Reg. ord. n. 68 del 2024 pubbl. su G.U. del 08/05/2024 n. 19
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 16/01/2024
Tra: ENGIE ITALIA S.P.A. C/ AGENZIA DELLE ENTRATE
Oggetto:
Tributi – Energia - Prevista istituzione, per contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori, per l'anno 2023, di un contributo di solidarietà temporaneo a carico delle imprese operanti nel settore energetico – Previsione che il contributo è dovuto se almeno il 75 per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attività indicate nel comma 115 dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022 – Quantificazione della base imponibile – Applicazione di un'aliquota pari al 50 per cento sull'ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle società relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle società conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022 – Previsione che nel caso in cui la media dei redditi complessivi sia negativa si assume un valore pari a zero – Versamento – Disciplina – Non deducibilità del contributo ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – Applicazione, ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione del contributo di solidarietà, delle disposizioni in materia di imposte sui redditi – Denunciata previsione che, in spregio al vincolo derivante dal Regolamento europeo UE 1854/2022 di adottare una misura contributiva di solidarietà a carico dello specifico settore dell’estrazione e della raffineria, ha imposto una misura contributiva per le imprese, appartenenti ad altro settore, definendola misura equivalente - Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Criticità delle disposizioni in relazione all’individuazione della base imponibile, la cui definizione non risulta congruente con la dichiarata finalità di tassare gli incrementi di utili dipendenti dall’aumento dei prezzi dell’energia – Intervento legislativo che, in riferimento alla base imponibile, non considera che una parte dell’incremento dei profitti realizzati nel 2022, rispetto alla media dei precedenti quattro anni, non è dovuta a una maggiore capacità di produrre reddito dell’operatore economico, ma dalla riespansione dei consumi energetici – Normativa che introduce un contributo straordinario che colpisce una manifestazione di capacità contributiva in parte già sottoposta a tassazione dall’art. 37 del decreto legislativo n. 21 del 2022, relativamente ai redditi afferenti all’anno di imposta precedente il 1° gennaio 2023 – Previsioni che generano una duplicazione di imposta che comporta la sottoposizione degli operatori economici incisi dalle due misure a un prelievo fiscale alto e sproporzionato - Sottoposizione di una medesima manifestazione della capacità contributiva a un duplice prelievo tributario, per il mese di dicembre 2022 e con riferimento ai gestori degli impianti alimentati da fonti non rinnovabili, attesa l’applicazione di un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla produzione di energia elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a una via – Disciplina che impone ai titolari di impianti rinnovabili un tributo solidaristico nella medesima misura prevista per i titolari degli impianti alimentati a carbone/gas, benché questi ultimi non scontino alcun tetto ai ricavi e non debbano rientrare dei rilevanti costi fissi caratterizzanti le rinnovabili – Normativa che presenta un’assenza di correlazione tra la definizione della base imponibile e la finalità perseguita dal contributo di solidarietà, essendo calcolato anche sulla parte di profitti derivanti da attività estranee a quelle incise, prive di un collegamento con il presupposto del tributo – Previsione che importa la sottoposizione a tassazione di una voce di costo, che per l’anno in cui si verifica il versamento, incide sul reddito d’impresa – Contrasto con il consolidato orientamento della Corte costituzionale, secondo cui i costi sostenuti nell’esercizio di impresa, se inerenti, devono essere deducibili ai fini del reddito d’impresa – Lesione dei principi di uguaglianza e della capacità contributiva – Lesione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità.
Norme impugnate:
legge del 29/12/2022 Num. 197 Art. 1 Co. 115
legge del 29/12/2022 Num. 197 Art. 1 Co. 116
legge del 29/12/2022 Num. 197 Art. 1 Co. 117
legge del 29/12/2022 Num. 197 Art. 1 Co. 118
legge del 29/12/2022 Num. 197 Art. 1 Co. 119
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 53 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
regolamento UE Art. Co.
Udienza Pubblica del 28 gennaio 2025 rel. ANTONINI - PITRUZZELLA
Testo dell'ordinanza
N. 68 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 gennaio 2024 Ordinanza del 16 gennaio 2024 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da ENGIE Italia spa, ENGIE Global Market e MELTEMI Energia srl contro Agenzia delle entrate, Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministero dell'economia e delle finanze.. Tributi - Energia - Prevista istituzione, per contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori, per l'anno 2023, di un contributo di solidarieta' temporaneo a carico delle imprese operanti nel settore energetico - Previsione che il contributo e' dovuto se almeno il 75 per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attivita' indicate nel comma 115 dell'art. 1 della legge n. 197 del 2022 - Quantificazione della base imponibile - Applicazione di un'aliquota pari al 50 per cento sull'ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle societa' relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle societa' conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022 - Previsione che, nel caso in cui la media dei redditi complessivi sia negativa, si assume un valore pari a zero - Versamento - Disciplina - Non deducibilita' del contributo ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive - Applicazione, ai fini dell'accertamento, delle sanzioni e della riscossione del contributo di solidarieta', delle disposizioni in materia di imposte sui redditi. - Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), art. 1, commi da 115 a 119. (GU n. 19 del 08-05-2024) IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sezione Seconda Ter Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 6723 del 2023, proposto da Engie Italia S.p.a., Engie Global Market, Meltemi Energia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Aristide Police, Livia Salvini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, viale Liegi, 32; Contro Agenzia delle entrate, Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; per l'annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari, della circolare dell'Agenzia delle entrate n. 4/E del 23 febbraio 2023 (recante «Articolo 1, commi da 115 a 121, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025" (c.d. legge di bilancio 2023) - Istituzione del contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023 e modifiche al contributo straordinario contro il caro bollette di cui all'art. 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (c.d. decreto Ucraina)»); del provvedimento risoluzione del direttore dell'Agenzia delle entrate n. 15 del 14 marzo 2023, (recante «Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello F24, del contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023, nonche' del maggior importo dovuto o per l'utilizzo in compensazione del maggior importo versato del contributo straordinario contro il caro bollette per il 2022 - Articolo 1, commi da 115 a 121 della legge 29 dicembre 2022, n. 197»); del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate prot. n. 55523/2023, del 28 febbraio 2023 di approvazione del modello di dichiarazione «Redditi 2023-SC», con le relative istruzioni; nonche' di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorche' non conosciuto. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia delle entrate e di Presidenza del Consiglio dei ministri e di Ministero dell'economia e delle finanze; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2023 la dott.ssa Francesca Mariani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. - Con ricorso notificato il 24 aprile 2023 e depositato il successivo 28 aprile, le tre societa' ricorrenti, che svolgono l'attivita' di produzione di energia elettrica e gas, ovvero rivendono o importano energia elettrica o gas, hanno impugnato, chiedendone l'annullamento previa sospensione cautelare, la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 4/E del 23 febbraio 2023 avente ad oggetto «Articolo 1, commi da 115 a 121, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023- 2025" (c.d. legge di bilancio 2023) - Istituzione del contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023 e modifiche al contributo straordinario contro il caro bollette di cui all'art. 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (c.d. decreto Ucraina)», la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 15/E del 14 marzo 2023, avente ad oggetto «Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello F24, del contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023, nonche' del maggior importo dovuto o per l'utilizzo in compensazione del maggior importo versato del contributo straordinario contro il caro bollette per il 2022 - Articolo 1, commi da 115 a 121 della legge 29 dicembre 2022, n. 197» e il provvedimento dell'Agenzia delle entrate prot. n. 55523 del 28 febbraio 2023 di approvazione del modello di dichiarazione «Redditi 2023-SC», con le relative istruzioni. 2. - L'art. 1, commi 115-119, della legge n. 197 del 2022 ha introdotto, nell'ordinamento italiano, un contribuito «a carico dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l'attivita' di produzione di energia elettrica, dei soggetti che esercitano l'attivita' di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l'attivita' di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi. Il contributo e' dovuto, altresi', dai soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell'Unione europea». La finalita' della disposizione, come emerge dalla Relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2023-2025, e' quella di introdurre, «per l'anno 2023, una misura nazionale equivalente al contributo temporaneo istituito ai sensi del regolamento (UE) 2022/1854, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia, un contributo di solidarieta' temporaneo», a sua volta finalizzato all'adozione di misure uniformi, da parte degli stati membri, volte a contrastare l'inflazione generale nella zona euro e il rallentamento della crescita economica dell'Unione europea dovuta (anche) all'aumento netto dei prezzi dell'energia. La ratio sottesa alla previsione in esame e' dunque quella di contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico sulle imprese e i consumatori, andando a colpire quegli operatori economici che, proprio in ragione di tale aumento, si presume abbiano generato maggiori entrate e profitti. 3. - Il regolamento UE 2022/1854 individuava le misure da adottarsi dagli stati membri nelle seguenti: a) la riduzione del consumo di energia elettrica; b) un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dai produttori di energia elettrica, da energia eolica, energia solare (termica e fotovoltaica), energia geotermica, energia idroelettrica senza serbatoio, combustibili da biomassa (combustibili solidi o gassosi da biomassa) escluso il biometano, rifiuti, energia nucleare, lignite, prodotti del petrolio greggio, torba; c) un contributo di solidarieta' temporaneo sugli utili generati esclusivamente dalle imprese che svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, da intendersi le «imprese o stabili organizzazioni dell'Unione che generano almeno il 75% del loro fatturato da attivita' economiche nel settore dell'estrazione, della raffinazione del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria di cui al regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio». 