Reg. ord. n. 118 del 2025 pubbl. su G.U. del 25/06/2025 n. 26
Ordinanza del Consiglio di Stato del 26/05/2025
Tra: Soelia spa C/ Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. spa
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da tali impianti – Deroga alle disposizioni di rimodulazione delle tariffe in senso peggiorativo, di cui ai commi da 3 a 6 dell’art. 26 del decreto-legge n. 91 del 2014, come convertito, prevista a favore degli impianti i cui soggetti responsabili erano, all’entrata in vigore della legge di conversione, enti locali o scuole – Mancata previsione che tale deroga si applica, alle medesime condizioni, anche agli impianti i cui soggetti responsabili sono società in house costituite da enti locali – Denunciata disparità di trattamento tra enti locali e società in house da questi costituite, essendo solo i primi esentati dalla rimodulazione in peius delle tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici – Violazione del principio di uguaglianza – Previsione di un trattamento deteriore per le società in house rispetto a quello applicabile agli enti locali che hanno mantenuto una gestione interna dei servizi, che penalizza ingiustificatamente tale scelta organizzativa, anche quando essa rappresenti la scelta più razionale ed efficiente – Lesione del principio di buon andamento – Disparità di trattamento tra soggetti parimenti preordinati all’attuazione dell’interesse pubblico, senza una giustificazione razionale e coerente con i principi dell’ordinamento – Violazione del principio di ragionevolezza.
Norme impugnate:
decreto-legge del 12/09/2014 Num. 133 Art. 22
legge del 11/11/2014 Num. 164 Art. 1 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Udienza Pubblica del 24 febbraio 2026 rel. SCIARRONE ALIBRANDI
Testo dell'ordinanza
N. 118 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 2025
Ordinanza del 26 maggio 2025 del Consiglio di Stato sul ricorso
proposto da Soelia spa contro Gestore dei servizi energetici - G.S.E.
spa e Ministero delle imprese e del made in Italy.
Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Interventi sulle
tariffe incentivanti per l'elettricita' prodotta da tali impianti -
Deroga alle disposizioni di rimodulazione delle tariffe in senso
peggiorativo, di cui ai commi da 3 a 6 dell'art. 26 del
decreto-legge n. 91 del 2014, come convertito, prevista a favore
degli impianti i cui soggetti responsabili erano, all'entrata in
vigore della legge di conversione, enti locali o scuole - Mancata
previsione che tale deroga si applica, alle medesime condizioni,
anche agli impianti i cui soggetti responsabili sono societa' in
house costituite da enti locali.
- Legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 22-bis (recte: decreto-legge
12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei
cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle
attivita' produttive), convertito, con modificazioni, nella legge
11 novembre 2014, n. 164, art. 22-bis).
(GU n. 26 del 25-06-2025)
IL CONSIGLIO DI STATO
in sede giurisdizionale (Sezione seconda)
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 3716 del 2023, proposto da Soelia S.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall'avvocato Cesare Mainardis, con domicilio digitale come da Pec da
registri di giustizia;
Contro Gestore dei servizi energetici - G.S.E. S.p.a., Ministero
delle imprese e del made in Italy, non costituiti in giudizio;
Per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio, sezione terza, n. 13186 del 17 ottobre 2022,
resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87,
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° aprile 2025 il
consigliere Luca Emanuele Ricci;
Fatto
1. L'appellante Soelia e' una societa' in house integralmente
partecipata dal Comune di Argenta, che gestisce per conto dell'ente
controllante una serie di servizi pubblici locali.
1.1. In data 18 dicembre 2012, essa ha stipulato con il Gestore
dei servizi energetici (G.S.E.), ai sensi dell'art. 7 del decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e del decreto ministeriale 5
maggio 2011, una convenzione pluriennale per il riconoscimento della
tariffa incentivante per l'energia elettrica prodotta da conversione
fotovoltaica presso l'impianto denominato «fotovoltaico993
_soelia_argenta», di potenza nominale pari a 993,60 kW.
2. Con ricorso proposto al Tribunale amministrativo regionale
Lazio e affidato ad undici motivi, la societa' ha domandato
l'annullamento di una serie di provvedimenti (decreti del Ministero
dello sviluppo economico e note operative del G.S.E.) attuativi del
sopravvenuto art. 26 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91
(convertito in legge 11 agosto 2014, n. 116).
