindi illegittima ai sensi dell'art. 11 della Convenzione. Piu'
precisamente, la Corte ha ritenuto che il semplice fatto di avere
omesso il previsto preavviso non giustificasse una sanzione di natura
penale.
2.6.2 Alla luce di quanto precede, ad avviso dello scrivente la
norma di cui all'art. 18, comma 3, regio decreto n. 773/1931 si pone
in contrasto con l'art. 11 CEDU, come interpretato dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. La citata
norma nazionale, infatti, punisce (peraltro con una pena sia
detentiva, sia pecuniaria) l'organizzatore di una riunione in luogo
pubblico per il solo fatto dell'omesso preavviso, sulla base del solo
dato formale e a prescindere da ogni giustificazione ulteriore.
2.7 D'altro canto, a parere dello scrivente la dichiarazione di
illegittimita' della norma censurata non darebbe luogo ad un
intollerabile vuoto di tutela del bene giuridico protetto: a fronte
di un mancato preavviso della riunione, sarebbe comunque possibile la
dispersione della stessa ad opera delle forze di polizia (sempreche'
tale dispersione sia concretamente giustificata e proporzionata).
3. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Possibilita' di
un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma
ora censurata ai parametri costituzionali indicati, chiaro e univoco
essendo il dato normativo.
4. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale. Rilevanza
4.1 In via principale, si dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 635 del codice penale nella parte in cui
prevede la rilevanza penale del fatto di chi distrugge, disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in
luogo pubblico o aperto al pubblico.
Qualora fosse accolta detta questione, questo giudice dovrebbe
emettere - con riguardo a tale profilo dell'imputazione - una
sentenza di non luogo a procedere perche' il fatto non e' previsto
dalla legge come reato (fatta salva ogni diversa valutazione quanto
all'ulteriore reato di danneggiamento di cosa presente in un pubblico
stabilimento contestato nel medesimo capo d'imputazione).
Diversamente, posto che - sia dal punto di vista oggettivo, sia
dal punto di vista soggettivo - il reato in esame risulta integrato,
questo giudice dovrebbe valutare la sussistenza di ulteriori e meno
favorevoli cause di non punibilita' e in particolare della
particolare tenuita' del fatto ex art. 131-bis del codice penale
(emettendo, in caso di riconoscimento della stessa, sentenza di non
luogo a procedere e disponendo in caso contrario la prosecuzione del
giudizio davanti ad un giudice diverso ai sensi dell'art. 554-ter,
comma 3 del codice di procedura penale); incidentalmente si deve
rilevare che non sussiste la contestata recidiva perche' l'imputato
non risulta avere mai subito condanne.
Ad ogni modo, dal punto di vista logico e' pregiudiziale la
questione circa la previsione o meno del fatto come reato: «una
pronuncia di non punibilita' ex art. 131-bis del codice penale, in
qualunque fase procedimentale o processuale sia collocata, presuppone
logicamente la valutazione che un reato, completo di tutti i suoi
elementi oggettivi e soggettivi, sia stato commesso dalla persona
sottoposta a indagini o dall'imputato» (sentenza n. 116 del 2023,
richiamata poi dalla sentenza n. 146 del 2023).
Del resto, una pronuncia di non luogo a procedere perche' il
fatto non e' previsto dalla legge come reato e' piu' favorevole per
l'imputato rispetto ad una pronuncia di non luogo a procedere per
particolare tenuita' del fatto, sia perche' quest'ultima presuppone
che un reato vi sia stato, sia per i diversi effetti pratici delle
due pronunce (la prima non produce alcun effetto, la seconda e'
comunque destinata ad essere iscritta nel certificato del casellario
e potrebbe essere presa in considerazione ai fini di una successiva
valutazione della particolare tenuita' di un diverso fatto di reato).
4.2 In via subordinata, si dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 2, lettera l), decreto legislativo n. 7/2016
nella parte in cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del codice
penale - ha disposto che al primo comma dell'art. 635 del codice
penale sia punita anche la condotta di chi distrugge, disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o
immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in
luogo pubblico o aperto al pubblico.
La questione risulta rilevante: il testo dell'art. 635 del codice
penale introdotto dall'art. 2, lettera l), decreto legislativo n.
7/2016 era quello in vigore al momento del fatto in esame (sarebbe
poi stato modificato dal decreto-legge n. 53/2019), per cui in caso
di dichiarazione di illegittimita' dell'art. 2, lettera l), decreto
legislativo n. 7/2016, nella parte censurata, il fatto ascritto
all'imputato - di danneggiamento commesso in occasione di una
manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico - si dovrebbe
considerare penalmente irrilevante: lo stesso art. 2, lettera l)
infatti privava di rilevanza penale il danneggiamento semplice. Si
dovrebbe quindi emettere sentenza di non luogo a procedere perche' il
fatto non e' previsto dalla legge come reato (fatta salva ogni
diversa valutazione quanto all'ulteriore reato di danneggiamento di
cosa presente in un pubblico stabilimento contestato nel medesimo
capo d'imputazione).
