Reg. ord. n. 108 del 2025 pubbl. su G.U. del 11/06/2025 n. 24
Ordinanza del Consiglio di Stato del 05/05/2025
Tra: M. B. C/ Ministero dell'Interno
Oggetto:
Straniero – Immigrazione – Emersione rapporti di lavoro – Istanza di regolarizzazione – Casi di esclusione dalle procedure – Cittadini stranieri che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato – Preclusione, per l’amministrazione, della verifica in concreto di pericolosità e, comunque, della sussistenza dei requisiti per l’accoglimento o meno dell’istanza (nel caso di specie: segnalazione del richiedente nella banca dati del sistema di informazione Schengen (SIS) per ingresso illegale in territorio francese) – Denunciata genericità e assolutezza della previsione – Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alle finalità perseguite – Irragionevole effetto preclusivo nell’accesso a un procedimento di emersione di uno straniero che si trova nella situazione per la quale l’istituto è stato adottato – Disparità di trattamento dello straniero entrato irregolarmente direttamente in Italia rispetto allo straniero arrivato transitando da altro paese di area Schengen – Irragionevolezza della formulazione assolutistica della previsione in riferimento alla necessità di rispettare l’obbligo pattizio – Inosservanza degli obblighi internazionali e del diritto dell’Unione europea.
Norme impugnate:
decreto-legge del 19/05/2020 Num. 34 Art. 103 Co. 10
legge del 17/07/2020 Num. 77
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. 21 Co.
regolamento UE Art. 24 Co.
regolamento UE Art. 27 Co.
Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen Art. 25 Co.
legge Art. Co.
Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 05 maggio 2025
Ordinanza del 5 maggio 2025 del Consiglio di Stato sul ricorso
proposto da M. B. contro Ministero dell'interno e Questura di
Salerno.
Straniero - Immigrazione - Emersione rapporti di lavoro - Istanza di
regolarizzazione - Casi di esclusione dalle procedure - Cittadini
stranieri che risultino segnalati, anche in base ad accordi o
convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della
non ammissione nel territorio dello Stato - Preclusione, per
l'amministrazione, della verifica in concreto di pericolosita' e,
comunque, della sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno
dell'istanza.
- Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di
salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche
sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77,
art. 103, comma 10, lettera b).
(GU n. 24 del 11-06-2025)
IL CONSIGLIO DI STATO
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 9548 del 2023, proposto da B... M..., rappresentato
e difeso dall'avvocato Roberto Ricciardi, con domicilio digitale come
da PEC da Registri di Giustizia;
contro Ministero dell'interno, Questura di Salerno, in persona
dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e
difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma della sentenza in forma semplificata del Tribunale
Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno
(Sezione Seconda) n. 1982/2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero
dell'interno e della Questura di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2025 il
Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti come in
atti;
1. Il signor M... B... ha impugnato davanti al T.A.R. della
Campania, sezione staccata di Salerno, il decreto del... della
Questura di Salerno, che ha respinto l'istanza di rilascio del
permesso di soggiorno presentata ai sensi dell'art. 103 del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio
2020, n. 77.
Il T.A.R. con la sentenza in forma semplificata n. 1982/2023,
adottata - ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm. - all'esito della
camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza di sospensione
cautelare del provvedimento impugnato, ha respinto il ricorso.
Nella motivazione di tale sentenza, impugnata nel presente
giudizio, si chiarisce che «le emergenze istruttorie documentali
hanno consentito di accertare che lo Sportello Unico per
l'Immigrazione della Prefettura di Salerno ha rigettato l'istanza di
emersione in ragione della esistenza di un motivo ostativo
all'accoglimento della stessa, rappresentato da una segnalazione
nella Banca Dati Schengen ai sensi dell'art. 24 della Convenzione SIS
II».
Tale elemento e' stato ritenuto dai primi giudici valido e
legittimo fondamento del provvedimento di diniego impugnato, e
fattore assolutamente ostativo rispetto alla pretesa del ricorrente.
Il T.A.R. ha infatti specificato che la giurisprudenza
assolutamente prevalente e' nel senso della insindacabilita' in sede
giurisdizionale del reale rilievo ostativo di una simile
segnalazione: «Il Consiglio di Stato, infatti, ha, anche di recente,
affermato che «la segnalazione di inammissibilita' dell'ingresso del
cittadino straniero nel territorio Schengen preclude, in radice, ogni
possibilita' di ottenere il richiesto provvedimento di
regolarizzazione dello straniero presente in Italia. Il provvedimento
di diniego, pertanto e' correttamente motivato attraverso il
riferimento all'atto adottato in altro Stato dell'area Schengen,
senza alcuna necessita' di argomentare ulteriormente in ordine alla
concreta pericolosita' del cittadino extracomunitario o di vagliare
la legittimita' e correttezza di tale atto» (Cons. Stato, sez. III,
14 ottobre 2021, n. 6901). Il Consiglio di Stato ha avuto, altresi',
modo di sottolineare che «la giurisprudenza di questa Sezione si e'
da tempo consolidata sul principio della «non sindacabilita'» nel
merito, salvi i casi eccezionali dell'errore materiale e/o del
disguido burocratico, dei provvedimenti di non ammissione dello
straniero, emessi da ciascun Stato aderente all'accordo di Schengen,
in quanto l'appartenenza a tale accordo impone di evitare o ridurre
al minimo le ipotesi in cui la valutazione compiuta da uno Stato
estero possa essere vanificata o diversamente valutata da un altro
Stato (C.d.S. sez. III n. 5735/2015, n. 4601/2014, n. 3573/2013 e n.