2.1. La citata disposizione di legge, infatti, ha modificato le
modalita' di liquidazione degli incentivi sull'energia elettrica
prodotta da impianti solari fotovoltaici (comma 2) e, con riferimento
agli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW - qual e' quello
della societa' appellante - ha rimodulato in senso peggiorativo la
tariffa incentivante gia' riconosciuta (comma 3), salva l'opzione per
una riduzione dell'incentivo in atto (comma 7).
3. Nel corso del giudizio di primo grado, il Tribunale
amministrativo regionale Lazio ha rimesso alla Corte di giustizia
dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del T.F.U.E., una
questione pregiudiziale inerente alla compatibilita' della citata
normativa nazionale con il diritto eurounitario (sezione III,
ordinanza 7 febbraio 2020, n. 1662), sospendendo il giudizio fino
alla sua definizione.
4. Con ordinanza del 1° marzo 2022, C-608/20, C-611/20, C-595/19,
C-512/19, C-306/19, la Corte di giustizia ha ritenuto che il diritto
europeo non osti ad una normativa nazionale che prevede la riduzione
o il rinvio del pagamento degli incentivi per l'energia prodotta
dagli impianti solari fotovoltaici, incentivi in precedenza concessi
mediante decisioni amministrative e confermati da apposite
convenzioni concluse tra gli operatori di tali impianti e una
societa' pubblica, qualora tale normativa riguardi gli incentivi gia'
previsti, ma non ancora dovuti.
5. Preso atto di tale pronuncia, con memoria del 2 settembre
2022, la societa' ricorrente ha espressamente rinunciato a tutti i
motivi proposti, ad eccezione di quello - articolato al punto n. 3.7
dell'originario ricorso - volto a dedurre l'illegittimita' dei
provvedimenti impugnati, in via derivata «dall'illegittimita'
dell'art 22-bis della legge n. 164/2014 nella parte in cui non
accomuna la ricorrente Soelia S.p.a. nella disciplina riservata ad
"enti locali" e "scuole"».
6. Con sentenza della sezione III, n. 13186 del 17 ottobre 2022,
il Tribunale amministrativo regionale Lazio ha respinto il ricorso,
rilevando l'infondatezza del motivo non rinunciato.
7. La societa' ha proposto appello avverso la predetta sentenza.
7.1. Con un unico motivo di appello («Violazione dell'art. 3
della Costituzione, dell'art. 14 delle Preleggi al codice civile,
dell'art. 22-bis della legge n. 164/2014 come interpretato dalla
Corte costituzionale (sentenza n. 16/2017). Erroneita' ed ingiustizia
della sentenza impugnata. Conseguente fondatezza del motivo n. 3.7.
del Ricorso originario»), la societa' ripropone la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge n. 164/2014,
nella parte in cui esclude dalla deroga ivi prevista a favore di
«enti locali» e «scuole», le societa' in house costituite da detti
enti.
8. Non si sono costituite le amministrazioni intimate.
9. L'appellante ha depositato memorie in data 27 febbraio e 11
marzo 2025.
10. Il giudizio e' stato trattenuto in decisione all'udienza
pubblica del 1° aprile 2025.
Diritto
1. In base all'art. 22-bis della legge 11 novembre 2014, n. 164
(di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133), «le
disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 dell'art. 26 del decreto-legge
24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11
agosto 2014, n. 116, non si applicano agli impianti i cui soggetti
responsabili erano, alla data di entrata in vigore della predetta
legge di conversione, enti locali o scuole».
1.1. La disposizione reca una deroga al regime di rimodulazione
degli incentivi per l'energia prodotta dagli impianti solari
fotovoltaici, introdotto dall'art. 26 del decreto-legge n. 91/2014, a
beneficio esclusivo di ben determinate categorie di soggetti, ovvero
«enti locali» o «scuole».
2. Secondo la societa' appellante, l'art. 22-bis citato,
nell'escludere dal proprio campo applicativo le societa' in house
costituite da enti locali (categoria soggettiva cui essa stessa -
interamente partecipata dal Comune di Argenta e deputata allo
svolgimento di servizi pubblici locali, cfr. la visura prodotta sub
doc. 3 - e' riconducibile), violerebbe l'art. 3 della Costituzione,
dando origine ad una ingiustificata differenziazione di disciplina
tra situazioni giuridiche omogenee.
