Reg. ord. n. 82 del 2023 pubbl. su G.U. del 28/06/2023 n. 26
Ordinanza del Corte suprema di cassazione del 08/03/2023
Tra: I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale C/ Vito Mehmetaj
Oggetto:
Straniero - Cittadini stranieri extracomunitari - Assegno sociale - Corresponsione subordinata al possesso della carta di soggiorno (ora permesso UE per soggiornanti di lungo periodo) - Violazione del diritto all'assistenza sociale - Lesione del principio di uguaglianza per disparità di trattamento - Contrasto con il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale di cui all'art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE) e con il diritto alla parità di trattamento nel settore della sicurezza sociale in base all'art. 12 della direttiva 2011/98/UE, come interpretato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, grande sezione (sentenza 2 settembre 2021, nella causa C-350/20, O.D. e altri).
Norme impugnate:
legge del 23/12/2000 Num. 388 Art. 80 Co. 19
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 38 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 1
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 34 Co.
direttiva UE Art. 12 Co.
Udienza Pubblica del 10 gennaio 2024
rel. SAN GIORGIO
Testo dell'ordinanza
N. 82 ORDINANZA (Atto di promovimento) 08 marzo 2023
Ordinanza dell'8 marzo 2023 della Corte di cassazione nel
procedimento civile promosso da INPS - Istituto nazionale della
previdenza sociale contro Vito Mehmetaj.
Straniero - Cittadini stranieri extracomunitari - Assegno sociale -
Corresponsione subordinata al possesso della (ex) carta di
soggiorno.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388 ("Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria
2001)"), art. 80, comma 19.
(GU n. 26 del 28-06-2023)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione lavoro
Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati:
dott. Umberto Berrino - presidente;
dott. Rossana Mancino - consigliere;
dott. Gabriella Marchese - consigliere;
dott. Luigi Cavallaro - rel. consigliere;
dott. Francesco Buffa - consigliere;
Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso
34240-2018 proposto da:
I.N.P.S. - Istituto nazionale previdenza sociale, in persona
del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria 29, presso l'Avvocatura
centrale dell'istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
Patrizia Ciacci, Clementina Pulli, Manuela Massa - ricorrente;
Contro Mehmetaj Vito, domiciliato in Roma piazza Cavour presso
la cancelleria della Corte suprema di cassazione, rappresentato e
difeso dall'avvocato Alberto Guariso - controricorrente;
Avverso la sentenza n. 516/2018 della Corte d'Appello di Firenze,
depositata il 22 maggio 2018 R.G.N. 1149/2017;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18 gennaio 2023 dal Consigliere dott. Luigi Cavallaro;
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore
generale dott. Stefano Visona' che ha concluso per la rimessione alla
Corte di giustizia;
Udito l'avvocato Manuela Massa;
Udito l'avvocato Antonello Ciervo per delega verbale avvocato
Alberto Guariso;
Rilevato in fatto
Che, con sentenza depositata il 22 maggio 2018, la Corte
d'appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, ha
accolto la domanda di Vito Mehmetaj, cittadina albanese, volta alla
corresponsione dell'assegno sociale di cui all'art. 3, comma 6, legge
n. 335/1995;
Che i giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto che la
previsione di cui all'art. 20, comma 10, decreto-legge n. 112/2008
(conv. con legge n. 133/2008), secondo la quale l'assegno sociale e'
corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato
per almeno dieci anni sul territorio nazionale, avesse implicitamente
abrogato la norma di cui all'art. 80, comma 19, legge n. 388/2000,
che subordina al possesso della (ex) carta di soggiorno il
riconoscimento agli stranieri extracomunitari della provvidenza in
esame;
Che avverso tale pronuncia l'INPS ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo due motivi di censura;
Che Vito Mehmetaj ha resistito con controricorso, successivamente
illustrato con memoria, con cui, oltre a chiedere il rigetto del
ricorso avversario, ha argomentato in via subordinata la correttezza
della decisione impugnata in relazione all'art. 12 della direttiva
2011/98/UE, avuto riguardo al suo essere titolare di permesso di
soggiorno per motivi familiari che le consentirebbe di lavorare;
Che, a seguito di infruttuosa trattazione camerale, la causa e'
stata rimessa alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n.