2978/2013). Si tratta, qui, di applicare una regola europea che
costituisce pilastro dello spazio comune di libera circolazione,
all'interno del quale ciascun Paese membro ha il dovere di applicare
segnalazioni o richieste provenienti da altro Paese membro.
Diversamente opinando, le disposizioni del trattato sarebbero
violate» (Cons. Stato, sez. III, 1° luglio 2017, 3421)».
2. Con ricorso in appello notificato il 13 novembre 2023 e
depositato il successivo 5 dicembre, il ricorrente in primo grado ha
impugnato l'indicata sentenza, deducendo, tra l'altro, che «nel caso
in esame, la segnalazione e' stata effettuata per motivi di ingresso
irregolare nello Stato segnalante e quindi non e' conseguita alla
commissione di fatti penalmente rilevanti o ostativi secondo la
normativa pattizia al rilascio del titolo di soggiorno nel qual caso
il giudizio di pericolosita' e' in re ipsa e preclude qualunque
margine di discrezionalita' dell'amministrazione procedente; -che,
difatti, la segnalazione Schengen svolge senza dubbio una funzione
notiziale, ma e' rivolta in via prioritaria a facilitare il sistema
di controllo sugli ingressi ed evitare che possa essere autorizzato
il soggiorno di uno straniero che costituisce una minaccia per
l'ordine e la sicurezza pubblica o per la sicurezza nazionale».
Peraltro l'appellante ha dedotto altresi' che «La presunta
segnalazione a cui si fa riferimento (...) sarebbe poi stata inserita
dalle autorita' francesi in data...., allorquando il sig. B... era
gia' regolare sul territorio Schengen, avendo inviato istanza di
emersione dal lavoro irregolare nel 2020, a mezzo del proprio datore
di lavoro, e concluso il contratto di soggiorno in data ..., ben
cinque mesi prima».
3. All'esito della camera di consiglio dell'11 gennaio 2024, con
ordinanza n. 459/2024 e' stato disposto di «acquisire dalla Questura
di Salerno documentati chiarimenti relativi alla segnalazione
Schengen risultante a carico dell'odierno appellante, con particolare
riferimento ai fatti cui la stessa si riferisce (non evincibili dalla
motivazione del provvedimento impugnato in primo grado)».
L'ordinanza non e' stata eseguita dall'amministrazione.
L'ordine istruttorio e' stato reiterato con successiva ordinanza
2344/2024.
In data 6 maggio 2024 l'Avvocatura dello Stato ha depositato la
nota del 4 aprile 2024 della Questura di Salerno che, in diritto,
sostiene il carattere ostativo della segnalazione Schengen, senza
peraltro fornire i richiesti elementi di fatto.
Essa peraltro rinvia ad un allegato 2, quanto alla segnalazione,
che pero' non risulta presente fra la documentazione prodotta.
La Sezione ha quindi emesso la successiva Ordinanza 11 luglio
2024, n. 2733: «Considerato che all'esito dell'udienza camerale
dell'11 gennaio 2024, con ordinanza n. 459/2024 e' stato disposto di
«acquisire dalla Questura di Salerno documentati chiarimenti relativi
alla segnalazione Schengen risultante a carico dell'odierno
appellante, con particolare riferimento ai fatti cui la stessa si
riferisce (non evincibili dalla motivazione del provvedimento
impugnato in primo grado)». Rilevato che il predetto ordine
istruttorio, non eseguito, e' stato reiterato con ordinanza n.
2344/2024; Considerato che le amministrazioni appellate hanno
depositato in data 6 maggio 2024 una memoria che, in diritto, deduce
il carattere ostativo della segnalazione Schengen, rinviando quanto
all'oggetto specifico del quesito istruttorio (inerente l'oggetto di
tale segnalazione) ad un allegato 2 non prodotto in allegato al
deposito digitale; Rilevato che dal verbale dell'udienza camerale del
9 maggio 2024 l'Amministrazione, per il tramite del suo difensore, si
era impegnata ad integrare il suddetto adempimento e che, pertanto,
la causa era stata rinviata all'11 luglio 2024, per il prosieguo
della camera di consiglio; Considerato che successivamente a tale
udienza nessuna produzione e' stata effettuata dalla parte
onerata; Ritenuto, conseguentemente, di dover accogliere l'istanza
cautelare in esame ai sensi dell'art. 55 comma 10, cod. proc. amm.,
onerando la Questura di Salerno di provvedere, nel termine di giorni
trenta decorrente dalla comunicazione o pubblicazione della presente
ordinanza, ad integrare l'adempimento dell'ordine istruttorio di cui
in premessa, con riserva di valutare il comportamento processuale
della parte ai fini della decisione, ai sensi dell'art. 116, secondo
comma, cod. proc. civ.».
Il 5 febbraio 2025 l'Avvocatura dello Stato ha prodotto una nota
del Ministero dell'interno - Dipartimento della Pubblica sicurezza -
Direzione centrale della Polizia criminale, datata ...con la quale si
trasmette alla Questura di Salerno la segnalazione in questione,
operata dalla Prefettura della....
All'udienza del 6 febbraio 2025, la causa e' stata trattenuta in
decisione.