4. - Il legislatore italiano aveva gia' introdotto, prima dell'adozione del regolamento comunitario, un «Contributo straordinario contro il caro bollette» a mezzo dell'art. 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (c.d. «decreto Ucraina»), convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 517, e modificato dal decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (c.d. «decreto Aiuti»), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 e con il comma 30 del medesimo decreto-legge n. 197/2022 (e sempre in attuazione del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio) a decorrere dal 1° dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023, un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla produzione dell'energia elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a una via, in riferimento all'energia elettrica immessa in rete da: .... b) impianti alimentati da fonti non rinnovabili di cui all'art. 7, comma 1, del regolamento (UE) 2022/1854. 5. - L'art. 1, comma 30, del decreto-legge n. 197/2022, lettera b), infine, in attuazione del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio, del 6 ottobre 2022, ha stabilito che, «a decorrere dal 1° dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023, e' applicato un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla produzione dell'energia elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a una via, in riferimento all'energia elettrica immessa in rete da: a) impianti a fonti rinnovabili non rientranti nell'ambito di applicazione dell'art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25; b) impianti alimentati da fonti non rinnovabili di cui all'art. 7, comma 1, del regolamento (UE) 2022/1854.». 6. - Gli atti impugnati con il ricorso in esame prevedono quanto segue. 6.1. - La circolare n. 4/E del 23 febbraio 2023 evidenzia, in primo luogo, quali siano i soggetti passivi del contributo, individuati ne «i soggetti passivi IRES di cui all'art. 73, comma 111, lettere a), b) e d), del testo unico delle imposte sui redditi», specificati, in via esemplificativa, mediante i c.d. codici ATECO, e indicati nei «soggetti che esercitano nel territorio dello Stato una o piu' delle seguenti attivita': produzione di energia elettrica, produzione di gas metano, estrazione di gas naturale, per la successiva vendita; rivendita di energia elettrica, gas metano, gas naturale; produzione, distribuzione, commercio di prodotti petroliferi; importazione a titolo definitivo, per la successiva rivendita, di energia elettrica, gas naturale, gas metano, prodotti petroliferi; introduzione nel territorio dello Stato, per la successiva rivendita, di energia elettrica, gas naturale, gas metano o prodotti petroliferi provenienti da altri Stati dell'Unione europea.». 6.2. - Di seguito, la circolare descrive base imponibile e ammontare del contributo, affermando che «In aderenza con le finalita' poste dal regolamento UE di assoggettare al contributo in argomento gli utili eccedenti quelli ordinari, la norma prevede che il contributo di solidarieta' si applichi «sull'ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle societa' relativo al periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle societa' conseguiti nei quattro periodi d'imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022». Rileva pertanto, ai fini del calcolo della base imponibile, l'ammontare di reddito determinato in base alle previsioni del Titolo II, Capi II e IV, del TUIR, conseguito nei cinque periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 1° gennaio 2023, senza considerare, per ognuno dei periodi d'imposta interessati, l'eventuale riduzione dovuta al riporto delle perdite riferite alle annualita' pregresse, nonche' la deduzione conseguita per effetto della c.d. agevolazione ACE19. Occorre, pertanto, fare riferimento all'importo indicato al rigo RF63 del modello di dichiarazione dei redditi Societa' di capitali, enti commerciali ed equiparati "Redditi SC", che costituisce il reddito imponibile ai fini del contributo in commento, fatto salvo quanto si dira' nel prosieguo in relazione alle societa' aderenti a un regime di trasparenza fiscale.» 6.3. - Di seguito, poi, la circolare illustra «Versamento del contributo e relazione con altre imposte», nonche', sotto vari aspetti, le «Modifiche al contributo straordinario di cui all'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022». 6.4. - Da parte sua, la risoluzione del direttore dell'Agenzia delle entrate n. 55523/2023 del 28 febbraio 2023 recante «Approvazione del modello di dichiarazione "Redditi 2023-SC"», oltre a ripercorrere la norma primaria e la circolare su descritte, istituisce il codice tributo relativo al versamento del medesimo da parte dei soggetti passivi. Per quanto qui rileva, dunque, tale atto recita: «Con la circolare n. 4/E del 23 febbraio 2023 sono stati forniti, tra l'altro, i chiarimenti relativi all'istituzione del contributo di solidarieta' temporaneo in argomento e alle modalita' e termini per il versamento, rinviando ad una successiva risoluzione l'istituzione dei relativi codici tributo. Tanto premesso, per consentire il versamento, tramite modello F24, da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, del contributo in oggetto e degli eventuali interessi e sanzioni dovuti in caso di ravvedimento, si istituiscono i seguenti codici tributo: "2716" denominato "Contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023 - art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197"; "1946" denominato "Contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023 - Interessi - art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197"; "8946" denominato "Contributo di solidarieta' temporaneo per il 2023 - Sanzione - art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197".». 7. - Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi di doglianza: 7.1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 115, legge n. 197/2022. - Violazione degli articoli 14 e 15 del regolamento (UE) n. 2022/1854 stante la violazione del «criterio di equivalenza». Violazione degli articoli da 101 a 108 nonche' degli articoli da 112 a 115 TFUE. Violazione dell'art. 52 CEDU. Violazione della liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di cui agli articoli 49 e 56 TFUE. - Violazione del principio di proporzionalita'. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto d'istruttoria e sviamento, atteso che l'Agenzia non ha individuato criteri e modalita' di versamento coerenti con la ratio del contributo di solidarieta'. Le societa' lamentano innanzitutto la violazione del regolamento UE e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi), in sostanza poiche' il legislatore nazionale avrebbe gia' adottato nell'anno 2022 il contributo «equivalente» a quello europeo (misura analoga), che avrebbe casomai potuto essere ulteriormente modificato per una migliore coerenza con quello sovranazionale; pertanto, il contributo 2023 costituirebbe una doppia imposizione a carico degli stessi soggetti passivi, con scelta unica nel panorama europeo, in contrasto con la ratio di misure omogenee tra i vari Paesi membri e violazione della concorrenzialita' fra imprese. Pertanto, i provvedimenti adottati dall'Agenzia risultano illegittimi per contrasto con il diritto dell'Unione europea per omessa disapplicazione della legge nazionale. Inoltre, il regolamento europeo ha escluso dal contributo temporaneo le societa' rinnovabili, anche perche' gia' assoggettate ad altro e diverso meccanismo, mentre il legislatore ha incluso tali societa' nel perimetro del contributo di solidarieta' ancorche' gia' soggette ad un preesistente meccanismo di intercettazione di extraprofitti («tetto sui ricavi» analogo al meccanismo gia' previsto in Italia dall'art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 e successive modificazioni ed integrazioni, c.d. decreto Sostegni-ter). Di conseguenza, i supposti «extraprofitti» delle societa' rinnovabili nel 2022 risultano incisi (a) dal contributo straordinario ex art. 37 del decreto-legge n. 21/2022, che non prevedeva in alcun modo l'esclusione dal suo perimetro di applicazione delle societa' rinnovabili; (b) dal c.d. meccanismo di compensazione a due vie disciplinato dall'art. 15-bis del decreto-legge n. 4/2022 e (c) dal contributo di solidarieta' introdotto dalla legge di bilancio 2023. La misura nazionale si discosta poi da quella europea sotto il profilo delle attivita' soggette a contribuzione, poiche' e' stato esteso l'ambito di applicazione; sotto il profilo della base imponibile, il contributo UE si applica alla sola parte dell'utile che eccede la media dei redditi dei quattro anni precedenti aumentata del 20%, mentre il contributo di solidarieta' si applica alla quota del reddito che eccede, «per almeno il 10 per cento», la media dei redditi dei quattro periodi anteriori (cfr., art. 1, comma 116 della legge di bilancio 2023). La base imponibile del contributo di solidarieta' e' quindi data, in parte, da un utile che il Legislatore euro-unitario considererebbe non soggetto al contributo in quanto utile «non dovuto all'andamento imprevedibile dei mercati dell'energia» (cfr., considerando 54 reg.). Cio' integrerebbe la violazione del principio di proporzionalita', oltre che degli articoli 49 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (riguardante il diritto di stabilimento) e 56 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (sulla liberta' di prestazione dei servizi). In piu', gravando anche sulle imprese attive nel settore delle energie rinnovabili, il contributo nazionale si risolve in un palese ostacolo ai loro investimenti sulla transizione energetica in violazione degli articoli 4, par. 3, del Trattato sull'Unione europea e art. 194 del TFUE. Infatti, mentre principi generali dell'Unione europea tutelano ed anzi promuovono gli investimenti in energie rinnovabili (come pure il regolamento, che destina ad esse i proventi ritratti dalle imposte, considerando 27) il contributo si pone in aperta violazione di questi obblighi comunitari, colpendo anche le energie rinnovabili. Per questi motivi la normativa italiana avrebbe dovuto essere disapplicata dall'amministrazione, in quanto incompatibile con il diritto europeo; sul punto le ricorrenti hanno formulato un quesito da sottoporre in via pregiudiziale, in ipotesi, alla Corte di giustizia UE. 7.2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 115-119, legge n. 197/2022. - Eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto d'istruttoria e sviamento, atteso che il contributo di solidarieta' grava su un esercizio inciso gia' dalle ordinarie imposte e dal previgente contributo ex art. 37 del decreto-legge n. 21/2022 e successive modificazioni ed integrazioni e dall'art. 15-bis del decreto-legge n. 4/2022 successive modificazioni ed integrazioni Violazione degli articoli 3 e 53 Cost. sulla doppia imposizione e sull'indeducibilita' del contributo ex art. 37 del decreto-legge n. 21/2022 successive modificazioni ed integrazioni - Violazione degli articoli 3, 23, 41, 53, 97 e 117, comma 2, lettera (e), Costituzione. L'applicazione concreta del contributo sarebbe contraria alla ratio della fattispecie impositiva («contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori», colpendo «gli utili eccedenti, verificatisi in capo alle societa' dei settori normativamente previsti») poiche', invece di incidere su (presunti) sovraprofitti energetici di un determinato settore, grava sull'intero settore energetico. E' invece evidente che l'aumento dei prezzi dei prodotti energetici non favorisce le imprese che dei medesimi prodotti sono (direttamente o indirettamente) acquirenti, come quelle impegnate in attivita' di commercializzazione. Inoltre, l'aumento non favorisce neppure le imprese di produzione di energia elettrica che operano in regime di tariffe pubbliche, che sono palesemente lontane dalla