Reg. ord. n. 229 del 2024 pubbl. su G.U. del 18/12/2024 n. 51
Ordinanza del Tribunale di Firenze del 28/10/2024
Tra: A. D.S.
Oggetto:
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato –Previsione che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta – Denunciata previsione del divieto di concessione del beneficio un’ ulteriore volta anche per l’ipotesi in cui il procedimento in cui la messa alla prova era già stata concessa si sia concluso con sentenza di proscioglimento – Violazione del principio, anche convenzionale, di presunzione di non colpevolezza – Violazione del principio di ragionevolezza sia intrinsecamente considerato sia in relazione alla mancanza di analogo divieto rispetto a istituti quali l’applicazione della pena su richiesta, l’oblazione, il decreto penale e l’estinzione del reato a seguito di condotte riparatorie.
- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.
- Costituzione, artt. 3, 27, commi secondo e terzo, e 117 [, primo comma], in relazione all’art. 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
In subordine: Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato – Previsione che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta - Denunciata previsione del divieto di concessione del beneficio un’ ulteriore volta pur dopo che siano decorsi tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova – Omessa considerazione del profilo rieducativo dell’istituto della messa alla prova - Violazione del principio di ragionevolezza, a fronte della mancata previsione di limiti temporali per la messa alla prova nel processo penale minorile e della diversa disciplina nella materia contigua delle misure alternative al carcere.
- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
Norme impugnate:
codice penale
del
Num.
Art. 168
Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 27
Co. 2
Costituzione
Art. 27
Co. 3
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 6
Co.
Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025
rel. PITRUZZELLA
Testo dell'ordinanza
N. 229 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 2024
Ordinanza del 28 ottobre 2024 del Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di A. D.S..
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova
dell'imputato - Previsione che la sospensione del procedimento con
messa alla prova dell'imputato non puo' essere concessa piu' di una
volta - Denunciata previsione del divieto di concessione del
beneficio un'ulteriore volta anche per l'ipotesi in cui il
procedimento in cui la messa alla prova era gia' stata concessa si
sia concluso con sentenza di proscioglimento.
In subordine: Processo penale - Sospensione del procedimento con
messa alla prova dell'imputato - Previsione che la sospensione del
procedimento con messa alla prova dell'imputato non puo' essere
concessa piu' di una volta - Denunciata previsione del divieto di
concessione del beneficio un'ulteriore volta pur dopo che siano
decorsi tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione
del reato per l'esito positivo della messa alla prova.
- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.
(GU n. 51 del 18-12-2024)
TRIBUNALE DI FIRENZE
Prima sezione penale
Il Giudice dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di D.S. A., nato il... a... (...), dichiaratamente
domiciliato in..., via... n...;
difeso di fiducia dall'avv. Lapo Fe' del Foro di Firenze;
imputato del reato previsto e punito dall'art. 186, commi 2
lettera c) e 2-bis, decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992
perche' veniva colto in stato di ebbrezza (in conseguenza dell'uso di
bevande alcooliche) alla guida dell'autovettura targata... essendo
stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico
superiore a 1,5 grammi per litro, ed in particolare essendo stato
accertato il valore di 2,23 g/l al primo controllo, e di 2,16 g/l al
successivo controllo effettuato dopo un intervallo di almeno cinque
minuti. Con l'aggravante di avere provocato un incidente stradale.
Commesso in... e... il...
Rilevato che:
con decreto del Pm il... D.S. A. era citato a giudizio per il
reato sopra indicato;
all'udienza predibattimentale del..., dopo la verifica della
regolare costituzione delle parti, il difensore munito di procura
speciale presentava istanza di sospensione del processo con messa
alla prova dell'imputato e depositava la richiesta di elaborazione
del programma di trattamento gia' trasmessa all'Ufficio Esecuzione
Penale Esterna; il Pm esprimeva parere contrario in ragione del fatto
che l'imputato aveva gia' fruito di tale istituto, come da
certificato penale in atti (l'imputato risultava essere gia' stato
ammesso alla messa alla prova nell'ambito di altro procedimento
penale con provvedimento del Tribunale di Firenze del...); il Giudice
rinviava il processo per un esame piu' approfondito della questione;
all'udienza odierna, il difensore insisteva sulla richiesta di
ammissione alla messa alla prova, previo rinvio per consentire
all'UEPE l'elaborazione del programma di trattamento e, in subordine,
si riservava di avanzare un'istanza di applicazione pena con la
sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilita'
ai sensi della legge n. 689/1981; il Pm si opponeva rispetto alla
messa alla prova, riservandosi di valutare un'eventuale istanza di
applicazione pena;
per poter addivenire ad una corretta decisione circa
l'ammissibilita' dell'istanza di sospensione del processo con messa
alla prova, appare necessario il pronunciamento della Corte
costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma
di cui all'art. 168-bis, comma 4, del codice penale nella parte in
cui prevede il divieto di concessione una seconda volta della
sospensione con messa alla prova dell'imputato anche per l'ipotesi in
cui il procedimento in cui la messa alla prova era gia' stata
concessa si sia concluso con sentenza di proscioglimento; in via
subordinata, si dubita della legittimita' costituzionale della stessa
norma, nella parte in cui esclude che possa essere concessa una
seconda volta la messa alla prova, pur dopo che siano decorsi tre
anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato per
l'esito positivo della messa alla prova;
cio' premesso,
Osserva
1. Rilevanza della questione
1.1 L'imputato, tramite il difensore procuratore speciale, ha
presentato istanza di sospensione del processo con messa alla prova e
preliminarmente richiesta di rinvio per consentire all'U.E.P.E.
l'elaborazione del programma di trattamento.
1.2 Non sussistono i presupposti per un proscioglimento ex art.
129 del codice di procedura penale; il reato contestato all'imputato
rientra tra quelli per i quali la sospensione del processo con messa
alla prova e' in astratto ammissibile.
1.3 In base al certificato penale in atti, l'imputato e' stato
pero' gia' ammesso in altro procedimento alla sospensione del
processo con messa alla prova, con provvedimento del Tribunale di
Firenze del..., in relazione alla contestazione del reato di guida in
stato di ebbrezza, in ipotesi posto in essere il... Alla stregua
dello stesso certificato il Tribunale di Firenze in data...
pronunciava poi sentenza di non doversi procedere per l'esito
positivo della messa alla prova.
1.4 In ragione di quanto precede, questo giudice dovrebbe
dichiarare inammissibile o comunque respingere l'istanza di
sospensione del processo con messa alla prova (e l'istanza
preliminare di rinvio) alla luce del disposto dell'art. 168-bis,
comma 4, del codice penale, ai sensi del quale «La sospensione del
procedimento con messa alla prova dell'imputato non puo' essere
concessa piu' di una volta». Occorre precisare che tra il fatto
oggetto del procedimento del 2016 in cui e' stata gia' disposta la
messa alla prova e quello oggetto del procedimento attuale non e'
prospettabile un nesso in termini di reato continuato, sia in ragione
del lasso temporale molto ampio che li separa (quasi otto anni) sia
in ragione della tipologia di reato (estemporaneo, punito anche solo
a titolo di colpa) che viene in rilievo. Non puo' dunque trovare
applicazione l'eccezione - introdotta dalla Corte costituzionale con
la sentenza n. 174/2022 - al divieto di nuova concessione della
sospensione con messa alla prova previsto dall'art. 168-bis, comma 4
del codice penale.
1.5 Laddove viceversa la norma qui censurata fosse dichiarata
costituzionalmente illegittima non si profilerebbe la citata
condizione ostativa all'ammissione alla sospensione del processo con
messa alla prova e la relativa istanza potrebbe essere esaminata nel
merito (previo rinvio per l'elaborazione del programma di trattamento
da parte dell'UEPE).
In proposito, si deve osservare che nella sentenza n. 174/2022 -
ai fini della rilevanza della questione (nel caso all'epoca esaminato
si poneva, sotto il profilo della rilevanza, un problema del tutto
simile) - la Corte costituzionale ha affermato: «L'accoglimento della
questione avrebbe infatti, nella prospettiva del giudice a quo,
l'effetto di rimuovere la preclusione oggi opposta a una possibile
seconda concessione del beneficio previsto dalla disposizione
censurata, consentendogli cosi' di valutare nel merito [...] se
sussistano gli ulteriori presupposti delineati dagli articoli 168-bis
del codice penale e 464-bis e 464-quater del codice di procedura
penale per l'accesso all'istituto in questione. [...] Ne', ai fini
della motivazione sulla rilevanza della questione, sarebbe stato
necessario per il giudice rimettente diffondersi sulla sussistenza
dei requisiti del beneficio in capo a entrambi gli imputati, posto
che tale valutazione e' logicamente successiva alla rimozione della
preclusione stabilita dalla disposizione censurata, che allo stato
vieta in modo assoluto - secondo la lettura del rimettente - la
concessione del beneficio a chi ne abbia gia' frullo (in senso
analogo, sentenza n. 253 del 2019, punto 6 del Considerato in
diritto)».
Analogamente, nel caso di specie raccoglimento della questione,
con la conseguente rimozione della preclusione ad oggi esistente,
consentirebbe di valutare nel merito l'istanza e poi il programma di
messa alla prova.
1.6 Similmente, nel caso in cui fosse accolta la questione qui
sollevata in via subordinata, si potrebbe esaminare nel merito
l'istanza di sospensione del processo con messa alla prova: dalla
citata sentenza del 10 febbraio 2017 del Tribunale di Firenze - di
non doversi procedere per l'esito positivo della messa alla prova -
sono ormai trascorsi oltre sette anni; peraltro piu' di tre anni
erano decorsi anche tra la citata sentenza e il fatto di reato
contestato all'imputato (5 febbraio 2023).
2. Non manifesta infondatezza. La questione sollevata in via
principale
2.0 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di
cui all'art. 168-bis, comma 4, del codice penale, secondo cui «la
sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non
puo' essere concessa piu' di una volta».
In particolare, tale norma pare violare il principio della
presunzione d'innocenza di cui all'art. 27, comma 2 della
Costituzione e all'art. 6 par. 2 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(quest'ultimo rilevante ai sensi dell'art. 117 della Costituzione),
nonche' il principio di ragionevolezza evincibile dall'art. 3 della
Costituzione.
2.1 L'istituto della sospensione del processo con messa alla
prova dell'imputato e' stato introdotto nel nostro ordinamento per
gli imputati adulti dalla legge n. 67/2014 e consente all'imputato -
in relazione a reati puniti con la pena edittale detentiva non
superiore nel massimo a quattro anni (o con la pena pecuniaria),
nonche' ai reati di cui all'art. 550 comma 2 codice di procedura
penale - di chiedere la sospensione del processo con messa alla
prova.
La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte
all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal
reato, nonche', ove possibile, il risarcimento del danno cagionato;
comporta altresi' l'affidamento dell'imputato all'UEPE, per lo
svolgimento delle opportune attivita' di osservazione, trattamento e
sostegno funzionali alla presa in carico e alla realizzazione di un
apposito programma, che puo' implicare attivita' di volontariato e
l'osservanza di prescrizioni varie. Implica inoltre necessariamente
la prestazione di lavori di pubblica utilita'.
Ai sensi dell'art. 168-ter del codice penale l'esito positivo
della prova estingue il reato per cui si procede.
2.2 La giurisprudenza di legittimita' ha poi sottolineato, a piu'
riprese e ai piu' diversi fini, che l'ordinanza di sospensione del
processo con messa alla prova e successiva sentenza di
proscioglimento per estinzione del reato non implicano alcuna
valutazione sul merito dell'accusa, ma presuppongono soltanto una
delibazione circa l'inesistenza di cause di proscioglimento immediato
ex art. 129 del codice di procedura penale (e secondo le Sezioni
Unite della Corte di Cassazione - sentenza n. 35490 del 28 maggio
2009, e' questa una delibazione che rientra piu' nel concetto di
«constatazione», ossia di percezione «ictu oculi», che in quello di
«apprezzamento» ed e' quindi incompatibile con qualsiasi necessita'
di accertamento o di approfondimento).
In particolare, si e' affermato che:
«la valutazione da parte del giudice, non si basa su elementi
di prova e non e' idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul
merito dell'accusa e sulla responsabilita' (Sez. 2, n. 53648 del 5
ottobre 2016 Rv. 268635) sicche', la decisione assunta, nell'ipotesi
di esito positivo della messa alla prova, non potra' avere alcuna
incidenza sull'eventuale giudizio civile instaurato per il
risarcimento del danno» (Cass. Sez. 5, sentenza n. 33277 del 28 marzo
2017);
«l'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla
prova [...] non determina l'incompatibilita' del giudice nel giudizio
che prosegua con le forme ordinarie nei confronti di eventuali
coimputati, trattandosi di decisione adottata nella medesima fase
processuale che non implica una valutazione sul merito dell'accusa ma
esclusivamente una delibazione sull'inesistenza di cause di
proscioglimento immediato ai sensi dell'art. 129 del codice di
procedura penale nonche' una verifica dell'idoneita' del programma di
trattamento e una prognosi favorevole di non recidiva» (Cass. Sez. 3,
sentenza n. 14750 del 20 gennaio 2016 Rv. 266387 - 01):
«La sentenza di proscioglimento per esito positivo della
messa alla prova, di cui all'art. 464-septies del codice di procedura
penale, non e' idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul
merito dell'accusa e sulla responsabilita', sicche' essa non puo'
essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati
per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro
posizione processuale» (Cass. Sez. 2, sentenza n. 53648 del 5 ottobre
2016 Rv. 268635 - 01);
l'esito positivo della messa alla prova «opera quale causa di
estinzione della c.d. punibilita' in astratto, intervenendo prima che
sia emessa la sentenza di condanna e, pertanto, prescinde da
qualunque accertamento sul merito della res iudicanda e sulla
responsabilita' dell'imputato», per cui ai fini della valutazione del
presupposto ostativo del comportamento abituale, ai sensi dell'art.