Non pare inoltre superfluo sottolineare che nel caso di specie
non e' stata presentata alcuna querela. Qualora il decreto
legislativo n. 7/2016 avesse mantenuto in essere - limitatamente ai
fatti di danneggiamento commessi in occasione di manifestazioni in
luogo pubblico o aperto al pubblico - la previgente disciplina, alla
stregua di quest'ultima il danneggiamento semplice non sarebbe
procedibile.
5. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale. Non
manifesta infondatezza della questione principale.
5.1 In via principale, si dubita della legittimita'
costituzionale dell'art. 635 del codice penale nella parte in cui
prevede la rilevanza penale del fatto commesso in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
Occorre premettere che il testo dell'art. 635 del codice penale
negli ultimi anni e' stato oggetto di numerose e ripetute modifiche.
La disposizione ora censurata era inserita nel testo dell'art.
635, comma 1 del codice penale dall'art. 2, lettera l) decreto
legislativo n. 7/2016 (in precedenza era prevista la rilevanza penale
del danneggiamento semplice, a prescindere dalla sussistenza di
ulteriori elementi, ma si trattava di reato procedibile a querela e
di competenza del Giudice di pace; gli ulteriori elementi indicati
nei commi successivi dell'art. 635 del codice penale integravano
delle circostanze aggravanti).
All'epoca dei fatti in contestazione il testo dell'art. 635 del
codice penale era ancora quello introdotto dall'art. 2, lettera l),
decreto legislativo n. 7/2016; la disposizione censurata era quindi
contenuta nel primo comma dell'art. 635 del codice penale e
contemplava un trattamento sanzionatorio identico a quello previsto
per le altre forme di danneggiamento penalmente rilevanti (reclusione
da sei mesi a tre anni).
Attualmente la disposizione - a seguito delle modifiche apportate
dal decreto-legge n. 53/2019 (convertito dalla legge n. 77/2019) -
figura invece nel terzo comma dello stesso articolo e prevede un
trattamento sanzionatorio (reclusione da uno a cinque anni) piu'
severo rispetto alle ipotesi di cui ai precedenti commi (il recente
decreto-legge n. 48/2025 ha previsto un ulteriore inasprimento per
l'ipotesi in cui i fatti siano commessi in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico
e con violenza alla persona o con minaccia). Tale ultimo profilo in
questa sede peraltro non rileva strettamente posto che - in virtu'
delle regole sulla successione delle leggi penali nel tempo di cui
all'art. 2 del codice penale e del principio di cui all'art. 25,
comma 2 della Costituzione - le nuove norme non sono applicabili ai
fatti ora in esame.
5.2 In altre disposizioni dell'ordinamento, incriminatrici o
circostanziali, il termine «manifestazioni» e' accompagnato da
un'aggettivazione - spesso «sportive» - che ne delimita la portata:
e' il caso ad esempio dell'art. 61, n. 11-septies del codice penale,
dell'art. 583-quater del codice penale, dell'art. 635, comma 2, n. 4
del codice penale.
Nel caso in esame (ma anche nell'art. 339 del codice penale e in
altre disposizioni), viceversa, il termine «manifestazioni» non e'
ulteriormente specificato, per cui e' idoneo a ricomprendere
manifestazioni di vario genere: musicali, artistiche e, per quel che
piu' rileva, politiche.
5.3 La norma censurata pare illegittima per violazione degli
articoli 17 e 21 della Costituzione: far dipendere la rilevanza
penale di una medesima condotta dal fatto che la stessa sia tenuta in
occasione di una manifestazione significa in sostanza punire
l'esercizio del diritto (liberta' di riunione ed eventualmente
liberta' di manifestazione del pensiero) che si esprime in quella
manifestazione.
5.4 Con la sentenza n. 119 del 1970 la Corte costituzionale ha
dichiarato illegittima - per violazione dell'art. 3 e dell'art. 40
della Costituzione - la norma dell'art. 635, comma 2, n. 2 del codice
penale (nel testo allora vigente), nella parte in cui prevedeva come
circostanza aggravante, e come causa di procedibilita' d'ufficio, del
reato di danneggiamento il fatto che tale reato fosse commesso da
lavoratori in occasione di uno sciopero o da datori di lavoro in
occasione di serrate. Nella motivazione della sentenza la Corte
censurava in particolare il fatto che la citata norma fosse in
sostanza stata dettata dal legislatore del 1930 per «colpire, sia
pure in occasione del danneggiamento, proprio lo sciopero in quanto
tale»; inoltre la citata norma era ritenuta discriminatoria a
discapito dei lavoratori, posto che in base alla stessa i lavoratori
erano puniti piu' severamente rispetto ad un eventuale terzo che
nella stessa situazione si rendesse autore di un danneggiamento.