dinamica propria delle quotazioni di mercato dei prodotti energetici e, per cio' stesso, appaiono ictu oculi inidonee a generare «sovraprofitti» in presenza di fonti produttive ad alto costo. Infatti, il regolamento europeo, con scelta certamente ragionevole e non distorsiva, ha assoggettato ad imposizione le sole societa' estrattive, che sono le uniche a poter influenzare i prezzi di vendita, in quanto i loro costi di produzione non sono influenzati dai prezzi dei prodotti energetici «finiti» (c.d. mercato upstream) e ad aver conosciuto un incremento dei profitti a seguito della guerra in Ucraina, che ha ridotto le forniture energetiche russe. Diversamente, per le imprese di distribuzione, commercio e importazione di prodotti energetici «price taker») il rincaro congiunturale dell'energia determina si' un aumento dei ricavi, ma a fronte di un aumento dei costi. Si tratta dunque di imprese che versano in condizioni economiche obiettivamente diverse da quelle che giustificano l'applicazione di questa specifica imposizione, pertanto e' manifesta la contrarieta' del contributo ai principi di capacita' contributiva e di uguaglianza. Anche le previste modalita' di calcolo della base imponibile presentano criticita', in primo luogo per la scelta di assoggettare a tassazione un incremento reddituale ai fini dell'IRES senza tenere in considerazione le perdite pregresse. Inoltre, l'esclusione della deduzione relativa all'ACE (Aiuto alla crescita economica), che e' certamente rilevante ai fini dell'IRES, non solo penalizza ulteriormente le aziende che si sono patrimonializzate finanziandosi con capitale di rischio e non di debito, ma di fatto neutralizza l'agevolazione concessa dal legislatore a tali imprese, considerate «meritorie» dal complesso sistema dell'IRES. La base imponibile, peraltro, include voci del tutto disancorate da eventuali extraprofitti (sono significative, sul punto, le modifiche apportate dal legislatore nazionale al contributo 2022). Parimenti critica sarebbe la scelta del margine di imponibilita' (10%), posto che il contributo UE si applica alla sola parte dell'utile che eccede la media dei redditi dei quattro anni precedenti aumentata del 20%, cosi' come la soglia di prevalenza del 75% sarebbe incoerente rispetto ad una architettura tributaria che intenda rintracciare i soli sovraprofitti ritratti dall'aumento dei prezzi dei prodotti energetici, poiche' consente che il contributo gravi (fino al 25%) anche su profitti del tutto estranei alle attivita' incise. Pure il periodo di tempo preso a riferimento non sarebbe idoneo a rappresentare ipotetici sovraprofitti realizzati dalle imprese, stante l'incidenza, rispetto ai precedenti periodi, delle perdite dovute alla pandemia da Covid-19 e sarebbe altresi' critica, nonche' contraria a quanto piu' volte ribadito dalla Corte costituzionale e alle regole generali di cui al TUIR, la previsione di legge secondo cui il contributo di cui si discute non e' deducibile dalle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, di cui al comma 118 dell'art. 1 della legge di bilancio 2023. 7.3. Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117 Cost. Illegittimita' costituzionale per violazione degli articoli 3 e 53 Cost. Violazione del divieto di doppia imposizione. Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 41 Cost. Violazione dell'art. 42 Cost. e dell'art. 1 del Primo Protocollo addizionale della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. - Violazione degli articoli 3, 23, 41, 42, 53, 97 e 117, comma 2, lettera (e), Cost. Il contributo avrebbe natura sostanzialmente confiscatoria, comportando la ablazione totale del patrimonio, cosi' violando le norme costituzionali indicate e indirettamente l'art. 1 del Prot. Add. CEDU. Infatti, considerato che l'onere economico dei due contributi 2022 e 2023 (straordinario e di solidarieta') e' perlomeno parzialmente di competenza del periodo di imposta 2022, i supposti «sovraprofitti» sarebbero completamente azzerati tra IRES (24%), IRAP (circa 5%), contributo straordinario (25%) e contributo solidarieta' (50%). Cio' anche considerando che i due contributi mirano a tassare la stessa ricchezza e che il contributo 2022 non e' deducibile, con la conseguenza di un effetto sostanzialmente espropriativo/confiscatorio. Inoltre, nel settore delle rinnovabili, i supposti extraprofitti gia' sono assoggettati alle misure del decreto sostegni ter, con la conseguenza che i contributi si aggiungono a tali misure. Il cumulo dei due contributi con le tasse ordinarie, con effetto moltiplicativo, sarebbe dunque contrario ai principi di uguaglianza e di capacita' contributiva; cio' anche perche' in sede di disciplina dell'IRES il legislatore ha invece fissato la regola, che andrebbe rispettata anche per il tributo di cui si discute, della deducibilita' degli oneri fiscali (reddito complessivo netto, art. 75, comma 1, TUIR). L'indeducibilita' del previgente contributo dalla base imponibile IRES e, quindi, dalla base imponibile del contributo di solidarieta' si risolverebbe pertanto in una manifesta violazione dell'art. 53 Cost. - con riferimento al principio di capacita' contributiva - nella parte in cui viene ad essere assoggettato al contributo di Solidarieta' un incremento di reddito lordo, in quanto inclusivo di taluni costi pur pacificamente sostenuti dal contribuente nell'esercizio della propria attivita' imponibile; e dell'art. 3 Cost., congiuntamente all'art. 53 Cost., - relativamente al principio di uguaglianza e di ragionevolezza - per essere tale previsione normativa incoerente rispetto alla struttura stessa del presupposto del nuovo contributo, rinvenibile nell'assoggettamento ad imposizione dell'incremento di reddito ai fini dell'IRES. 8. - L'Agenzia delle entrate, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell'economia e finanze, costituiti in giudizio, hanno sostenuto, in rito, il difetto assoluto di giurisdizione sui provvedimenti impugnati, e, in via subordinata, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del giudice tributario e la carenza di interesse a ricorrere. Nel merito hanno sostenuto l'infondatezza del gravame. 9. - Il ricorso e' stato posto in decisione alla pubblica udienza del 21 novembre 2023. 10. - Il Collegio, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, intende sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge n. 197 del 2022, con riferimento agli articoli 3, 53 e 117 della Costituzione, tenuto di quanto come sopra denunciato, nei sensi che si chiariranno nel prosieguo della presente motivazione. Alla disamina della rilevanza della questione deve necessariamente essere premesso quanto segue. 10.1. - Il giudizio in esame involge - e di cio' il Collegio e' consapevole- sia potenziali questioni di legittimita' costituzionale (che per larga parte costituiscono, esse stesse, motivi di impugnazione degli atti oggetto di ricorso), sia potenziali questioni di compatibilita' comunitaria delle norme interessate, in astratto idonee a fondare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 del Trattato. Tali questioni - come testimonia la ricorrente invocazione della violazione dell'art. 117 Cost. contenuta nell'atto introduttivo - nel presente giudizio concorrono piu' volte tra di loro. Questo Tribunale amministrativo regionale ritiene di dovere innanzitutto sollevare le ritenute questioni di costituzionalita', dando cosi' precedenza al sindacato accentrato della Corte costituzionale. Cio', innanzitutto, sulla scorta dell'osservazione per cui un eventuale rinvio della medesima questione alla Corte di giustizia dell'UE sarebbe inutile, qualora la Corte costituzionale dovesse accogliere la questione di costituzionalita' delle norme censurate. 10.2. - La giurisprudenza costituzionale piu' recente in materia c.d. doppia pregiudizialita' conforta tale decisione del Collegio. Infatti, proprio in una pronunzia (sentenza n. 269 del 14 dicembre 2017) che derivava da un giudizio a quo in materia tributaria (in quella circostanza erano state sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Roma le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato, proprio in riferimento agli articoli 3 e 53, primo e secondo comma, della Costituzione) la Corte costituzionale ha premesso che «puo' darsi il caso che la violazione di un diritto della persona infranga, ad un tempo, sia le garanzie presidiate dalla Costituzione italiana, sia quelle codificate dalla Carta dei diritti dell'Unione, come e' accaduto da ultimo in riferimento al principio di legalita' dei reati e delle pene (Corte di giustizia dell'Unione europea, grande sezione, sentenza 5 dicembre 2017, nella causa C-42/17, M.A.S, M.B.)». In quella circostanza, la Corte costituzionale ha dunque osservato che «le violazioni dei diritti della persona postulano la necessita' di un intervento erga omnes di questa Corte, anche in virtu' del principio che situa il sindacato accentrato di costituzionalita' delle leggi a fondamento dell'architettura costituzionale (art. 134 Cost.). La Corte giudichera' alla luce dei parametri interni ed eventualmente di quelli europei (ex articoli 11 e 117 Cost.), secondo l'ordine di volta in volta appropriato, anche al fine di assicurare che i diritti garantiti dalla citata Carta dei diritti siano interpretati in armonia con le tradizioni costituzionali, pure richiamate dall'art. 6 del Trattato sull'Unione europea e dall'art. 52, comma 4, della CDFUE come fonti rilevanti in tale ambito.». Peraltro, come pure osservato dal Giudice delle leggi, "la stessa Corte di giustizia ha a sua volta affermato che il diritto dell'Unione «non osta» al carattere prioritario del giudizio di costituzionalita' di competenza delle Corti costituzionali nazionali, purche' i giudici ordinari restino liberi di sottoporre alla Corte di giustizia, «in qualunque fase del procedimento ritengano appropriata e finanche al termine del procedimento incidentale di controllo generale delle leggi, qualsiasi questione pregiudiziale a loro giudizio necessaria»; di «adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione»; di disapplicare, al termine del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, la disposizione legislativa nazionale in questione che abbia superato il vaglio di costituzionalita', ove, per altri profili, la ritengano contraria al diritto dell'Unione (tra le altre, Corte di giustizia dell'Unione europea, quinta sezione, sentenza 11 settembre 2014, nella causa C-112/13 A contro B e altri; Corte di giustizia dell'Unione europea, grande sezione, sentenza 22 giugno 2010, nelle cause C-188/10, Melki e C-189/10, Abdeli)." E, pertanto, «In linea con questi orientamenti, questa Corte ritiene che, laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimita' tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale, fatto salvo il ricorso, al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione, ai sensi dell'art. 267 del TFUE.». 10.3. - Ne segue, in definitiva, che la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale che qui il Collegio intende sollevare non e' inficiata dalla concorrente presenza di questioni di compatibilita' comunitaria, in astratto da sollevare davanti alla Corte di giustizia dell'UE. Con la precisazione, che deriva direttamente dalla lettura della su ampiamente richiamata sentenza n. 269/2017, per cui la preventiva questione di legittimita' costituzionale non deve riguardare unicamente le norme che, al contempo, possano essere sospettate anche di incompatibilita' con il diritto dell'Unione; bensi', come chiaramente indica la centrale affermazione della Corte per cui «le violazioni dei diritti della persona postulano la necessita' di un intervento erga omnes di questa Corte, anche in virtu' del principio che situa il sindacato accentrato di costituzionalita' delle leggi a fondamento dell'architettura costituzionale (art. 134 Cost.). La Corte giudichera' alla luce dei parametri interni ed eventualmente di quelli europei (ex articoli 11 e 117 Cost.), secondo l'ordine di volta in volta appropriato», anche eventuali profili di illegittimita' costituzionale non implicanti questioni di compatibilita' comunitaria delle norme interessate. 