Reg. ord. n. 11 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/02/2025 n. 7
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Cagliari del 07/10/2024
Tra: Saras spa C/ Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Sardegna
Oggetto:
Tributi – Energia – Istituzione, per l’anno 2022, di un contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese operanti nel settore energetico – Previsione che il contributo non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – Denunciata indeducibilità totale di un costo inerente e oggettivo contraria ai principi che regolano la determinazione del reddito d’impresa, perché comporta la tassazione di un reddito al lordo di parte dei fattori che hanno contribuito alla sua stessa produzione – Violazione del divieto di doppia imposizione atteso che la ricorrente nel giudizio principale ha già scontato una prima imposta, per l’anno di imposta in esame, vale a dire il contributo straordinario contro il caro bollette e una seconda legata alla mancata deduzione integrale della prima dal reddito d’impresa – Violazione del principio di capacità contributiva – Previsione di un regime di indeducibilità, in assenza di una riconoscibile giustificazione razionale, non coerente con la struttura stessa del presupposto dell’imposta vale a dire il reddito complessivo netto – Contrasto con il consolidato orientamento della Corte costituzionale secondo cui i costi sostenuti nell’esercizio dell’impresa, se inerenti, devono essere deducibili ai fini del reddito d’impresa – Elementi strutturali del contributo in questione che si pongono al di là della soglia minima di connessione razionale e di proporzionalità - Lesione del principio di ragionevolezza – Violazione della riserva di legge in materia di prestazione patrimoniale imposta.
Norme impugnate:
decreto-legge del 21/03/2022 Num. 21 Art. 37 Co. 7 convertito con modificazioni in
legge del 20/05/2022 Num. 51 modificato dal
decreto-legge del 17/05/2022 Num. 50 convertito con modificazioni in
legge del 15/07/2022 Num. 91 successivamente modificato dall'
legge del 29/12/2022 Num. 197
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 23 Co.
Costituzione Art. 53 Co.
Udienza Pubblica del 7 ottobre 2025
rel. ANTONINI
Testo dell'ordinanza
N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 07 ottobre 2025
Ordinanza del 7 ottobre 2024 della Corte di giustizia tributaria di
primo grado di Cagliari sul ricorso proposto da Saras S.p.a. contro
Agenzia delle entrate - Direzione regionale Sardegna.
Tributi - Energia - Istituzione, per l'anno 2022, di un contributo
straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese
operanti nel settore energetico - Previsione che il contributo non
e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive.
- Decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per contrastare
gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito,
con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, art. 37,
comma 7, modificato dal decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure
urgenti in materia di politiche energetiche nazionali,
produttivita' delle imprese e attrazione degli investimenti,
nonche' in materia di politiche sociali e di crisi ucraina),
convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91,
e, successivamente, dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio
di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio
pluriennale per il triennio 2023-2025).
(GU n. 7 del 12-02-2025)
LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA
DI PRIMO GRADO DI CAGLIARI
Sezione 1
riunita in udienza il 27 settembre 2024 alle ore 9,30 con la
seguente composizione collegiale:
Zaniboni Massimo, Presidente;
Rescigno Marcello, relatore;
Vagnoni Domenico, giudice;
in data 27 settembre 2024 ha pronunciato la seguente:
Ordinanza
sul ricorso n. 276/2024 depositato il 15 marzo 2024
proposto da:
Saras S.p.a. - 00136440922
difeso da:
Matteo Fanni - FNNMTT76E09B354K;
Andrea Silvestri - FNNMTT76E09B354K;
rappresentato da:
Franco Balsamo - BLSFNC60R08B157L;
rappresentante difeso da:
Matteo Fanni - FNNMTT76E09B354K
ed elettivamente domiciliato presso mfanni.legance@namirialpec.it
contro: Agenzia entrate direzione regionale Sardegna - via
Bacaredda 27 - 09100 Cagliari (CA);
elettivamente domiciliato presso:
dr.sardegna.gtpec@pce.agenziaentrate.it
avente ad oggetto l'impugnazione di: Diniego rimborso n. 23545
2023 Extraprofitti 2022
a seguito di discussione in pubblica udienza.
Elementi in fatto e diritto
1. Premessa
L'art. 37 (l'«art. 37») del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21,
convertito con legge 20 maggio 2022, n. 51 (il «decreto
Ucraina-bis»), modificato ad opera del decreto-legge 17 maggio 2022,
n. 50, e dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha introdotto un
contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario correlato
all'eventuale «delta» positivo derivante dal raffronto tra
l'ammontare netto delle operazioni attive e passive IVA realizzate in
due specifici archi temporali.
In particolare, la base imponibile del contributo solidaristico
straordinario e' costituita dall'incremento del saldo tra le
operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1°
ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1°
ottobre 2020 al 30 aprile 2021. Il contributo si applica nella misura
del 25% nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore a euro
5.000.000. Il contributo non e' dovuto se l'incremento e' inferiore
al 10%.
Ai fini del calcolo del saldo, si assume il totale delle
operazioni attive, al netto dell'IVA, e il totale delle operazioni
passive, al netto dell'IVA, indicato nelle comunicazioni dei dati
delle liquidazioni periodiche IVA, presentate, ai sensi dell'art.
21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per i periodi
sopra indicati.
In base al comma 7, del citato art. 37, tale contributo non e'
deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale
sulle attivita' produttive.