131-bis comma 3 del codice penale, non rilevano i reati estinti per
esito positivo della messa alla prova (Cass. Sez. 2 - sentenza n.
46064 del 30 novembre 2021); l'istituto della messa alla prova
prescinde dall'accertamento della penale responsabilita'
dell'imputato, per cui il giudice - con la sentenza di
proscioglimento per estinzione del reato - non puo' applicare
sanzioni amministrative accessorie (Cass. Sez. 4, sentenza n. 19369
del 7 maggio 2024);
la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa
alla prova, non essendo idonea ad esprimere un compiuto accertamento
sul merito dell'accusa e sulla responsabilita' dell'imputato, non
puo' essere equiparata alla sentenza di condanna ne' alla sentenza di
applicazione della pena su richiesta, per cui non consente la
confisca di cui all'art. 474-bis del codice penale (Cass. Sez. 5,
sentenza n. 49478 del 13 novembre 2019 Rv. 277519 - 01);
non comportando la sentenza emessa ai sensi dell'art.
464-septies del codice di procedura penale l'accertamento della
commissione di un reato, la dichiarazione di estinzione del reato
oggetto di una sentenza di patteggiamento non e' preclusa dalla
commissione, nel termine di cinque anni, di un nuovo delitto
dichiarato estinto per esito positivo della messa alla prova (Cass.
Sez. 1, n. 23920 del 17 marzo 2022 Rv. 283192 - 01).
2.3 L'Istituto e' stato piu' volte oggetto di analisi anche da
parte della Corte costituzionale.
In particolare, nella sentenza n. 91 del 2018 - allorche'
l'istituto stesso della messa alla prova era censurato per l'asserita
violazione della presunzione d'innocenza - la Corte ha svolto le
seguenti considerazioni:
«se e' vero che nel procedimento di messa alla prova manca una
condanna, e' anche vero che correlativamente manca un'attribuzione di
colpevolezza: nei confronti dell'imputato e su sua richiesta (non
perche' e' considerato colpevole), in difetto di un formale
accertamento di responsabilita', viene disposto un trattamento
alternativo alla pena che sarebbe stata applicata nel caso di
un'eventuale condanna.
Con riferimento alla mancanza di un formale accertamento di
responsabilita' e di una specifica pronuncia di condanna, la
sospensione del procedimento con messa alla prova puo' essere
assimilata all'applicazione della pena su richiesta delle parti
(cosiddetto patteggiamento: art. 444 del codice di procedura penale),
perche' entrambi i riti speciali si basano sulla volonta'
dell'imputato che, non contestando l'accusa, in un caso si sottopone
al trattamento e nell'altro accetta la pena. Per queste
caratteristiche anche il patteggiamento e' stato sospettato di
illegittimita' costituzionale, sostenendosene il contrasto con la
presunzione di non colpevolezza contenuta nell'art. 27, secondo
comma, della Costituzione, ma questa Corte con piu' decisioni ha
ritenuto la questione priva di fondamento (sentenza n. 313 del 1990;
ordinanza n. 399 del 1997).
In particolare e' stato escluso che nel procedimento previsto
dall'art. 444 del codice di procedura penale «vi sia un sostanziale
capovolgimento dell'onere probatorio, contrastante con la presunzione
d'innocenza contenuta nell'art. 27, secondo comma, della
Costituzione». In effetti - ha aggiunto la Corte - nel nuovo
ordinamento giuridico-processuale «e' preponderante l'iniziativa
delle parti nel settore probatorio: ma cio' non immuta affatto i
principi, nemmeno nello speciale procedimento in esame, dove anzi il
giudice e' in primo luogo tenuto ad esaminare ex officio se sia gia'
acquisita agli atti la prova che il fatto non sussiste o che
l'imputato non lo ha commesso. Dopodiche', risultando negativa questa
prima verifica, se l'imputato ritiene di possedere elementi per
l'affermazione della propria innocenza, nessuno lo obbliga a
richiedere l'applicazione di una pena, ed egli ha a disposizione le
garanzie del rito ordinario. In altri termini, chi chiede
l'applicazione di una pena vuoi dire che rinuncia ad avvalersi della
facolta' di contestare l'accusa, senza che cio' significhi violazione
del principio di presunzione d'innocenza, che continua a svolgere il
suo ruolo fino a quando non sia irrevocabile la sentenza» (sentenza
n. 313 del 1990).
Invero la possibilita' di chiedere i riti speciali, e in
particolare il patteggiamento o la messa alla prova, costituisce,
come generalmente si ritiene, una delle facolta' difensive e appare
illogico considerare costituzionalmente illegittimi per la violazione
delle garanzie riconosciute all'imputato questi procedimenti che sono
diretti ad assicurargli un trattamento piu' vantaggioso di quello del
rito ordinario.
7. - Per giungere alla conclusione dell'infondatezza delle
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 464-quater e
464-quinquies del codice di procedura penale, in riferimento all'art.
27 della Costituzione, sarebbe sufficiente richiamare gli argomenti
gia' utilizzati da questa Corte per decidere la questione relativa al
patteggiamento, per vari aspetti analoga. Tuttavia anche altri e
assai consistenti argomenti orientano in tal senso e valgono a
dimostrare ulteriormente l'infondatezza delle altre due questioni di
legittimita' costituzionale sollevate dal giudice a quo.
La messa alla prova, anche se puo' assimilarsi al patteggiamento
per la base consensuale del procedimento e del conseguente
trattamento, presenta aspetti che da questo la differenziano, al
punto, come si vedra', da non consentire un riferimento nei termini
tradizionali alle categorie costituzionali penali e processuali,
perche' il carattere innovativo della messa alla prova «segna un
ribaltamento dei tradizionali sistemi di intervento sanzionatorio»
(Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 31 marzo 2016,
n. 36272).
Come hanno riconosciuto le sezioni unite della Corte di
cassazione, «[q]uesta nuova figura, di ispirazione anglosassone,
realizza una rinuncia statuale alla potesta' punitiva condizionata al
buon esito di un periodo di prova controllata e assistita e si
connota per una accentuata dimensione processuale, che la colloca
nell'ambito dei procedimenti speciali alternativi al giudizio (Corte
costituzionale, n. 240 del 2015). Ma di essa va riconosciuta,
soprattutto, la natura sostanziale. Da un lato, nuovo rito speciale,
in cui l'imputato che rinuncia al processo ordinario trova il
vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo; dall'altro,
istituto che persegue scopi specialpreventivi in una fase anticipata,
in cui viene «infranta» la sequenza cognizione-esecuzione della pena,
in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto»
(Cass., sez. un., n. 36272 del 2016). Da qui la differenza tra
l'istituto in esame e il patteggiamento, in quanto la sentenza che
dispone l'applicazione della pena su richiesta delle parti, «pur non
potendo essere pienamente identificata con una vera e propria
sentenza di condanna (cfr. sentenza n. 251 del 1991), e' tuttavia a
questa «equiparata» ex art. 445 del codice di procedura penale»
(ordinanza n. 73 del 1993) e conduce all'irrogazione della pena
prevista per il reato contestato, anche se diminuita fino a un terzo,
mentre l'esito positivo della prova conduce ad una sentenza di non
doversi procedere per estinzione del reato.
Inoltre la sentenza di patteggiamento costituisce un titolo
esecutivo per l'applicazione di una sanzione tipicamente penale,
mentre l'ordinanza che dispone la sospensione del processo e ammette
l'imputato alla prova non costituisce un titolo per dare esecuzione
alle relative prescrizioni. Il trattamento programmato non e' infatti
una sanzione penale, eseguibile coattivamente, ma da' luogo a
un'attivita' rimessa alla spontanea osservanza delle prescrizioni da
parte dell'imputato, il quale liberamente puo' farla cessare con
l'unica conseguenza che il processo sospeso riprende il suo corso.
Si tratta di una caratteristica fondamentale, perche' viene
riservata alla volonta' dell'imputato non soltanto la decisione sulla
messa alla prova ma anche la sua esecuzione».
Nella successiva sentenza n. 146 del 2022 la Corte costituzionale
ha sottolineato che «nella messa alla prova convivono un'anima
processuale e una sostanziale. Da un lato, l'istituto e' uno
strumento di definizione alternativa del procedimento, che si
inquadra a buon diritto tra i riti alternativi (sentenze n. 14 del
2020, n. 91 del 2018 e n. 240 del 2015); al contempo, esso disegna un
percorso rieducativo e riparativo, alternativo al processo e alla
pena, ma con innegabili connotazioni sanzionatorie (sentenza n. 68
del 2019), che conduce, in caso di esito positivo, all'estinzione del
reato».
2.4 Fatte queste premesse, si deve rilevare che il divieto di una
seconda concessione della sospensione con messa alla prova non soffre
eccezioni, se non quella introdotta dalla Corte costituzionale con la
sentenza n. 174 del 2022 per le ipotesi di reati avvinti dal vincolo
della continuazione. Il divieto (previsto unicamente per la messa
alla prova per gli adulti, laddove quella propria del processo penale
minorile non conosce alcun limite alla reiterazione) vale infatti a
prescindere dalla natura - delittuosa o contravvenzionale, dolosa o
colposa - dei reati oggetto dei vari procedimenti, dall'esito
positivo o negativo della prima messa alla prova, dalla distanza
temporale tra i vari procedimenti, dalla circostanza che il reato
oggetto del secondo procedimento sia in ipotesi stato commesso prima
della prima sospensione con messa alla prova o dopo la stessa, ecc.
2.5 Tale divieto pare violare il principio della presunzione
d'innocenza nella misura in cui pare associare un giudizio di
colpevolezza all'ammissione dell'imputato alla messa alla prova.
Detto in altri termini, la logica del divieto in questione pare
essere quella di non consentire una seconda applicazione
dell'istituto, sul presupposto che il soggetto che abbia commesso un
primo reato e che in relazione allo stesso abbia evitato - seguendo
il percorso della messa alla prova - la condanna e la pena non possa
fruire nuovamente di tale possibilita': logica che da un lato lascia
trasparire una sorta di presunzione di colpevolezza rispetto alla
precedente contestazione, pur a fronte di una sentenza di
proscioglimento per l'esito positivo della messa alla prova, e
dall'altro sminuisce la portata rieducativa della messa alla prova,
come se si trattasse solo dell'ennesimo istituto con connotazione
premiale e deflattiva.
2.7 Non paiono infatti ipotizzabili altre logiche sottostanti al
citato divieto.
Anzi, una conferma in tal senso si ricava dai lavori preparatori
della legge n. 67/2014.
La proposta di legge C331 presentata alla Camera dei Deputati -
cosi' come la proposta C927, poi riunita - prevedeva: «La sospensione
del processo con messa alla prova dell'imputato puo' essere concessa
una sola volta. La sospensione puo' tuttavia essere concessa una
seconda volta in relazione ai reati commessi anteriormente al primo
provvedimento di sospensione».
In seguito, era approvato l'emendamento 2.101 - presentato dagli
stessi relatori - per effetto del quale il testo era cosi'
sostituito: «la sospensione del processo con messa alla prova
dell'imputato non puo' essere concessa piu' di due volte, ne' piu' di
una volta se tratta di reato della stessa indole».
Significativa appare l'illustrazione in Assemblea da parte della
relatrice in data 24 giugno 2013 (peraltro sostanzialmente identica
sul punto a quella del progetto C 5019-bis presentato nella
Legislatura precedente): «Il Capo II introduce nell'ordinamento
l'istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla
prova. Scopo della nuova disciplina - ispirata alla probation di
origine anglosassone - e' quello di estendere l'istituto, tipico del
processo minorile, anche al processo penale per adulti in relazione a
reati di minor gravita'. L'istituto offre ai condannati per reati di
minore allarme sociale un percorso di re inserimento alternativo e,
al contempo, svolge una funzione deflativa dei procedimenti penali in
quanto e' previsto che l'esito positivo della messa alla prova
estingua il reato con sentenza pronunciata dal giudice».
Significativo anche il contenuto della relazione al disegno di
legge 925 al Senato: «La sospensione del procedimento con messa alla
prova puo' essere concessa per un massimo di due volte, ma per una
soltanto in caso di recidiva specifica».