11. - Tanto premesso sul potere-dovere di questo Tribunale di sollevare questioni di legittimita' costituzionale nel presente giudizio, e' adesso possibile scrutinare i requisiti di rilevanza delle questioni che il Collegio intende sollevare. 11.1 - E' innanzitutto fin troppo ovvio che, senza l'introduzione nell'ordinamento, ad opera dell'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge n. 197 del 2022, del contributo di solidarieta' in questione, le societa' ricorrenti non risulterebbero incise dal relativo obbligo tributario, e, soprattutto, l'Agenzia delle entrate non avrebbe dovuto ne' potuto emanare la circolare e gli altri atti oggetto dell'impugnazione di parte ricorrente davanti a questo TAR. In particolare, la parte ricorrente, attraverso i vizi di legittimita' che ha ritenuto di appuntare sugli atti dell'Agenzia delle entrate oggetto di impugnazione, censura sia la base imponibile, che l'estensione dei soggetti passivi, che, ancora, l'indeducibilita' dall'Ires del contributo straordinario in questione. In altri termini, cio' che l'impugnazione si propone di raggiungere - mediante il richiesto annullamento di circolare ed atti successivi - e' l'espunzione dall'ordinamento nazionale della stessa norma che fonda i presupposti fondamentali dell'imposizione in questione. Va al riguardo osservato che le sentenze n. 188, n. 224 del 2020 e n. 46 del 2021 della Corte costituzionale affermano che non sussiste il difetto di incidentalita' quando la questione investe una disposizione avente forza di legge che il rimettente deve applicare come passaggio obbligato ai fini della risoluzione della controversia oggetto del processo principale. Tale requisito, sempre secondo la giurisprudenza costituzionale, viene ravvisato nei casi in cui «le doglianze mosse contro provvedimenti o norme secondarie non potrebbero altrimenti essere accolte che a seguito dell'eventuale accoglimento della questione di legittimita' proposta nei confronti della disposizione di legge da quei provvedimenti applicata (sentenze n. 151 del 2009, punto 4.4; n. 303 del 2007, punto 6.1; n. 4 del 2000, punto 2.2, del Considerato in diritto)» (sentenza n. 16 del 2017). Tanto accade, come detto, nel caso di specie. 11.2. - E' allora indispensabile scrutinare, in questa sede di esame della rilevanza delle questioni di costituzionalita', la possibilita' che - allo stato degli atti e salve eventuali sopravvenienze future - il giudizio in questione pervenga ad una pronunzia di merito, sia essa di accoglimento o di rigetto. Infatti, la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale «deve ritenersi sussistente quando la norma della cui legittimita' costituzionale il giudice dubiti debba essere applicata nel giudizio a quo per decidere il merito della controversia o una questione processuale o pregiudiziale, oppure quando la decisione della Corte costituzionale comunque influisca sul percorso argomentativo che il rimettente deve seguire per rendere la decisione». E' in altri termini indispensabile valutare l'eventuale fondatezza di questioni preliminari o pregiudiziali, prime fra tutte quelle relative alla giurisdizione. Cio' in quanto «Ai fini dell'ammissibilita' di una questione di costituzionalita', sollevata nel corso di un giudizio dinanzi ad un'autorita' giurisdizionale, e' necessario, fra l'altro, che essa investa una disposizione avente forza di legge di cui il giudice rimettente sia tenuto a fare applicazione, quale passaggio obbligato ai fini della risoluzione della controversia oggetto del processo principale. Nel caso di specie, non e' dubbio che l'eventuale accoglimento delle questioni prospettate (...) produrrebbe un concreto effetto nel giudizio a quo, satisfattivo della pretesa dedotta dalle parti private, poiche' dovrebbero essere accolte le doglianze mosse contro le norme secondarie censurate (nello stesso senso, sul principio, sentenze n. 303 e n. 50 del 2007)» (Corte costituzionale n. 151 del 2009). E la stessa giurisprudenza costituzionale non pone in dubbio che il giudizio sulla rilevanza della questione passi necessariamente per la valutazione della sussistenza della giurisdizione del giudice a quo; la Corte, infatti, non ha esitato (ad esempio, ordinanze n. 458 del 1992 e n. 60 del 1994) a dichiarare la manifesta inammissibilita' della questione di costituzionalita' in casi in cui essa era stata sollevata dal giudice non fornito di giurisdizione. 11.3. - Il presente giudizio viene ascritto dalla stessa parte ricorrente alla giurisdizione generale di legittimita' del giudice amministrativo, davanti al quale le societa' ricorrenti propongono domanda di annullamento della circolare n. 4/E del 23 febbraio 2023 emessa dall'Agenzia delle entrate e l'atto del direttore dell'Agenzia delle entrate n. 55523/2023 del 28 febbraio 2023 recante "Approvazione del modello di dichiarazione "Redditi 2023-SC", nella parte in cui gia' prevede l'indicazione in dichiarazione di alcuni elementi del contributo di solidarieta' previsto dall'art. 1, commi 115-119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023). 11.3.1. - Anche in questa circostanza, cosi' come era accaduto nella vicenda giudiziaria che -sin qui- ha interessato il contributo di solidarieta' di cui all'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022, le parti non pongono in dubbio la natura tributaria del contributo di solidarieta' di cui all'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge n. 197 del 2022. Per tale ragione, il confronto dialettico tra le parti si e' sviluppato (ancora una volta, cosi' come era accaduto in relazione al contributo del 2022), oltre che in ordine all'eccepito difetto assoluto di giurisdizione, anche in relazione all'attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo oppure al giudice tributario. Peraltro, la natura di imposta sui redditi del contributo di cui all'art. 1, commi 115, 116 e 118, della legge n. 197 del 2022 e' stata espressamente messa in dubbio proprio dalla circolare n. 4/E del 23 febbraio 2023. A pag. 4 della circolare, infatti, e' dato di leggere che "Il Consiglio dell'Unione europea, al riguardo, con il citato regolamento (UE) n. 2022/1854 del 6 ottobre 2022, ha previsto al Capo III una «Misura riguardante i settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione"», consistente, in particolare, nella previsione a livello unionale, per gli anni 2022 e/o 2023, di un contributo di solidarieta' temporaneo obbligatorio a carico delle imprese e delle stabili organizzazioni che operano in tali settori (...). Si tratta di una misura ridistributiva, congiunta e coordinata - adottata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'art. 122 del Trattamento di funzionamento dell'Unione europea (...) deve ritenersi che il contributo straordinario sia una misura temporanea e straordinaria per l'anno 2023 non annoverabile nell'alveo delle imposte sui redditi." E in calce, alla nota 6, la circolare medesima testualmente afferma: «Si evidenzia, al riguardo, che le misure adottate dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'art. 122 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea rientrano tra quelle di cui al titolo VIII, Capo 1, del TFUE, riguardanti la politica economica dell'Unione europea, e non tra quelle di cui al titolo VII, Capo 2, concernenti le disposizioni fiscali.». 11.3.2. - Tali affermazioni della circolare gravata potrebbero indurre a ritenere che il contributo in questione, oltre a non essere una imposta sui redditi, non rivesta neppure natura tributaria. Tuttavia, ai fini del riparto di giurisdizione, il Collegio ritiene di potere concordare con la parte ricorrente circa la qualita' di imposta dello stesso. Per quanto qui interessa, l'art. art. 1, commi da 115 a119 della legge n. 197 del 2022 prevede quanto segue: «115. Al fine di contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori, e' istituito per l'anno 2023 un contributo di solidarieta' temporaneo, determinato ai sensi del comma 116, a carico dei soggetti che esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l'attivita' di produzione di energia elettrica, dei soggetti che esercitano l'attivita' di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l'attivita' di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi. Il contributo e' dovuto, altresi', dai soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell'Unione europea. Il contributo non e' dovuto dai soggetti che svolgono l'attivita' di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonche' dalle piccole imprese e dalle microimprese che esercitano l'attivita' di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione identificata dal codice ATECO 47.30.00. Il contributo e' dovuto se almeno il 75 per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 deriva dalle attivita' indicate nei periodi precedenti.». «116. Il contributo di solidarieta' e' determinato applicando un'aliquota pari al 50 per cento sull'ammontare della quota del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle societa' relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle societa' conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022; nel caso in cui la media dei redditi complessivi sia negativa si assume un valore pari a zero. L'ammontare del contributo straordinario, in ogni caso, non puo' essere superiore a una quota pari al 25 per cento del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.». Questa disposizione e' stata integrata mediante il decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 «Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 18 ottobre 2023, n. 244, il cui art. 6 (Modifiche all'art. 4 del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 settembre 2023, n. 127) prevede che «1. Ai soli fini della determinazione del contributo di solidarieta' temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115 a 119 dell'art. 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, non concorrono alla determinazione del reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o vincolate a copertura delle eccedenze dedotte ai sensi dell'art. 109, comma 4, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo previgente alle modifiche apportate dall'art. 1, comma 33, lettera q), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nel limite del 30 per cento del complesso delle medesime riserve risultanti al termine dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.». «117. Il contributo di solidarieta' dovuto, determinato ai sensi del comma 116, e' versato entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023. I soggetti che in base a disposizioni di legge approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio effettuano il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio. I soggetti con esercizio non coincidente con l'anno solare possono effettuare il versamento del contributo entro il 30 giugno 2023.». Peraltro, il termine di versamento e' stato differito al 30 ottobre 2023 ad opera dell'art. 4, comma 1, decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 settembre 2023, n. 127. «118. Il contributo di solidarieta' non e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive.». «119. Ai fini dell'accertamento, delle sanzioni e della riscossione del contributo di solidarieta', nonche' del contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.». 