5.5 Se pur la formulazione della norma ora censurata e' in
astratto neutra quanto al soggetto attivo del reato - «chiunque» e
quindi in teoria anche soggetti diversi dai manifestanti - la
situazione pare in realta' analoga a quella esaminata dalla Corte
nella citata sentenza n. 119 del 1970.
In sostanza, un fatto - il danneggiamento - e' punito per il
fatto di essere stato posto in essere nel corso di una manifestazione
in luogo pubblico o aperto al pubblico. Tale previsione, strettamente
legata al compimento del fatto in occasione della manifestazione, si
traduce in una punizione della stessa manifestazione - in violazione
degli articoli 17 e 21 della Costituzione, ai sensi dei quali la
liberta' di riunione e la liberta' di manifestazione del pensiero
costituiscono diritti fondamentali - nella misura in cui la
realizzazione del fatto nel corso della manifestazione non comporta
di per se' una maggior offesa al bene giuridico tutelato (il
patrimonio).
Il danneggiamento non determina una maggior offesa al bene
giuridico tutelato per il solo fatto di essere realizzato in
occasione di una manifestazione in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
Cio' determina ad avviso dello scrivente anche una violazione del
principio di offensivita' enucleabile dall'art. 25, comma 2 della
Costituzione e dall'art. 27, comma 3 della Costituzione (quest'ultimo
in quanto la punizione del soggetto pur in mancanza di un quid pluris
risulterebbe incomprensibile allo stesso e quindi precluderebbe la
concreta possibilita' dell'adesione del medesimo ad un percorso
rieducativo).
Analogamente l'interruzione di pubblico servizio - reato per il
quale con l'art. 7, decreto-legge n. 53/2019 e' stata prevista una
circostanza aggravante per l'ipotesi in cui la condotta sia stata
posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o
aperto al pubblico - non determina una maggior offesa al bene
tutelato per il solo fatto di essere realizzato in occasione di una
manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico.
5.6 Si potrebbe obiettare che la previsione - quale elemento
costitutivo del reato - della commissione del fatto in occasione
della manifestazione varrebbe a delineare per il reato in questione
un'oggettivita' giuridica composita, in cui alla tutela del
patrimonio si affiancherebbe la tutela di altro bene giuridico.
In proposito, potrebbe considerarsi quale bene protetto anche
l'ordine pubblico; oppure si potrebbe sostenere che la citata
previsione miri a proteggere lo stesso regolare svolgimento della
manifestazione pubblica (e quindi le liberta' di riunione e di
manifestazione del pensiero) da possibili condotte illecite di
singoli manifestanti o anche di terzi. Oppure si potrebbe sostenere -
come si e' fatto in sede di relazione illustrativa del decreto
legislativo n. 7/2016, allorche' si e' riformulato il testo dell'art.
635 del codice penale - che «l'esecuzione del danneggiamento
durante lo svolgimento di una manifestazione pubblica sia una
condotta intrinsecamente minacciosa, di particolare effetto
intimidatorio e pericolosita' sociale», ravvisando quindi in tali
condotte una minaccia alla persona e quindi - quale ulteriore bene
giuridico - la liberta' morale di singoli individui.
5.7 Tali considerazioni non paiono pero' persuasive.
In primo luogo, la norma incriminatrice richiede unicamente che
il danneggiamento del bene altrui sia posto in essere in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico, senza prevedere ulteriori elementi costitutivi.
In particolare, non si e' richiesto che la condotta avvenga con
determinate modalita', particolarmente pericolose, ne' che sussista
un certo grado di diffusivita' della condotta, ne' che la stessa
determini il pericolo di atti emulativi, ne' che dal fatto derivi o
anche solo possa derivare un turbamento per l'ordine pubblico o per
il regolare svolgimento della manifestazione; ne' che dalla stessa
derivi o possa derivare (per le relative modalita') un effetto
intimidatorio nei confronti di qualche soggetto, ne' - ancor prima -
che vi sia un soggetto potenzialmente intimidito.
5.8 Non pare possibile restringere in via interpretativa il
portato della norma, in un tentativo di interpretazione
costituzionalmente orientata, si' da far rientrare nell'ambito della
stessa solo le condotte che ledano o mettano in pericolo in concreto
i citati beni giuridici aggiuntivi (ulteriore problema sarebbe quello
di individuare quale di preciso tra i beni giuridici sopra
ipotizzati: ordine pubblico e/o liberta' di riunione e di
manifestazione del pensiero e/o liberta' morale). Si tratterebbe
infatti di un'operazione ermeneutica arbitraria, priva di concreti
appigli nel dato letterale della disposizione normativa.