Nel corso del successivo esame al Senato - per effetto
dell'approvazione dell'emendamento 3.246 - era poi limitata in via
generale ad una volta la concessione della sospensione con messa alla
prova. Il nuovo testo sarebbe poi stato approvato in seconda lettura
dalla Camera dei Deputati.
Ebbene, il riferimento nel corso dei citati lavori parlamentari
ai concetti di «condannati per reati di minore allarme sociale» e di
«recidiva specifica», da parte degli stessi relatori dei disegni di
legge, pare postulare il riconoscimento all'ammissione alla messa
alla prova di un valore di accertamento di colpevolezza che in teoria
non dovrebbe avere.
Analogamente, il riferimento, nella versione approvata dalla
Camera in prima lettura, al concetto di «reato della stessa indole»,
quale condizione ostativa ad una seconda concessione della
sospensione con messa alla prova, aveva senso solo nella misura in
cui si presupponesse che l'imputato fosse colpevole del reato della
stessa indole oggetto del primo procedimento; diversamente l'indole
del reato non rileverebbe. Del resto, il concetto di «recidiva» alla
luce dell'ormai consolidata giurisprudenza costituzionale e di
legittimita' postala un giudizio di maggior colpevolezza (e maggior
pericolosita') dell'autore del reato.
2.8 Se quindi l'istituto della messa alla prova ha tutti i
plurimi profili virtuosi sopra indicati (finalita' rieducativa,
funzione deflattiva, vantaggio per l'imputato), l'unica logica
possibile (per quanto non condivisibile) del divieto di nuova
concessione di cui all'art. 168-bis, comma 4 del codice penale pare
essere quella del rimprovero/censura/giudizio di maggior
pericolosita' nei confronti del «recidivo», concetto cui non a caso
si fa riferimento anche nei lavori preparatori.
La circostanza che il divieto di nuova concessione della messa
alla prova prescinda dal profilo cronologico del reato oggetto di
contestazione e in particolare dal fatto che il reato oggetto del
secondo procedimento sia stato posto in essere prima, o viceversa
dopo, la messa alla prova gia' svolta evidenzia chiaramente come la
ratio del citato divieto non possa essere ricercata in un'eventuale
giudizio negativo da parte dei legislatore circa l'efficacia del
percorso rieducativo gia' svolto (giudizio negativo che deve peraltro
ritenersi precluso una volta che sia stata pronunciata sentenza di
non doversi procedere per l'esito positivo della messa alla prova).
2.9 Occorre ancora precisare che l'effetto preclusivo in ordine
ad una seconda concessione della sospensione con messa alla prova
teoricamente e' ricollegato alla semplice ammissione gia' intervenuta
in un precedente procedimento. Stando alla lettera della legge, si
dovrebbe cioe' prescindere da quali siano stati gli sviluppi
successivi a detta ammissione.
Si deve tuttavia ritenere, in una lettura costituzionalmente
orientata della norma. che tale preclusione non operi in una serie di
casi limite.
2.10.1 Ad esempio. qualora il reato oggetto de! primo
procedimento nel quale l'imputato ha gia' fruito della sospensione
con messa alla prova sia successivamente depenalizzato. si deve
ritenere (gia' sulla base del dato normativo attuale) che quella
prima ammissione non costituisca condizione ostativa ad una seconda
concessione. Il principio dell'irrilevanza di precedenti condanne per
reati poi depenalizzati - quale condizione ostativa alla concessione
di nuovi benefici - e' ormai consolidato nella giurisprudenza di
legittimita' in materia di sospensione condizionale della pena e non
menzione (Cass. Sez. 3, sentenza n. 8803 del 15 gennaio 2020 Rv.
278268 - 01; Cass. Sez. 6, sentenza n. 16363 del 5 febbraio 2008 Rv.
239555 - 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18 del 27 novembre 2007 Rv.
238876 - 01; Cass. Sez. 4, sentenza n. 10564 del 13 gennaio 2006 Rv.
233713 - 01). L'irrilevanza di precedenti condanne per reati poi
depenalizzati e' stata espressamente affermata anche in materia di
recidiva (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 28203 del 30 marzo 2023 Rv.
284823 - 01).
Sarebbe del resto assurdo negare ad un imputato l'ammissione alla
sospensione con messa alla prova per il solo fatto che egli ne abbia
gia' fruito in passato in relazione alla contestazione di un fatto
ormai considerato penalmente irrilevante dall'ordinamento.
2.10.2 Ad analoga conclusione pare doversi pervenire con riguardo
alle ipotesi in cui nel primo procedimento, a seguito dell'ammissione
alla messa alla prova, l'imputato sia stato poi prosciolto ad esempio
per il mutato regime della procedibilita'.
Cosi', ad esempio, la Corte di Cassazione con la sentenza Sez. 4
- n. 2577 del 9 gennaio 2024 Rv. 285700 - 01 - in un ipotesi in cui.
dopo la sentenza di primo grado dichiarativa dell'estinzione del
reato per esito positivo della messa alla prova, il reato oggetto del
processo (ex art. 590-bis del codice penale) era divenuto procedibile
a querela - ha ritenuto ammissibile il ricorso e poi annullato la
sentenza di primo grado, dichiarando il non doversi procedere per
difetto di querela. In una simile ipotesi, sarebbe irragionevole
ritenere che in un eventuale successivo procedimento l'imputato
incorrerebbe comunque nella preclusione di cui all'art. 168-bis,
comma 4 del codice penale
2.10.3 A maggior ragione sarebbe irragionevole ritenere
sussistente la preclusione nel caso in cui nel primo procedimento -
dopo l'iniziale sospensione con messa alla prova - il procedimento
abbia ripreso il suo corso (la revoca della messa alla prova o per
l'esito negativo della stessa) e poi l'imputato sia stato assolto nel
merito.
2.10.4 Gli esempi sopra citati conducono a ritenere che - benche'
la lettera della norma ricolleghi la preclusione semplicemente ad una
precedente ammissione alla sospensione con messa alla prova, in
realta' tale effetto preclusivo presuppone che, pur dopo l'ammissione
alla messa alla prova, non vi sia stato un proscioglimento per un
diverso motivo e che il fatto per cui era stata disposta la messa
alla prova sia tuttora rilevante.
2.10.5 Se questa e' la corretta interpretazione della norma (e
non pare possibile interpretare diversamente la stessa nel rispetto
dei principi costituzionali), nei restanti casi - ed in particolare
quando il primo procedimento si sia concluso con una sentenza di
proscioglimento per l'esito positivo della messa alla prova - pare
aversi un'ulteriore conforma circa il fatto che la preclusione di una
nuova sospensione con messa alla prova sia da ricollegarsi ad una
sorta di persistente sospetto circa il fatto che comunque il soggetto
avesse posto in essere il reato ascritto.
Nonostante l'intervenuto proscioglimento, cioe', e benche' sotto
ogni diverso profilo - in base lane gia' citate sentenze della Corte
di Cassazione - l'Istituto della messa alla prova non postuli alcuna
valutazione circa il merito dell'accusa, se non in termini di
delibazione preliminare circa l'inesistenza di cause di
proscioglimento immediato ex art. 129 del codice di procedura penale
(percepibili ictu oculi, senza necessita' di alcun approfondimento,
secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite
nella sentenza n. 35490 del 28 maggio 2009 Rv. 244274 - 01),
nonostante tutto cio' il soggetto che ne abbia fruito si vede
comunque gravato da una sorta di stigma sotto il profilo
dell'impossibilita' di accedere nuovamente all'istituto in questione:
impossibilita' che costituisce una sorta di effetto penale, non della
condanna, perche' condanna non vi e' stata - ma dell'ammissione a
tale particolare rito.
2.11 Cosi' ricostruito il quadro normativa, la preclusione in
questione pare violare il principio della presunzione d'innocenza di
cui all'art. 27, comma 2 della Costituzione e all'art. 6, par. 2
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali.
La Corte costituzionale ha in piu' occasioni affermato che la
dichiarazione di estinzione del reato [...] comporta normalmente
l'esclusione di ogni effetto pregiudizievole - anche in termini
reputazionali - a carico di colui al quale il fatto di reato sia
stato in precedenza ascritto» (cosi', tra le altre, la sentenza 231
del 2018, proprio in tema di messa alla prova).
La Corte di Strasburgo, d'altro canto, ha in piu' occasioni
valorizzato non solo la componente procedurale, ma anche quella
«ultra-processuale» della presunzione d'innocenza, che e' chiamata ad
operare successivamente alla conclusione di un processo penale o alla
sua interruzione, al fine di proteggere la reputazione della persona,
in specie contro il rischio che la stessa sia trattata dalle
autorita' come se fosse colpevole del reato che le era stato ascritto
e in relazione al quale e' stata assolta o ha comunque beneficiato di
un'interruzione del processo (cfr., tra le altre, la sentenza del 10
gennaio 2024 nel caso U.Y. contro Turchia, par. 30 ss.; la sentenza
dei 23 gennaio 2018 nel caso Seven contro Turchia, par. 43 ss. e 54
ss.; la sentenza dei 12 luglio 2013 nel caso Allen contro Regno
Unito, par. 93 ss.). La Corte EDU si e' spesso pronunciata in
relazione a vicende in cui - dopo la conclusione di un processo
penale con un'assoluzione o un proscioglimento in rito, il giudice
aveva comunque dovuto pronunciarsi in relazione alla domanda
risarcitoria proposta dal danneggiato o era instaurato un
procedimento amministrativo o disciplinare, sicche' si profilava un
secondo procedimento collegato da un particolare nesso a quello
penale conclusosi con l'assoluzione o interrottosi (e in cui non si
trattava di irrogare una sanzione sostanzialmente penale).
Alla luce della citata ratio, volta a proteggere anche la
percezione dell'imputato nel contesto sociale, pare corretto ritenere
che la suddetta portata ultra-processuale debba valere non solo
rispetto alle comunicazioni o ai provvedimenti delle autorita'
(rispetto alle dichiarazioni pubbliche delle autorita' e' intervenuta
anche la direttiva (UE) 343/2016, recepita in Italia con il decreto
legislativo n. 188/2021), ma anche, e prima ancora, rispetto alle
conseguenze negative che siano previste in capo al soggetto gia'
assolto o prosciolto dalle stesse norme di legge. E non solo in
eventuali procedimenti collegati a quello gia' conclusosi, ma anche
ad ulteriori procedimenti non aventi un particolare collegamento con
quello concluso, ma in cui comunque in via generale il precedente
proscioglimento possa rilevare negativamente.
In particolare, l'ammissione alla messa alla prova non postula
ne' comporta un accertamento di responsabilita', non consente
l'irrogazione da parte del giudice di sanzioni accessorie e non puo'
rilevare in termini di accertamento in un successivo giudizio civile
risarcitorio o in un successivo procedimento disciplinare; ne' puo'
rilevare come precedente giudiziario in un successivo procedimento
penale ai fini della sussistenza della recidiva o della valutazione
dell'abitualita' del comportamento ai sensi dell'art. 131-bis del
codice penale. Allo stesso modo non puo' comportare effetti negativi
in successivi procedimenti penali in termini di preclusione
dell'accesso ad un rito alternativo, quale una nuova sospensione del
processo con messa alla prova.
2.12 Si aggiunga che in un'eventuale successiva causa
risarcitoria il giudice puo' rivalutare i fatti gia' oggetto del
precedente processo penale (conclusosi con l'assoluzione o con il
proscioglimento in rito) ai fini della verifica della sussistenza
della responsabilita' civile, senza effettuare, neanche
incidentalmente, un accertamento sulla responsabilita' penale (Corte
costituzionale, sentenza n. 182 del 2021). Allo stesso modo i fatti
potrebbero essere valutati autonomamente dall'autorita' del
procedimento amministrativo o disciplinare.
Nel caso della nuova richiesta di messa alla prova, viceversa i
procedimento ha ad oggetto ti totalmente distinti da quelli oggetto
del precedente provvedimento (conclusosi con il proscioglimento per
esito positivo della messa alla prova; inoltre, nel fascicolo
processuale non vi sono, ne' avrebbero ragione di esservi, gli atti
del fascicolo d'indagine del precedente procedimento; per di piu', la
richiesta di sospensione con messa alla prova, dopo la riforma
operata dal decreto legislativo n. 150/2022, viene normalmente
richiesta in sede di udienza predibattimentale (sono infatti
pochissimi i reati, per i qua i e' possibile la messa alla prova, che
richiedano lo svolgimento dell'udienza preliminare); in tale sede il
giudice non dispone di poteri istruttori, per cui neppure potrebbe
disporre l'acquisizione degli atti d'indagine del precedente
procedimento gia' conclusosi. Se anche il giudice potesse farlo, si
tratterebbe irragionevolmente di rivalutare detti atti per accertare
incidentalmente la colpevolezza dell'imputato per il fatto ascritto
nel primo procedimento.