2.2. Infatti, mentre gli enti locali che abbiano avviato progetti
di risparmio energetico possono continuare a beneficiare degli
incentivi gia' riconosciuti, a condizioni invariate fino alla loro
naturale scadenza, le societa' in house costituite dai primi
subiscono gli effetti della rimodulazione delle tariffe incentivanti,
disposta dall'art. 26, commi 3 e 6, del decreto-legge n. 91/2014
(convertito in legge n. 116/2014).
2.3. Ritiene l'appellante che tale differenziazione non possa
trovare giustificazione nella natura privatistica delle societa' in
house. Queste, infatti, oltre a costituire una mera articolazione
interna dell'ente locale, da cui si distinguono solo formalmente,
partecipano del medesimo interesse pubblico facente capo a tale ente,
che costituisce la ratio della disciplina derogatoria, come
ricostruita da Corte costituzionale, 24 gennaio 2017, n. 16.
2.4. L'appellante chiede, pertanto - ove non sia possibile
operare un'interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata
della disposizione, nel senso di includere tra gli «enti locali»
anche le societa' in house costituite da detti enti - di sollevare
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge
11 novembre 2014, n. 164.
3. Preliminarmente, il Collegio ritiene non praticabile
l'interpretazione estensiva sopra prospettata.
3.1. Non vi e' dubbio, infatti, che le societa' in house siano
entita' formalmente distinte dagli enti locali che le costituiscono,
essendo dotate di autonoma soggettivita' giuridica e costituite in
forma societaria. Esse, dunque, non ricadono all'interno della
dizione «enti locali», nemmeno nella sua piu' lata estensione
semantica.
3.2. Neppure e' praticabile il ricorso all'analogia, trattandosi
di disposizione che reca un'espressa eccezione a quanto statuito da
altro, coevo, intervento legislativo ed e' quindi insuscettibile di
applicazione «oltre i casi e i tempi in ess[a] considerati» (art. 14
delle disposizioni sulla legge in generale).
4. Cio' premesso, il Collegio ritiene rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 22-bis della legge 11 novembre 2014, n. 164, prospettata
dall'appellante, per le ragioni di seguito esposte.
I. Sulla rilevanza.
5. Sussiste, ad avviso del Collegio, il requisito della
rilevanza, non potendo il giudizio essere definito «indipendentemente
dalla risoluzione della questione di legittimita'» (art. 23, comma 2,
legge n. 87/1953) dell'art. 22-bis della legge n. 164/2014. Infatti:
a) la disposizione e' invocata - previa sua interpretazione
estensiva o rimessione dell'incidente di costituzionalita' - quale
parametro normativo dello scrutinio di legittimita' dei provvedimenti
impugnati (par. 3.7 del ricorso di primo grado), richiesto dalla
societa' appellante;
b) la societa' rientra tra i soggetti destinatari della
rimodulazione degli incentivi di cui all'art. 26, comma 3, del
decreto-legge n. 91/2014 (conv. in legge n. 116/2014), essendo
responsabile di un impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a
993,60 kW, al quale e' stata riconosciuta la tariffa incentivante
(cfr. la convenzione con il G.S.E., depositata sub doc. 5 del
giudizio di primo grado);
c) ove, pertanto, si applicasse l'art. 22-bis della legge n.
164/2014, la societa' continuerebbe a beneficiare delle piu'
favorevole disciplina degli incentivi, senza subire la rimodulazione
introdotta dal decreto-legge n. 91/2014.
II. Sulla non manifesta infondatezza.
6. Il Tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge n.
164/2014, rispetto agli articoli 3 e 97 della Costituzione.
7. La violazione dell'art. 3 della Costituzione emerge, in primo
luogo, sotto il profilo della disparita' di trattamento tra enti
locali e societa' in house da questi costituite, solo i primi essendo
esentati dalla rimodulazione «in peius» delle tariffe incentivanti
per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici.
7.1. E' opportuno premettere che, con la sentenza del 24 gennaio
2017, n. 16, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le
questioni di costituzionalita' sollevate in relazione alle
disposizioni (art. 26, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 91 del 2014)
che hanno previsto la suddetta rimodulazione.