Inoltre, la Corte di cassazione nelle sentenze in cui si e'
occupata della citata figura di reato non pare essersi mai neppure
posta il problema della verifica di un pericolo concreto per alcuno
dei suddetti beni giuridici ulteriori. Si vedano in proposito
Cassazione Sez. 2 - sentenza n. 29588 del 4 aprile 2019 Rv. 277494 -
02, Cassazione Sez. 6, sentenza n. 39919 del 6 giugno 2018 Rv. 273795
- 01.
Al contrario nella citata sentenza n. 29588 del 4 aprile 2019 la
Suprema Corte ha altresi' riconosciuto la configurabilita' del citato
reato anche in un'ipotesi in cui il danneggiamento si era verificato
in un luogo diverso - per quanto limitrofo - rispetto a quello in cui
si svolgeva la manifestazione; in particolare la Corte di cassazione
riteneva sufficiente per l'integrazione del reato la sussistenza di
un qualunque nesso, «sicche' si ritengono comprese nell'area del
penalmente rilevante anche le condotte di danneggiamento che non si
sarebbero verificate se la manifestazione non ci fosse stata». Si e'
ritenuto, cioe', sufficiente un'incidenza della manifestazione anche
solo sulla motivazione all'origine del danneggiamento, a prescindere
da qualunque considerazione circa pericoli per l'ordine pubblico,
effetti intimidatori particolari, ecc.
5.9 Ne' pare legittima la presunzione da parte del legislatore
che i fatti di danneggiamento commessi in occasione di manifestazioni
in luogo pubblico o aperto al pubblico comportino sempre un'offesa
all'ordine pubblico, o ad altro dei citati beni giuridici ulteriori,
a prescindere dalle modalita' del danneggiamento, dal luogo in cui la
manifestazione si svolga (diversa pare la situazione tra una
manifestazione che si svolga di fronte al Parlamento e una
manifestazione che si svolta in un parco), dal numero dei
partecipanti alla manifestazione e degli autori del danneggiamento.
E' poi relativamente facile ipotizzare fatti che, pur ricadendo
nell'ambito applicativo della norma censurata, non offendano -
neanche in termini di messa in pericolo - i beni giuridici aggiuntivi
sopra indicati.
Ad esempio, il fatto oggetto del presente processo - come emerge
anche dai fotogrammi acquisiti - non ha comportato alcun pericolo ne'
per l'ordine pubblico, ne' per il pacifico svolgimento del corteo,
ne' per la liberta' morale di chicchessia (sarebbe anche difficile
individuare il soggetto che potrebbe essersi sentito intimidito).
5.10 Inoltre, paiono significative anche alcune considerazioni di
ordine sistematico.
In particolare, si deve rilevare che l'art. 339 del codice penale
considera quale circostanza aggravante (inserita dal decreto-legge n.
53/2019) la commissione dei reati previsti nei tre articoli
precedenti nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al
pubblico, ma anche - in alternativa - con armi, o da persona
travisata, o da piu' persone riunite; inoltre all'art. 339, comma 2
del codice penale e' prevista un'aggravante ad effetto speciale per
il caso in cui i citati reati siano commessi da piu' di dieci persone
(pur senza uso di anni).
Nel caso del danneggiamento, viceversa, l'art. 635 del codice
penale incrimina i fatti di danneggiamento commessi - anche
eventualmente da una singola persona, come nella fattispecie ora in
esame - in occasione di una manifestazione in luogo pubblico o aperto
al pubblico, ma non incrimina di per se' le condotte di
danneggiamento poste in essere da piu' persone riunite (a condizione
che non ricorra nessuna delle ipotesi contemplate dalla
disposizione), benche' queste - specie ove il numero dei soggetti sia
elevato - possano essere decisamente piu' rilevanti sul piano
dell'ordine pubblico.
E' parimenti significativo che rispetto al reato di lesioni
personali non sia prevista alcuna circostanza aggravante in relazione
all'eventuale compimento in occasione di una manifestazione in luogo
pubblico o aperto al pubblico (mentre e' prevista l'aggravante -
rilevante anche ai fini della procedibilita' e della competenza - del
fatto commesso da piu' persone riunite). Una simile aggravante e'
prevista viceversa per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Cio' da un lato comporta che le lesioni commesse in occasione di
una manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico, ove non
ricorrano altre aggravanti, sono procedibili a querela, di competenza
del Giudice di pace e quindi punite con pene lievi; i danneggiamenti
commessi in occasione di una manifestazione in luogo pubblico o
aperto al pubblico sono invece procedibili d'ufficio, di competenza
del tribunale e puniti con pene detentive non irrisorie.