2.13 Si potrebbe obiettare che l'accesso alla sospensione con
messa alla prova e' frutto di una libera scelta dell'imputato, nel
pieno esercizio delle proprie prerogative difensive, per cui lo
stesso - come nel decidere di richiedere la messa alla prova va
incontro per sua scelta alla prestazione dei lavori di pubblica
utilita', che ha un indubbio carattere anche sanzionatorio, senza che
cio' comporti una violazione della presunzione d'innocenza (sentenza
n. 91 del 2018 della Corte Costituzionale) - cosi con la citata
scelta accetterebbe anche la conseguenza della preclusione di un
nuovo possibile accesso alla messa alla prova in altro procedimento
successivo.
Tale argomentazione non pare pero' condivisibile.
Da un lato, i lavori di pubblica utilita' e in generale il
percorso programmato dall'UEPE hanno un'indubbia connotazione
rieducativa, prima ancora che sanzionatoria; il divieto di una nuova
ammissione alla messa alla prova viceversa non ha alcuna finalita'
rieducativa, assumendo viceversa una connotazione stigmatizzante e
comunque limitandosi a comprimere le prerogative difensive e le
possibilita' di rieducazione del soggetto.
Dall'altro lato, i lavori di pubblica utilita' e in generale lo
svolgimento del programma di trattamento si collocano temporalmente
prima della sentenza di proscioglimento (che presuppone la
conclusione e il buon esito della prova); il divieto di nuova
concessione della sospensione con messa alla prova esplica invece le
sue conseguenze anche e soprattutto dopo la conclusione del
procedimento in cui si sia svolta la messa alla prova, per cui va
incontro alle gia' menzionate criticita' legate alla portata ultra
processuale della presunzione d'innocenza di cui all'art. 6, par. 2
CEDU.
2.14 La disciplina censurata pare violare altresi' gli articoli 3
e 27, comma 3 della Costituzione.
Il divieto di nuova concessione della sospensione con messa alla
prova pare irragionevole, sia intrinsecamente considerato, sia in
relazione alla mancanza di analogo divieto rispetto ad istituti come
l'applicazione della pena su richiesta delle parti, l'oblazione, il
decreto penale e l'estinzione del reato a seguito di condotte
riparatorie ex art. 162-ter del codice penale.
2.15 Sotto il primo profilo, come rilevato dalla Corte
costituzionale nella sentenza 91 del 2018, l'innovativo istituto
della messa alla prova presenta l'indubbio vantaggio di perseguire in
via anticipata scopi specialpreventivi in chiave di risocializzazione
dell'imputato, offrendo al tempo stesso a quest'ultimo un vantaggio
in termini sanzionatori e allo Stato un significativo vantaggio in
termini di deflazione e quindi di risparmio di energie per
l'amministrazione della giustizia. Tanto premesso, risulta
irragionevole il limite posto dall'art. 168-bis, comma 4 del codice
penale all'accesso ad un simile istituto, ricco di connotati positivi
(sia per l'imputato, sia per l'ordinamento, sia per lo
Stato-Amministrazione), ma soprattutto profondamente ispirato da una
finalita' rieducatrice e connotato da ottime potenzialita' in tal
senso, in ragione del percorso mirato e assistito elaborato dall'Uepe
per il singolo soggetto. Il citato divieto risulta tanto piu'
irragionevole nella misura in cui e' assoluto: non distingue ne'
sotto il profilo della natura dei reati ascritti (delitti o
contravvenzioni), ne' sotto il profilo dell'elemento soggettivo
(reati dolosi o colposi), ne' sotto il profilo della datazione dei
reati ascritti (precedenti o successivi al percorso rieducativo
svolto durante la prima messa alla prova), ne' sotto il profilo
dell'esito (positivo o negativo) della precedente messa alla prova,
ne' sotto il profilo del lasso temporale ormai decorso dalla
precedente messa alla prova. Ove il divieto fosse rimosso, il giudice
potrebbe viceversa valutare alla luce di tutte le circostanze del
caso concreto se sia possibile o meno una prognosi favorevole per il
futuro ai sensi dell'art. 464-quater, comma 3 del codice di procedura
penale.
2.16 Sotto il secondo profilo, si deve rilevare che, mentre nel
patteggiamento l'imputato si limita a concordare con il Pubblico
Ministero l'applicazione di una determinata pena, eventualmente
oggetto anche di sospensione condizionale, sulla base di un
provvedimento equiparato a una sentenza di condanna, senza neppure
dover necessariamente risarcire la persona offesa, nella messa alla
prova l'imputato aderisce ad un apposito percorso che comporta
l'adempimento di una serie di obblighi risarcitori e riparateli in
favore della persona offesa e della collettivita', con esiti
oggettivamente e agevolmente verificatili (sentenza 231 del 2018 gia'
citata). A fronte di tale significativa differenza, pare illogico che
l'imputato non incontri alcun limite circa il numero di volte in cui
possa fare accesso al rito del patteggiamento e, viceversa, possa
accedere una sola volta alla messa alla prova (che pur prevede la
riparazione del danno, la prestazione di lavori in favore della
collettivita', l'assistenza da parte del servizio sociale, il
monitoraggio costante da parte delle autorita').
Lo stesso dicasi in relazione al raffronto con gli altri istituti
sopra citati (decreto penale, oblazione, estinzione del reato per
condotte riparatorie).
2.17 E ancora, pare irragionevole che un soggetto quale l'attuale
imputato, che puo' in astratto beneficiare anche della sospensione
condizionale della pena (l'unica risultanza del certificato penale di
D.S. e' costituita dall'ordinanza del... di ammissione alla messa
alla prova, con la successiva sentenza del... di non doversi
procedere per estinzione del reato per l'esito positivo della messa
alla prova), non possa viceversa accedere alla sospensione con messa
alla prova.
L'ordinamento consente cioe' l'applicazione di un istituto - la
sospensione condizionale della pena - che consiste sostanzialmente in
una «astensione a tempo dall'esecuzione della pena» (ordinanza 296
del 2005 della Corte costituzionale) e che non richiede
necessariamente il rispetto di prescrizioni o lo svolgimento di
lavori di pubblica utilita'; preclude viceversa l'accesso ad un
istituto, la sospensione del procedimento con messa alla prova, che
si connota per la riparazione/risarcimento del danno, per
un'assistenza ed un monitoraggio continui, per il necessario
svolgimento di lavori a vantaggio della collettivita'.
3. Non manifesta infondatezza. La questione sollevata in via
subordinata
3.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della nonna di
cui all'art. 168-bis, comma 4 del codice penale nella parte in cui
esclude che possa essere concessa una nuova volta la sospensione con
messa alla prova, pur quando siano gia' decorsi piu' di tre anni
dalla sentenza di proscioglimento per l'esito positivo della messa
alla prova emessa nel procedimento in cui l'imputato era stato
precedentemente ammesso a fruire dell'istituto.
3.2 Nell'ipotesi cioe' in cui si ritenesse legittimo il divieto
di un secondo accesso alla messa alla prova, pare che l'assolutezza
di tale divieto (pur con l'eccezione introdotta dalla Corte
costituzionale con la sentenza 174 del 2022) sia irragionevole, in
particolare nella misura in cui - pur con il decorso di un notevole
lasso di tempo - tale divieto non venga meno.
3.3 Non consentire, neppure dopo un apprezzabile lasso temporale,
un nuovo accesso alla messa alla prova significa infatti disconoscere
l'essenziale profilo rieducativo della stessa e/o presumere, rispetto
al soggetto che abbia gia' sperimentato tale percorso, l'inefficacia
rieducativa e preventiva dell'istituto, senza limiti di tempo, cosi'
in definitiva negando in radice una possibilita' di miglioramento
della persona umana.
3.4 In proposito, si deve rilevare che la messa alla prova
propria del processo penale minorile (articoli 28 ss. decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1988), cui si e' ispirata la
riforma operata dalla legge n. 67/2014, non conosce limiti alla
reiterazione. Se e' vero che il soggetto minorenne e' caratterizzato
da una personalita' fluida ed ancora in fieri, cio' non significa che
per l'adulto non vi siano viceversa margini per un miglioramento in
termini di risocializzazione.
D'altro canto, la Corte di Cassazione ha recentemente affermato
che il soggetto adulto che abbia gia' fruito della sospensione nel
processo minorile (cio' che potrebbe in ipotesi essere avvenuto anche
dopo il compimento della maggiore eta' da parte dell'imputato,
rilevando solo l'eta' al momento del fatto e non quella al momento
del processo) non e' per cio' solo escluso dall'accesso alla messa
alla prova ex articoli 168-bis ss. del codice penale (sentenza n.
29652 del 2024, allo stato non massimata).
3.5 Inoltre, nella materia contigua delle misure alternative al
carcere e in particolare dell'affidamento in prova al servizio
sociale, l'art. 58-quater, legge n. 354/1975 prevede che
l'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti
dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la semiliberta' non possano
essere concessi piu' di una volta solo con riguardo al condannato cui
sia stata applicata la recidiva reiterata.
Anche il divieto di concessione di benefici di cui all'art.
58-quater legge n. 354/975, previsto nei confronti di chi sia stato
ritenuto colpevole del reato di evasione (comma 1) e nei confronti di
colui cui sia stata revocata una misura alternativa per
l'incompatibita' del comportamento tenuto con la prosecuzione della
misura (comma 2) - opera per un periodo di tempo [imitato (tre anni
dal momento in cui e' ripresa l'esecuzione della custodia o della
pena o e' stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma
2).
3.6 Si rilevi ancora che, nel caso della sospensione del processo
con messa alla prova, l'esito positivo della prova determina la
pronuncia di una sentenza di non doversi procedure e non di una
sentenza di condanna. In relazione a tale pronuncia il soggetto non
puo' dunque neppure conseguire la riabilitazione e la conseguente
estinzione degli effetti penali della condanna, per cui neppure
l'eventuale riabilitazione puo' riaprire l'accesso all'istituto della
messa alla prova per chi ne abbia gia' fruito (la Corte di
Cassazione, con la sentenza Sez. 4, n. 7668 del 6 febbraio 2019 - Rv.
275130 - 01, ha ad esempio affermato che «La non menzione della
condanna nel certificato del casellario giudiziale puo' essere
concessa [...] a chi abbia riportato una precedente condanna per la
quale sia intervenuta pronuncia di riabilitazione»).
3.7 Complessivamente, dunque, la circostanza che la norma
censurata non contempli alcun limite temporale al divieto di nuova
messa alla prova pare determinare una violazione degli articoli 3 e
27, comma 3 della Costituzione.
3.8 Quanto al rimedio appropriato per la violazione dei principi
costituzionali qui denunciata, si chiede alla Corte costituzionale
una pronuncia che limiti ad un periodo di tre anni dalla precedente
sentenza di proscioglimento per l'esito positivo della messa alla
prova la durata del divieto di nuovo accesso all'istituto in
questione.
Si prevedrebbe cosi' per il divieto in questione la stessa durata
prevista dal citato art. 58-quater, legge n. 354/1975 per il divieto
di concessione dei benefici penitenziari e delle misure alternative
alla detenzione, istituti connotati non solo da un significativo
vantaggio per l'interessato, ma anche da una spiccata finalita'
rieducativa, esattamente come la sospensione con messa alla prova
(sia pur in una diversa fase della sequenza penale). Lo stesso
termine di tre anni e' del resto previsto dall'art. 179 del codice
penale anche per la richiesta della riabilitazione.
Si tratta di una soluzione «costituzionalmente adeguata» tratta
da una disciplina gia' esistente. che consentirebbe alla Corte di
porre rimedio nell'immediato al vulnus riscontrato, fatta salva «la
possibilita' per il legislatore di intervenire in qualsiasi momento a
individuare, nell'ambito della propria discrezionalita', altra, e in
ipotesi piu' congrua - soluzione [...], purche' rispettosa dei
principi costituzionali» (sentenza n. 222 del 2018).
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione, chiaro e
univoco essendo il dato letterale, in base al quale «La sospensione
del procedimento con messa alla prova dell'imputato non puo' essere
concessa piu' di una volta».
Detta disposizione e' peraltro interpretata in modo costante
dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale. La
stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 174/2022 ha mosso
implicitamente dal presupposto che un soggetto non possa accedere una
seconda volta all'istituto della messa alla prova.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. legge n.
87/1953,
ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata,
solleva questione di legittimita' costituzionale, per violazione
degli articoli 3, 27 comma 2, 27 comma 3 e 117 della Costituzione
(l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6, paragrafo 2
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali) - della norma di cui all'art. 168-bis, comma 4
del codice penale nella parte in cui prevede il divieto di
concessione una ulteriore volta della sospensione con messa alla
prova dell'imputato anche per l'ipotesi in cui il procedimento in cui
la messa alla prova era gia' stata concessa si sia concluso con
sentenza di proscioglimento;
in subordine della norma di cui all'art. 168-bis, comma 4 del
codice penale nella parte in cui esclude che possa essere concessa
un'ulteriore volta la messa alla prova, pur dopo che siano decorsi
tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato
per l'esito positivo della messa alla prova,
per violazione degli articoli 3 e 27 comma 3 della Costituzione;
sospende il giudizio in corso ed i relativi termini di
prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale.
Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso.