11.3.3. - Come noto, secondo la giurisprudenza costituzionale, una fattispecie deve ritenersi «di natura tributaria, indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino tre indefettibili requisiti: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese» (ad esempio, fra tante, sentenze n. 269 e n. 236 del 2017, sentenza n. 89 del 2018, sentenza n. 167 del 2018). Anche la giurisprudenza della Corte di cassazione (Cass. civ., sez. un. , 31 ottobre 2022 n. 32121) e' concorde nel ritenere che una fattispecie deve ritenersi di natura tributaria, indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino i tre indefettibili requisiti su richiamati. Inoltre, i caratteri identificativi generali del tributo debbono essere individuati nei seguenti elementi tipizzanti (peraltro dichiaratamente rinvenuti dalla Corte di cassazione nella giurisprudenza costituzionale): «la matrice legislativa della prestazione imposta, in quanto il tributo nasce direttamente in forza della legge, risultando irrilevante l'autonomia contrattuale (Corte cost., n. 58 del 2015)»; «la doverosita' della prestazione (Corte cost., n. 141 del 2009, n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che comporta un'ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente pubblico (Corte cost., n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26 del 1982)»; «la circostanza che i soggetti tenuti al pagamento del contributo non possono sottrarsi a tale obbligo e la legge non da' alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volonta' delle parti (Corte cost., n. 238 del 2009, punto 7.2.3.2, nonche', in relazione al contributo al SSN, Cassazione civ., sez. un. , n. 123 del 2007, che ne ha affermato la natura tributaria)»; «il nesso con la spesa pubblica, nel senso che la prestazione e' destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell'ente impositore (Corte cost., n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982, nonche', tra le altre, Cassazione civ., sez. un. , n. 21950 del 2015 e n. 13431 del 2014).». Nel caso in esame la ricorrenza dei requisiti appena rassegnati e', a parere del Collegio, evidente, in quanto: il prelievo e' disposto da una norma avente forza di legge; non e' dubitabile la definitivita' della prestazione patrimoniale, della quale non e' prevista alcuna forma di restituzione o di ripetibilita', neppure parziale, in favore dei soggetti passivi; non vi e' alcuna controprestazione in rapporto sinallagmatico con i versamenti del contributo; quest'ultimo - almeno nelle intenzioni dell'impianto normativo, e senza che cio' costituisca giudizio sulle svariate censure proposte dalle imprese ricorrenti sul punto - si propone di colpire cio' che la norma primaria, al comma 115, ritiene essere un indice di capacita' contributiva, ossia le attivita' delle imprese del settore energetico ivi contemplate, se almeno il 75 per cento dei ricavi del periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 derivi da tali attivita'; lo scopo del prelievo e', secondo il comma 115, quello di «contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori». In conclusione, si deve rilevare la natura tributaria del contributo in questione, che puo' essere qualificato come imposta (indiretta), in quanto l'obbligazione non si correla a un atto o a un'attivita' pubblica, ma trova il proprio presupposto esclusivamente in fatti economici posti in essere dai soggetti passivi. 11.4. - Tanto premesso sulla natura tributaria del contributo in questione, ritiene tuttavia il Collegio di non potere aderire alle eccezioni di difetto assoluto di giurisdizione e - in subordine - di carenza della giurisdizione amministrativa (in favore di quella tributaria) sollevate dall'Agenzia delle entrate in relazione all'impugnazione della circolare e degli altri atti in epigrafe. 11.4.1. - Come ricordato dalla difesa delle ricorrenti, nella - certamente analoga alla presente- materia dell'impugnazione della circolare e degli altri atti emessi in attuazione dell'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022 (contributo di solidarieta' per l'anno 2022), questo TAR, con numerose sentenze, aveva dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione in considerazione della assenza di natura regolamentare (ma anche di atto amministrativo generale) della circolare in quella circostanza impugnata, nonche' della sua natura meramente ricognitiva - e cosi' anche di quella degli ulteriori atti emessi «a valle» dall'Agenzia delle entrate - della norma primaria istitutiva del tributo. 11.4.2. - A seguito della declaratoria di difetto assoluto di giurisdizione da parte di questo TAR, il Consiglio di Stato, in sede d'appello, ha annullato con rinvio le pronunzie di primo grado, affermando la sussistenza della giurisdizione amministrativa. Il Giudice d'appello ha basato l'annullamento delle sentenze di questo Tribunale amministrativo regionale sulla base della considerazione per cui «... alla fonte normativa primaria sono stati riservati gli elementi costitutivi della prestazione impositiva, mentre a quella gerarchicamente subordinata sono stati demandati gli ulteriori aspetti di dettaglio della stessa, necessari per l'attuazione della norma impositiva. Sotto il profilo ora evidenziato quest'ultima risulta dunque riferibile ad un potere amministrativo, attribuito alla competente amministrazione finanziaria. Ne deriva quale ulteriore conseguenza che gli atti riconducibili alla fonte amministrativa istituita dalla norma di legge partecipano della relativa natura e sono quindi a loro volta qualificabili come atti amministrativi. (...) non e' peraltro determinante stabilire se sul piano sostanziale il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate ex art. 37, comma 5, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, abbia natura regolamentare o di atto amministrativo generale. In base al sopra citato art. 7, comma 1, cod. proc. amm. la giurisdizione generale di legittimita' del giudice amministrativo concerne infatti "provvedimenti" e "atti" delle pubbliche amministrazioni comunque espressivi del potere pubblico, quali pacificamente sono sia i regolamenti che gli atti amministrativi generali, nel cui schema la stessa Agenzia delle entrate riconosce essere inquadrabile il provvedimento di attuazione del contributo straordinario oggetto di impugnazione. (...) Pacifica dunque la natura di atto amministrativo di quest'ultimo, come peraltro anche della circolare e della risoluzione impugnati, altrettanto incontestabile e' l'assenza nella fattispecie controversa di atti di imposizione tributaria che possano valere a radicare la giurisdizione degli organi del contenzioso tributario (...)» (tra tante, si veda la sentenza n. 3219 del 29 marzo 2023). 11.4.3. - Va peraltro rilevato che, con sentenza n. 9188 del 24 ottobre 2023, lo stesso Consiglio di Stato, chiamato a scrutinare l'appello contro la sentenza di questa sezione che aveva dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione sull'atto dell'Agenzia delle entrate n. 132395 del 12 luglio 2017 (recante, ai sensi dell'art. 4, comma 6, decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, con legge 21 giugno 2017, n. 96, le «disposizioni di attuazione» del regime fiscale per le locazioni brevi stabilito dall'art. 4, commi 4, 5 e 5-bis, del medesimo decreto-legge n. 50 del 2017), ha affermato che "In termini generali, la circolare e', in se', mero atto interno dell'amministrazione privo di rilievo, spessore e valore normativo: la circolare, in altri termini, non e' fonte del diritto. (...) Essa, infatti, e' priva della capacita' di dettare norme vincolanti per tutti i consociati e si rivolge esclusivamente alle articolazioni interne (uffici sotto-ordinati e periferici) dell'amministrazione, indicando le modalita' da seguire nell'espletamento dell'attivita' istituzionale. (...) Peraltro, anche all'interno dell'apparato amministrativo la circolare non e' vincolante e puo' essere disattesa, senza che cio' determini per cio' solo l'illegittimita' dell'atto: la violazione della circolare, al piu', puo' venire in rilievo soltanto quale possibile figura sintomatica dell'eccesso di potere. (...) Per quanto qui di interesse, le circolari interpretative, quale e' quella nella specie gravata, recano l'esegesi di una disposizione di legge e, pertanto, afferiscono ad un profilo, appunto l'interpretazione della legge, in cui l'amministrazione non ha funditus alcuna posizione di privilegio, essendo viceversa soggetta al dato legislativo al pari di ogni altro soggetto: nel nostro ordinamento, infatti, l'unica interpretazione vincolante della legge e' quella data dal Giudice (nei limiti della specifica materia del contendere portata al suo esame e nei confronti dei soli soggetti coinvolti nella lite - cfr. art. 2909 c.c.). (...) Nella materia tributaria, infatti, il rapporto giuridico intercorrente fra ente impositore e contribuente e' regolato interamente dalla legge; l'amministrazione non puo' autonomamente individuare an, quantum, quomodo e quando della prestazione tributaria gravante sul singolo contribuente, dovendo, al contrario, procedere alla mera attuazione del dictum normativo, previa esegesi delle disposizioni rilevanti che, tuttavia, ha un valore del tutto equi-ordinato a quella operata dal contribuente; in caso di contenzioso, grava sul Giudice adito l'enucleazione del corretto significato da attribuire alle disposizioni, senza che abbia rilievo decisivo l'orientamento esegetico dell'amministrazione, ove pure espresso in atti formali (quale appunto una circolare interpretativa). (...) Di per se', dunque, la circolare interpretativa non puo' strutturalmente ledere l'amministrato e, conseguentemente, vi e' in merito un difetto assoluto di giurisdizione: essa, infatti, non concreta ne' un atto specifico di esercizio di potesta' impositiva, per il quale sussiste la giurisdizione del Giudice tributario, ne' un atto generale di imposizione, rientrante - quale atto regolamentare o, comunque, generale propedeutico all'emanazione dei singoli atti impositivi - nell'ordinaria giurisdizione di legittimita' del Giudice amministrativo. (...) Le esposte conclusioni assumono particolare pregnanza nel diritto tributario, connotato dalla riserva di legge (art. 23 Cost.), dall'inderogabilita' della disposizione tributaria e, parallelamente, dall'indisponibilita' della prestazione tributaria (art. 53 Cost.), dalla normale assenza di discrezionalita' amministrativa in capo agli enti impositori." Sulla scorta di tali considerazioni, pertanto, in quella controversia, il Consiglio di Stato ha respinto il motivo d'appello relativo al difetto assoluto di giurisdizione pronunziato in primo grado dal TAR. 11.4.4. - Il Collegio ritiene di dovere superare l'incertezza interpretativa presente in giurisprudenza, di cui si e' appena dato conto, prendendo atto che le sentenze d'appello relative all'impugnazione della circolare e degli ulteriori atti applicativi inerenti il contributo di cui all'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022 sono state oggetto di regolamento di giurisdizione da parte dell'Avvocatura dello Stato davanti alle SS.UU. della Corte di cassazione, le quali hanno dichiarato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo. In particolare, in quella circostanza (si veda ad esempio la sentenza n. 29103 del 19 ottobre 2023), in cui pure veniva in considerazione l'impugnazione davanti al giudice amministrativo di un provvedimento direttoriale, di una circolare interpretativa e di una risoluzione, la Corte ha affermato, quanto alla natura del provvedimento direttoriale (ritenuto meramente attuativo della voluntas legis dalle difese dell'Agenzia delle entrate), trattarsi «... di un atto amministrativo generale, come tale impugnabile avanti al GA, in virtu' della previsione di cui all'art. 7, commi 1 e 4 cod. proc. amm.», e quanto alla circolare - ritenuta dall'Agenzia ricorrente atto meramente interpretativo-, che essa avesse «contenuto integrativo del provvedimento direttoriale ed in quanto tale allo stesso e' associabile sul piano della sussistenza dell'affermata giurisdizione amministrativa». Hanno poi soggiunto le SS.UU. che «Poiche' l'esercizio del potere discrezionale dell'Agenzia delle entrate, pur attuativo della voluntas legis (peraltro secondo il principio costituzionale di legalita' dell'azione amministrativa), costituisce il