La ricorrente Saras S.p.a. (Societa' anonima raffinerie sarde) -
che rientrava nella platea dei soggetti tenuti al versamento del
contributo, ai sensi del comma 1, dell'art. 37 - nelle date 30 giugno
2022 - 29 luglio 2022 - 31 agosto 2022 e, infine, 30 novembre 2022,
pur ritenendo del tutto illegittimo l'evento impositivo delineato
dall'art. 37, per ragioni meramente prudenziali ha provveduto
all'autoliquidazione ed al versamento del contributo per un importo
complessivamente pari ad euro 76.995.188 (doc. 4 degli allegati al
ricorso), la societa' opera in qualita' di consolidante per l'anno
2022, alla determinazione consolidata dell'IRES ai sensi degli
articoli 117 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica
n. 917/1986.
2. L'istanza di rimborso
Ritenendo che l'art. 37 cit. (versione vigente ratione temporis)
fosse illegittimo perche' contrario a diverse disposizioni della
Costituzione, la societa' presentava in data 8 novembre 2023 istanza
di rimborso (doc. 3 degli allegati al ricorso) richiedendo: (i) la
restituzione della somma di euro 76.995.188 (oltre interessi maturati
e maturandi) assumendo che il contributo violi gli articoli 3, 23,
41, 42, 53 e 117 della Costituzione ovvero, in subordine, (ii) il
riconoscimento della deducibilita' degli importi versati a titolo di
contributo dalla base imponibile IRES ed il conseguente rimborso
della maggiore IRES per euro 18.478.845 versata per effetto della
prevista indeducibilita' del contributo ai fini della determinazione
dell'imposta, anche in questo caso oltre interessi maturati e
maturandi.
3. Il Diniego
In data 19 dicembre 2023, l'Agenzia delle entrate - Direzione
regionale delle Sardegna notificava alla societa' il Diniego di
rimborso (doc. 1 degli allegati al ricorso).
Giova sottolineare che l'agenzia non ha contestato la
determinazione quantitativa del contributo versato e nemmeno il
quantum indicato dalla societa' quale maggiore IRES versata per
effetto della prevista indeducibilita' del contributo ai fini della
determinazione dell'imposta.
4. Il ricorso e le eccezioni di illegittimita' costituzionale
Con ricorso regolarmente e tempestivamente notificato la Saras ha
adito questa Corte di giustizia tributaria chiedendo:
a) l'annullamento del provvedimento di diniego prot. n.
23545/2023;
b) ovvero, in subordine, di riconoscere la deducibilita' del
contributo dalla base imponibile IRES sollevando le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 37 del decreto Ucraina-bis
ritenute necessarie o opportune.
La ricorrente eccepisce, innanzitutto, l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 37, comma 1, decreto-legge n. 21/2022, che
istituisce il contributo, per i seguenti motivi.
4.1 - Violazione degli articoli 3, 23 e 53 della Costituzione
sotto il profilo della «coerenza interna» della platea di soggetti
passivi del contributo.
Sotto un profilo di coerenza interna, il settore economico
interessato dal contributo si caratterizza per la presenza di
soggetti che operano in diverse posizioni e con diverse funzioni
nella catena di produzione o commercializzazione dei prodotti
energetici che, anche solo per tale ragione, possono o non possono
aver realmente beneficiato del prezzo dei prodotti energetici. Se la
norma intende colpire l'extraprofitto legato ad un incremento
congiunturale del prezzo di vendita dei prodotti energetici, dello
stesso avranno beneficiato gli operatori che estraggono/sono
proprietari della materia prima (petrolio e gas naturale) o che, al
piu', avevano in essere contratti di approvvigionamento a lungo
termine ed a prezzi predefiniti. E' solo per i soggetti che si
trovino in questa posizione che si puo' pensare - sia pure in ottica
probabilistica, da verificare comunque in concreto - che un
incremento del saldo LIPE tra due periodi presi a riferimento possa
anche solo potenzialmente sottendere la realizzazione
dell'extraprofitto che la norma intende colpire.
Per tutti gli altri soggetti passivi la norma sarebbe invece gia'
prima facie irrazionale - e, quindi, violerebbe il disposto degli
articoli 3, 23 e 53 della Costituzione - perche' potrebbero trovarsi
nelle condizioni di non aver potuto beneficiare in alcun modo di tale
incremento di prezzo dei prodotti energetici.
4.2 - Il contributo sarebbe incompatibile con gli articoli 3, 23
e 53 della Costituzione perche' vi e' un'insanabile incoerenza tra il
presupposto dell'imposta (l'extraprofitto) e la base imponibile (il
delta LIPE) individuati dall'art. 37.
L'incompatibilita' del contributo con gli articoli 3, 23 e 53
della Costituzione per la manifesta incoerenza tra il presupposto che
s'intendeva colpire (l'extraprofitto generato dalla crescita
congiunturale ed inattesa del prezzo dei prodotti energetici) e gli
elementi essenziali dell'imposta sarebbe ancor piu' immediata se si
guarda alla determinazione della «base imponibile» del contributo
(incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni
passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022,
rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021).
La giurisprudenza della Corte costituzionale pretende che l'ampia
discrezionalita' attribuita al Legislatore in materia sia utilizzata
in modo razionale e che, identificato l'indice di capacita'
contributiva che s'intende colpire (ovverosia il «presupposto» del
tributo, in specie rappresentato dagli extraprofitti del settore
energetico), l'individuazione degli altri elementi essenziali
dell'imposta (soggetti passivi/base imponibile) sia coerente col
presupposto indicato. Nel caso di specie, il contributo «romperebbe»
tale regola di coerenza giacche' la base imponibile e le sue
modalita' di determinazione sono inidonei ad intercettare
l'extraprofitto legato alla crescita del prezzo dell'energia che
costituisce il dichiarato presupposto del contributo.
4.3 - Il contributo sarebbe incompatibile con il regolamento
2022/1854/UE poiche' non costituisce «misura nazionale equivalente»,
violando cosi' l'art. 117 della Costituzione.