Manda alla Cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono
considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura
penale.
Firenze, 28 ottobre 2024
Il Giudice: Attina'
Oggetto:
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato –Previsione che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta – Denunciata previsione del divieto di concessione del beneficio un’ ulteriore volta anche per l’ipotesi in cui il procedimento in cui la messa alla prova era già stata concessa si sia concluso con sentenza di proscioglimento – Violazione del principio, anche convenzionale, di presunzione di non colpevolezza – Violazione del principio di ragionevolezza sia intrinsecamente considerato sia in relazione alla mancanza di analogo divieto rispetto a istituti quali l’applicazione della pena su richiesta, l’oblazione, il decreto penale e l’estinzione del reato a seguito di condotte riparatorie.
- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.
- Costituzione, artt. 3, 27, commi secondo e terzo, e 117 [, primo comma], in relazione all’art. 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
In subordine: Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato – Previsione che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta - Denunciata previsione del divieto di concessione del beneficio un’ ulteriore volta pur dopo che siano decorsi tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova – Omessa considerazione del profilo rieducativo dell’istituto della messa alla prova - Violazione del principio di ragionevolezza, a fronte della mancata previsione di limiti temporali per la messa alla prova nel processo penale minorile e della diversa disciplina nella materia contigua delle misure alternative al carcere.
- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
Norme impugnate:
codice penale del Num. Art. 168 Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 27 Co. 2
Costituzione Art. 27 Co. 3
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025
rel. PITRUZZELLA
Testo dell'ordinanza
N. 229 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 2024
Ordinanza del 28 ottobre 2024 del Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di A. D.S..
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova
dell'imputato - Previsione che la sospensione del procedimento con
messa alla prova dell'imputato non puo' essere concessa piu' di una
volta - Denunciata previsione del divieto di concessione del
beneficio un'ulteriore volta anche per l'ipotesi in cui il
procedimento in cui la messa alla prova era gia' stata concessa si
sia concluso con sentenza di proscioglimento.
In subordine: Processo penale - Sospensione del procedimento con
messa alla prova dell'imputato - Previsione che la sospensione del
procedimento con messa alla prova dell'imputato non puo' essere
concessa piu' di una volta - Denunciata previsione del divieto di
concessione del beneficio un'ulteriore volta pur dopo che siano
decorsi tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione
del reato per l'esito positivo della messa alla prova.
- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.
(GU n. 51 del 18-12-2024)
TRIBUNALE DI FIRENZE
Prima sezione penale
Il Giudice dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di D.S. A., nato il... a... (...), dichiaratamente
domiciliato in..., via... n...;
difeso di fiducia dall'avv. Lapo Fe' del Foro di Firenze;
imputato del reato previsto e punito dall'art. 186, commi 2
lettera c) e 2-bis, decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992
perche' veniva colto in stato di ebbrezza (in conseguenza dell'uso di
bevande alcooliche) alla guida dell'autovettura targata... essendo
stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico
superiore a 1,5 grammi per litro, ed in particolare essendo stato
accertato il valore di 2,23 g/l al primo controllo, e di 2,16 g/l al
successivo controllo effettuato dopo un intervallo di almeno cinque
minuti. Con l'aggravante di avere provocato un incidente stradale.
Commesso in... e... il...
Rilevato che:
con decreto del Pm il... D.S. A. era citato a giudizio per il
reato sopra indicato;
all'udienza predibattimentale del..., dopo la verifica della
regolare costituzione delle parti, il difensore munito di procura
speciale presentava istanza di sospensione del processo con messa
alla prova dell'imputato e depositava la richiesta di elaborazione
del programma di trattamento gia' trasmessa all'Ufficio Esecuzione
Penale Esterna; il Pm esprimeva parere contrario in ragione del fatto
che l'imputato aveva gia' fruito di tale istituto, come da
certificato penale in atti (l'imputato risultava essere gia' stato
ammesso alla messa alla prova nell'ambito di altro procedimento
penale con provvedimento del Tribunale di Firenze del...); il Giudice
rinviava il processo per un esame piu' approfondito della questione;
all'udienza odierna, il difensore insisteva sulla richiesta di
ammissione alla messa alla prova, previo rinvio per consentire
all'UEPE l'elaborazione del programma di trattamento e, in subordine,
si riservava di avanzare un'istanza di applicazione pena con la
sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilita'
ai sensi della legge n. 689/1981; il Pm si opponeva rispetto alla
messa alla prova, riservandosi di valutare un'eventuale istanza di
applicazione pena;
per poter addivenire ad una corretta decisione circa
l'ammissibilita' dell'istanza di sospensione del processo con messa
alla prova, appare necessario il pronunciamento della Corte
costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma
di cui all'art. 168-bis, comma 4, del codice penale nella parte in
cui prevede il divieto di concessione una seconda volta della
sospensione con messa alla prova dell'imputato anche per l'ipotesi in
cui il procedimento in cui la messa alla prova era gia' stata
concessa si sia concluso con sentenza di proscioglimento; in via
subordinata, si dubita della legittimita' costituzionale della stessa
norma, nella parte in cui esclude che possa essere concessa una
seconda volta la messa alla prova, pur dopo che siano decorsi tre
anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato per
l'esito positivo della messa alla prova;
cio' premesso,
Osserva
1. Rilevanza della questione
1.1 L'imputato, tramite il difensore procuratore speciale, ha
presentato istanza di sospensione del processo con messa alla prova e
preliminarmente richiesta di rinvio per consentire all'U.E.P.E.
l'elaborazione del programma di trattamento.
1.2 Non sussistono i presupposti per un proscioglimento ex art.
129 del codice di procedura penale; il reato contestato all'imputato
rientra tra quelli per i quali la sospensione del processo con messa
alla prova e' in astratto ammissibile.
1.3 In base al certificato penale in atti, l'imputato e' stato
pero' gia' ammesso in altro procedimento alla sospensione del
processo con messa alla prova, con provvedimento del Tribunale di
Firenze del..., in relazione alla contestazione del reato di guida in
stato di ebbrezza, in ipotesi posto in essere il... Alla stregua
dello stesso certificato il Tribunale di Firenze in data...
pronunciava poi sentenza di non doversi procedere per l'esito
positivo della messa alla prova.
1.4 In ragione di quanto precede, questo giudice dovrebbe
dichiarare inammissibile o comunque respingere l'istanza di
sospensione del processo con messa alla prova (e l'istanza
preliminare di rinvio) alla luce del disposto dell'art. 168-bis,
comma 4, del codice penale, ai sensi del quale «La sospensione del
procedimento con messa alla prova dell'imputato non puo' essere
concessa piu' di una volta». Occorre precisare che tra il fatto
oggetto del procedimento del 2016 in cui e' stata gia' disposta la
messa alla prova e quello oggetto del procedimento attuale non e'
prospettabile un nesso in termini di reato continuato, sia in ragione
del lasso temporale molto ampio che li separa (quasi otto anni) sia
in ragione della tipologia di reato (estemporaneo, punito anche solo
a titolo di colpa) che viene in rilievo. Non puo' dunque trovare
applicazione l'eccezione - introdotta dalla Corte costituzionale con
la sentenza n. 174/2022 - al divieto di nuova concessione della
sospensione con messa alla prova previsto dall'art. 168-bis, comma 4
del codice penale.
1.5 Laddove viceversa la norma qui censurata fosse dichiarata
costituzionalmente illegittima non si profilerebbe la citata
condizione ostativa all'ammissione alla sospensione del processo con
messa alla prova e la relativa istanza potrebbe essere esaminata nel
merito (previo rinvio per l'elaborazione del programma di trattamento
da parte dell'UEPE).
In proposito, si deve osservare che nella sentenza n. 174/2022 -
ai fini della rilevanza della questione (nel caso all'epoca esaminato
si poneva, sotto il profilo della rilevanza, un problema del tutto
simile) - la Corte costituzionale ha affermato: «L'accoglimento della
questione avrebbe infatti, nella prospettiva del giudice a quo,
l'effetto di rimuovere la preclusione oggi opposta a una possibile
seconda concessione del beneficio previsto dalla disposizione
censurata, consentendogli cosi' di valutare nel merito [...] se
sussistano gli ulteriori presupposti delineati dagli articoli 168-bis
del codice penale e 464-bis e 464-quater del codice di procedura
penale per l'accesso all'istituto in questione. [...] Ne', ai fini
della motivazione sulla rilevanza della questione, sarebbe stato
necessario per il giudice rimettente diffondersi sulla sussistenza
dei requisiti del beneficio in capo a entrambi gli imputati, posto
che tale valutazione e' logicamente successiva alla rimozione della
preclusione stabilita dalla disposizione censurata, che allo stato
vieta in modo assoluto - secondo la lettura del rimettente - la
concessione del beneficio a chi ne abbia gia' frullo (in senso
analogo, sentenza n. 253 del 2019, punto 6 del Considerato in
diritto)».
Analogamente, nel caso di specie raccoglimento della questione,
con la conseguente rimozione della preclusione ad oggi esistente,
consentirebbe di valutare nel merito l'istanza e poi il programma di
messa alla prova.
1.6 Similmente, nel caso in cui fosse accolta la questione qui
sollevata in via subordinata, si potrebbe esaminare nel merito
l'istanza di sospensione del processo con messa alla prova: dalla
citata sentenza del 10 febbraio 2017 del Tribunale di Firenze - di
non doversi procedere per l'esito positivo della messa alla prova -
sono ormai trascorsi oltre sette anni; peraltro piu' di tre anni
erano decorsi anche tra la citata sentenza e il fatto di reato
contestato all'imputato (5 febbraio 2023).
2. Non manifesta infondatezza. La questione sollevata in via
principale
2.0 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di
cui all'art. 168-bis, comma 4, del codice penale, secondo cui «la
sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non
puo' essere concessa piu' di una volta».
In particolare, tale norma pare violare il principio della
presunzione d'innocenza di cui all'art. 27, comma 2 della
Costituzione e all'art. 6 par. 2 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(quest'ultimo rilevante ai sensi dell'art. 117 della Costituzione),
nonche' il principio di ragionevolezza evincibile dall'art. 3 della
Costituzione.
2.1 L'istituto della sospensione del processo con messa alla
prova dell'imputato e' stato introdotto nel nostro ordinamento per
gli imputati adulti dalla legge n. 67/2014 e consente all'imputato -
in relazione a reati puniti con la pena edittale detentiva non
superiore nel massimo a quattro anni (o con la pena pecuniaria),
nonche' ai reati di cui all'art. 550 comma 2 codice di procedura
penale - di chiedere la sospensione del processo con messa alla
prova.
La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte
all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal
reato, nonche', ove possibile, il risarcimento del danno cagionato;
comporta altresi' l'affidamento dell'imputato all'UEPE, per lo
svolgimento delle opportune attivita' di osservazione, trattamento e
sostegno funzionali alla presa in carico e alla realizzazione di un
apposito programma, che puo' implicare attivita' di volontariato e
l'osservanza di prescrizioni varie. Implica inoltre necessariamente
la prestazione di lavori di pubblica utilita'.
Ai sensi dell'art. 168-ter del codice penale l'esito positivo
della prova estingue il reato per cui si procede.
2.2 La giurisprudenza di legittimita' ha poi sottolineato, a piu'
riprese e ai piu' diversi fini, che l'ordinanza di sospensione del
processo con messa alla prova e successiva sentenza di
proscioglimento per estinzione del reato non implicano alcuna
valutazione sul merito dell'accusa, ma presuppongono soltanto una
delibazione circa l'inesistenza di cause di proscioglimento immediato
ex art. 129 del codice di procedura penale (e secondo le Sezioni
Unite della Corte di Cassazione - sentenza n. 35490 del 28 maggio
2009, e' questa una delibazione che rientra piu' nel concetto di
«constatazione», ossia di percezione «ictu oculi», che in quello di
«apprezzamento» ed e' quindi incompatibile con qualsiasi necessita'
di accertamento o di approfondimento).
In particolare, si e' affermato che:
«la valutazione da parte del giudice, non si basa su elementi
di prova e non e' idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul
merito dell'accusa e sulla responsabilita' (Sez. 2, n. 53648 del 5
ottobre 2016 Rv. 268635) sicche', la decisione assunta, nell'ipotesi
di esito positivo della messa alla prova, non potra' avere alcuna
incidenza sull'eventuale giudizio civile instaurato per il
risarcimento del danno» (Cass. Sez. 5, sentenza n. 33277 del 28 marzo
2017);
«l'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla
prova [...] non determina l'incompatibilita' del giudice nel giudizio
che prosegua con le forme ordinarie nei confronti di eventuali
coimputati, trattandosi di decisione adottata nella medesima fase
processuale che non implica una valutazione sul merito dell'accusa ma
esclusivamente una delibazione sull'inesistenza di cause di
proscioglimento immediato ai sensi dell'art. 129 del codice di
procedura penale nonche' una verifica dell'idoneita' del programma di
trattamento e una prognosi favorevole di non recidiva» (Cass. Sez. 3,
sentenza n. 14750 del 20 gennaio 2016 Rv. 266387 - 01):
«La sentenza di proscioglimento per esito positivo della
messa alla prova, di cui all'art. 464-septies del codice di procedura
penale, non e' idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul
merito dell'accusa e sulla responsabilita', sicche' essa non puo'
essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati
per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro
posizione processuale» (Cass. Sez. 2, sentenza n. 53648 del 5 ottobre
2016 Rv. 268635 - 01);
l'esito positivo della messa alla prova «opera quale causa di
estinzione della c.d. punibilita' in astratto, intervenendo prima che
sia emessa la sentenza di condanna e, pertanto, prescinde da
qualunque accertamento sul merito della res iudicanda e sulla
responsabilita' dell'imputato», per cui ai fini della valutazione del
presupposto ostativo del comportamento abituale, ai sensi dell'art.