Il Collegio ritiene di dover sollevare questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 103, comma 10, lett. b), del decreto-legge
19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,
con riferimento agli artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in riferimento
all'art. 25 della Convenzione Schengen e al Regolamento (UE)
2018/1861) della Costituzione, nella parte in cui prevede
l'automatismo ostativo della segnalazione Schengen rispetto alla
valutazione dell'istanza di emersione, precludendo
all'amministrazione la verifica in concreto di pericolosita' e
comunque la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno della
stessa.
La nota depositata dalla difesa erariale in prossimita'
dell'udienza ha reso edotto il Collegio del fatto che la segnalazione
della Prefettura della ... indica come «reason for the decision» la
seguente causale: «administrative retum ban».
4. In fatto, la documentazione acquisita ha dimostrato la
fondatezza della tesi del ricorrente, nel senso che la segnalazione -
in assenza di ulteriori indicazioni - e' stata adottata unicamente in
quanto l'odierno appellante ha fatto ingresso irregolare in
territorio francese, e non anche in presenza di ulteriori e piu'
gravi ragioni, non indicate nel documento acquisito.
Cio' risulta dal fatto che quanto meno non risultano in detta
segnalazione ulteriori causali.
Il provvedimento impugnato in primo grado si fonda sulla
previsione assolutamente ostativa di cui all'art. 103, comma 10,
lett. b) del citato decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito
dalla legge 17 luglio 2020, n. 77: «Non sono ammessi alle procedure
previste dai commi 1 e 2 del presente articolo i cittadini stranieri:
(...) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni
internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione
nel territorio dello Stato».
Il riferimento specifico, nella fattispecie in esame, e' - come
detto - alla segnalazione prevista dall'accordo di Schengen del 14
giugno 1985, ratificato in Italia con legge 30 settembre 1993, n.
388.
La Convenzione di attuazione di detto accordo - all'art. 5, comma
1, lett. d) stabilisce che deve essere negato l'ingresso nel
territorio Schengen a chi risulta segnalato ai fini della non
ammissione.
Peraltro il Titolo IV di tale Convenzione, dall'art. 92 all'art.
119, disciplina il «Sistema d'informazione Schengen», che a sua volta
si articola in una pluralita' di istituti e di fattispecie.
Come pure ricordato, la sentenza di primo grado ha respinto il
ricorso richiamando il quasi totalitario orientamento
giurisprudenziale che ai fini dell'applicazione del citato art. 103
ha affermato l'insindacabilita' nel merito della segnalazione, salvo
il caso di errore materiale o di disguido burocratico (nella
giurisprudenza piu' recente, per una ipotesi di errore sulle
generalita', e conseguente accoglimento del ricorso per «carenza di
istruttoria e erronea motivazione con riguardo alla mancata verifica
della perdurante efficacia della segnalazione Schengen al momento
dell'emanazione del provvedimento impugnato in prime cure», Consiglio
di Stato, sez. III, sentenza n. 442/2025).
5. Sulla non manifesta infondatezza della questione relativa alla
violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Ritiene il Collegio che la disposizione sopra richiamata, in
ragione della sua previsione di carattere generale e perentorio,
risulti irragionevole: di talche' la stessa pone un dubbio di
legittimita' costituzionale che nel caso di specie - per le ragioni
che saranno analiticamente indicate infra - si palesa rilevante e non
manifestamente infondato (anche per l'impossibilita', di cui pure si
dara' atto, di praticare una diversa interpretazione che impedisca
tale conclusione).
Nel caso in esame, infatti, si controverte in merito
all'applicazione della disciplina di diritto interno relativa
all'emersione dei rapporti di lavoro di cittadini stranieri presenti
sul territorio nazionale e privi di un valido titolo di soggiorno.
L'ingresso irregolare nel territorio dello Stato non solo non e'
stato dunque previsto, in se', dal legislatore come fattore ostativo,
ma e' anzi uno degli elementi costitutivi della fattispecie, essendo
la finalita' della normativa proprio quella di regolarizzare - in
presenza di un rapporto di lavoro avente le condizioni minimali
stabilite dalla stessa, e in assenza di pericoli per la sicurezza
pubblica - tale condizione.
Nell'ambito del citato art. 103 sono previsti come elementi
preclusivi il fatto che il cittadino straniero sia risultato
destinatario di un provvedimento di espulsione; o che abbia commesso
uno dei reati (assolutamente o relativamente) ostativi indicati nelle
lettere c) e d) del comma 10; o ancora che sia considerato «una
minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno
dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la
soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera
circolazione delle persone».
A queste tre previsioni che costituiscono l'esercizio di una
ragionevole discrezionalita' legislativa orientata al bilanciamento
fra esigenze ed interessi antagonisti, oltre che al rispetto degli
accordi internazionali - si aggiunge quella che qui viene in
considerazione, ancorata pero' non ad un elemento di reale disvalore,
ma alla mera segnalazione «ai fini della non ammissione nel
territorio dello Stato».
Se - per effetto del citato comma 10, lett. b) - l'ingresso
irregolare attraverso un diverso Paese aderente alla Convenzione
diviene, per il tramite della relativa segnalazione, assolutamente
ostativo, si crea un irragionevole conflitto logico che viene a
frustrare le finalita' stesse della normativa in esame, innescando un
evidente corto circuito fra presupposti della fattispecie e fattori
impeditivi.