Il regolamento UE determina la base imponibile del contributo di
solidarieta' straordinario avendo a riferimento gli utili
«determinati in base alla normativa fiscale nazionale nell'esercizio
fiscale che inizia il 10 gennaio 2022 o successivamente, che eccedono
un aumento del 20% degli utili imponibili medi, determinati secondo
la normativa tributaria nazionale, dei tre esercizi fiscali che
iniziano il 10 gennaio 2019 o successivamente» (enfasi aggiunta).
Mentre il regolamento UE individua la base imponibile in un surplus
reddituale rispetto ad un piu' ampio periodo di riferimento (la media
del triennio antecedente), ed e' quindi certamente piu' coerente con
il presupposto comune alle due normative (nazionale ed europea) di
tassazione del presunto extraprofitto realizzato dalle imprese
energetiche per effetto del repentino incremento di valore delle
materie prime, il contributo ex art. 37 (i) fa riferimento ad un
periodo di osservazione estremamente limitato che non e' idoneo a
catturare eventuali oscillazioni del profitto dell'impresa; (ii)
assume come parametro rilevante (base imponibile) la crescita del
differenziale tra operazioni attive e passive rilevanti ai fini IVA,
grandezza che sarebbe del tutto estranea ed indipendente dai concetti
di «reddito» e «profitto».
La profonda differenza che sussisterebbe tra la base imponibile
disegnata dal contributo e quella proposta dal regolamento UE non
consentirebbe di identificare il contributo quale «misura
equivalente», decretandone una evidente incompatibilita' con l'art.
117 della Costituzione.
4.4. - Il contributo sarebbe incompatibile con gli articoli 3 e
53 della Costituzione anche per quanto attiene ai «periodi di
riferimento sulla base dei quali si determina il c.d. saldo LIPE.
In base all'art. 37, il contributo viene applicato su un saldo
LIPE calcolato prendendo a riferimento un arco temporale (1° ottobre
2020 - 30 aprile 2021) che sarebbe del tutto inidoneo a
rappresentare, per confronto con il successivo (1° ottobre 2021 - 30
aprile 2022), l'ipotetico extraprofitto determinato dalla crisi
energetica. Da cio' discenderebbe che il differenziale che confluisce
nella base imponibile del contributo non sottintende in modo
matematico e meccanicistico un abnorme incremento del profitto (i.e.
un extraprofitto) a parita' di volumi di attivita' (cio' che il
legislatore intendeva tassare) ed intercetta invece un differenziale
(spesso) positivo solo perche' calcolato avendo quale termine di
paragone il menzionato periodo di forte contrazione dei consumi.
4.5. - Violazione degli articoli 3, 53, 41, 42 e 117 della
Costituzione.
Il contributo si porrebbe altresi' in violazione del principio di
ragionevolezza (e, a cascata, di capacita' contributiva) anche
perche' impone una gravosa imposizione senza raggiungere le finalita'
che la norma si prefiggeva.
I commi 8 e seguenti dell'art. 37 stabiliscono un fondamentale
divieto di traslazione dell'onere del contributo sui prezzi al
consumo. Tale divieto non e' pero' assistito da alcuna efficace
garanzia. Il legislatore ha previsto un semplice «obbligo di
comunicazione» a carico dei soggetti passivi nei confronti
dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, senza
preoccuparsi di «tipizzare» le conseguenze derivanti dalla violazione
di tale obbligo. Tale macroscopica lacuna vanificherebbe la finalita'
stessa del contributo, che e' stato introdotto «al fine di contenere
per le imprese e i consumatori gli effetti dell'aumento dei prezzi e
delle tariffe del settore energetico, [...] a titolo di prelievo
solidaristico straordinario [...]». In assenza di un meccanismo che
consenta di intercettare e sanzionare il ribaltamento dell'onere sul
consumatore del prodotto energetico, infatti, si determinerebbe una
compressione della proprieta' privata (art. 41 della Costituzione) ed
una lesione della capacita' contributiva (art. 53 della Costituzione)
che non consentirebbero di perseguire efficacemente l'obiettivo posto
dallo stesso legislatore si rivelano ingiustificate in un'ottica di
proporzionalita' e ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) del
contributo.
4.6 - Il contributo violerebbe anche il combinato disposto degli
articoli 3, 53, 41 e 42 della Costituzione - che tutelano,
rispettivamente, la ragionevolezza, la capacita' contributiva e la
proprieta' privata (riferita, in questo caso, al reddito che il
mercato attribuisce all'operatore economico) - nella misura in cui il
contributo puo' determinare una sostanziale «espropriazione» del
reddito prodotto. Con specifico riferimento all'art. 42 della
Costituzione, un livello di imposizione potenzialmente tale da
superare la ricchezza prodotta dal contribuente condurrebbe
inevitabilmente ad un'ablazione parziale del patrimonio (Corte
Costituzionale, sentenza n. 348/2007). Tanto piu' che l'art. 53 della
Costituzione dovrebbe limitare l'imposta alla capacita' contributiva
manifestata dal soggetto passivo in un dato arco temporale,
escludendosi la legittimita' di prelievi tali da azzerare (o erodere
in misura significativa) il reddito che il mercato ha attribuito ad
un determinato operatore economico. Se un sacrificio imposto in nome
dell'interesse pubblico e' di per se' legittimo, questo non puo'
giungere sino alla sostanziale espropriazione del reddito prodotto,
determinandosi altrimenti una violazione non solo del citato art. 42
della Costituzione ma anche dello stesso art. 53 della Costituzione
che vede la capacita' contributiva quale limite all'imposizione
prevedendo che l'interesse fiscale sia bilanciato con tutti gli altri
valori costituzionalmente tutelati (ivi inclusa, quindi, la
proprieta'). L'effetto espropriativo sarebbe ancor piu' evidente
considerando l'indeducibilita' IRES.