Dall'altro lato, di fatto le condotte violente contro la persona
poste in essere in occasione di una manifestazione in luogo pubblico
o aperto al pubblico sono punite severamente solo se integrano i
reati di cui agli articoli 336 e 337 del codice penale.
Le circostanze aggravanti non sono state previste in via
generale, con riguardo a tutti i reati, ma nella forma di circostanze
speciali relative a specifici reati, per i quali il legislatore,
avuto riguardo all'esperienza storica, e' intervenuto prendendo in
considerazione - quale soggetto attivo dei reati sopra indicati - il
partecipante alla manifestazione.
Tali elementi inducono a ritenere che con le disposizioni in
questione non si sia voluto tutelare l'ordine pubblico o il regolare
svolgimento delle manifestazioni pubbliche o la serenita' e
tranquillita' delle persone che vi partecipino o assistano. Si e'
viceversa sanzionato indirettamente l'esercizio, attraverso le
manifestazioni, delle liberta' di riunione e di manifestazione del
pensiero, con conseguente violazione degli articoli 17 e 21 della
Costituzione.
5.11 Diversamente opinando, qualora cioe' si ritenesse che il
legislatore con la norma censurata e con le altre analoghe ha inteso
proteggere l'ordine pubblico, bisognerebbe ritenere che l'ha fatto in
modo irragionevole, in violazione dell'art. 3 della Costituzione: ha
infatti perseguito penalmente la condotta del singolo che in
occasione di una manifestazione tenga in modo isolato una condotta di
danneggiamento, ma non ha perseguito altrettanto la condotta di una
pluralita' di persone riunite che tengano condotte di danneggiamento
non in occasione di manifestazioni pubbliche. Allo stesso modo ha
previsto la procedibilita' d'ufficio e pene detentive per le condotte
di danneggiamento tenute in occasione di manifestazioni in luogo
pubblico, ma non le ha previste per i reati di lesioni personali
commessi in occasione di manifestazioni in luogo pubblico (a meno che
non ricorrano circostanze aggravanti).
6. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale. Non
manifesta infondatezza della questione subordinata
6.1 In via subordinata, si censura l'art. 2, comma 1, lettera l),
decreto legislativo n. 7/2016 nella parte in cui - nel sostituire il
testo dell'art. 635 del codice penale - ha disposto che al primo
comma dell'art. 635 del codice penale fosse punita anche la condotta
di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte,
inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
In particolare, a parere dello scrivente il legislatore delegato
e' incorso sotto il profilo in questione in una violazione dell'art.
76 della Costituzione.
6.2 La legge 28 aprile 2014, n. 67 - nell'ambito di una piu'
ampia riforma ispirata ad una logica di ricorso minimo al diritto
penale e di razionalizzazione del sistema giustizia - all'art. 2,
comma 1 delegava il Governo «ad adottare, entro i termini e con le
procedure di cui ai commi 4 e 5, uno o piu' decreti legislativi per
la riforma della disciplina sanrionatoria dei reati e per la
contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili, in
ordine alle fattispecie e secondo i principi e criteri direttivi
specificati nei commi 2 e 3».
I successivi commi 2 e 3 delineavano poi differenti principi e
criteri direttivi.
6.3 In particolare, l'art. 2, comma 3, lettera a), legge n.
67/2014 prevedeva espressamente - tra i principi e criteri direttivi
- l'abrogazione dei reati previsti da alcune disposizioni del codice
penale, tra cui l'art. 635, comma 1 del codice penale (cioe' il
vecchio danneggiamento semplice, procedibile a querela e di
competenza del Giudice di pace).
Alle lettere c) e seguenti dello stesso art. 2, comma 3, la legge
delega prevedeva poi che - contestualmente all'abrogazione dei reati
in questione - i corrispondenti fatti fossero sottoposti a sanzioni
pecuniarie civili a carattere punitivo, fermo restando l'obbligo
delle restituzioni e del risarcimento del danno secondo le leggi
civili.
6.4 Il decreto legislativo n. 7/2016 ha dato attuazione alla
citata delega.
In particolare, l'art. 2, lettera l) ha previsto la sostituzione
dell'intero testo dell'art. 635 del codice penale. Piu' precisamente,
ha previsto il seguente tenore dell'art. 635, comma 1 del codice
penale: «Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o
in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla
persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si
svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto
previsto dall'art. 331, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni»; ha cioe' fatto confluire in tale nuovo primo comma, come nuove
fattispecie autonome, l'ipotesi del danneggiamento con violenza o
minaccia alla persona, gia' contemplata come fattispecie aggravata
dal vecchio art. 635, comma 2, n. 1), e l'ipotesi del danneggiamento
commesso in occasione del delitto di cui all'art. 331 del codice
penale, gia' contemplata come fattispecie aggravata dal vecchio art.