In relazione al profilo della discrezionalita' del legislatore
nella disciplina in questione deve osservarsi che la Corte
costituzionale, con le sentenze n. 43 del 2024 e n. 88 del 2023, si
e' gia' pronunciata sugli automatismi legali che, nell'ambito di tale
disposizione, incidono - sia pure in relazione ad istituti diversi -
in modo sproporzionato sulla condizione giuridica dello straniero,
accogliendo le relative questioni per violazione dei principi di
ragionevolezza e proporzionalita'. La Corte ha osservato, in
particolare nella sentenza n. 43 del 2024, che il limite
costituzionale della manifesta irragionevolezza e sproporzione opera
in questa materia «pur dovendosi riconoscere alla disciplina in esame
una natura speciale, rispetto alla quale «il legislatore gode di
ampia discrezionalita'» (sentenza n. 209 del 2023)».
Ad avviso del Collegio nella fattispecie oggetto del presente
giudizio si manifesta un contrasto analogo, per le ragioni che
saranno ulteriormente indicate nel prosieguo, pur con la peculiarita'
dell'implicazione data dal regime degli accordi internazionali che
vengono in considerazione.
6. Sull'ammissibilita' della questione.
In relazione ad una disposizione (e ad una vicenda) analoga, la
Corte costituzionale ha dichiarato la questione manifestamente
inammissibile con ordinanza n. 86 del 2006, con la seguente
motivazione: «il TAR per la Campania dubita, in riferimento agli
artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 8, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2002,
n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro
irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, nella
legge 9 ottobre 2002, n. 222, il quale stabilisce che le norme sulla
regolarizzazione dei lavoratori comunitari, di cui ai precedenti
commi dello stesso articolo, non si applicano ai lavoratori
extracomunitari «che risultino segnalati, anche in base ad accordi o
convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini della non
ammissione nel territorio dello Stato»; che, secondo il remittente,
la disposizione indicata contrasta con l'art. 3 Cost. sotto un
duplice profilo; che, in primo luogo, la segnalazione di non
ammissione nel territorio dello Stato proveniente da un Paese
dall'«area Schengen», come nel giudizio a quo, puo' essere dovuta a
ragioni diverse e cioe' sia al fatto che lo straniero costituisce
«una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la sicurezza
nazionale» (art. 96, comma 2, della citata Convenzione di
applicazione dell'Accordo di Schengen), sia alla circostanza che «lo
straniero e' stato oggetto di una misura di allontanamento, di
respingimento o di espulsione non revocata ne' sospesa che comporti o
sia accompagnata da un divieto d'ingresso o eventualmente di
soggiorno, fondata sulla non osservanza delle regolamentazioni
nazionali in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri» (art.
96, comma 3, della medesima Convenzione); che la norma censurata,
dunque, prevede lo stesso divieto per ipotesi di ben differente
gravita'; che, in secondo luogo, la norma impugnata violerebbe il
parametro costituzionale invocato anche sotto altro profilo, in
quanto per il lavoratore segnalato il divieto di regolarizzazione e'
previsto come effetto automatico della segnalazione, ancorche'
cagionata dalla sola inosservanza di disposizioni amministrative,
laddove al lavoratore colpito da provvedimento di espulsione
dell'autorita' italiana e' consentita l'impugnazione; che il
remittente afferma di essere consapevole dell'esistenza di due
orientamenti giurisprudenziali, l'uno che ritiene l'automaticita' del
divieto per effetto della segnalazione, l'altro secondo il quale
possono essere valutate le ragioni di quest'ultima, ma che - sulla
base della lettera della disposizione impugnata - ritiene necessario
adottare il primo indirizzo, fondato sull'automatismo; (....) si da'
atto di un diverso orientamento giurisprudenziale tale da consentire
una valutazione delle circostanze dei singoli casi, ma si sostiene,
in considerazione del tenore letterale della legge, l'impossibilita'
di adottare siffatto indirizzo; che tale tesi si risolve nella mera
affermazione, priva di motivazione, della impraticabilita' di una
interpretazione diversa da quella fornita e cio' pur in presenza del
diverso orientamento seguito non da un'isolata decisione, ma da piu'
pronunce sorrette da motivazioni tali da esigere un esame
approfondito».
La questione del giudizio a quo e la normativa di cui si dubita
la tenuta costituzionale differisce da quella gia' vagliata dalla
Corte nella pronuncia sopra menzionata perche', come si avra' modo di
approfondire nel prosieguo, in punto di non manifesta infondatezza
con riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'art. 103 del
decreto-legge n. 34/2020 distingue le due ipotesi: la lettera d) del
comma 10 permette la sindacabilita' in concreto e la valutazione in
ordine alla possibilita' che lo straniero rappresenti o meno una
minaccia per l'ordine pubblico; la lettera b) - quella della cui
legittimita' costituzionale si dubita - che si riferisce
specificatamente alla segnalazione Schengen, rappresenta un
automatismo ostativo che non permette alcuna valutazione in concreto
della pericolosita' o meno del cittadino straniero che potrebbe
essere allontanato, come il caso di che trattasi, unicamente per aver
fatto ingresso nel territorio sprovvisto di visto, pur non avendo
commesso reati.