4.7 - Quanto appena evidenziato determinerebbe anche una
violazione del combinato disposto degli articoli 117 della
Costituzione e 1 del primo protocollo della Corte europea dei diritti
dell'uomo. Per costante e consolidata giurisprudenza della Corte
europea una restrizione della tutela proprietaria, quand'anche basata
su ragioni fiscali, deve rispettare i seguenti canoni: a) essere
legittima, ovverosia non solo prevista da una norma di legge bensi'
anche compatibile con lo stato di diritto e non arbitraria (CEDU,
N.K.M. vs. Hungary, 30 14 maggio 2013) e b) rispondere ad un «giusto
equilibrio» tra le esigenze pubbliche e quelle di tutela dei diritti
fondamentali dell'individuo, con un chiaro limite proprio nel divieto
di introdurre «imposte confiscatorie». Seguendo questa linea
argomentativa, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accertato
una violazione dell'art. 1 del protocollo a carico del legislatore
ungherese che aveva introdotto un'imposta retroattiva di ingente
ammontare a valere sulle somme corrisposte ai lavoratori del pubblico
impiego in occasione della fine rapporto. La sentenza ha concluso che
«un'ingerenza nel diritto al pacifico godimento dei beni, anche se
avvenuta alle condizioni previste dalla legge, che implica l'assenza
di arbitrarieta' e nell'interesse pubblico, deve sempre trovare un
giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della
collettivita' e le esigenze della tutela dei diritti fondamentali
della persona. In particolare, deve sussistere un ragionevole
rapporto di proporzionalita' tra mezzi impiegati e la finalita'
perseguita dal provvedimento impugnato». Alla luce di tali premesse,
la Corte ha concluso per l'incompatibilita' dell'imposta ungherese
con la disposizione dell'art. 1 del primo protocollo convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali perche': a) riguardava solo un determinato gruppo di
soggetti; b) comportava un onere eccessivo e individuale da parte del
ricorrente; c) era da considerarsi «retroattiva», nell'accezione
intesa dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo.
Ebbene, secondo la ricorrente sarebbe evidente che le suindicate
caratteristiche ricorrono anche con riferimento al contributo ex art.
37 poiche': i) e' una imposta e' chiaramente selettiva, perche'
colpisce un solo settore economico (quello energetico) tra i diversi
che potrebbero aver realizzato - nel periodo in considerazione -
extraprofitti legati alla situazione congiunturale determinata dalla
pandemia e dalla successiva invasione dell'Ucraina; ii) per effetto
dell'irragionevole composizione della base imponibile, il contributo
non solo non raggiunge gli extraprofitti del settore energetico, ma
puo' determinare un'imposizione addirittura maggiore dell'utile di
periodo; iii) e' retroattivo perche' colpisce un potenziale
incremento dei consumi (non del reddito) che si e' gia' verificato al
momento dell'emanazione della norma.
5. - In subordine la ricorrente eccepisce l'incompatibilita' del
comma 7, dell'art. 37, con gli articoli 3 e 53 della Costituzione.
Il comma 7, dell'art. 37, stabilisce che «il contributo non e'
deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale
sulle attivita' produttive».
Per effetto di tale indeducibilita', oltre al contributo versato,
la Saras, in qualita' di consolidante, ha versato anche una maggiore
IRES di euro 18.478.845 per l'anno di imposta 2022 a valere
sull'ammontare del (maggior) reddito trasferito dalla societa' al
consolidato (doc. 10 CNM Saras anno d'imposta 2022).
Osserva la ricorrente che la Corte costituzionale ha gia' avuto
modo di pronunciarsi proprio sulle condizioni che determinano la
legittimita' o meno di una limitazione alla deducibilita' di
un'imposta dalla base imponibile IRES. In particolare, la recente
sentenza n. 262 del 4 dicembre 2020 ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'indeducibilita' integrale dell'IMU dalla base
imponibile IRES prevista dall'art. 14, comma 1, del decreto
legislativo n. 23/2011, nel testo antecedente alle modifiche
apportate dall'art. 1, comma 715, della legge n. 147/2013, ritenendo
che il legislatore ha espressamente individuato il presupposto
dell'IRES nel possesso di un «reddito complessivo netto» (art. 75,
comma 1, TUIR) e che «da tale principio il legislatore non puo'
arbitrariamente prescindere»; detto principio «si riflette anche sui
costi fiscali», in relazione ai quali «l'art. 99, comma 1 del TUIR
(rubricato "Oneri fiscali e contributivi") sancisce, in via generale,
il principio della deducibilita' delle imposte dal reddito,
stabilendo che le imposte sui redditi e quelle per le quali e'
prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in
deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui
avviene il pagamento»; - la deducibilita' delle «altre imposte» non
e' liberamente derogabile dal legislatore «quando vengano in
considerazione fattispecie, come quella in esame, relative ad un
tributo (non commisurato al reddito ne' oggetto di rivalsa)
direttamente e pienamente inerente alla produzione del reddito. Un
tributo cosi' caratterizzato costituisce, infatti, un costo fiscale
inerente di cui non si puo' precludere, senza compromettere la
coerenza del disegno impositivo, la deducibilita' una volta che il
legislatore abbia, nella propria discrezionalita', stabilito per il
reddito d'impresa il criterio di tassazione al netto».
Secondo la ricorrente tali principi sarebbero applicabili anche
al contributo in esame, il quale: (i) non costituisce una «imposta
sul reddito» in quanto colpisce l'eventuale incremento positivo del
saldo LIPE relativo a due archi temporali limitati (i.e. 1° ottobre
2020 - 30 aprile 2021 vs. 1° ottobre 2021-30 aprile 2022); (ii) non
prevede un diritto di rivalsa e, anzi, lo esclude espressamente ai
sensi dei commi 8 e 9 dell'art. 37.