7.2. In quell'occasione, la Corte ha ritenuto che l'intervento
legislativo fosse giustificato dalla necessita' di garantire la
sostenibilita' delle politiche di supporto alle energie rinnovabili,
in un contesto in cui l'incrementata remunerativita' degli
investimenti sul fotovoltaico e l'elevato impatto economico, specie
sugli utenti finali, degli incentivi imponevano un riequilibrio del
sistema. Sulla base di tali rilievi, la Corte ha escluso ogni
violazione dei principi di ragionevolezza e di legittimo affidamento,
ritenendo altresi' non configurabile una disparita' di trattamento
tra operatori economici privati e i soggetti («enti locali» e
«scuole») esentati dalla rimodulazione in forza della norma di cui si
discute, «stante l'evidente non omogeneita' delle categorie di
soggetti cosi' comparate, e le ragioni di rispondenza a pubblico
interesse della deroga in favore di enti e scuole».
7.3. Ponendo, invece, a confronto enti locali e societa' in house
da essi costituite non pare sussistere l'elemento di disomogeneita'
evocato dalla Corte. Al contrario, puo' rinvenirsi tra le due
categorie una evidente contiguita' istituzionale e funzionale, oltre
ad una sostanziale corrispondenza degli interessi perseguiti.
Infatti:
a) le societa' in house - secondo la definizione legislativa
oggi recata dall'art. 2, comma 1, lettera o), del decreto legislativo
19 agosto 2016, n. 175 - sono le societa' «sulle quali
un'amministrazione esercita il controllo analogo o piu'
amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle
quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di
cui all'art. 16, comma 1, e che soddisfano il requisito
dell'attivita' prevalente di cui all'art. 16, comma 3»;
b) esse si contraddistinguono, dunque, per essere sottoposte
ad un controllo dell'amministrazione «analogo a quello esercitato sui
propri servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli
obiettivi strategici che sulle decisioni significative della societa'
controllata» (art. 2, comma 1, lettera c), del decreto legislativo
cit.), per essere interamente partecipate dagli enti che le
costituiscono (salva l'ipotesi, del tutto marginale, di
partecipazione «prescritta da norme di legge e che avvenga in forme
che non comportino controllo o potere di veto, ne' l'esercizio di
un'influenza determinante sulla societa' controllata«, art. 16, comma
1, decreto legislativo cit.), nonche' per il fatto di generare «oltre
l'ottanta per cento del loro fatturato ... nello svolgimento dei
compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici
soci» (art. 16, comma 3, decreto legislativo cit.).
c) a fronte di tali caratteristiche - elaborate a partire
dalla nota sentenza della Corte di giustizia «Teckal» del 18 novembre
1999 (in causa C-107/98), la consolidata giurisprudenza
amministrativa ritiene che la societa' in house, benche' dotata di
autonoma personalita' giuridica, presenti «connotazioni tali da
giustificare la sua equiparazione ad un "ufficio interno" dell'ente
pubblico che l'ha costituita, una sorta di longa manus; non sussiste
tra l'ente e la societa' un rapporto di alterita' sostanziale, ma
solo formale» (Cons. Stato, sezione I, parere 21 marzo 2019, n. 883;
in termini anche sezione III, 25 febbraio 2020, n. 1385; sezione VI,
26 maggio 2015, n. 2660);
d) anche secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione
- a partire dalla nota Cassazione civ., sezione un. , 25 novembre
2013, n. 26283 - tale modello organizzativo «non pare [...] in grado
di collocarsi come un'entita' posta al di fuori dell'ente pubblico,
il quale ne dispone come di una propria articolazione interna. E'
stato osservato, infatti, che essa non e' altro che una longa manus
della pubblica amministrazione, al punto che l'affidamento pubblico
mediante in house contract neppure consente veramente di configurare
un rapporto contrattuale intersoggettivo (Corte costituzionale n.
46/13, cit.); di talche' "l'ente in house non puo' ritenersi terzo
rispetto all'amministrazione controllante ma deve considerarsi come
uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa" (cosi' Consiglio
di Stato, Ad. plen., n. 1/08, cit.). Il velo che normalmente nasconde
il socio dietro la societa' e' dunque squarciato: la distinzione tra
socio (pubblico) e societa' (in house) non si realizza piu' in
termini di alterita' soggettiva. L'uso del vocabolo societa' qui
serve solo allora a significare che, ove manchino piu' specifiche
disposizioni di segno contrario, il paradigma organizzativo va
desunto dal modello societario; ma di una societa' di capitali,
intesa come persona giuridica autonoma cui corrisponda un autonomo
centro decisionale e di cui sia possibile individuare un interesse
suo proprio, non e' piu' possibile parlare».