presupposto generale dell'azione impositrice concreta, la situazione soggettiva che ne deriva non puo' essere che qualificata come interesse legittimo, giacche' altrimenti se ne creerebbe un'assenza di giustiziabilita' costituzionalmente non consentita (v. ultra). In altri, piu' semplici e stringenti termini, la sussistenza di un interesse legittimo, che costituisce la situazione giuridica soggettiva tutelanda, deriva dalla stessa ontologia dei provvedimenti impugnati e quindi sussiste in re ipsa.» In definitiva, cio' che le SS.UU. hanno ritenuto ammissibile, ed ascrivibile alla giurisdizione del giudice amministrativo, e' «... una forma di tutela preventiva avverso i regolamenti/gli atti amministrativi generali rispetto agli atti impositivi/riscossivi " individuali" che e' del tutto legittimata, come gia' osservato, dall'art. 7, commi 1-4 cod. proc. amm., e, per converso, dal decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 5, il quale appunto prevede che "Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente.». Per tali ragioni la Corte ha ritenuto di dare continuita' al principio di diritto, che essa ha espressamente enunziato, per cui «Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. l'impugnazione proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 6 marzo 2020 con cui, in attuazione del decreto-legge n. 124 del 2019, art. 36, comma 3, conv., con modif., dalla legge n. 157 del 2019, sono stati indicati le modalita' di presentazione e il contenuto essenziale della comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano cumulato la deduzione fiscale legge n. 388 del 2000, ex art. 6, commi 13 e ss., e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011 possono, avvalendosi della speciale facolta' introdotta proprio dal citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l'importo dedotto dalle rispettive basi imponibili. Infatti, tale provvedimento si configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell'elenco riportato nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19" (Sez. U -, ordinanza n. 25479 del 21 settembre 2021, Rv. 662252 - 01).». 11.4.5. - Sebbene in quella circostanza la Corte regolatrice abbia fatto espresso riferimento, nell'enunciare il principio applicabile, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (in quanto il principio era stato espresso in precedenza nell'ambito di controversia in materia di produzione di energia), e nel caso di specie si verta, invece, nella giurisdizione generale di legittimita' (si tratta di azione di annullamento in materia non contemplata dall'art. 133 c.p.a.; in particolare, non ricorre l'ipotesi di cui alla lettera «o» del comma 1, essendo qui la produzione di energia solo il presupposto dell'imposizione tributaria disciplinata con le norme denunziate), il Collegio ritiene di aderire - come detto - alla tesi per cui gli atti impugnati sono impugnabili, e lo sono davanti al giudice amministrativo. A cio' il Collegio e' indotto sia dall'evidente analogia tra i due contributi straordinari (quello disciplinato dall'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022, i cui atti applicativi sono stati oggetto del regolamento di giurisdizione di cui si e' detto, e quello di cui alle norme di cui si fa questione di legittimita' costituzionale), che dalla constatazione per cui gli atti impugnati in quel giudizio e nel presente hanno eguale qualificazione giuridica (un provvedimento direttoriale, ed una circolare interpretativa): in quest'ultimo senso e' dirimente, in presenza di atti dichiaratamente solo attuativi della norma primaria di riferimento, l'affermazione delle SS.UU. per cui «Non ha rilievo la natura discrezionale ovvero vincolata (meramente attuativa della norma primaria) dell'atto in contesto, non essendo un presupposto necessario a fondare la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo». 11.4.6. - Tali affermazioni sono peraltro in sostanziale consonanza con quanto aveva affermato, in punto di giurisdizione, il Consiglio di Stato in sede di appello proposto dalle originarie ricorrenti avverso le sentenze di questo Tribunale amministrativo regionale declinatorie della giurisdizione nell'impugnazione agli atti emessi in attuazione dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022. In quella circostanza, infatti (si veda ad esempio la sentenza n. 3219 del 2023), il Consiglio di Stato aveva osservato che «... in conformita' all'art. 23 Cost., alla fonte normativa primaria sono stati riservati gli elementi costitutivi della prestazione impositiva, mentre a quella gerarchicamente subordinata sono stati demandati gli ulteriori aspetti di dettaglio della stessa, necessari per l'attuazione della norma impositiva. Sotto il profilo ora evidenziato quest'ultima risulta dunque riferibile ad un potere amministrativo, attribuito alla competente amministrazione finanziaria. Ne deriva quale ulteriore conseguenza che gli atti riconducibili alla fonte amministrativa istituita dalla norma di legge partecipano della relativa natura e sono quindi a loro volta qualificabili come atti amministrativi.». Per risolvere la questione di giurisdizione oggetto del presente appello non e' peraltro determinante stabilire se sul piano sostanziale il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate ex art. 37, comma 5, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, abbia natura regolamentare o di atto amministrativo generale. In base al sopra citato art. 7, comma 1, cod. proc. amm. la giurisdizione generale di legittimita' del giudice amministrativo concerne infatti «provvedimenti» e «atti» delle pubbliche amministrazioni comunque espressivi del potere pubblico, quali pacificamente sono sia i regolamenti che gli atti amministrativi generali, nel cui schema la stessa Agenzia delle entrate riconosce essere inquadrabile il provvedimento di attuazione del contributo straordinario oggetto di impugnazione. 12. - Da ultimo, nell'ambito della valutazione della rilevanza delle questioni che il Collegio intende sollevare, al fine di scrutinare il possibile approdo del ricorso ad una decisione di merito va esaminata l'eccezione di inammissibilita' per difetto di interesse sollevata dall'Avvocatura erariale. Per la quale, in sintesi, essendo gli atti impugnati solo ripetitivi della norma istitutiva del tributo, il loro eventuale annullamento non inciderebbe sulla sussistenza, per i designati soggetti passivi, dell'obbligo tributario cui essi sono astretti direttamente dalla norma stessa. La parte ricorrente, sotto questo profilo, annette invece rilevanza dirimente al fatto che i provvedimenti impugnati hanno contribuito a determinare gli elementi integrativi della fattispecie per l'adempimento dell'obbligo tributario (peraltro entro termini brevi). 12.1. - Su questo punto osserva il Collegio che il riferimento all'istituzione dei c.d. codice tributo certamente non puo' avere effetto sull'esistenza dell'obbligazione tributaria in capo ai soggetti passivi, ne', tanto meno, sulla platea di questi ultimi, ne', ancora, sulla base imponibile del contributo straordinario: tali elementi - cosi' come tutti quelli costituitivi del tributo -, atti a fondare l'obbligazione tributaria, per definizione non possono che essere posti (ed eventualmente modificati) soltanto dalla legge o da atti aventi forza di legge (art. 23 Cost.): e cosi' e' anche nel caso dell'art. 1, commi da 115 a 118 della legge n. 197 del 2022. 12.2. - Tuttavia, dall'istituzione del codice tributo deriva un rilevante effetto sostanziale, che refluisce, sul piano processuale, nel radicamento dell'interesse al ricorso in capo ai soggetti d'imposta. Tale effetto come detto e' stato riferito alla possibilita' di adempiere all'obbligazione tributaria istituita con norma di rango legislativo. La impostazione merita condivisione. Se, infatti, in linea generale, non e' dubitabile che - ai sensi dell'art. 23 della Costituzione - l'obbligazione tributaria, sotto cio' che viene definito in dottrina il suo «aspetto statico» (presupposto, base imponibile, soggetti passivi), e' un'obbligazione legale, nondimeno la sua formazione puo' derivare anche da atti del contribuente (ad esempio, opzione per uno dei possibili regimi previsti dalla legge per determinati tributi) o dell'amministrazione finanziaria (c.d. «aspetto dinamico» dell'obbligazione tributaria). In quest'ultimo caso l'attuazione dell'imposta deriva da atti ulteriori rispetto alla sua istituzione con legge. Nel caso in esame, l'istituzione - mediante uno degli atti impugnati nel presente giudizio, ossia la risoluzione direttoriale - del codice tributo attiene indubbiamente a tale momento attuativo, nel senso che rende esigibile (insieme agli altri elementi della fattispecie legale, in primis la scadenza del termine di pagamento) l'obbligazione tributaria. L'istituzione del codice tributo, infatti, rende possibile l'imputazione corretta del pagamento (qui da effettuarsi tramite versamento diretto tramite i servizi telematici dell'Agenzia delle entrate, come specificato nella impugnata circolare n. 4/2023 e ribadito nella risoluzione gravata) al tributo in questione, e non ad altre e diverse obbligazioni cui il soggetto passivo sia astretto verso l'Erario, in quanto reca gli estremi identificativi dell'imposta pagata: si tratta, in definiva, di un onere cui l'Ente titolare del tributo deve assolvere al fine di rendere possibile al proprio debitore di adempiere correttamente all'obbligazione tributaria. 12.3. - In conclusione, le questioni di legittimita' costituzionale che il Collegio intende sollevare sono dotate di rilevanza nel presente giudizio, atteso che gli atti impugnati - dotati di autonoma lesivita' per quanto su rassegnato - sono stati emessi in diretta derivazione dalle norme qui sospettate di incostituzionalita'. 13. Quanto alla non manifesta infondatezza il Collegio ravvisa, in primo luogo, la contrarieta' del contributo di solidarieta' introdotto dall'art. 1, commi 115 e ss., della legge n. 197/2022 all'art. 117 della Costituzione, con riguardo ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e, nello specifico, dal regolamento UE 1854/2022, direttamente applicabile. Deve infatti considerarsi che, con il regolamento indicato, l'Unione europea, dopo aver dato atto che, a causa di situazioni eccezionali (quali la guerra e particolari condizioni meteorologiche), tutti gli Stati membri, sebbene in misura diversa, sono stati colpiti dall'attuale crisi energetica e che «il netto aumento dei prezzi dell'energia sta contribuendo in modo sostanziale all'inflazione generale nella zona euro e rallenta la crescita economica dell'Unione» (considerando 5), ha ritenuto necessario «uno sforzo coordinato da parte degli Stati membri, in uno spirito di solidarieta', durante la stagione invernale 2022-2023» per attenuare l'impatto dei prezzi elevati dell'energia e garantire che l'attuale crisi non comporti danni duraturi per i consumatori e l'economia (considerando n. 6). L'Unione europea ha infatti spiegato che «E' necessaria una risposta unitaria e ben coordinata a livello dell'Unione» poiche' «Misure nazionali non coordinate potrebbero incidere sul funzionamento del mercato interno dell'energia, mettendo in pericolo la sicurezza dell'approvvigionamento e determinando ulteriori aumenti dei prezzi negli Stati membri piu' colpiti dalla crisi.» (considerando 9). Sulla base di queste premesse, il regolamento ha individuato le misure che gli Stati membri possono adottare, ove non abbiano gia' adottato misure equivalenti, per far fronte alla situazione emergenziale in maniera armonizzata sull'intero territorio dell'Unione, illustrandole compiutamente gia' nelle premesse del regolamento. Tali misure, come visto, consistono: (i) nella riduzione del consumo di energia elettrica (considerando 10 e poi in dettaglio 16 e ss.); (ii) in un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dai produttori di energia rinnovabile (considerando 11 e poi in dettaglio 23 e ss); iii) in