Ed allora, la disposizione del comma 7, dell'art. 37, che prevede
l'indeducibilita' ai fini della determinazione della base imponibile
IRES, sarebbe in contrasto con l'art. 53 della Costituzione sotto il
profilo della effettiva capacita' contributiva, posto che, per
effetto della censurata disposizione «la base imponibile dell'IRES
viene a comporsi di una ricchezza soltanto virtuale, che corrisponde
alla mancata totale deduzione di un costo certo e inerente, quale e'
quello del [...]» contributo.
Con memoria depositata in vista dell'udienza del 27 settembre
2024 la ricorrente:
ha dedotto che, per effetto della sentenza della Corte
costituzionale n. 111/2024, dovrebbe essere dichiarata
l'illegittimita' del diniego di rimborso per quanto attiene la quota
di contributo riferibile alla componente «accise», con conseguente
richiesta di condanna al rimborso del contributo eccedente
quantificato in euro 51.866.905,73;
ha dedotto la fondatezza del ricorso previa disapplicazione
diretta dell'art. 37 del decreto-legge 21/2022 per contrasto con il
regolamento 2022/1854/UE, istitutivo di un contributo di solidarieta'
temporaneo di matrice europea;
ha insistito sulla questione di costituzionalita' riferita al
comma 7, dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione degli
articoli 3, 23 e 53 della Costituzione.
L'Agenzia delle entrate Direzione regionale della Sardegna si e'
regolarmente costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso
stante anche la manifesta infondatezza delle questioni di
legittimita' sollevate.
Norma oggetto dello scrutinio di costituzionalita'
Il Collegio ritiene che la questione di costituzionalita'
dell'art. 37, comma 7, decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito
con legge 20 maggio 2022, n. 51, modificato ad opera del
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, e dalla legge 29 dicembre 2022,
n. 197, che prevede la indeducibilita' del contributo di cui al
precedente comma 1, ai fini IRES, con gli articoli 3, 23 e 53 della
Costituzione sia rilevante e non manifestamente infondata.
A) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'
Si ritiene la questione di costituzionalita' rilevante nel
presente giudizio.
Tale rilevanza scaturisce, innanzitutto, dalla qui
contestualmente ritenuta manifesta infondatezza di tutte le questioni
di illegittimita' costituzionale sollevate dalla ricorrente rispetto
all'art. 37, comma 1, decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito
con legge 20 maggio 2022, n. 51.
Si tratta di un profilo che e', ovviamente, pregiudiziale
rispetto alla questione di legittimita' costituzionale sollevata - in
via subordinata - e guardante il solo meccanismo di indeducibilita'
ai fin IRES.
Ritiene questa Corte di giustizia tributaria che le predette
questioni siano manifestamente infondate alla luce delle
considerazioni espresse dalla Corte costituzionale nella recente
sentenza n. 111/2024, che ha dichiarato non fondate le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, del decreto-legge n. 21 del
2022, come convertito, modificato dall'art. 55 del decreto-legge n.
50 del 2022, come convertito, e successivamente dall'art. 1, comma
120, della legge n. 197 del 2022, sollevate, in riferimento agli
articoli 3, 23, 42, 53 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in
relazione all'art. 1 del prot. addiz. CEDU.
D'altro canto, si ritiene che la Corte costituzionale, con la
citata sentenza, abbia anche ritenuto - ancorche' non pronunciandosi
del tutto espressamente in tal senso - la compatibilita' del
contributo con il regolamento UE n. 1854/2022, osservando che le
circostanze straordinarie nel cui contesto si colloca l'intervento
normativo valgono a qualificarlo «...in termini del tutto sui
generis..» e che, in linea con il citato regolamento, la situazione
di crisi era tale che, se non fosse stata «affrontata rapidamente»,
avrebbe potuto «avere gravi effetti negativi sull'inflazione, sulla
liquidita' degli operatori di mercato e sull'economia nel suo
complesso» (cosi' il gia' citato regolamento n. 1854/2022/UE).
In tal senso, con la citata sentenza n. 111/2024 la Corte
costituzionale ha ritenuto che «... in quel particolare contesto, i
dati desumibili dai saldi IVA ricavabili dalle LIPE erano gli unici
disponibili e, quindi, i soli che avrebbero potuto essere considerati
dal legislatore per intervenire tempestivamente a finanziare, con una
nuova e temporanea imposta, l'insieme di interventi urgenti, a
sostegno di famiglie e imprese, previsti dal decreto-legge n. 21 del
2022, come convertito e piu' volte modificato. Proprio per l'urgenza
di intervenire, il legislatore ha infatti previsto, all'art. 37,
comma 5, che "[i]l contributo e' liquidato e versato [...] per un
importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno
2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022",
quindi entro pochi mesi dall'entrata in vigore della norma. Per
rispettare tale tempistica non vi era, pertanto, la possibilita' di
riferirsi ai piu' adeguati dati rilevanti ai fini dell'IRES, perche'
sarebbe stato necessario, per intercettare la maggiore forza
economica dell'anno 2022 (in cui si e' verificata la prima impennata
dei prezzi), attendere che le imprese provvedessero a chiudere i
bilanci societari: l'ammontare degli utili, pertanto, avrebbe potuto
essere contabilizzato solo dopo la conclusione dell'anno di imposta
in quel momento in corso, e quindi nel 2023».
A tali considerazioni si richiama questa Corte di giustizia
tributaria e, pertanto, ritiene che non vi sia spazio per l'invocata
disapplicazione cd. diretta dell'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022
per contrasto con il regolamento 2022/1854/UE.