131-bis comma 3 del codice penale, non rilevano i reati estinti per
esito positivo della messa alla prova (Cass. Sez. 2 - sentenza n.
46064 del 30 novembre 2021); l'istituto della messa alla prova
prescinde dall'accertamento della penale responsabilita'
dell'imputato, per cui il giudice - con la sentenza di
proscioglimento per estinzione del reato - non puo' applicare
sanzioni amministrative accessorie (Cass. Sez. 4, sentenza n. 19369
del 7 maggio 2024);
la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa
alla prova, non essendo idonea ad esprimere un compiuto accertamento
sul merito dell'accusa e sulla responsabilita' dell'imputato, non
puo' essere equiparata alla sentenza di condanna ne' alla sentenza di
applicazione della pena su richiesta, per cui non consente la
confisca di cui all'art. 474-bis del codice penale (Cass. Sez. 5,
sentenza n. 49478 del 13 novembre 2019 Rv. 277519 - 01);
non comportando la sentenza emessa ai sensi dell'art.
464-septies del codice di procedura penale l'accertamento della
commissione di un reato, la dichiarazione di estinzione del reato
oggetto di una sentenza di patteggiamento non e' preclusa dalla
commissione, nel termine di cinque anni, di un nuovo delitto
dichiarato estinto per esito positivo della messa alla prova (Cass.
Sez. 1, n. 23920 del 17 marzo 2022 Rv. 283192 - 01).
2.3 L'Istituto e' stato piu' volte oggetto di analisi anche da
parte della Corte costituzionale.
In particolare, nella sentenza n. 91 del 2018 - allorche'
l'istituto stesso della messa alla prova era censurato per l'asserita
violazione della presunzione d'innocenza - la Corte ha svolto le
seguenti considerazioni:
«se e' vero che nel procedimento di messa alla prova manca una
condanna, e' anche vero che correlativamente manca un'attribuzione di
colpevolezza: nei confronti dell'imputato e su sua richiesta (non
perche' e' considerato colpevole), in difetto di un formale
accertamento di responsabilita', viene disposto un trattamento
alternativo alla pena che sarebbe stata applicata nel caso di
un'eventuale condanna.
Con riferimento alla mancanza di un formale accertamento di
responsabilita' e di una specifica pronuncia di condanna, la
sospensione del procedimento con messa alla prova puo' essere
assimilata all'applicazione della pena su richiesta delle parti
(cosiddetto patteggiamento: art. 444 del codice di procedura penale),
perche' entrambi i riti speciali si basano sulla volonta'
dell'imputato che, non contestando l'accusa, in un caso si sottopone
al trattamento e nell'altro accetta la pena. Per queste
caratteristiche anche il patteggiamento e' stato sospettato di
illegittimita' costituzionale, sostenendosene il contrasto con la
presunzione di non colpevolezza contenuta nell'art. 27, secondo
comma, della Costituzione, ma questa Corte con piu' decisioni ha
ritenuto la questione priva di fondamento (sentenza n. 313 del 1990;
ordinanza n. 399 del 1997).
In particolare e' stato escluso che nel procedimento previsto
dall'art. 444 del codice di procedura penale «vi sia un sostanziale
capovolgimento dell'onere probatorio, contrastante con la presunzione
d'innocenza contenuta nell'art. 27, secondo comma, della
Costituzione». In effetti - ha aggiunto la Corte - nel nuovo
ordinamento giuridico-processuale «e' preponderante l'iniziativa
delle parti nel settore probatorio: ma cio' non immuta affatto i
principi, nemmeno nello speciale procedimento in esame, dove anzi il
giudice e' in primo luogo tenuto ad esaminare ex officio se sia gia'
acquisita agli atti la prova che il fatto non sussiste o che
l'imputato non lo ha commesso. Dopodiche', risultando negativa questa
prima verifica, se l'imputato ritiene di possedere elementi per
l'affermazione della propria innocenza, nessuno lo obbliga a
richiedere l'applicazione di una pena, ed egli ha a disposizione le
garanzie del rito ordinario. In altri termini, chi chiede
l'applicazione di una pena vuoi dire che rinuncia ad avvalersi della
facolta' di contestare l'accusa, senza che cio' significhi violazione
del principio di presunzione d'innocenza, che continua a svolgere il
suo ruolo fino a quando non sia irrevocabile la sentenza» (sentenza
n. 313 del 1990).
Invero la possibilita' di chiedere i riti speciali, e in
particolare il patteggiamento o la messa alla prova, costituisce,
come generalmente si ritiene, una delle facolta' difensive e appare
illogico considerare costituzionalmente illegittimi per la violazione
delle garanzie riconosciute all'imputato questi procedimenti che sono
diretti ad assicurargli un trattamento piu' vantaggioso di quello del
rito ordinario.
7. - Per giungere alla conclusione dell'infondatezza delle
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 464-quater e
464-quinquies del codice di procedura penale, in riferimento all'art.
27 della Costituzione, sarebbe sufficiente richiamare gli argomenti
gia' utilizzati da questa Corte per decidere la questione relativa al
patteggiamento, per vari aspetti analoga. Tuttavia anche altri e
assai consistenti argomenti orientano in tal senso e valgono a
dimostrare ulteriormente l'infondatezza delle altre due questioni di
legittimita' costituzionale sollevate dal giudice a quo.
La messa alla prova, anche se puo' assimilarsi al patteggiamento
per la base consensuale del procedimento e del conseguente
trattamento, presenta aspetti che da questo la differenziano, al
punto, come si vedra', da non consentire un riferimento nei termini
tradizionali alle categorie costituzionali penali e processuali,
perche' il carattere innovativo della messa alla prova «segna un
ribaltamento dei tradizionali sistemi di intervento sanzionatorio»
(Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 31 marzo 2016,
n. 36272).
Come hanno riconosciuto le sezioni unite della Corte di
cassazione, «[q]uesta nuova figura, di ispirazione anglosassone,
realizza una rinuncia statuale alla potesta' punitiva condizionata al
buon esito di un periodo di prova controllata e assistita e si
connota per una accentuata dimensione processuale, che la colloca
nell'ambito dei procedimenti speciali alternativi al giudizio (Corte
costituzionale, n. 240 del 2015). Ma di essa va riconosciuta,
soprattutto, la natura sostanziale. Da un lato, nuovo rito speciale,
in cui l'imputato che rinuncia al processo ordinario trova il
vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo; dall'altro,
istituto che persegue scopi specialpreventivi in una fase anticipata,
in cui viene «infranta» la sequenza cognizione-esecuzione della pena,
in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto»
(Cass., sez. un., n. 36272 del 2016). Da qui la differenza tra
l'istituto in esame e il patteggiamento, in quanto la sentenza che
dispone l'applicazione della pena su richiesta delle parti, «pur non
potendo essere pienamente identificata con una vera e propria
sentenza di condanna (cfr. sentenza n. 251 del 1991), e' tuttavia a
questa «equiparata» ex art. 445 del codice di procedura penale»
(ordinanza n. 73 del 1993) e conduce all'irrogazione della pena
prevista per il reato contestato, anche se diminuita fino a un terzo,
mentre l'esito positivo della prova conduce ad una sentenza di non
doversi procedere per estinzione del reato.
Inoltre la sentenza di patteggiamento costituisce un titolo
esecutivo per l'applicazione di una sanzione tipicamente penale,
mentre l'ordinanza che dispone la sospensione del processo e ammette
l'imputato alla prova non costituisce un titolo per dare esecuzione
alle relative prescrizioni. Il trattamento programmato non e' infatti
una sanzione penale, eseguibile coattivamente, ma da' luogo a
un'attivita' rimessa alla spontanea osservanza delle prescrizioni da
parte dell'imputato, il quale liberamente puo' farla cessare con
l'unica conseguenza che il processo sospeso riprende il suo corso.
Si tratta di una caratteristica fondamentale, perche' viene
riservata alla volonta' dell'imputato non soltanto la decisione sulla
messa alla prova ma anche la sua esecuzione».
Nella successiva sentenza n. 146 del 2022 la Corte costituzionale
ha sottolineato che «nella messa alla prova convivono un'anima
processuale e una sostanziale. Da un lato, l'istituto e' uno
strumento di definizione alternativa del procedimento, che si
inquadra a buon diritto tra i riti alternativi (sentenze n. 14 del
2020, n. 91 del 2018 e n. 240 del 2015); al contempo, esso disegna un
percorso rieducativo e riparativo, alternativo al processo e alla
pena, ma con innegabili connotazioni sanzionatorie (sentenza n. 68
del 2019), che conduce, in caso di esito positivo, all'estinzione del
reato».
2.4 Fatte queste premesse, si deve rilevare che il divieto di una
seconda concessione della sospensione con messa alla prova non soffre
eccezioni, se non quella introdotta dalla Corte costituzionale con la
sentenza n. 174 del 2022 per le ipotesi di reati avvinti dal vincolo
della continuazione. Il divieto (previsto unicamente per la messa
alla prova per gli adulti, laddove quella propria del processo penale
minorile non conosce alcun limite alla reiterazione) vale infatti a
prescindere dalla natura - delittuosa o contravvenzionale, dolosa o
colposa - dei reati oggetto dei vari procedimenti, dall'esito
positivo o negativo della prima messa alla prova, dalla distanza
temporale tra i vari procedimenti, dalla circostanza che il reato
oggetto del secondo procedimento sia in ipotesi stato commesso prima
della prima sospensione con messa alla prova o dopo la stessa, ecc.
2.5 Tale divieto pare violare il principio della presunzione
d'innocenza nella misura in cui pare associare un giudizio di
colpevolezza all'ammissione dell'imputato alla messa alla prova.
Detto in altri termini, la logica del divieto in questione pare
essere quella di non consentire una seconda applicazione
dell'istituto, sul presupposto che il soggetto che abbia commesso un
primo reato e che in relazione allo stesso abbia evitato - seguendo
il percorso della messa alla prova - la condanna e la pena non possa
fruire nuovamente di tale possibilita': logica che da un lato lascia
trasparire una sorta di presunzione di colpevolezza rispetto alla
precedente contestazione, pur a fronte di una sentenza di
proscioglimento per l'esito positivo della messa alla prova, e
dall'altro sminuisce la portata rieducativa della messa alla prova,
come se si trattasse solo dell'ennesimo istituto con connotazione
premiale e deflattiva.
2.7 Non paiono infatti ipotizzabili altre logiche sottostanti al
citato divieto.
Anzi, una conferma in tal senso si ricava dai lavori preparatori
della legge n. 67/2014.
La proposta di legge C331 presentata alla Camera dei Deputati -
cosi' come la proposta C927, poi riunita - prevedeva: «La sospensione
del processo con messa alla prova dell'imputato puo' essere concessa
una sola volta. La sospensione puo' tuttavia essere concessa una
seconda volta in relazione ai reati commessi anteriormente al primo
provvedimento di sospensione».
In seguito, era approvato l'emendamento 2.101 - presentato dagli
stessi relatori - per effetto del quale il testo era cosi'
sostituito: «la sospensione del processo con messa alla prova
dell'imputato non puo' essere concessa piu' di due volte, ne' piu' di
una volta se tratta di reato della stessa indole».
Significativa appare l'illustrazione in Assemblea da parte della
relatrice in data 24 giugno 2013 (peraltro sostanzialmente identica
sul punto a quella del progetto C 5019-bis presentato nella
Legislatura precedente): «Il Capo II introduce nell'ordinamento
l'istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla
prova. Scopo della nuova disciplina - ispirata alla probation di
origine anglosassone - e' quello di estendere l'istituto, tipico del
processo minorile, anche al processo penale per adulti in relazione a
reati di minor gravita'. L'istituto offre ai condannati per reati di
minore allarme sociale un percorso di re inserimento alternativo e,
al contempo, svolge una funzione deflativa dei procedimenti penali in
quanto e' previsto che l'esito positivo della messa alla prova
estingua il reato con sentenza pronunciata dal giudice».
Significativo anche il contenuto della relazione al disegno di
legge 925 al Senato: «La sospensione del procedimento con messa alla
prova puo' essere concessa per un massimo di due volte, ma per una
soltanto in caso di recidiva specifica».