7. Sull'impossibilita' di praticare, nel caso di specie,
un'interpretazione adeguatrice. Osserva il Collegio che nella
fattispecie qui in esame la previsione normativa - per il ricordato
carattere generale e perentorio - costituisce un ostacolo non
superabile rispetto alla possibilita' di praticare un'interpretazione
secondo della stessa secondo i richiamati parametri di ragionevolezza
e proporzionalita'.
In senso contrario si e' affermata in giurisprudenza (T.A.R.
Lombardia, Milano, sez. IV, 23 maggio 2024, n. 1584, non impugnata)
l'esistenza di due diversi orientamenti, uno dei quali, ancorche'
minoritario, «ritiene, invece, che la segnalazione Schengen non abbia
efficacia ostativa automatica alla permanenza dello straniero nel
territorio nazionale, dovendo l'amministrazione acquisire le
necessarie informazioni ai fini della valutazione della condotta
concreta collegata alla segnalazione medesima e delle ragioni che
l'hanno determinata, al fine di verificare se la stessa integri un
rischio effettivo per l'ordine e la sicurezza pubblica».
Tuttavia ad avviso del Collegio una simile soluzione, che ha
indubbiamente il pregio della razionalita', opera un'interpretazione
del citato art. 103, comma 10, lett. b), in evidente contrasto con
l'insuperabile dato letterale dello stesso.
Anche nella giurisprudenza piu' recente di questo Consiglio di
Stato prevale per contro l'opposta posizione secondo la quale «unico
onere che doveva essere rispettato era quello di acquisire
dall'Autorita' del Paese membro la documentazione necessaria ed
indicare nel provvedimento di diniego il contenuto e gli effetti
preclusivi previsti dagli accordi europei, come correttamente ha
fatto la Questura con l'atto impugnato in primo grado, in cui si da'
atto che «il beneficiario risulta essere stato segnalato nel sistema
Informativo Shengen ai fini della non ammissione -OMISSIS-
-OMISSIS-», come preannunciato con la nota n. prot. OMISSIS-, con la
quale l'Amministrazione ha comunicato i motivi ostativi
all'accoglimento, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto
1990, n. 241» (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 10 dicembre
2024, n. 9961).
8. Tale filone giurisprudenziale, invero, sembra ancorare la
ragione giustificatrice della previsione normativa in esame
all'obbligo per i giudici nazionali di applicazione delle previsioni
dell'Accordo di Schengen.
Peraltro, ad avviso del Collegio il problema non investe tanto
tale obbligo, che e' fuori discussione, ma la previsione di rinvio
che uno Stato aderente come l'Italia faccia ad esso, in una
disposizione del diritto interno, senza specificazione alcuna. In
altre parole, se la segnalazione relativa anche al solo ingresso
irregolare dovesse ritenersi - in adempimento degli obblighi
internazionali - assolutamente ostativa e come tale dovesse essere
considerata da ogni organo (amministrativo o giurisdizionale) dello
Stato aderente, la normativa interna sulla emersione dal lavoro
irregolare correttamente avrebbe fatto riferimento generico ad ogni
possibile segnalazione come fattore preclusivo. Tale soluzione,
pero', oltre a porsi in relazione di contraddizione con le finalita'
della stessa disposizione, e dunque a presentare profili di
criticita' sotto i richiamati profili della ragionevolezza e della
proporzionalita', si pone in contrasto con il parametro costituito
dall'art. 3 della Costituzione, anche in relazione al principio di
uguaglianza.
Essa comporta infatti che puo' essere ammesso all'emersione il
cittadino straniero entrato irregolarmente direttamente in Italia, ma
non anche quello che vi sia arrivato transitando da altro Paese di
area Schengen (senza peraltro che tale transito abbia disvelato
profili di controindicazione diversi dalla formale assenza di un
titolo): il che, all'evidenza, realizza un trattamento diseguale di
situazioni sostanzialmente identiche.
9. Ancora sulla non manifesta infondatezza della questione
relativa alla violazione dell'art. 3 della Costituzione: sugli
obblighi degli Stati aderenti all'Accordo di Schengen, quale
possibile ragione giustificatrice dell'irragionevolezza e della
sproporzione degli effetti della disposizione.
La segnalata disparita' di trattamento, ed il raffronto come
termine di comparazione con la fattispecie del cittadino straniero
entrato irregolarmente direttamente in Italia, disvela un ulteriore
profilo di possibile illegittimita' costituzionale della disciplina
in esame.
Se infatti si ritiene che l'ingresso irregolare in area Schengen
(e, dunque, anche in Italia) determini comunque l'obbligo degli Stati
aderenti di non ammettere (e soprattutto di non regolarizzare) il
cittadino straniero sul proprio territorio (con effetti sull'intera
area), allora la disposizione in esame, che comunque consente
l'emersione con riguardo al (solo) cittadino straniero entrato
direttamente in Italia, sarebbe contraria agli artt. 11 e 117 della
Costituzione, perche' in tal modo la sanatoria prevista dall'art. 103
non dovrebbe ritenersi comunque consentita dall'obbligo pattiziamente
assunto, quale che sia il confine esterno dell'area Schengen
attraverso il quale si sia materializzato l'ingresso irregolare.
10. Una simile conclusione parrebbe pero' da escludere, in
ragione della non necessarieta' di una disciplina di diritto interno
che assuma il carattere automaticamente ostativo e preclusivo di ogni
segnalazione.
Come ricordato, l'odierno appellante ha dedotto - con
affermazione rimasta incontestata - che la segnalazione in questione,
proveniente dalla Francia, sarebbe successiva alla «sottoscrizione
del contratto di soggiorno innanzi alla Prefettura di Salerno».