Infine e sempre ai fini di evidenziare la rilevanza della
questione di costituzionalita' dell'art. 37, comma 7, decreto-legge
21 marzo 2022, n. 21, convertito con legge 20 maggio 2022, n. 51 -
che presuppone l'indispensabilita' ai fini della decisione della
controversia dell'applicazione della disposizione censurata - questa
Corte di giustizia tributaria ritiene anche non accoglibile la
domanda di declaratoria di illegittimita' del diniego di rimborso per
quanto attiene la quota di contributo riferibile alla componente
«accise», con conseguente richiesta di condanna al rimborso del
contributo eccedente, trattandosi di domanda non formulata in sede di
ricorso ma solo con la memoria depositate questo art. 32 decreto
legislativo n. 546/1992.
D'altro canto, l'intervento parzialmente demolitorio sull'art.
37, decreto-legge n. 21/2022, effettuato con la sentenza della Corte
costituzionale n. 111/2024, non incide in alcun modo sulla rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale rispetto al meccanismo
di indeducibilita' ai fini IRES, in quanto tale sentenza si e'
limitata a prevedere a sancire l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 37, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure
urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi
ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022,
n. 51, come modificato dall'art. 55, del decreto-legge 17 maggio
2022, n. 50, nella parte esclude dal calcolo del saldo di cui al
comma le accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive.
Sulla base di quanto sin qui illustrato e stante la ritenuta
legittimita' costituzionale dell'art. 37 comma 1, decreto-legge n.
21/2022, anche nella sua versione dopo l'intervento di cui alla
sentenza della Corte costituzionale n. 111/2024 e la conformita' di
tale disposizione con il regolamento UE, si ritiene che residui la
sola valutazione della domanda subordinata di «riconoscere la
deducibilita' del contributo dalla base imponibile», per la cui
decisione non si puo' prescindere dal vaglio di legittimita'
costituzionale della censurata norma di cui all'art. 37, comma 7,
decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito con legge 20 maggio
2022, n. 51.
Infatti, alla stregua della sua formulazione, il ricorso andrebbe
rigettato poiche', senza alcun dubbio, tale disposizione prevede
l'indeducibilita' ai fini IRES di quanto versato a titolo di
contributo ex art. 371, comma 1, decreto-legge n. 21/2022.
All'accoglimento del ricorso osta unicamente la disposizione
censurata; in sua assenza opererebbe pacificamente, come riconosciuto
dalla stessa Agenzia resistente, la disposizione di cui all'art. 99,
comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986, che
prevede la totale deducibilita' di tutte le imposte tranne le imposte
sui redditi e quelle per le quali e' prevista la rivalsa, anche
facoltativa.
Il contributo in questione non appartiene ad alcuna di tali
categorie.
Ne' e' possibile procedere a un'interpretazione
costituzionalmente orientata, atteso l'univoco tenore letterale della
previsione normativa di riferimento, che si ritiene insuperabile ed
insuscettibile di qualunque altra interpretazione.
In particolare, la lettera della legge e' tale da non potersi
accedere ad una sua interpretazione che consenta, quanto meno in
astratto, l'accoglimento del ricorso nemmeno applicando i principi
enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 262/2020,
peraltro riferita alla indeducibilita' integrale dell'IMU, del tutto
inestensibili ai fini IRES.
La rilevanza della questione e' peraltro evidenziata dalla stessa
Agenzia delle entrate tanto nel diniego di rimborso quanto nelle
controdeduzioni, ove invoca piu' volte l'impossibilita' di procedere
al rimborso proprio in ragione del chiaro tenore letterale della
disposizione di legge rilevante.
Infatti, nelle sue controdeduzioni l'Agenzia resistente (pag. 40
e seguenti) afferma che «L'art. 99, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 917/1986 dispone che "le imposte sui
redditi e quelle per le quali e' prevista la rivalsa, anche
facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono
deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento". Tale
disposizione e' stata introdotta con una legge ordinaria e, dunque,
puo' essere derogata con una legge ordinaria successiva o speciale,
proprio come avvenuto nella fattispecie che ci occupa, tramite il
comma 7, dell'art. 37, del decreto-legge n. 21/2022».
B) Sulla non manifesta infondatezza della questione di
costituzionalita' dell'art. 37, comma 7, decreto-legge 21 marzo 2022,
n. 21, convertito con legge 20 maggio 2022, n. 51, modificato ad
opera del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, e dalla legge 29
dicembre 2022, n. 197, che prevede la indeducibilita' del contributo
di cui al precedente comma 1 ai fini IRES, con gli articoli 3, 23 e
53 della Costituzione
Deve essere considerato, innanzitutto, quanto ritenuto nella
sentenza della Corte costituzionale n. 262/2020 nella parte in cui si
precisa che il fatto che il presupposto dell'imposizione sia il
possesso del «reddito complessivo netto», optando per la
determinazione analitica del reddito «non esclude in assoluto che il
legislatore possa prevedere limiti alla deducibilita' dei costi,
anche se effettivamente sostenuti nell'ambito di un'attivita'
d'impresa; tuttavia forme di deducibilita' parziale o forfetaria si
devono giustificare in termini di proporzionalita' e ragionevolezza,
come ad esempio al fine di: a) evitare indebite deduzioni di spese di
dubbia inerenza; b) evitare ingenti costi di accertamento; c)
prevenire fenomeni di evasione o elusione».
Tanto premesso, in punto di non manifesta infondatezza, si
ritiene che il censurato art. 37, comma 7, decreto-legge n. 21/2022,
viola gli articoli 3, 23 e 53 della Costituzione.