635, comma 2, n. 2); nello stesso comma ha inoltre previsto anche
l'ipotesi del danneggiamento commesso in occasione di manifestazioni
che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico. Nel nuovo
secondo comma dell'art. 635 del codice penale sono state invece
incriminate come fattispecie autonome le ipotesi precedentemente
disciplinate come fattispecie aggravate dall'art. 635, comma 2, n.
3), 4), 5) e 5-bis) del codice penale.
6.5 Il legislatore delegato ha cosi' soppresso la rilevanza
penale del vecchio danneggiamento semplice (per il quale l'art. 4
dello stesso decreto legislativo n. 7/2016 ha previsto una sanzione
pecuniaria civile) e trasformato in fattispecie autonome le vecchie
fattispecie aggravate.
6.6 Al tempo stesso pero' ha inserito nel primo comma del nuovo
art. 635 del codice penale anche l'incriminazione delle condotte di
danneggiamento tenute «in occasione di manifestazioni che si svolgono
in luogo pubblico o aperto al pubblico»; si tratta di un'ipotesi
nuova che attraverso questa previsione e' stata sottratta alla
depenalizzazione del vecchio danneggiamento semplice, nella cui
figura rientravano i fatti ora rilevanti ai sensi della nuova
disposizione. Inoltre, tali fatti - prima rientranti nel
danneggiamento semplice e quindi procedibili a querela e di
competenza del Giudice di pace - a seguito della riforma diventano
procedibili d'ufficio e di competenza del tribunale.
6.7 Ad avviso di chi scrive si tratta di una violazione dei
principi e criteri direttivi di cui all'art. 2, comma 3, lettera a)
della legge delega, che si limitavano a prevedere l'abrogazione del
reato previsto dall'art. 635, comma 1 del codice penale (e la
contestuale creazione del nuovo illecito civile), senza prevedere
eccezioni rispetto a tale abrogazione e, tanto meno, senza
contemplare l'inasprimento del trattamento - in termini di
procedibilita' e di sanzioni - per alcune condotte gia' contemplate
dall'art. 635, comma 1 del codice penale.
6.8 Nella relazione illustrativa del decreto legislativo si
afferma in proposito quanto segue: «[...] giacche' l'art. 2, comma 3,
lettera a), n. 5, della delega prevede l'abrogazione del (solo) primo
comma dell'art. 635 del codice penale (Danneggiamento), si e' dovuto
procedere alla riformulazione di tale disposizione, con la
contestuale "trasformazione" delle ipotesi circostanziali di cui al
comma secondo di tale articolo in corrispondenti fattispecie autonome
(art. 2, comma 1, lettera l). Non si tratta di una riscrittura
arbitraria delle disposizioni incriminatrici ad opera del legislatore
delegato, chiamato dalla legge delega soltanto ad un'opera di
depenalizzazione e non certo a quella di una diversa costruzione
delle fattispecie penali non toccate dall'intervento depenalizzante.
Si e' piuttosto apprezzata la necessita' di tener conto, con piena
fedelta' al testo della norma penale che tale rimane, delle
espunzioni che sono conseguenza della previsione di depenalizzazione,
e cio' per assicurare la piena intellegibilita' della disposizione
incriminatrice, precondizione di un diritto penale di garanzia. Si e'
ritenuto di esplicitare quale ipotesi di condotta di danneggiamento
che conserva rilievo penale quella commessa su beni, sia pubblici che
privati, in occasione dello svolgimento di manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico. Si reputa, infatti, che l'esecuzione
del danneggiamento durante lo svolgimento di una manifestazione
pubblica sia una condotta intrinsecamente minacciosa, di particolare
effetto intimidatorio e pericolosita' sociale, tale da meritare una
espressa menzione.»
Il legislatore delegato - pur dichiarando di voler dare mera
attuazione ad una delega che aveva ad oggetto soltanto un'opera di
depenalizzazione e non di diversa costruzione delle fattispecie
penali non toccate dall'intervento depenalizzante - sostiene cioe' di
essersi limitato ad esplicitare la persistente rilevanza penale della
condotta di danneggiamento tenuta in occasione dello svolgimento di
manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, in quanto
questa sarebbe intrinsecamente minacciosa. Detto in altri termini,
secondo il legislatore delegato la condotta di danneggiamento tenuta
in occasione dello svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico o
aperto al pubblico, in quanto intrinsecamente minacciosa, gia' in
precedenza non rientrava nel danneggiamento semplice, bensi' nel
danneggiamento aggravato ai sensi dell'art. 635, comma 2, n. 1 del
codice penale perche' commesso con violenza o minaccia alla persona;
il legislatore delegato quindi non avrebbe modificato alcunche', si
sarebbe limitato ad esplicitare cio' che era previsto gia' prima
(salvo trasformare inevitabilmente le fattispecie aggravate in
fattispecie autonome contestualmente alla depenalizzazione del
danneggiamento semplice).