26142 del 2020 della Sesta sezione civile di questa Corte;
Che in vista dell'udienza pubblica entrambe le parti hanno
depositato memoria;
Considerato in diritto
Che, con il primo motivo di censura, l'INPS ha denunciato
violazione e falsa applicazione dell'art. 3, commi 6-7, legge n.
335/1995, per come integrato dall'art. 20, comma 10, decreto-legge n.
112/2008 (conv. con legge n. 133/2008), in relazione all'art. 80,
comma 19, legge n. 388/2000, nonche' dell'art. 41, decreto
legislativo n. 286/1998, per avere la Corte di merito ritenuto che
l'art. 20, comma 10, decreto-legge n. 112/2008, cit., secondo cui
l'assegno sociale e' corrisposto agli aventi diritto a condizione che
abbiano soggiornato per almeno dieci anni sul territorio nazionale,
avesse implicitamente abrogato la norma di cui all'art. 80, comma 19,
legge n. 388/2000, parimenti cit., che subordina il riconoscimento
agli stranieri extracomunitari della provvidenza in esame al possesso
della carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno UE per
soggiornanti di lungo periodo);
Che, con il secondo motivo, l'INPS ha lamentato violazione e
falsa applicazione degli articoli 3, commi 6-7, legge n. 335/1995,
20, comma 10, decreto-legge n. 112/2008 (conv. con legge n.
133/2008), e 9, comma 1, e 12, decreto legislativo n. 286/1998, in
relazione agli articoli 43 e 2697 codice civile e 115 del codice di
procedura civile, per avere la Corte territoriale omesso l'indagine
circa la sussistenza degli altri requisiti necessari al
riconoscimento della provvidenza in questione, sebbene tanto in primo
grado che in sede di gravame fosse stato eccepito che l'istante
risultava titolare di pensione concessale dallo stato estero di
appartenenza Data (Albania) e che non vi era prova della continuita'
del soggiorno sul territorio nazionale;
Che, con riferimento a tale ultimo motivo, va subito rilevato che
i giudici territoriali, lungi dall'omettere l'indagine sugli altri
requisiti necessari al riconoscimento della provvidenza in questione,
hanno piuttosto ritenuto che la continuita' della residenza sul
territorio nazionale fosse stata provata, seppure ricorrendo a
presunzioni, e hanno precisato che dalla prestazione «dovra' essere
dedotto il reddito derivante dalla pensione albanese» (cfr. pagg. 2-3
della sentenza impugnata), per modo che la censura dell'INPS pare
prima facie eccentrica rispetto al decisum;
Che, con riguardo al primo motivo di censura, questa Corte di
legittimita' ha gia' avuto modo di chiarire che la permanenza
continuativa in Italia per dieci anni con permesso di soggiorno
rappresenta un requisito aggiuntivo e non sostitutivo rispetto al
requisito della titolarita' del permesso di soggiorno UE per
soggiornanti di lungo periodo (cfr. Cassazione numeri 16989 del 2019
e 16867 del 2020);
Che - come esattamente rilevato dall'ordinanza interlocutoria n.
26142 del 2020 della Sesta sezione civile di questa Corte - resta
tuttavia da verificare se la sentenza impugnata possa essere
confermata in relazione all'argomentazione spesa nel controricorso e
gia' introdotta nei precedenti gradi di merito, secondo cui il
requisito aggiuntivo del permesso di lungo soggiorno richiesto
dall'art. 80, comma 19, legge n. 388/2000, contrasterebbe con la
direttiva 2011/98/UE;
Che, al riguardo, la Corte costituzionale, nel rigettare la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,
cit., ha espressamente affermato che «un obbligo costituzionale di
attribuire l'assegno sociale allo straniero privo della (ex) carta di
soggiorno non deriva neppure dall'art. 12 della direttiva 2011/98/UE
[...] che, ai fini della equiparazione dei cittadini stranieri
extracomunitari ai cittadini italiani, richiama il regolamento (CE)
n. 883/2004 [...] relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza
sociale, che impone la parita' di trattamento tra i lavoratori
stranieri e i cittadini dello Stato europeo che li ospita per quanto
riguarda il settore della sicurezza sociale, non venendo qui in
considerazione la posizione di lavoratori» (Corte costituzionale n.