un contributo di solidarieta' eccezionale temporaneo «per le imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffineria» (considerando 12, 13 e 14 e poi in dettaglio 50 e ss), con la precisazione che tali sono le imprese e le organizzazioni che generano almeno il 75% di fatturato nel settore dell'estrazione, della raffinazione del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria (art. 2 «Definizioni», par. 1, n. 17). Con particolare riferimento a quest'ultima misura, ora qui di interesse, l'indicazione, a livello europeo, degli specifici destinatari del contributo eccezionale e temporaneo (imprese che svolgono, in sostanza, la parte prevalente dell'attivita' nei settori della estrazione e della raffineria) e' espressamente spiegata nel regolamento, in piu' passaggi: «Il contributo di solidarieta' e' uno strumento adeguato per gestire gli utili eccedenti in caso di circostanze impreviste. Tali utili non corrispondono agli utili ordinari che le imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffineria si sarebbero aspettati o avrebbero potuto prevedere di ottenere in circostanze normali, se non si fossero verificati eventi imprevedibili sui mercati dell'energia» (considerando 14); cio', si continua a leggere, e' evidentemente avvenuto perche' «Senza modificare in modo sostanziale la struttura dei costi ne' aumentare gli investimenti, le imprese e le stabili organizzazioni dell'Unione che generano almeno il 75% di fatturato che svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione hanno registrato un'impennata dei profitti dovuta alle circostanze improvvise e imprevedibili della guerra di aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina, alla riduzione dell'offerta di energia e all'aumento della domanda causato da temperature eccezionalmente elevate» (considerando 50); di conseguenza, «Il contributo di solidarieta' temporaneo dovrebbe fungere da misura di ridistribuzione grazie alla quale le imprese interessate contribuiscono ad attenuare la crisi energetica nel mercato interno proporzionalmente agli utili eccedenti che hanno realizzato in conseguenza delle circostanze impreviste.» (considerando 51). In altri termini, quindi, dalla piana lettura del regolamento europeo emerge che la specificita' dei destinatari (rectius, del peculiare atteggiarsi dell'attivita' imprenditoriale svolta dai medesimi che, a fronte dell'invarianza dei costi, ha loro consentito di aumentare considerevolmente i ricavi in virtu' delle circostanze eccezionali verificatesi) integra la ragion d'essere, l'ubi consistam, della misura stessa. La peculiarita' della misura del contributo rivolto al settore dell'estrazione rispetto alle altre misure e' ben esplicitata nel regolamento (considerando 45): «Le pratiche commerciali e il quadro normativo nel settore dell'energia elettrica sono nettamente diversi da quelli che vigono per i combustibili fossili. Dato che con l'introduzione del tetto sui ricavi di mercato s'intende riprodurre l'esito del mercato che i produttori potrebbero attendersi se le catene di approvvigionamento mondiali funzionassero normalmente, ossia senza le interruzioni dell'approvvigionamento di gas verificatesi da febbraio 2022, e' necessario che la misura destinata ai produttori di energia elettrica si applichi ai ricavi ottenuti dalla generazione di energia elettrica. Il contributo di solidarieta' temporaneo dovrebbe invece applicarsi alle imprese e alle stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, dal momento che tale contributo e' diretto alla loro redditivita', in netto aumento rispetto agli anni scorsi». La differenza tra le due misure e' esplicitata anche nella proposta di regolamento, dove si legge (pp. 4-5): «Al fine di assicurare parita' di condizioni, la Commissione propone due strumenti complementari che abbracciano l'intero settore dell'energia: a) una misura volta a ridurre temporaneamente i ricavi dei produttori di energia elettrica e b) una misura che stabilisce temporaneamente un contributo di solidarieta' sugli utili eccedenti nel settore fossile che rientrano nell'ambito di applicazione del presente regolamento. Riducendo i ricavi dei produttori di energia elettrica, la misura proposta dal regolamento mira a riprodurre l'esito del mercato che i produttori potrebbero attendersi se le catene di approvvigionamento mondiali funzionassero normalmente, ossia in assenza delle interruzioni dell'approvvigionamento di gas verificatesi dopo l'invasione dell'Ucraina nel febbraio 2022. La Commissione propone inoltre un contributo temporaneo di solidarieta' che si applica agli utili delle imprese attive nei settori del petrolio, del gas, del carbone e della raffinazione, che hanno registrato una forte crescita rispetto agli anni precedenti». Nonche': «la presente proposta istituisce un contributo temporaneo di solidarieta' basato sugli utili imponibili realizzati nell'esercizio fiscale 2022 da societa' e stabili organizzazioni attive solo nei settori del petrolio, del gas, del carbone e della raffinazione». A fronte di cosi' chiare ed espresse indicazioni, nel regolamento europeo, sulle motivazioni del contributo di solidarieta' e sul suo conseguente ambito soggettivo (Capo III del regolamento specificamente dedicato, appunto, alla «Misura riguardante i settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione»), tuttavia, con le norme qui in esame il legislatore italiano, come visto, ha posto tale contributo a carico di soggetti anche diversi dai soli testualmente indicati a livello europeo (in quanto, come spiegato, le loro dinamiche di impresa giustificano, nel testo del regolamento, la previsione di uno specifico contributo), peraltro escludendo le imprese che svolgono attivita' di estrazione del petrolio, invece contemplate a livello sovranazionale. Ritiene il Collegio, sul punto, che la scelta legislativa nazionale cosi' operata sia direttamente violativa dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, senza che sussista la necessita' di procedere alla interpretazione del dato normativo europeo: la misura sovranazionale specifica per il settore estrattivo e di raffineria, invero, non e' stata proprio adottata dall'Italia, nonostante le cogenti previsioni del regolamento europeo e la fissazione di un apposito termine (art. 14, paragrafi 1 e 3 del regolamento «1. Gli utili eccedenti generati da imprese e stabili organizzazioni dell'Unione che svolgono attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione sono soggetti a un contributo di solidarieta' temporaneo obbligatorio, a meno che gli Stati membri non abbiano adottato misure nazionali equivalenti. (...) 3. Gli Stati membri adottano e pubblicano misure che attuano il contributo di solidarieta' temporaneo obbligatorio di cui al paragrafo 1 entro il 31 dicembre 2022.). Per contro, per la pretesa attuazione delle norme del regolamento risulta adottata altra diversa misura nazionale di contribuzione di solidarieta', quale misura asseritamente equivalente (pregiudizievole per le ricorrenti e quindi contestata), ricadente in larga parte su un diverso settore (gia' destinatario di altre misure), che integra, quindi, una sorta di aliud pro alio la cui immediata percezione non richiede alcuno sforzo esegetico. Non rileva, infatti, in senso contrario alla illegittimita' qui ritenuta, la circostanza che il Regolamento preveda la possibilita' per gli Stati membri di adottare misure «equivalenti», poiche', nel disegno normativo europeo, l'equivalenza e' testualmente fissata tra misure ricadenti sullo stesso specifico settore della estrazione e della raffineria, caratterizzato dalle proprie dinamiche di impresa che giustificano la misura, potendo l'equivalenza, semmai, riguardare gli obiettivi della misura stessa, le finalita' di utilizzo dei proventi, la base imponibile e l'aliquota del contributo (cfr. Considerando 63 secondo cui «Gli Stati membri dovrebbero applicare il contributo di solidarieta' stabilito dal presente regolamento nei rispettivi territori, a meno che non abbiano adottato misure nazionali equivalenti. L'obiettivo della misura nazionale dovrebbe essere considerato simile all'obiettivo generale del contributo di solidarieta' istituito dal presente regolamento quando consiste nel contribuire all'accessibilita' economica dell'energia. Una misura nazionale dovrebbe considerarsi soggetta a norme analoghe a quelle che si applicano al contributo di solidarieta' qualora riguardi attivita' nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione, definisca una base, preveda un tasso e garantisca che i proventi della misura nazionale siano usati per finalita' che sono simili a quelle del contributo di solidarieta'.», nonche' art. 14, paragrafo 2: «Gli Stati membri provvedono a che le misure nazionali equivalenti adottate condividano obiettivi simili a quelli del contributo di solidarieta' temporaneo di cui al presente regolamento, siano soggette a norme analoghe e generino proventi comparabili o superiori ai proventi stimati del contributo di solidarieta'.»). Ne consegue che la violazione diretta del vincolo derivante dal regolamento europeo di adottare una misura contributiva di solidarieta' a carico dello specifico settore della estrazione e della raffineria, e' rilevante nella specie, poiche' il legislatore italiano - in luogo di essa - ha ritenuto di adottare nel periodo indicato, definendola espressamente quale misura equivalente, una misura contributiva invece anche a carico delle imprese ricorrenti, appartenenti ad altro settore e interessate da altre misure, che, per contro, non avrebbe avuto ragion d'essere prevista ove non si fosse perpetrata la violazione anzidetta. 14. - La rilevata natura tributaria del contributo di solidarieta' di cui si discute importa pure la contrarieta' delle previsioni in esame agli articoli 3 e 53 della Costituzione. Le disposizioni, infatti, appaiono, in primo luogo, in contrasto con i principi di uguaglianza, di proporzionalita' e di ragionevolezza, quest'ultima intesa anche come congruenza delle previsioni adottate con l'obiettivo perseguito dal legislatore. La disciplina del contributo di solidarieta' appare, inoltre, in contrasto con il principio di capacita' contributiva, che del principio di uguaglianza costituisce una specificazione, rappresentando il presupposto e, al contempo, il limite del potere impositivo dello Stato e del dovere del contribuente di concorrere alle spese pubbliche e importando, di conseguenza, l'illegittimita' di quelle norme che istituiscono un trattamento differenziato tra situazioni uguali ovvero un trattamento uguale per situazioni differenziate, laddove l'opzione normativa prescelta non sia sorretta da argomenti persuasivi. In proposito il Collegio richiama quanto affermato dalla Corte costituzionale con riferimento al tributo di cui all'art. 81, commi 16, 17 e 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133 (che, per diversi profili richiama il contributo qui in esame), laddove ha affermato che il sacrificio ai principi di eguaglianza e capacita' contributiva recato da un tributo speciale e selettivo non dev'essere sproporzionato e non deve degradare in arbitraria discriminazione, in quanto «la sua struttura deve raccordarsi con la relativa ratio giustificatrice», cosi' che se «il presupposto economico che il legislatore intende colpire e' la eccezionale redditivita' dell'attivita' svolta in un settore che presenta caratteristiche privilegiate in un dato momento congiunturale, tale circostanza dovrebbe necessariamente riflettersi sulla struttura dell'imposizione» (Corte costituzionale, sentenza 11 febbraio 2015, n. 10). 14.1. - Rileva, in particolare, il Collegio come le disposizioni di cui ai commi 115 e ss. dell'art. 1 della legge n. 197/2022 presentano diverse criticita' con riferimento all'individuazione della base imponibile, la definizione della quale risulta, per piu' versi, non congruente con la dichiarata finalita' di tassare gli incrementi di utili dipendenti dall'aumento dei prezzi dell'energia. 