La norma, nel prevedere la totale indeducibilita' del contributo
ex art. 37, comma 1, d.l cit. dalla base imponibile IRES, risulta, in
via non manifestamente infondata, in contrasto con l'art. 53 della
Costituzione per violazione del principio della capacita'
contributiva.
Poiche' la scelta del legislatore e' che la tassazione diretta
sulle societa' debba essere commisurata al reddito effettivo,
calcolato al netto delle spese inerenti alla sua produzione, i costi
che presentino i requisiti di inerenza, certezza e oggettiva
determinabilita' (che siano, in sintesi, «strumentali» alla
produzione del reddito) devono essere dedotti dai relativi ricavi.
Per l'effetto, la previsione di regole di indeducibilita' - a
maggior ragione se totale - e' giustificabile solo se essa e'
correlata a costi che siano caratterizzati (anche astrattamente) da
una inerenza solo parziale o che si prestino ad usi promiscui che
necessitano di una qualche forma di forfettizzazione o, ancora,
qualora vi sia un oggettivo e fondato pericolo che la deduzione di
tali costi rischi di coprire fenomeni di elusione o abuso.
Al di fuori di queste ipotesi, la indeducibilita' totale di un
costo inerente ed oggettivo risulta ingiustificatamente contraria ai
principi ed al sistema che regolano la determinazione del reddito
d'impresa, perche' comporta la tassazione di un reddito al lordo di
parte dei fattori che hanno contribuito alla sua stessa produzione,
in contrasto con il principio di capacita' contributiva.
Anche le imposte vanno considerate un costo inerente ed
oggettivo, come e' fatto palese dall'art. 99, comma 1, decreto del
Presidente della Repubblica n. 917/1986 che consente la totale
deducibilita' per tutte le imposte tranne solo quelle sui redditi e
quelle per le quali e' prevista la rivalsa.
Come si e' detto, l'art. 37, comma 1, decreto-legge n. 21/2022,
non e' un'imposta sul reddito, come riconosciuto dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 111/2024, ne' tantomeno in relazione
ad essa e' prevista alcuna forma di rivalsa.
L'art. 53 della Costituzione risulta violato, in via di non
manifesta infondatezza, anche sotto il profilo del divieto di doppia
imposizione, atteso che la Saras S.p.a., per l'anno di imposta in
esame, ha scontato una prima imposta (il contributo ex art. 37, comma
1) legata alla differenza tra i saldi delle «Comunicazioni dei dati
delle liquidazioni periodiche IVA» che riportano le operazioni
rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto quand'anche non
imponibili o esenti (le «LIPE») relativi ai due periodi di
riferimento (1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022, rispetto a quello che
va dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021) ed una seconda (l'IRES)
legata alla mancata, integrale deduzione della prima (il contributo)
dal reddito d'impresa.
E cio' si e' verificato nonostante che il versamento del
contributo rappresenti un costo indubbiamente inerente ad un fattore
produttivo, oltre che certo e determinato nel suo ammontare.
Peraltro, per costante insegnamento della stessa Corte
costituzionale, le regole di determinazione della base imponibile di
un tributo devono essere necessariamente coerenti con il presupposto
che s'intende tassare. Se e' vero che il legislatore gode di una
certa discrezionalita' nella disciplina dell'imposta, la suindicata
doverosa coerenza tra base imponibile e presupposto d'imposta e'
elemento sindacabile ad opera della Corte costituzionale per
violazione del combinato disposto degli articoli 3, 23 e 53 della
Costituzione.
A tale ultimo riguardo, si osserva che secondo la giurisprudenza
della Corte costituzionale richiamata nella sentenza n. 262/2020 «il
controllo "in ordine alla lesione dei principi di cui all'art. 53
Cost., come specificazione del fondamentale principio di uguaglianza
di cui all'art. 3 Cost., si riconduce a un "giudizio sull'uso
ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto dei suoi
poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare la
coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo presupposto
economico" (sentenza n. 116/2013; ma anche, ex plurimis, sentenze n.
10/2015, n. 223/2012, n. 111/1997, nonche', in senso analogo, gia'
sentenza n. 42/1980)».
Applicando i suddetti principi al caso in esame, risulta non
manifestamente infondato il dubbio che la mancata deduzione integrale
dalla base imponibile IRES di un costo certo ed inerente alla
produzione del reddito - qual'e' il contributo ex art. 37, comma 1,
decreto-legge n. 21/2022 - sia incompatibile col presupposto di
quella stessa imposta, che e', come gia' indicato, la tassazione del
reddito netto prodotto dall'impresa.
Quanto sopra dimostra altresi' che la disposizione contestata e',
secondo un giudizio non manifestamente infondato, in contrasto anche
gli articoli 3 e 53 della Costituzione con riferimento al principio
di ragionevolezza, poiche' il censurato regime di totale
indeducibilita', in assenza di una riconoscibile giustificazione
razionale, non e' coerente con la struttura stessa del presupposto
dell'imposta, che e', come ricordato, il «reddito complessivo netto».
Ed infatti, come chiarito dalla dottrina, «Se il reddito
imponibile e' solo parzialmente fittizio, corrispondendo in parte ad
un reddito effettivo, l'imposta e' prelevata con un'aliquota
effettiva piu' alta di quella legale. Casualmente piu' alta,
dipendendo dal rapporto esistente tra la parte dell'imponibile che
riflette il reddito effettivo e quella che riflette il reddito
fittizio».
La previsione di totale indeducibilita' del contributo ex art. 37
comma 1 ai fini IRES, importando la sottoposizione a tassazione di
una voce di costo che, per l'anno in cui si verifica il versamento,
incide sull'utile societario e, di conseguenza, sul reddito
d'impresa, si pone in contrasto con il consolidato orientamento della
Corte costituzionale secondo cui i costi sostenuti nell'esercizio
dell'impresa - se inerenti - devono essere deducibili ai fini del
reddito d'impresa (Corte costituzionale, 4 dicembre 2020, n. 262).