50 del 2019);
Che, nondimeno, la Corte di giustizia dell'Unione europea, a
seguito di rinvio pregiudiziale promosso dalla Corte costituzionale
con ordinanza n. 182/2020, ha ritenuto che «l'art. 12, paragrafo 1,
della direttiva 2011/98 si applica sia ai cittadini di paesi terzi
che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma
del diritto dell'Unione o nazionale, sia ai cittadini di paesi terzi
che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi
dall'attivita' lavorativa a norma del diritto dell'Unione o
nazionale, ai quali e' consentito lavorare e che sono in possesso di
un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento n. 1030/2002»,
all'uopo valorizzando il considerando 20 della suddetta direttiva,
che «non si limita a garantire la parita' di trattamento ai titolari
di un permesso unico di lavoro, ma si applica anche ai titolari di un
permesso di soggiorno per fini diversi dall'attivita' lavorativa che
sono autorizzati a lavorare nello Stato membro ospitante» (CGUE, 2
settembre 2021, C-350/20, §§ 48-49);
Che, nella stessa pronuncia, e' stato ribadito che l'ambito della
parita' di trattamento prevista dall'art. 12, paragrafo 1, lettera
e), della direttiva 2011/98/UE concerne le prestazioni che rientrano
nei settori della sicurezza sociale definiti dal regolamento (CE) n.
883/2004;
Che l'art. 3, paragrafo 3, di tale regolamento prevede, in
particolare, che esso «si applica anche alle prestazioni speciali in
denaro di carattere non contributivo di cui all'articolo 70», ossia,
per quanto rileva in questa sede, a quelle che siano volte a offrire
«copertura in via complementare, suppletiva o accessoria dei rischi
corrispondenti ai settori di sicurezza sociale di cui all'art. 3,
paragrafo 1, e a garantire, alle persone interessate, un reddito
minimo di sussistenza in relazione al contesto economico e sociale
dello Stato membro interessato», per le quali «il finanziamento
deriva esclusivamente dalla tassazione obbligatoria intesa a coprire
la spesa pubblica generale e le condizioni per la concessione e per
il calcolo della prestazione non dipendono da alcun contributo da
parte del beneficiario» e che «sono elencate nell'allegato X» al
regolamento stesso;
Che l'allegato X, per cio' che riguarda l'Italia, prevede, alla
lettera g), l'assegno sociale di cui all'art. 3, comma 6, legge n.
335/1995, che nell'ottica del diritto dell'Unione si rivela pertanto
«prestazione speciale in denaro di carattere non contributivo», volta
a garantire una copertura in via suppletiva del rischio della
vecchiaia (art. 3, paragrafo 1, lettera d) del regolamento cit.)
mediante l'erogazione di un reddito minimo di sussistenza a carico
della spesa pubblica;
Che, conseguentemente, sebbene Corte costituzionale n. 50 del
2019 abbia ritenuto che dall'art. 12 della direttiva 2011/98/UE non
deriverebbe alcun «obbligo costituzionale di attribuire l'assegno
sociale allo straniero privo della (ex) carta di soggiorno», reputa
il Collegio che il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art.