14.1.2. - Come visto, il contributo e' calcolato applicando un'aliquota del 50% alla quota del reddito complessivo IRES per il periodo d'imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 che eccede per almeno il 10% la media dei redditi complessivi IRES conseguiti nei quattro periodi d'imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022. La base di calcolo del contributo di solidarieta' per il 2023, alla quale applicare l'aliquota del 50 per cento, e' dunque il risultato di un confronto fra il reddito IRES conseguito dal soggetto passivo nel periodo d'imposta antecedente al 1° gennaio 2023 - quindi nel 2022, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare - e la media dei redditi complessivi IRES dei quattro periodi d'imposta precedenti. Il reddito rilevante ai fini Ires, tuttavia, include, nella base di calcolo, anche voci che nulla hanno nulla a che vedere con gli «extraprofitti» derivanti dall'aumento dei prezzi dei prodotti energetici. Si tratta in sostanza delle operazioni societarie relative ai fondi rischi, agli oneri o alle plusvalenze/minusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni, ovvero, ancora, da eventi collegati all'operativita' straordinaria delle imprese, operazioni tutte che individuano un incremento di reddito che non ha alcuna connessione con l'incremento dei prezzi dell'energia. Sul punto e' significativo il fatto che il legislatore, con riferimento al contributo di cui all'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022, abbia introdotto, a mezzo dell'art. 1, comma 120, lettera c), della legge 29 dicembre 2022, n. 197, un comma 3-bis al citato art. 37, a norma del quale «Non concorrono alla determinazione dei totali delle operazioni attive e passive, di cui al comma 3, le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1». Nella stessa logica, del resto, pare muoversi, il pure richiamato art. 6 del decreto-legge n. 145/2023, convertito con modificazioni, dalla legge n. 191/2023. 14.1.3. - Sempre con riferimento all'individuazione della base imponibile, la disciplina del contributo straordinario appare poi in contrasto con il principio di capacita' contributiva laddove non considera che una parte dell'incremento dei profitti realizzati nel 2022 rispetto alla media dei precedenti quattro anni non e' dovuta a una maggiore capacita' di produrre reddito dell'operatore economico, ma dipende dalla riespansione dei consumi energetici, che, nel corso degli anni 2020 e (in parte) 2021, si e' contratta a causa della pandemia da Covid-19, cosi' che una parte di quelli che vengono considerati «extraprofitti», sia pure solo con riferimento ai criteri di calcolo della media rilevante, e' semplicemente rappresentata dal ritorno al volume di affari pre Covid. Si e' dato, in tal modo, rilievo a un elemento che, in quanto dipendente da circostanze imprevedibili ed eccezionali, non appare idoneo a fungere da riferimento per individuare e calcolare l'ipotetico «sovraprofitto» realizzato dalle imprese dopo la fine dell'emergenza (per analoga valutazione in ordine alla inidoneita' dell'imponibile 2020 a costituire il riferimento per individuare e calcolare una supposta «plus-ricchezza», e cioe' l'ipotetico «sovraprofitto» realizzato dalle imprese, in ragione del fatto che gli extraprofitti realizzati nel 2021-2022, rispetto al corrispondente periodo 2020-2021, sono, in gran parte, dovuti al fatto che durante la pandemia le societa' erano in perdita, cosi' che il differenziale che confluisce nella base imponibile del contributo non rappresenta un «sovraprofitto», ma un mero incremento rispetto alle perdite realizzate in costanza di pandemia, cfr., con riferimento al contributo di cui all'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022, Corte di giustizia tributaria di primo grado, Roma, Sez. XXVII - ordinanza n. 147 del 27 giugno 2023). 14.1.4. - Altro profilo di contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione della normativa in esame deve poi ravvisarsi con riferimento al fatto che il contributo straordinario introdotto dalla legge n. 197 del 2022 colpisce una manifestazione di capacita' contributiva in parte gia' sottoposta a tassazione. La legge n. 197 del 2022, infatti, impone il pagamento del contributo con riferimento a redditi riferiti a un periodo, l'anno di imposta precedente al 1° gennaio 2023, i ricavi conseguiti nel corso del quale risultano, sia pure solo in parte, gia' presi in considerazione per la determinazione del contributo straordinario per l'anno 2022, di cui all'art. 37 del decreto legislativo n. 21 del 2022. Quest'ultima norma, infatti, ha previsto che «la base imponibile del contributo solidaristico straordinario e' costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021». In sostanza, i redditi conseguiti nei mesi di gennaio, febbraio, marzo ed aprile del 2022, gia' considerati quale presupposto di imposta a fini della determinazione dell'importo del contributo straordinario per il 2022, rientrano, altresi', nella base imponibile per il calcolo del contributo del 2023. Appare, di conseguenza, evidente come, con riferimento al periodo 1° gennaio 2022 - 30 aprile 2022, gli utili di un medesimo soggetto, sia pure determinati sulla base di un criterio di calcolo parzialmente diverso, sono assoggettati ad entrambi i contribuiti. Tanto comporta (con riferimento ai quattro mesi sopra indicati) una duplicazione di imposta, che risulta evidente alla luce della sostanziale sovrapponibilita' degli scopi perseguiti dai due prelievi (individuate, rispettivamente, dall'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022 nel «contenere per le imprese e i consumatori gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico» e dall'art. 1, comma 115, della legge n. 197/2002, nel «contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori»). La evidenziata duplicazione, del resto, non trova correttivi in meccanismi di deducibilita' del contributo introdotto dall'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022 da quello introdotto dal comma 115 dell'art. 1 della legge n. 197/2022, cosi' comportando la sottoposizione degli operatori economici incisi dalle due misure, anche in ragione delle aliquote previste per entrambi i tributi, a un prelievo fiscale significativamente alto, la cui concreta incidenza sui redditi di impresa, in disparte la qualificabilita' o meno della stessa come misura espropriativa, non appare rispettosa del principio di proporzionalita'. 14.1.4.1. - La sottoposizione di una medesima manifestazione di capacita' contributiva a un duplice prelievo tributario va ravvisata, sotto diverso profilo e per il solo mese di dicembre 2022, anche con riferimento ai gestori degli «impianti alimentati da fonti non rinnovabili di cui all'art. 7, comma 1, del regolamento (UE) 2022/1854», ai quali - ai sensi dell'art. 1, comma 30, del decreto-legge 197/2022, lettera b) e in attuazione del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio, del 6 ottobre 2022 (a decorrere dal 1° dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023) - e' stato applicato un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla produzione dell'energia elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a una via. Il meccanismo di compensazione, infatti, prevede il recupero da parte del GSE degli utili eccedenti il prezzo fissato dal gestore, cosi' che la ricomprensione nella base di calcolo del contribuito di solidarieta' delle somme corrispondenti agli utili ritrasferiti al gestore, importa, in concreto, la sottoposizione a tassazione di un reddito non effettivamente conseguito. Per i mesi da febbraio a dicembre 2022, analoga criticita' si rileva anche con riferimento ai gestori degli impianti fotovoltaici incentivati e agli impianti rinnovabili in esercizio da prima del 2010, ai quali - ai sensi dell'art. 15-bis del decreto-legge n. 4/2022 (a decorrere dal 1° febbraio 2022 e fino al 30 giugno 2023) - e' stato applicato un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla produzione dell'energia elettrica, attraverso un meccanismo di compensazione a due vie. 14.1.5. - Va poi rilevato come ulteriori profili di contrasto della normativa in esame con gli articoli 3 e 53 della Costituzione devono ravvisarsi, con specifico riguardo ai titolari di impianti rinnovabili, nella circostanza che, a fronte di costi fissi molto elevati e di un mercato concorrenziale di dimensione europea, da un lato, costoro vedono la concorrenza sul prezzo limitata dal meccanismo del tetto ai ricavi ad essi applicabile (ex art. 15-bis, decreto-legge n. 4/2022, ovvero ex art. 1, commi 30-38, legge n. 197/2022), dall'altro, risultano altresi' destinatari del tributo solidaristico nella medesima misura (calcolata sulla quota del reddito che eccede, «per almeno il 10 per cento», la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle societa' conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022) prevista per i titolari degli impianti alimentati a carbone/gas, nonostante questi ultimi non scontino alcun tetto ai ricavi e non debbano rientrare - per caratteristiche tecnologiche - dei rilevanti costi fissi che caratterizzano le rinnovabili. 14.1.6. - Sotto diverso profilo, va poi rilevato come ulteriori criticita' in ordine all'assenza di correlazione tra la definizione della base imponibile e la finalita' perseguita dal contributo di solidarieta' in esame discendono dal fatto che il tributo - che grava, come visto, sulla quota del reddito che eccede, «per almeno il 10 per cento», la media dei redditi complessivi determinati ai sensi dell'imposta sul reddito delle societa' conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022 sui soggetti i cui ricavi derivino, almeno per il 75 per cento, dalle attivita' indicate dal comma 115 - e' calcolato anche sulla parte di profitti (pari o inferiore a 25 per cento di quelli complessivamente conseguiti) derivanti da attivita' estranee a quelle dichiaratamente incise e, che, all'evidenza, non hanno alcun collegamento con il presupposto del tributo. 14.1.7. - Ulteriore e distinto profilo di contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione investe, infine, la disposizione di cui al comma 118, secondo cui «Il contributo di solidarieta' non e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive». La previsione, importando la sottoposizione a tassazione di una voce di costo che, per l'anno in cui si verifica il versamento, incide sull'utile societario e, di conseguenza, sul reddito d'impresa, si pone in contrasto con il consolidato orientamento della Corte costituzionale secondo cui i costi sostenuti nell'esercizio dell'impresa - se inerenti - devono essere deducibili ai fini del reddito d'impresa (Corte costituzionale, 4 dicembre 2020, n. 262). 15. - In conclusione, il Collegio ritiene rilevante ai fini della decisione della presente controversia e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), in relazione alla violazione degli articoli 3, 53 e 117 della Costituzione e, pertanto, sottopone e rimette alla Corte costituzionale la relativa questione di legittimita' costituzionale. Conseguentemente dispone la sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione seconda ter) rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale, illustrata in motivazione, relativa all'art. 1, commi 115-119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197. Dispone la sospensione del presente giudizio, con rinvio al definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Demanda alla segreteria della Sezione tutti gli adempimenti di competenza e, in particolare, la notifica della presente ordinanza alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la sua comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 21 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo, Presidente; Roberta Cicchese, consigliere; Francesca Mariani, referendario, estensore. Il Presidente: Mezzacapo L'estensore: Mariani