In una simile fattispecie - ma, come si vedra', probabilmente non
solo in questa - la Convenzione di applicazione dell'Accordo di
Schengen non solo non attribuisce valore ostativo assoluto alla
segnalazione, ma addirittura (attraverso l'istituto della
consultazione preliminare di cui all'art. 25) prevede un meccanismo
di verifica delle ragioni effettive della segnalazione medesima
(T.A.R. Lombardia, Milano, sentenza n. 1584/2024, cit.; Consiglio di
Stato, sez.. III, sentenza 3 febbraio 2025, n. 806; Consiglio di
Stato, sez. III, sentenza 28 gennaio 2025, n. 658).
Dunque il dovere degli Stati di rispettare gli obblighi pattizi
non implica - in forza della chiara previsione del citato art. 25:
che anzi, prevedendo al secondo comma un obbligo di ritiro della
segnalazione in capo allo Stato che l'ha effettuata ove altro Stato
rilasci il titolo di soggiorno, stabilisce una reciprocita' degli
obblighi nascenti dall'Accordo ed esclude la sussistenza di un
diritto potestativo dello Stato segnalante - l'assoluto divieto di
sanatoria di ogni ingresso irregolare, ne' l'insindacabilita' di ogni
segnalazione, sicche' la formulazione assolutista della disposizione
qui censurata non trova una ragione giustificativa, in tesi tale da
spiegare le ragioni del descritto quadro altrimenti irragionevole,
nella necessita' di rispettare tale obbligo.
Tuttavia la giurisprudenza da ultimo richiamata fa discendere dal
meccanismo previsto dal citato art. 25 l'ulteriore conseguenza della
sindacabilita' della segnalazione, ai fini dell'applicazione
dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 nel senso del carattere
non ostativo della stessa: invero ad avviso del Collegio - anche per
quanto si dira' al punto successivo - una simile soluzione non e'
stata considerata (ne', dunque, consentita) dal legislatore
nazionale, e dunque non e' ricavabile - in ragione del ridetto tenore
testuale - dal citato art. 103, comma 10, lett. b) (che non a caso ha
fin qui prodotto, in sede applicativa, i due indirizzi
giurisprudenziali che si sono richiamati, fra i quali risulta
decisamente prevalente quello che nega la rilevanza della ragione
sostanziale della segnalazione: ex multis, e da ultimo, Consiglio di
Stato, sez. III, sentenza 10 dicembre 2024, n. 9961, cit.).
11. I superiori elementi, com'e' evidente, hanno rilevanza non
solo in sede di perimetrazione dell'obbligo degli Stati di
adattamento alle previsioni dell'Accordo (al fine di escludere che
l'applicazione irragionevole sia imposta da tali obblighi), ma anche
in relazione alla gia' richiamata (im)possibilita' di praticare
un'interpretazione dell'art. 103, comma 10, lett. b) coerente ai
canoni di ragionevolezza e di proporzionalita'.
L'art. 25 della Convenzione non contiene infatti una
classificazione delle ipotesi che possono dar luogo al procedimento
di consultazione preliminare, sicche' non puo' interpretarsi l'art.
103, comma 10, lett. b) come se il rinvio in esso contenuto alle
segnalazioni previste da accordi fosse da intendere, con riferimento
all'Accordo di Schengen, come rivolto unicamente alle fattispecie di
segnalazioni assolutamente preclusive e non anche a quelle prive di
tale rilievo automaticamente ostativo, non esistendo una simile
tipizzazione nella norma convenzionale richiamata.
12. Sull'esistenza nella normativa interna di ulteriori
disposizioni autosufficienti nel senso della tutela delle esigenze
che la norma della cui legittimita' costituzionale si dubita rende
irragionevolmente prevalenti rispetto agli interessi antagonisti.
Proprio nella consapevolezza dell'importanza della normativa di
emersione - improntata a finalita' non soltanto umanitarie, ma anche
di tutela del sistema economico del Paese -, e della connessa
necessita' di individuare i fattori preclusivi su di un piano
sostanziale, il richiamato comma 10 del citato art. 103 ha infatti -
per il resto - perimetrato con un rigore e tassativita' le cause che,
a tutela di interessi antagonisti e superindividuali, ostano
all'accoglimento delle istanze.
In particolare, la lettera d) del comma 10 - in relazione alla
necessita' di rispettare gli impegni internazionali con i «Paesi con
i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei
controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle
persone» - opera un riferimento al parametro sostanziale della
«minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato».
Viceversa, la lettera b), della cui legittimita' costituzionale
si dubita, nella sua genericita' e perentorieta' si riferisce
autonomamente ed unicamente alla segnalazione ai fini della non
ammissione nel territorio dello Stato, senza specificare - oltre la
dimensione dell'obbligo formale - quale sottostante elemento di
criticita' essa esprima sul piano di un simile bilanciamento, ammesso
che un reale elemento di criticita' (ulteriore rispetto all'ingresso
irregolare) possa configurarsi. Il richiamo a tali, ulteriori
previsioni (oltre a quelle indicate al precedente punto 5. della
presente ordinanza), dimostra infine come qualora la disposizione
della cui legittimita' costituzionale si dubita fosse espunta dal
sistema, nondimeno gli interessi e i valori che essa intende tutelare
rimarrebbero protetti - peraltro con riferimento alla rilevanza
sostanziale e non meramente formale di possibili fattori antagonisti
- dalle restanti parti del medesimo art. 103, comma 10.