Nel corso del successivo esame al Senato - per effetto
dell'approvazione dell'emendamento 3.246 - era poi limitata in via
generale ad una volta la concessione della sospensione con messa alla
prova. Il nuovo testo sarebbe poi stato approvato in seconda lettura
dalla Camera dei Deputati.
Ebbene, il riferimento nel corso dei citati lavori parlamentari
ai concetti di «condannati per reati di minore allarme sociale» e di
«recidiva specifica», da parte degli stessi relatori dei disegni di
legge, pare postulare il riconoscimento all'ammissione alla messa
alla prova di un valore di accertamento di colpevolezza che in teoria
non dovrebbe avere.
Analogamente, il riferimento, nella versione approvata dalla
Camera in prima lettura, al concetto di «reato della stessa indole»,
quale condizione ostativa ad una seconda concessione della
sospensione con messa alla prova, aveva senso solo nella misura in
cui si presupponesse che l'imputato fosse colpevole del reato della
stessa indole oggetto del primo procedimento; diversamente l'indole
del reato non rileverebbe. Del resto, il concetto di «recidiva» alla
luce dell'ormai consolidata giurisprudenza costituzionale e di
legittimita' postala un giudizio di maggior colpevolezza (e maggior
pericolosita') dell'autore del reato.
2.8 Se quindi l'istituto della messa alla prova ha tutti i
plurimi profili virtuosi sopra indicati (finalita' rieducativa,
funzione deflattiva, vantaggio per l'imputato), l'unica logica
possibile (per quanto non condivisibile) del divieto di nuova
concessione di cui all'art. 168-bis, comma 4 del codice penale pare
essere quella del rimprovero/censura/giudizio di maggior
pericolosita' nei confronti del «recidivo», concetto cui non a caso
si fa riferimento anche nei lavori preparatori.
La circostanza che il divieto di nuova concessione della messa
alla prova prescinda dal profilo cronologico del reato oggetto di
contestazione e in particolare dal fatto che il reato oggetto del
secondo procedimento sia stato posto in essere prima, o viceversa
dopo, la messa alla prova gia' svolta evidenzia chiaramente come la
ratio del citato divieto non possa essere ricercata in un'eventuale
giudizio negativo da parte dei legislatore circa l'efficacia del
percorso rieducativo gia' svolto (giudizio negativo che deve peraltro
ritenersi precluso una volta che sia stata pronunciata sentenza di
non doversi procedere per l'esito positivo della messa alla prova).
2.9 Occorre ancora precisare che l'effetto preclusivo in ordine
ad una seconda concessione della sospensione con messa alla prova
teoricamente e' ricollegato alla semplice ammissione gia' intervenuta
in un precedente procedimento. Stando alla lettera della legge, si
dovrebbe cioe' prescindere da quali siano stati gli sviluppi
successivi a detta ammissione.
Si deve tuttavia ritenere, in una lettura costituzionalmente
orientata della norma. che tale preclusione non operi in una serie di
casi limite.
2.10.1 Ad esempio. qualora il reato oggetto de! primo
procedimento nel quale l'imputato ha gia' fruito della sospensione
con messa alla prova sia successivamente depenalizzato. si deve
ritenere (gia' sulla base del dato normativo attuale) che quella
prima ammissione non costituisca condizione ostativa ad una seconda
concessione. Il principio dell'irrilevanza di precedenti condanne per
reati poi depenalizzati - quale condizione ostativa alla concessione
di nuovi benefici - e' ormai consolidato nella giurisprudenza di
legittimita' in materia di sospensione condizionale della pena e non
menzione (Cass. Sez. 3, sentenza n. 8803 del 15 gennaio 2020 Rv.
278268 - 01; Cass. Sez. 6, sentenza n. 16363 del 5 febbraio 2008 Rv.
239555 - 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18 del 27 novembre 2007 Rv.
238876 - 01; Cass. Sez. 4, sentenza n. 10564 del 13 gennaio 2006 Rv.
233713 - 01). L'irrilevanza di precedenti condanne per reati poi
depenalizzati e' stata espressamente affermata anche in materia di
recidiva (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 28203 del 30 marzo 2023 Rv.
284823 - 01).
Sarebbe del resto assurdo negare ad un imputato l'ammissione alla
sospensione con messa alla prova per il solo fatto che egli ne abbia
gia' fruito in passato in relazione alla contestazione di un fatto
ormai considerato penalmente irrilevante dall'ordinamento.
2.10.2 Ad analoga conclusione pare doversi pervenire con riguardo
alle ipotesi in cui nel primo procedimento, a seguito dell'ammissione
alla messa alla prova, l'imputato sia stato poi prosciolto ad esempio
per il mutato regime della procedibilita'.
Cosi', ad esempio, la Corte di Cassazione con la sentenza Sez. 4
- n. 2577 del 9 gennaio 2024 Rv. 285700 - 01 - in un ipotesi in cui.
dopo la sentenza di primo grado dichiarativa dell'estinzione del
reato per esito positivo della messa alla prova, il reato oggetto del
processo (ex art. 590-bis del codice penale) era divenuto procedibile
a querela - ha ritenuto ammissibile il ricorso e poi annullato la
sentenza di primo grado, dichiarando il non doversi procedere per
difetto di querela. In una simile ipotesi, sarebbe irragionevole
ritenere che in un eventuale successivo procedimento l'imputato
incorrerebbe comunque nella preclusione di cui all'art. 168-bis,
comma 4 del codice penale
2.10.3 A maggior ragione sarebbe irragionevole ritenere
sussistente la preclusione nel caso in cui nel primo procedimento -
dopo l'iniziale sospensione con messa alla prova - il procedimento
abbia ripreso il suo corso (la revoca della messa alla prova o per
l'esito negativo della stessa) e poi l'imputato sia stato assolto nel
merito.
2.10.4 Gli esempi sopra citati conducono a ritenere che - benche'
la lettera della norma ricolleghi la preclusione semplicemente ad una
precedente ammissione alla sospensione con messa alla prova, in
realta' tale effetto preclusivo presuppone che, pur dopo l'ammissione
alla messa alla prova, non vi sia stato un proscioglimento per un
diverso motivo e che il fatto per cui era stata disposta la messa
alla prova sia tuttora rilevante.
2.10.5 Se questa e' la corretta interpretazione della norma (e
non pare possibile interpretare diversamente la stessa nel rispetto
dei principi costituzionali), nei restanti casi - ed in particolare
quando il primo procedimento si sia concluso con una sentenza di
proscioglimento per l'esito positivo della messa alla prova - pare
aversi un'ulteriore conforma circa il fatto che la preclusione di una
nuova sospensione con messa alla prova sia da ricollegarsi ad una
sorta di persistente sospetto circa il fatto che comunque il soggetto
avesse posto in essere il reato ascritto.
Nonostante l'intervenuto proscioglimento, cioe', e benche' sotto
ogni diverso profilo - in base lane gia' citate sentenze della Corte
di Cassazione - l'Istituto della messa alla prova non postuli alcuna
valutazione circa il merito dell'accusa, se non in termini di
delibazione preliminare circa l'inesistenza di cause di
proscioglimento immediato ex art. 129 del codice di procedura penale
(percepibili ictu oculi, senza necessita' di alcun approfondimento,
secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite
nella sentenza n. 35490 del 28 maggio 2009 Rv. 244274 - 01),
nonostante tutto cio' il soggetto che ne abbia fruito si vede
comunque gravato da una sorta di stigma sotto il profilo
dell'impossibilita' di accedere nuovamente all'istituto in questione:
impossibilita' che costituisce una sorta di effetto penale, non della
condanna, perche' condanna non vi e' stata - ma dell'ammissione a
tale particolare rito.
2.11 Cosi' ricostruito il quadro normativa, la preclusione in
questione pare violare il principio della presunzione d'innocenza di
cui all'art. 27, comma 2 della Costituzione e all'art. 6, par. 2
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali.
La Corte costituzionale ha in piu' occasioni affermato che la
dichiarazione di estinzione del reato [...] comporta normalmente
l'esclusione di ogni effetto pregiudizievole - anche in termini
reputazionali - a carico di colui al quale il fatto di reato sia
stato in precedenza ascritto» (cosi', tra le altre, la sentenza 231
del 2018, proprio in tema di messa alla prova).
La Corte di Strasburgo, d'altro canto, ha in piu' occasioni
valorizzato non solo la componente procedurale, ma anche quella
«ultra-processuale» della presunzione d'innocenza, che e' chiamata ad
operare successivamente alla conclusione di un processo penale o alla
sua interruzione, al fine di proteggere la reputazione della persona,
in specie contro il rischio che la stessa sia trattata dalle
autorita' come se fosse colpevole del reato che le era stato ascritto
e in relazione al quale e' stata assolta o ha comunque beneficiato di
un'interruzione del processo (cfr., tra le altre, la sentenza del 10
gennaio 2024 nel caso U.Y. contro Turchia, par. 30 ss.; la sentenza
dei 23 gennaio 2018 nel caso Seven contro Turchia, par. 43 ss. e 54
ss.; la sentenza dei 12 luglio 2013 nel caso Allen contro Regno
Unito, par. 93 ss.). La Corte EDU si e' spesso pronunciata in
relazione a vicende in cui - dopo la conclusione di un processo
penale con un'assoluzione o un proscioglimento in rito, il giudice
aveva comunque dovuto pronunciarsi in relazione alla domanda
risarcitoria proposta dal danneggiato o era instaurato un
procedimento amministrativo o disciplinare, sicche' si profilava un
secondo procedimento collegato da un particolare nesso a quello
penale conclusosi con l'assoluzione o interrottosi (e in cui non si
trattava di irrogare una sanzione sostanzialmente penale).
Alla luce della citata ratio, volta a proteggere anche la
percezione dell'imputato nel contesto sociale, pare corretto ritenere
che la suddetta portata ultra-processuale debba valere non solo
rispetto alle comunicazioni o ai provvedimenti delle autorita'
(rispetto alle dichiarazioni pubbliche delle autorita' e' intervenuta
anche la direttiva (UE) 343/2016, recepita in Italia con il decreto
legislativo n. 188/2021), ma anche, e prima ancora, rispetto alle
conseguenze negative che siano previste in capo al soggetto gia'
assolto o prosciolto dalle stesse norme di legge. E non solo in
eventuali procedimenti collegati a quello gia' conclusosi, ma anche
ad ulteriori procedimenti non aventi un particolare collegamento con
quello concluso, ma in cui comunque in via generale il precedente
proscioglimento possa rilevare negativamente.
In particolare, l'ammissione alla messa alla prova non postula
ne' comporta un accertamento di responsabilita', non consente
l'irrogazione da parte del giudice di sanzioni accessorie e non puo'
rilevare in termini di accertamento in un successivo giudizio civile
risarcitorio o in un successivo procedimento disciplinare; ne' puo'
rilevare come precedente giudiziario in un successivo procedimento
penale ai fini della sussistenza della recidiva o della valutazione
dell'abitualita' del comportamento ai sensi dell'art. 131-bis del
codice penale. Allo stesso modo non puo' comportare effetti negativi
in successivi procedimenti penali in termini di preclusione
dell'accesso ad un rito alternativo, quale una nuova sospensione del
processo con messa alla prova.
2.12 Si aggiunga che in un'eventuale successiva causa
risarcitoria il giudice puo' rivalutare i fatti gia' oggetto del
precedente processo penale (conclusosi con l'assoluzione o con il
proscioglimento in rito) ai fini della verifica della sussistenza
della responsabilita' civile, senza effettuare, neanche
incidentalmente, un accertamento sulla responsabilita' penale (Corte
costituzionale, sentenza n. 182 del 2021). Allo stesso modo i fatti
potrebbero essere valutati autonomamente dall'autorita' del
procedimento amministrativo o disciplinare.
Nel caso della nuova richiesta di messa alla prova, viceversa i
procedimento ha ad oggetto ti totalmente distinti da quelli oggetto
del precedente provvedimento (conclusosi con il proscioglimento per
esito positivo della messa alla prova; inoltre, nel fascicolo
processuale non vi sono, ne' avrebbero ragione di esservi, gli atti
del fascicolo d'indagine del precedente procedimento; per di piu', la
richiesta di sospensione con messa alla prova, dopo la riforma
operata dal decreto legislativo n. 150/2022, viene normalmente
richiesta in sede di udienza predibattimentale (sono infatti
pochissimi i reati, per i qua i e' possibile la messa alla prova, che
richiedano lo svolgimento dell'udienza preliminare); in tale sede il
giudice non dispone di poteri istruttori, per cui neppure potrebbe
disporre l'acquisizione degli atti d'indagine del precedente
procedimento gia' conclusosi. Se anche il giudice potesse farlo, si
tratterebbe irragionevolmente di rivalutare detti atti per accertare
incidentalmente la colpevolezza dell'imputato per il fatto ascritto
nel primo procedimento.