6.9 La tesi in questione non pare plausibile.
E' evidente che una condotta di danneggiamento - per quanto
commessa in occasione di una manifestazione pubblica - puo' benissimo
essere scevra da qualsivoglia connotato di violenza alla persona o di
minaccia. Sia perche' potrebbe essere perpetrata con modalita' prive
di idoneita' intimidatoria, sia perche' potrebbe anche mancare
qualunque persona che possa anche solo astrattamente intimorirsi.
Nel caso oggetto del presente processo - semplice rottura
dell'asta di una bandiera appesa sulla facciata di una scuola - la
polizia giudiziaria non ha descritto reazioni di timore in qualche
soggetto presente nei paraggi, ne' nei fotogrammi si apprezza
alcunche' del genere. D'altronde, per quanto nel vecchio art. 635,
comma 2, n. 1 del codice penale la violenza o minaccia alla persona
fosse solo una circostanza aggravante e non un elemento costitutivo
del delitto, si deve ritenere che la minaccia, per essere tale,
dovesse essere consapevole: il soggetto agente cioe' doveva
consapevolmente minacciare una persona; nell'ipotesi del
danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o
aperto al pubblico, viceversa, l'effetto intimidatorio potrebbe anche
non essere oggetto di rappresentazione da parte del soggetto agente
(pur consapevole della manifestazione in corso e quindi assistito dal
dolo rispetto a tutti gli elementi costitutivi del reato).
6.10 Del resto, se le condotte di danneggiamento poste in essere
in occasione di manifestazioni fossero gia' rientrate, in quanto
intrinsecamente minacciose, nelle ipotesi di danneggiamento con
violenza alla persona o con minaccia, non vi sarebbe stato alcun
motivo di menzionarle espressamente nel nuovo art. 635, comma 1 del
codice penale accanto e in alternativa all'ipotesi di danneggiamento
con violenza alla persona o con minaccia.
6.11 Si deve inoltre rilevare che le sentenze della Corte di
cassazione che, dopo l'intervento riformatore in questione, si sono
occupate del danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico hanno tutte ritenuto che tali condotte
prima della riforma fossero punibili a titolo di danneggiamento
semplice e non di danneggiamento aggravato per l'essere commesso con
violenza o minaccia alla persona.
In particolare, la sentenza Cassazione Sez. 2 n. 29588 del 4
aprile 2019 Rv. 277494 - 02 e la sentenza Cassazione Sez. 6 n. 39919
del 6 giugno 2018 Rv. 273795 - 01 - pur giungendo a conclusioni
difformi circa la continuita' normativa o meno tra la nuova ipotesi e
quella precedente - operano il raffronto con la vecchia ipotesi di
danneggiamento semplice e non con quella aggravata dalla violenza o
minaccia alla persona.
6.12 Infine, lo stesso legislatore negli interventi di riforma
successivi ha mostrato di non considerare il danneggiamento in
occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico
come una sottospecie del danneggiamento con violenza o minaccia alla
persona. Dapprima con il decreto-legge n. 53/2019 ha disciplinato
separatamente il danneggiamento in occasione di manifestazioni in
luogo pubblico o aperto al pubblico, prevedendo per lo stesso una
pena piu' severa che per le altre ipotesi di danneggiamento. Poi con
il decreto legislativo n. 150/2022 ha introdotto per il solo
danneggiamento con violenza alla persona o minaccia un regime di
procedibilita' a querela, mentre le altre ipotesi di danneggiamento
(tra cui il danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico) sono rimaste procedibili d'ufficio.
Infine, con il decreto-legge n. 48/2025 e' stata introdotta all'art.
635, comma 3, secondo periodo, del codice penale l'ipotesi speciale
del danneggiamento in occasione di manifestazioni (in luogo pubblico
o aperto al pubblico) commesso con violenza alla persona o con
minaccia, cio' che logicamente presuppone che l'ipotesi generale di
cui all'art. 635, comma 3, primo periodo, del codice penale sia
scevra da profili di violenza alla persona o minaccia.
6.13 Ad avviso di chi scrive, l'auspicata dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera l)
decreto legislativo n. 7/2016 dovrebbe investire conseguentemente
anche l'art. 635 del codice penale limitatamente alla parte in cui
incrimina la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o rende,
in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in
occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico.
7. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale.
Possibilita' di un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi delle norme
ora censurate ai parametri costituzionali indicati.
In particolare, i tentativi - pur effettuati - di interpretare le
norme in questione in modo compatibile con i principi costituzionali
non paiono praticabili, in quanto si scontrano con il dato letterale
delle disposizioni normative e con il significato (conforme al dato
letterale) comunemente attribuito alle stesse dalla giurisprudenza di
legittimita'.
Quanto alla questione principale, come si e' gia' rilevato, in
assenza di appigli nel dato letterale, la difficolta' di individuare
in modo chiaro l'ulteriore bene giuridico che sarebbe tutelato dalla
norma incriminatrice qui censurata osta ad un'interpretazione
teleologica della fattispecie e quindi ad un'interpretazione
costituzionalmente orientata al rispetto dei principi costituzionali
che si assumono violati.
8. Rapporti tra le varie questioni sollevate
Le questioni concernenti l'art. 18, comma 3 TULPS e le questioni
concernenti l'art. 635 del codice penale (e l'art. 2, comma 1,
lettera l) decreto legislativo n. 7/2016) sono del tutto indipendenti
tra loro, investendo tra l'altro diversi capi d'imputazione.
Le due questioni concernenti l'art. 635 del codice penale sono
viceversa in rapporto di subordinazione tra loro: in via principale
si censura - per violazione degli articoli 3, 17, 21, 25, comma 2 e
27, comma 3 della Costituzione - l'art. 635 del codice penale nella
parte in cui prevede la rilevanza penale del fatto commesso in
occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico; in subordine, si censurano - per violazione
dell'art. 76 della Costituzione - l'art. 2, comma 1, lettera l),
decreto legislativo n. 7/2016 e quindi l'art. 635 del codice penale
limitatamente alla parte in cui incriminano la condotta di chi
distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte,
inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
(1) 71. A failure to notify the authorities of an upcoming assembly,
where required, does not render the act of participation in the
assembly unlawful, and must not in itself be used as a basis for
dispersing the assembly or arresting the participants or
organizers, or for imposing undue sanctions, such as charging the
participants or organizers with criminal offences. Where
administrative sanctions are imposed on organizers for failure to
notify, this must be justified by the authorities. Lack of
notification does not absolve the authorities from the
obligation, within their abilities, to facilitate the assembly
and to protect the participants.
(2) «Anche il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite,
nell'esercizio della sua funzione di interprete del Patto
internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che la
liberta' di religione e il diritto di manifestare il proprio
credo comprendono una vasta gamma di atti. [...] Il diritto di
professare liberamente la propria religione si traduce, quindi,
anche nell'utilita' concreta relativa alla costruzione e/o
utilizzo di luoghi appositamente dedicati alla preghiera e alla
discussione delle questioni riguardanti gli interessi sociali e
culturali della comunita' cui l'individuo appartiene. (par. 4 del
General Comment all'art. 18 del Patto internazionale sui diritti
civili e politici (30.V11.1993). [...] Il Comitato dei diritti
umani delle Nazioni Unite ha osservato (Par. 8) che il terzo
comma dell'art. 18 deve essere interpretato restrittivamente: non
sono ammesse restrizioni se non per i motivi sopra specificati e
tali limitazioni possono essere applicate solo per gli scopi cui
sono stati prescritti e devono essere proporzionate e
direttamente correlate a tali specifici scopi. Le restrizioni,
inoltre, non possono essere imposte o applicate per fini
discriminatori».
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. legge n.
87/1953,
ritenute le questioni rilevanti e non manifestamente infondate,
solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli arti. 17, 21 e 117 della Costituzione (quest'ultimo
in relazione all'art. 21 del Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici di New York e all'art. 11 della CEDU) - della norma
di cui all'art. 18, comma 3 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
(Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza),
nonche',
solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli articoli 3, 17, 21, 25 comma 2 e 27 comma 3 della
Costituzione - dell'art. 635, comma 1 del codice penale (attualmente
art. 635, comma 3 del codice penale) nella parte in cui prevede la
rilevanza penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui
in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico
e, in subordine,
- per violazione dell'art. 76 della Costituzione - dell'art.
2, comma 1, lettera l), decreto legislativo n. 7/2016 nella parte in
cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del codice penale - ha
disposto che al primo comma dell'art. 635 del codice penale fosse
punita anche la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui
in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o
aperto al pubblico,
e conseguentemente dello stesso art. 635 del codice penale
limitatamente alla parte in cui incrimina la condotta di chi
distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte,
inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al
pubblico.
Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di
prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale.
Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso.
Manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono
considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura
penale.
Firenze, 16 giugno 2025
Il Giudice: Attina'