13. Sulla rilevanza della questione.
Ad avviso del Collegio risulta pertanto non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103,
comma 10, lettera b) del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34,
convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, per violazione dei
principi di ragionevolezza, di proporzionalita' e di uguaglianza di
cui all'art. 3 della Costituzione.
La questione e' altresi' rilevante nel presente giudizio in
quanto, come gia' chiarito, dalla soluzione della stessa dipende
l'esito del giudizio stesso.
L'odierno appellante non risulta infatti essere stato segnalato
per condotte ascrivibili a profili di pericolosita' sociale, ma
unicamente per l'ingresso illegale in territorio francese.
Conseguentemente, ove la disposizione censurata dovesse essere
applicata secondo la sua formulazione testuale, come predicato dal
prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi in argomento, il
ricorso dovrebbe essere respinto, se pure con l'irragionevole effetto
di precludere l'accesso ad un procedimento di emersione ad un
soggetto che - pur privo di controindicazioni sostanziali,
potenzialmente lesive di altri interessi, e senza che una simile
soluzione sia realmente imposta da un obbligo pattizio in tal senso -
versa esattamente nella condizione per la quale l'istituto e' stato
normativamente creato (con l'unica peculiarita' di essere entrato in
Italia attraverso un altro Paese).
Al contrario ove tale limite fosse rimosso con una dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale, il ricorso risulterebbe fondato.
Sicche' al Collegio non rimangono che due possibilita': applicare
una disposizione irragionevole, ovvero praticare l'interpretazione
adeguatrice della stessa espressa dalla giurisprudenza che si e'
richiamata, che risulta pero' preclusa - come piu' volte precisato
-dal chiaro dato testuale. In ogni caso tale ultima soluzione, che
come ricordato ha il pregio della razionalita', comporta pero' -
attraverso la possibilita' di una sindacabilita' «atipica» della
segnalazione - anche il rischio di un difetto di uniformita'
applicativa: tenuto conto che, come visto, gli stessi presupposti del
meccanismo di cui al predetto art. 25 della Convenzione sono stati
talora individuati dalla giurisprudenza oltre il dato testuale di
tale disposizione.
14. Sempre ove si assumesse la necessita' - sul piano del
rispetto degli obblighi internazionali - di una norma di salvaguardia
e di coordinamento ulteriore rispetto a quelle gia' contenute nel
comma 10 dell'art. 103, il contrasto della lettera b) con l'art. 3
della Costituzione potrebbe essere superato anche mediante una
soluzione non caducatoria ma additiva, che renda compatibile con il
parametro della ragionevolezza e con quello della proporzionalita' la
disciplina della portata ostativa delle segnalazioni, limitandola ai
soli casi in cui essa sia tale nel relativo regime di diritto
internazionale.
Un esempio in tal senso e' dato dalla soluzione perseguita dalla
citata sentenza n. 658/2025 di questo Consiglio di Stato, che ha -
peraltro inutilmente - onerato l'amministrazione di praticare la
procedura di consultazione preliminare ex art. 25 della Convenzione.
Analoga disposizione e' contenuta nell'art. 9 («Consultazione
preventiva prima del rilascio o della proroga di un permesso di
soggiorno o di un visto per soggiorno di lunga durata») del
Regolamento (Ue) 2018/1860 del Parlamento europeo e del Consiglio del
28 novembre 2018, relativo all'uso del sistema d'informazione
Schengen per il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui
soggiorno e' irregolare. Il richiamo a simili forme di coordinamento
internazionale, che consentono di applicare la norma interna nel
rispetto degli obblighi pattizi attraverso strumenti tipizzati, i cui
esiti sarebbero eventualmente poi sindacabili in sede
giurisdizionale, tuttavia ad avviso del Collegio costituisce un
espediente pratico che riduce sensibilmente ma non elimina del tutto
il rischio di un'applicazione irragionevole dell'art. 103, comma 10,
lett. b).
Anche in considerazione della gia' rilevata assenza di un vuoto
normativo per l'ipotesi di dichiarazione d'illegittimita'
costituzionale di tale disposizione, la soluzione dell'accoglimento
della questione potrebbe dunque risultare maggiormente satisfattiva
rispetto alle segnalate difficolta' applicative, oltre che priva di
controindicazioni sul piano della certezza e della calcolabilita'
giuridica.
15. Sulla non manifesta infondatezza della questione relativa
alla violazione degli artt. 11 e 117 della Costituzione, sotto altro
profilo.
Ulteriore soluzione che si prospetta e' quella di ipotizzare
un'interpretazione della disposizione della cui costituzionalita' qui
si dubita che assuma l'effetto impeditivo dalla stessa previsto come
implicitamente ricollegato alle sole segnalazioni conformi al
relativo paradigma normativo: anche oltre la prospettiva tracciata
dal citato art. 25 della Convenzione, nell'ottica della necessita' di
adattamento al diritto dell'U.E. (e dunque con riferimento agli artt.
11 e 117 della Costituzione).