7.4. Per tali ragioni, l'assimilazione di disciplina tra societa'
in house e amministrazioni pubbliche - prescindendo, in questa sede,
dalle questioni relative alla possibilita' di ricevere affidamenti
diretti senza gara - e' gia' riconosciuta in molteplici e rilevanti
ambiti disciplinari, quali:
a) l'attribuzione alla giurisdizione contabile delle domande
di risarcimento del danno al patrimonio sociale, trattandosi di danno
erariale (cfr. Cassazione civile, sezione un., 1° ottobre 2021, n.
26738) «la configurabilita' di una societa' a partecipazione pubblica
come societa' in house, giustificandone l'assimilazione ad
un'articolazione organizzativa interna dell'ente pubblico titolare
della partecipazione sociale, cui e' immanente il rapporto di
servizio tra quest'ultimo e gli amministratori o i dipendenti della
societa', comporta il superamento della distinzione tra le rispettive
sfere giuridiche e patrimoniali, consentendo di qualificare come
danno erariale, cioe' come pregiudizio arrecato direttamente al socio
pubblico, quello subito dal patrimonio della societa' per effetto
della mala gestio degli amministratori o dei dipendenti»);
b) le modalita' di reclutamento del personale, che secondo
l'art. 19 del decreto legislativo n. 175/2016 (e gia' prima, per
effetto dell'art. 18 del decreto-legge n. 112/2008, conv. in legge n.
133/2008) deve avvenire «nel rispetto dei principi, anche di
derivazione europea, di trasparenza, pubblicita' e imparzialita' e
dei principi di cui all'art. 35, comma 3, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165» (comma 2), a pena di nullita' dei contratti
stipulati (comma 4). Pur non trattandosi di vere e proprie procedure
pubblicistiche, l'introduzione di vincoli al reclutamento del
personale muove dalla necessita' di «mettere un freno a situazioni di
scarsa considerazione delle risorse pubbliche», quali sono quelle
gestite dalle societa' in house (Cass. civ., sezione un. , ordinanza
3 luglio 2023, n. 18749);
c) la piena accessibilita' degli atti relativi all'attivita'
di pubblico interesse svolta dalla societa' in house, ai sensi
dell'art. 22, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n.
241/1990 (Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo,
sezione I, 4 maggio 2023, n. 1498; Tribunale amministrativo regionale
Veneto, sezione I, ordinanza 7 luglio 2022, n. 114);
d) l'applicabilita' alle societa' in house del regime di
prorogatio degli organi sociali, di cui al decreto-legge 16 maggio
1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio
1994, n. 444 (art. 15, decreto legislativo n. 175/2016);
e) la qualificazione in termini di incaricato di pubblico
servizio del legale rappresentante di una societa' in house (Cass.
pen, sezione VI, 3 luglio 2017, n. 39350) con conseguente
applicazione della disciplina penalistica propria dei reati contro la
pubblica amministrazione (ex multis, Cassazione pen, sezione VI, 13
giugno 2019, n. 38260).
7.5. Come risulta dalla sopra riportata - benche' non esaustiva -
elencazione, i principali elementi che giustificano l'assimilazione
delle societa' in house alle amministrazioni si individuano, da un
lato, nella natura delle attivita' da esse svolte, funzionalmente
orientate al perseguimento dell'interesse generale facente capo
all'ente controllante; dall'altro, nell'utilizzo e nella gestione di
risorse pubbliche, stante la sostanziale coincidenza patrimoniale tra
la societa' partecipata e l'ente pubblico (o gli enti pubblici) di
riferimento.
7.6. Entrambi questi profili, ad avviso del Collegio,
militerebbero a favore di una parificazione del trattamento di
societa' in house ed enti locali in punto di regime degli incentivi
energetici. La ratio della deroga di cui all'art. 22-bis della legge
n. 164/2014, espressamente identificata nella tutela dell'interesse
pubblico di cui sono portatori «enti locali» e «scuole», infatti, si
rinviene in egual misura anche con riferimento alle societa' in house
costituite dagli enti locali, le quali operano per conto
dell'amministrazione controllante nello svolgimento di servizi di
interesse generale.
7.7. Al contempo, poiche' la rimodulazione delle tariffe
incentivanti incide direttamente sulla remunerazione
dell'investimento effettuato, e tale investimento e' sostenuto, sia
nel caso degli enti locali sia in quello delle societa' in house
costituite dai primi, con risorse interamente pubbliche, nemmeno
sotto il profilo della salvaguardia dell'equilibrio
economico-finanziario degli enti considerati dalla norma si rinviene
alcuna ragione giustificabile per assoggettare le societa' in house a
un trattamento deteriore.