80, comma 19, legge n. 388/2000, nella parte in cui subordina il
riconoscimento dell'assegno sociale ai cittadini extracomunitari al
possesso della (ex) carta di soggiorno, abbia ragione di porsi
nuovamente, essendosi chiarito dalla Corte di giustizia dell'Unione
europea che il principio di parita' di trattamento nell'accesso alle
prestazioni di cui al regolamento (CE) n. 883/2004 non concerne -
come detto - solo i titolari di un permesso unico di lavoro, ma si
applica anche ai titolari di un permesso di soggiorno per fini
diversi dall'attivita' lavorativa che sono autorizzati a lavorare
nello Stato membro ospitante;
Che, a tutto concedere, un residuo dubbio interpretativo potrebbe
sussistere circa la portata del rinvio operato dall'art. 12 della
direttiva 2011/98/UE ai «settori della sicurezza sociale definiti nel
regolamento 883/04», potendosi letteralmente sostenere che detto
rinvio debba limitarsi ai soli settori di cui all'art. 3, paragrafo
1, del regolamento cit. e non anche alle prestazioni speciali in
denaro di carattere non contributivo di cui al successivo paragrafo
3, tra le quali, come anzidetto, figura certamente l'assegno sociale;
Che tuttavia, come ben evidenziato nella memoria dell'odierna
contro ricorrente, non solo tale limitazione non appare del tutto
coerente con la lettera del citato art. 3, stante che il paragrafo 3
si propone pur sempre di dare copertura «in via complementare,
suppletiva o accessoria dei rischi corrispondenti ai settori di
sicurezza sociale di cui all'art. 3, paragrafo 1», ma soprattutto non
e' stata fatta propria dalla Corte di giustizia dell'Unione europea
ne' nella sentenza 21 giugno 2017, C-449-16, concernente l'assegno di
cui all'art. 65, legge n. 448/1998, ne' nella successiva 2 settembre
2021, C-350/20, gia' cit., concernente l'assegno di natalita';
Che questo Collegio ben conosce l'orientamento della Corte
costituzionale secondo cui, nella prospettiva del primato del diritto
dell'Unione, alle norme di diritto europeo contenute nell'art. 12,
paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE (cosi' come a
quelle contenute nell'art. 11, paragrafo 1, lettera d), della
direttiva 2003/109/CE) deve riconoscersi effetto diretto nella parte
in cui prescrivono l'obbligo di parita' di trattamento tra le
categorie di cittadini di paesi terzi individuate dalle medesime
direttive e i cittadini dello Stato membro in cui costoro
soggiornano, trattandosi di obbligo cui corrisponde il diritto del
cittadino di paese terzo - rispettivamente titolare di permesso di
lungo soggiorno e titolare di un permesso unico di soggiorno e di
lavoro - a ricevere le prestazioni sociali alle stesse condizioni
previste per i cittadini dello Stato membro (Corte costituzionale n.
67 del 2022, § 12 del Considerato in diritto);
Che, nondimeno, tale affermazione - che nel caso deciso da Corte
costituzionale n. 67 del 2022, cit., ha portato alla declaratoria
d'inammissibilita', per difetto di rilevanza, della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6-bis, decreto-legge
n. 69/1988 (conv. con legge n. 153/1988), nella parte in cui
assoggetta ad un regime peculiare, regolato dal principio della
reciprocita' o della apposita convenzione, i beneficiari dell'assegno
per il nucleo familiare non cittadini italiani (o europei) che non
risiedono nel territorio nazionale, per contrasto con gli articoli 11
e 117, comma 1°, Cost. in relazione alla direttiva 2003/109/CE, che
all'art. 11, paragrafo 1, lettera d), prevede il diritto dei
cittadini di paesi terzi titolari del permesso di lungo soggiorno e
dei loro familiari di beneficiare dello stesso trattamento riservato
ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto
concerne i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento
(CE) n. 883/2004, sollevata da questa Corte di cassazione con
ordinanze numeri 9378 e 9379 del 2021 - e' stata resa in un giudizio
in cui non era stato evocato, quale parametro interposto di diritto
dell'Unione, l'art. 34 CDFUE (cfr. Corte costituzionale n. 67 del