Ulteriori profili di non manifesta infondatezza della questione
di legittimita' costituzionale della disposizione ex art. 37, comma
7, decreto-legge n. 21/2022 per contrasto con gli articoli 3 e 53
della Costituzione e con il sottostante canone di ragionevolezza si
colgono sulla base di alcuni principi enunciati dalla richiamata
sentenza della Corte costituzionale n. 111/2024.
In essa la Corte costituzionale, esaminando la struttura ed i
meccanismi applicativi del contributo in esame, ha ritenuto che:
gli elementi della struttura dell'imposta, in un tempo
ordinario, non consentirebbero, di per se' - nemmeno in forza della
piu' moderna concezione del principio di capacita' contributiva in
precedenza ricordata, di superare il test della connessione razionale
e della proporzionalita';
solo tenendo conto del carattere del tutto sui generis del
contesto in cui e' stato calato il temporaneo intervento impositivo,
puo' «eccezionalmente» ritenersi non irragionevole lo strumento
utilizzato dal legislatore, ovvero il riferimento ai dati relativi
alla determinazione dell'imponibile dell'IVA, nonostante il loro
oggettivo grado di approssimazione nell'intercettare la maggiore
forza economica delle imprese energetiche;
tuttavia, la straordinarieta' del momento e la temporaneita'
della imposizione non possono essere ritenute un passe partout per
l'introduzione di qualsiasi forma di imposizione fiscale, poiche' la
temporaneita' dell'imposizione non costituisce un argomento
sufficiente a fornire giustificazione a un'imposta, che potrebbe
comunque risultare disarticolata dai principi costituzionali"
(sentenza n. 288 del 2019)» (ordinanza n. 165 del 2021);
in tale quadro, la Corte costituzionale e' chiamata comunque
ad assicurare, nella valutazione del bilanciamento operato dal
legislatore, quanto meno il rispetto di una soglia essenziale di non
manifesta irragionevolezza, oltre la quale lo stesso dovere
tributario finirebbe per smarrire la propria giustificazione in
termini di solidarieta', risolvendosi invece nella prospettiva della
mera soggezione al potere statale.
Ed infatti, con la sentenza della Corte costituzionale n.
262/2020 e' stato ricordato che le esigenze di gettito fiscale devono
essere perseguite «aumentando l'aliquota dell'imposta principale, non
attraverso incoerenti manovre sulla deducibilita', che si risolvono
in discriminatori sommersi e rilevanti incrementi della base
imponibile a danno solo di alcuni contribuenti».
Ebbene, una volta riconosciuto che gli elementi strutturali del
contributo in questione sono tali da porlo al di la' della soglia
minima di connessione razionale e di proporzionalita' e che la
legittimita' costituzionale di tale imposta puo' essere recuperata
soltanto considerando il «carattere del tutto sui generis del
contesto», il dubbio di violazione degli articoli 3 e 53 della
Costituzione diviene, nuovamente, non manifestamente infondato
proprio considerando il meccanismo di totale indeducibilita' del
contributo stesso ai fini IRES.
Ed infatti al gia' precario equilibrio costituzionale di
un'imposta in strutturale contrasto con i richiamati parametri
costituzionali (che trova la sua unica salvezza nella
straordinarieta' del momento), si aggiunge l'ulteriore meccanismo di
indeducibilita' ai fini IRES dell'imposta medesima, che, per le
ragioni sopra indicate, confligge con l'art. 53 della Costituzione
per violazione del principio della capacita' contributiva, che trova
espressione anche nel principio per cui i costi sostenuti
nell'esercizio dell'impresa - se inerenti - devono essere deducibili
ai fini del reddito d'impresa (Corte costituzionale, 4 dicembre 2020,
n. 262).
Sotto altro profilo, sempre la citata sentenza della Corte
costituzionale n. 111/2024 ha ritenuto che «... quando a marzo 2022
e' stata valutata la necessita' di introdurre una misura
straordinaria per finanziare interventi a favore di famiglie e
imprese, le LIPE sono state considerate l'unico strumento disponibile
e idoneo a individuare l'incremento congiunturale di ricchezza
realizzato dalle imprese del settore energetico da sottoporre a base
di un contributo di solidarieta'».
Se dunque il contributo ex art. 37, comma 1 ha, ancorche' con
approssimazione, colpito un incremento congiunturale di ricchezza,
non pare dubitabile che esso abbia colpito anche il reddito
necessariamente insito in tale «incremento di ricchezza», sicche' la
sua indeducibilita' ai fini IRES si traduce anche in evidente
meccanismo di doppia imposizione.
P.Q.M.
La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Cagliari,
Sezione 1, letti gli articoli 134 e 137 della Costituzione nonche'
art. 1, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e art. 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87:
1. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 7,
decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito con legge 20 maggio
2022, n. 51, modificato ad opera del decreto-legge 17 maggio 2022, n.
50, e dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, per violazione degli
articoli 3, 23 e 53 della Costituzione.
2. Sospende il presente giudizio.
3. Per l'effetto, dispone a cura della Segreteria di questa
Corte di giustizia tributaria la trasmissione immediata di tutti gli
atti alla Corte costituzionale. Manda alla segreteria per la notifica
della presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del
Consiglio dei ministri e la comunicazione ai Presidenti della Camera
e del Senato.
Cosi' deciso in Cagliari, nella Camera di consiglio del 27
settembre 2024
Il Presidente: Zaniboni
Il relatore: Rescigno