2.13 Si potrebbe obiettare che l'accesso alla sospensione con
messa alla prova e' frutto di una libera scelta dell'imputato, nel
pieno esercizio delle proprie prerogative difensive, per cui lo
stesso - come nel decidere di richiedere la messa alla prova va
incontro per sua scelta alla prestazione dei lavori di pubblica
utilita', che ha un indubbio carattere anche sanzionatorio, senza che
cio' comporti una violazione della presunzione d'innocenza (sentenza
n. 91 del 2018 della Corte Costituzionale) - cosi con la citata
scelta accetterebbe anche la conseguenza della preclusione di un
nuovo possibile accesso alla messa alla prova in altro procedimento
successivo.
Tale argomentazione non pare pero' condivisibile.
Da un lato, i lavori di pubblica utilita' e in generale il
percorso programmato dall'UEPE hanno un'indubbia connotazione
rieducativa, prima ancora che sanzionatoria; il divieto di una nuova
ammissione alla messa alla prova viceversa non ha alcuna finalita'
rieducativa, assumendo viceversa una connotazione stigmatizzante e
comunque limitandosi a comprimere le prerogative difensive e le
possibilita' di rieducazione del soggetto.
Dall'altro lato, i lavori di pubblica utilita' e in generale lo
svolgimento del programma di trattamento si collocano temporalmente
prima della sentenza di proscioglimento (che presuppone la
conclusione e il buon esito della prova); il divieto di nuova
concessione della sospensione con messa alla prova esplica invece le
sue conseguenze anche e soprattutto dopo la conclusione del
procedimento in cui si sia svolta la messa alla prova, per cui va
incontro alle gia' menzionate criticita' legate alla portata ultra
processuale della presunzione d'innocenza di cui all'art. 6, par. 2
CEDU.
2.14 La disciplina censurata pare violare altresi' gli articoli 3
e 27, comma 3 della Costituzione.
Il divieto di nuova concessione della sospensione con messa alla
prova pare irragionevole, sia intrinsecamente considerato, sia in
relazione alla mancanza di analogo divieto rispetto ad istituti come
l'applicazione della pena su richiesta delle parti, l'oblazione, il
decreto penale e l'estinzione del reato a seguito di condotte
riparatorie ex art. 162-ter del codice penale.
2.15 Sotto il primo profilo, come rilevato dalla Corte
costituzionale nella sentenza 91 del 2018, l'innovativo istituto
della messa alla prova presenta l'indubbio vantaggio di perseguire in
via anticipata scopi specialpreventivi in chiave di risocializzazione
dell'imputato, offrendo al tempo stesso a quest'ultimo un vantaggio
in termini sanzionatori e allo Stato un significativo vantaggio in
termini di deflazione e quindi di risparmio di energie per
l'amministrazione della giustizia. Tanto premesso, risulta
irragionevole il limite posto dall'art. 168-bis, comma 4 del codice
penale all'accesso ad un simile istituto, ricco di connotati positivi
(sia per l'imputato, sia per l'ordinamento, sia per lo
Stato-Amministrazione), ma soprattutto profondamente ispirato da una
finalita' rieducatrice e connotato da ottime potenzialita' in tal
senso, in ragione del percorso mirato e assistito elaborato dall'Uepe
per il singolo soggetto. Il citato divieto risulta tanto piu'
irragionevole nella misura in cui e' assoluto: non distingue ne'
sotto il profilo della natura dei reati ascritti (delitti o
contravvenzioni), ne' sotto il profilo dell'elemento soggettivo
(reati dolosi o colposi), ne' sotto il profilo della datazione dei
reati ascritti (precedenti o successivi al percorso rieducativo
svolto durante la prima messa alla prova), ne' sotto il profilo
dell'esito (positivo o negativo) della precedente messa alla prova,
ne' sotto il profilo del lasso temporale ormai decorso dalla
precedente messa alla prova. Ove il divieto fosse rimosso, il giudice
potrebbe viceversa valutare alla luce di tutte le circostanze del
caso concreto se sia possibile o meno una prognosi favorevole per il
futuro ai sensi dell'art. 464-quater, comma 3 del codice di procedura
penale.
2.16 Sotto il secondo profilo, si deve rilevare che, mentre nel
patteggiamento l'imputato si limita a concordare con il Pubblico
Ministero l'applicazione di una determinata pena, eventualmente
oggetto anche di sospensione condizionale, sulla base di un
provvedimento equiparato a una sentenza di condanna, senza neppure
dover necessariamente risarcire la persona offesa, nella messa alla
prova l'imputato aderisce ad un apposito percorso che comporta
l'adempimento di una serie di obblighi risarcitori e riparateli in
favore della persona offesa e della collettivita', con esiti
oggettivamente e agevolmente verificatili (sentenza 231 del 2018 gia'
citata). A fronte di tale significativa differenza, pare illogico che
l'imputato non incontri alcun limite circa il numero di volte in cui
possa fare accesso al rito del patteggiamento e, viceversa, possa
accedere una sola volta alla messa alla prova (che pur prevede la
riparazione del danno, la prestazione di lavori in favore della
collettivita', l'assistenza da parte del servizio sociale, il
monitoraggio costante da parte delle autorita').
Lo stesso dicasi in relazione al raffronto con gli altri istituti
sopra citati (decreto penale, oblazione, estinzione del reato per
condotte riparatorie).
2.17 E ancora, pare irragionevole che un soggetto quale l'attuale
imputato, che puo' in astratto beneficiare anche della sospensione
condizionale della pena (l'unica risultanza del certificato penale di
D.S. e' costituita dall'ordinanza del... di ammissione alla messa
alla prova, con la successiva sentenza del... di non doversi
procedere per estinzione del reato per l'esito positivo della messa
alla prova), non possa viceversa accedere alla sospensione con messa
alla prova.
L'ordinamento consente cioe' l'applicazione di un istituto - la
sospensione condizionale della pena - che consiste sostanzialmente in
una «astensione a tempo dall'esecuzione della pena» (ordinanza 296
del 2005 della Corte costituzionale) e che non richiede
necessariamente il rispetto di prescrizioni o lo svolgimento di
lavori di pubblica utilita'; preclude viceversa l'accesso ad un
istituto, la sospensione del procedimento con messa alla prova, che
si connota per la riparazione/risarcimento del danno, per
un'assistenza ed un monitoraggio continui, per il necessario
svolgimento di lavori a vantaggio della collettivita'.
3. Non manifesta infondatezza. La questione sollevata in via
subordinata
3.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della nonna di
cui all'art. 168-bis, comma 4 del codice penale nella parte in cui
esclude che possa essere concessa una nuova volta la sospensione con
messa alla prova, pur quando siano gia' decorsi piu' di tre anni
dalla sentenza di proscioglimento per l'esito positivo della messa
alla prova emessa nel procedimento in cui l'imputato era stato
precedentemente ammesso a fruire dell'istituto.
3.2 Nell'ipotesi cioe' in cui si ritenesse legittimo il divieto
di un secondo accesso alla messa alla prova, pare che l'assolutezza
di tale divieto (pur con l'eccezione introdotta dalla Corte
costituzionale con la sentenza 174 del 2022) sia irragionevole, in
particolare nella misura in cui - pur con il decorso di un notevole
lasso di tempo - tale divieto non venga meno.
3.3 Non consentire, neppure dopo un apprezzabile lasso temporale,
un nuovo accesso alla messa alla prova significa infatti disconoscere
l'essenziale profilo rieducativo della stessa e/o presumere, rispetto
al soggetto che abbia gia' sperimentato tale percorso, l'inefficacia
rieducativa e preventiva dell'istituto, senza limiti di tempo, cosi'
in definitiva negando in radice una possibilita' di miglioramento
della persona umana.
3.4 In proposito, si deve rilevare che la messa alla prova
propria del processo penale minorile (articoli 28 ss. decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1988), cui si e' ispirata la
riforma operata dalla legge n. 67/2014, non conosce limiti alla
reiterazione. Se e' vero che il soggetto minorenne e' caratterizzato
da una personalita' fluida ed ancora in fieri, cio' non significa che
per l'adulto non vi siano viceversa margini per un miglioramento in
termini di risocializzazione.
D'altro canto, la Corte di Cassazione ha recentemente affermato
che il soggetto adulto che abbia gia' fruito della sospensione nel
processo minorile (cio' che potrebbe in ipotesi essere avvenuto anche
dopo il compimento della maggiore eta' da parte dell'imputato,
rilevando solo l'eta' al momento del fatto e non quella al momento
del processo) non e' per cio' solo escluso dall'accesso alla messa
alla prova ex articoli 168-bis ss. del codice penale (sentenza n.
29652 del 2024, allo stato non massimata).
3.5 Inoltre, nella materia contigua delle misure alternative al
carcere e in particolare dell'affidamento in prova al servizio
sociale, l'art. 58-quater, legge n. 354/1975 prevede che
l'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti
dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la semiliberta' non possano
essere concessi piu' di una volta solo con riguardo al condannato cui
sia stata applicata la recidiva reiterata.
Anche il divieto di concessione di benefici di cui all'art.
58-quater legge n. 354/975, previsto nei confronti di chi sia stato
ritenuto colpevole del reato di evasione (comma 1) e nei confronti di
colui cui sia stata revocata una misura alternativa per
l'incompatibita' del comportamento tenuto con la prosecuzione della
misura (comma 2) - opera per un periodo di tempo [imitato (tre anni
dal momento in cui e' ripresa l'esecuzione della custodia o della
pena o e' stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma
2).
3.6 Si rilevi ancora che, nel caso della sospensione del processo
con messa alla prova, l'esito positivo della prova determina la
pronuncia di una sentenza di non doversi procedure e non di una
sentenza di condanna. In relazione a tale pronuncia il soggetto non
puo' dunque neppure conseguire la riabilitazione e la conseguente
estinzione degli effetti penali della condanna, per cui neppure
l'eventuale riabilitazione puo' riaprire l'accesso all'istituto della
messa alla prova per chi ne abbia gia' fruito (la Corte di
Cassazione, con la sentenza Sez. 4, n. 7668 del 6 febbraio 2019 - Rv.
275130 - 01, ha ad esempio affermato che «La non menzione della
condanna nel certificato del casellario giudiziale puo' essere
concessa [...] a chi abbia riportato una precedente condanna per la
quale sia intervenuta pronuncia di riabilitazione»).
3.7 Complessivamente, dunque, la circostanza che la norma
censurata non contempli alcun limite temporale al divieto di nuova
messa alla prova pare determinare una violazione degli articoli 3 e
27, comma 3 della Costituzione.
3.8 Quanto al rimedio appropriato per la violazione dei principi
costituzionali qui denunciata, si chiede alla Corte costituzionale
una pronuncia che limiti ad un periodo di tre anni dalla precedente
sentenza di proscioglimento per l'esito positivo della messa alla
prova la durata del divieto di nuovo accesso all'istituto in
questione.
Si prevedrebbe cosi' per il divieto in questione la stessa durata
prevista dal citato art. 58-quater, legge n. 354/1975 per il divieto
di concessione dei benefici penitenziari e delle misure alternative
alla detenzione, istituti connotati non solo da un significativo
vantaggio per l'interessato, ma anche da una spiccata finalita'
rieducativa, esattamente come la sospensione con messa alla prova
(sia pur in una diversa fase della sequenza penale). Lo stesso
termine di tre anni e' del resto previsto dall'art. 179 del codice
penale anche per la richiesta della riabilitazione.
Si tratta di una soluzione «costituzionalmente adeguata» tratta
da una disciplina gia' esistente. che consentirebbe alla Corte di
porre rimedio nell'immediato al vulnus riscontrato, fatta salva «la
possibilita' per il legislatore di intervenire in qualsiasi momento a
individuare, nell'ambito della propria discrezionalita', altra, e in
ipotesi piu' congrua - soluzione [...], purche' rispettosa dei
principi costituzionali» (sentenza n. 222 del 2018).
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione, chiaro e
univoco essendo il dato letterale, in base al quale «La sospensione
del procedimento con messa alla prova dell'imputato non puo' essere
concessa piu' di una volta».
Detta disposizione e' peraltro interpretata in modo costante
dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale. La
stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 174/2022 ha mosso
implicitamente dal presupposto che un soggetto non possa accedere una
seconda volta all'istituto della messa alla prova.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. legge n.
87/1953,
ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata,
solleva questione di legittimita' costituzionale, per violazione
degli articoli 3, 27 comma 2, 27 comma 3 e 117 della Costituzione
(l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6, paragrafo 2
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali) - della norma di cui all'art. 168-bis, comma 4
del codice penale nella parte in cui prevede il divieto di
concessione una ulteriore volta della sospensione con messa alla
prova dell'imputato anche per l'ipotesi in cui il procedimento in cui
la messa alla prova era gia' stata concessa si sia concluso con
sentenza di proscioglimento;
in subordine della norma di cui all'art. 168-bis, comma 4 del
codice penale nella parte in cui esclude che possa essere concessa
un'ulteriore volta la messa alla prova, pur dopo che siano decorsi
tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato
per l'esito positivo della messa alla prova,
per violazione degli articoli 3 e 27 comma 3 della Costituzione;
sospende il giudizio in corso ed i relativi termini di
prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale.
Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso.
Manda alla Cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, legge n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono
considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura
penale.
Firenze, 28 ottobre 2024
Il Giudice: Attina'