8. L'art. 22-bis della legge n. 164/2014 appare, altresi', in
contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, sotto il
profilo della ragionevolezza intrinseca della scelta legislativa,
anche in rapporto con il principio di buon andamento
dell'amministrazione.
8.1. Il suddetto principio, infatti, impone ai soggetti pubblici
di operare secondo canoni di efficienza, economicita' e razionale
allocazione delle risorse. In tale prospettiva, la costituzione di
una societa' in house per la gestione di servizi pubblici rappresenta
per l'ente locale una legittima espressione della propria autonomia
amministrativa e organizzativa, utile al perseguimento dei predetti
obiettivi. La previsione di un trattamento deteriore - seppur nel
particolare ambito di cui trattasi - per le societa' in house,
rispetto a quello applicabile agli enti locali che abbiano mantenuto
una gestione interna dei servizi, finisce per penalizzare
ingiustificatamente (e indirettamente scoraggiare) tale scelta
organizzativa, anche quando essa rappresenti l'opzione piu' razionale
ed efficiente, in contrasto con il principio di buon andamento.
8.2. Per altro profilo, l'impossibilita' di riferire la deroga
prevista per gli enti locali alle loro societa' in house finisce per
essere ancorata ad un mero dato «formale» - la distinta soggettivita'
giuridica - che non riflette una reale diversita' di funzioni,
finalita' o interessi perseguiti. In tal modo, il legislatore tratta
diversamente soggetti parimenti preordinati all'attuazione
dell'interesse pubblico, in assenza di una giustificazione
ragionevole e coerente con i principi dell'ordinamento. Se e' vero,
come riconosciuto dalla stessa Corte nella sentenza n. 16/2017, che
la deroga trova fondamento nell'interesse pubblico facente capo ad
enti locali e scuole, non si comprende perche' tale interesse possa
essere riferito solo agli enti locali in via diretta ed immediata, e
non possa essere ugualmente riscontrato quando gli stessi enti
abbiano scelto di erogare servizi mediante una propria societa' in
house. La limitazione ai primi della deroga risulta, dunque,
intrinsecamente irragionevole.
8.3. Nella medesima pronuncia, peraltro, la Corte ha affermato
che non puo' sussistere disparita' di trattamento tra i soggetti
contemplati dall'art. 22-bis e la generalita' degli operatori, in
quanto le categorie considerate dal legislatore (enti locali e
scuole) non sarebbero omogenee agli operatori economici comuni. La
societa' in house non rientra pero' nel novero degli operatori
economici privati: essa e' un soggetto formalmente distinto ma
funzionalmente interno all'amministrazione. L'effetto dell'esclusione
dalla deroga e' dunque quello di assimilare le societa' in house a
operatori privati, in contraddizione con il quadro normativo e
giurisprudenziale che ne riconosce la natura sostanzialmente
pubblica.
9. Alla stregua dei rilievi fin qui svolti, questo Giudice
ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge 11 novembre
2014, n. 164, di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n.
133, nella parte in cui non prevede che la deroga alle disposizioni
di cui ai commi da 3 a 6 dell'art. 26 del decreto-legge 24 giugno
2014, n. 91 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto
2014, n. 116), prevista a favore degli impianti «i cui soggetti
responsabili erano, alla data di entrata in vigore della predetta
legge di conversione, enti locali o scuole», si applichi, alle
medesime condizioni, anche agli impianti i cui soggetti responsabili
siano societa' in house costituite da enti locali.
9.1. Vanno conseguentemente disposte, ai sensi dell'art. 23 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, la sospensione del presente giudizio e la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, secondo le
modalita' indicate in dispositivo.
9.2. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
pronuncia della Corte costituzionale decorrera' il termine perentorio
di sei mesi per la riassunzione del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione seconda),
non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe
proposto, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge
11 novembre 2014, n. 164 (di conversione del decreto-legge 12
settembre 2014, n. 133), nei termini e per le ragioni di cui in
motivazione.
Sospende, per l'effetto, il presente giudizio fino alla
definizione dell'incidente di costituzionalita'.
Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del
Parlamento.
Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1°
aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente;
Giovanni Sabbato, consigliere;
Cecilia Altavista, consigliere;
Francesco Guarracino, consigliere;
Luca Emanuele Ricci, consigliere, estensore.
Il Presidente: Forlenza
L'estensore: Ricci