Va infatti ricordato che la sentenza della Corte di Giustizia
dell'U.E., Grande Sezione, 31 gennaio 2006, in causa C-503/03, ha
affermato che «Avendo rifiutato l'ingresso sul territorio degli Stati
parti contraenti dell'accordo relativo all'eliminazione graduale dei
controlli alle frontiere comuni, firmato il 14 giugno 1985 a
Schengen, al sig. Farid nonche' il rilascio di un visto ai fini
dell'ingresso in tale territorio ai sigg. Farid e Bouchair, cittadini
di uno Stato terzo coniugi di cittadini di uno Stato membro, per il
solo motivo che essi erano segnalati nel sistema d'informazione
Schengen ai fini della non ammissione, senza aver preliminarmente
verificato se la presenza di tali persone costituisse una minaccia
effettiva, attuale e abbastanza grave per un interesse fondamentale
della collettivita', il Regno di Spagna e' venuto meno agli obblighi
che ad esso incombono in forza degli artt. 1-3 della direttiva del
Consiglio 25 febbraio 1964, 64/221/CEE, per il coordinamento dei
provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno
degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di
pubblica sicurezza e di sanita' pubblica».
La sentenza in motivazione precisa che «occorre rilevare che,
benche' il principio di leale cooperazione che e' alla base
dell'acquis di Schengen implichi che lo Stato che consulta il SIS
tenga debitamente in considerazione gli elementi forniti dallo Stato
che ha effettuato la segnalazione, esso implica altresi' che
quest'ultimo debba tenere a disposizione del primo le informazioni
complementari che gli consentano di valutare concretamente
l'importanza della minaccia che la persona segnalata puo'
rappresentare».
Tali esigenze di necessaria offensivita' della ragione della
limitazione sono ora positivizzate dal Regolamento (UE) 2018/1861 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018,
sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del sistema d'informazione
Schengen (SIS) nel settore delle verifiche di frontiera, che modifica
la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen e abroga il
regolamento (CE) n. 1987/2006.
Esemplificativamente mette conto segnalare che l'art. 21, par. 1,
stabilisce infatti che «Prima di inserire una segnalazione e al
momento di prolungare il periodo di validita' di una segnalazione, lo
Stato membro verifica se l'adeguatezza, la pertinenza e l'importanza
del caso giustificano alla segnalazione nel SIS». Il successivo art.
24, par. 1, del medesimo Regolamento disciplina poi le condizioni per
l'inserimento della segnalazione ai fini del respingimento o del
rifiuto di soggiorno, e richiede «alla luce di una valutazione
individuale comprendente anche una valutazione delle circostanze
personali del cittadino di paese terzo interessato e delle
conseguenze di un respingimento e di un rifiuto di soggiorno, che la
presenza di tale cittadino di paese terzo interessato nel proprio
territorio costituisce una minaccia per l'ordine pubblico, la
sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale e, pertanto, ha adottato
una decisione giudiziaria o amministrativa in conformita' della
normativa nazionale ai fini del respingimento e del rifiuto di
soggiorno e ha emesso una segnalazione nazionale per gli stessi
fini».
Il Regolamento, dunque, pone precisi oneri in tal senso sia a
carico dello Stato che adotta la segnalazione, sia a carico degli
Stati che debbano provvedere sulla persona segnalata (si veda in tal
senso la disciplina dei procedimenti di consultazione, di cui agli
artt. 27 e seguenti).
Anche nell'ottica della necessita' di adattamento del diritto
interno al diritto dell'U.E., onde superare la genericita' ed
assolutezza della previsione dell'art. 103, comma 10, lett. b) si
potrebbe allora ritenere la stessa non irragionevole ove - sempre per
effetto di una pronuncia additiva che superi l'attuale limitazione
testuale -si intenda riferita alle sole segnalazioni conformi al
relativo regime, consentendo dunque un sindacato diffuso della
conformita' delle stesse al paradigma normativo che le regola da
parte del giudice chiamato a vagliare la legittimita' dei
provvedimenti dell'amministrazione nazionale adottati in ragione del
rilievo impeditivo delle segnalazioni medesime.
16. Va pertanto sospeso il giudizio e rimessa alla Corte
costituzionale, ai sensi dell'articolo 1 della legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1, e dell'articolo 23, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103,
comma 10, lett. b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34,
convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, con riferimento agli
artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in riferimento all'art. 25 della
Convenzione Schengen e al Regolamento (UE) 2018/1861) della
Costituzione, nella parte in cui prevede l'automatismo ostativo della
segnalazione Schengen rispetto alla valutazione dell'istanza di
emersione, precludendo all'amministrazione la verifica in concreto di
pericolosita' e comunque la sussistenza dei requisiti per
l'accoglimento o meno della stessa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli
artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in riferimento all'art. 25 della
Convenzione Schengen e al Regolamento (UE) 2018/1861) della
Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
103, comma 10, lett. b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34,
convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nella parte in cui
prevede l'automatismo ostativo della segnalazione Schengen rispetto
alla valutazione dell'istanza di emersione, precludendo
all'amministrazione la verifica in concreto di pericolosita' e
comunque la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno della
stessa.
Sospende il giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei Deputati.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52,
commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e
dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 27 aprile 2016, atutela dei diritti o della
dignita' della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere
all'oscuramento delle generalita' dell'appellante.
Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6
febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Michele Corradino, Presidente;
Stefania Santoleri, Consigliere;
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore;
Angelo Roberto Cerroni, Consigliere;
Enzo Bernardini, Consigliere.
Il Presidente: Corradino
L'estensore: Tulumello