2022, cit., § 1.2.1 del Considerato in diritto);
Che, d'altra parte, la stessa Corte di giustizia dell'Unione
europea ha affermato che il diritto alla parita' di trattamento nel
settore della sicurezza sociale, definito nei suoi contenuti
essenziali dalla direttiva 2011/98/UE, «da' espressione concreta al
diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale di cui
all'art. 34, paragrafi 1 e 2, della Carta» (CGUE, 2 settembre 2021,
C-350/20, § 46), secondo i quali, rispettivamente, l'Unione riconosce
e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza
sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali
la maternita', la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o
la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro,
secondo le modalita' stabilite dal diritto dell'Unione e dalle
legislazioni e dalle prassi nazionali e riconosce a ogni persona che
risieda o si sposti legalmente all'interno dell'Unione il diritto
alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali, in
conformita' al diritto dell'Unione e alle legislazioni e alle prassi
nazionali;
Che, dal canto suo, la Corte costituzionale ha avuto modo di
chiarire che il principio di parita' di trattamento nel settore della
sicurezza sociale, nei termini delineati dall'art. 34 CDFUE e dal
diritto derivato e poi ribaditi dalla Corte di giustizia dell'Unione
europea, si raccorda ai principi consacrati dall'art. 3 della
Costituzione, «e ne avvalora e illumina il contenuto assiologico,
allo scopo di promuovere una piu' ampia ed efficace integrazione dei
cittadini dei Paesi terzi» (Corte costituzionale n. 54 del 2022, § 13
del Considerato in diritto);
Che, sebbene Corte costituzionale n. 50 del 2019, cit., abbia
gia' avuto modo di scrutinare la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 80, comma 19, legge n. 388/2000, per
contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dichiarandola non fondata,
reputa il Collegio che - in ragione della riconosciuta
interpenetrazione assiologica delle disposizioni dell'art. 3 della
Costituzione e dell'art. 34 CDFUE - tale questione abbia eguale
ragione di porsi nuovamente a seguito della diversa interpretazione
dell'art. 12 della direttiva 2011/98/UE offerta dalla Corte di
giustizia dell'Unione europea, che - giusta le stesse parole di Corte
costituzionale n. 50 del 2019, piu' volte cit. - potrebbe portare a
riconoscere «un obbligo costituzionale di attribuire l'assegno
sociale allo straniero privo della (ex) carta di soggiorno»;
Che egualmente pare al Collegio debba dirsi con riguardo all'art.
38, comma 1° della Costituzione, benche' anche in riferimento a tale
parametro Corte costituzionale n. 50 del 2019 abbia dichiarato
l'infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, non
potendo dubitarsi della stretta correlazione esistente tra di esso e
l'art. 34 CDFUE, che, nel sancire il diritto all'assistenza sociale e
all'assistenza abitativa, mira a «garantire un'esistenza dignitosa a
tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti» (CGUE, 24
aprile 2012, C-571/10);
Che, pertanto, ravvisandosi in specie una ipotesi di c.d. doppia
pregiudizialita', in ragione del fatto che la disposizione contenuta
nell'art. 80, comma 19, legge n. 388/2000, nella parte in cui
condiziona la corresponsione dell'assegno sociale ai cittadini
extracomunitari al possesso della (ex) carta di soggiorno, appare
suscettibile di porre dubbi sia in relazione agli articoli 3 e 38
della Costituzione che all'art. 34 CDFUE e al diritto derivato
dell'Unione costituito dall'art. 12 della direttiva 2011/98/UE,
reputa il Collegio, nella prospettiva delineata da Corte
costituzionale n. 269 del 2017 (e successivamente ribadita e
precisata, tra le altre, da Corte costituzionale numeri 20, 63, 112 e
117 del 2019, nonche', sia pure implicitamente, da Corte
costituzionale numeri 182 del 2020 e 54 del 2022), di dover
privilegiare, in prima battuta, la questione di legittimita'
costituzionale della norma piu' volte cit. anche con riferimento agli
articoli 11 e 117 della Costituzione, in relazione all'art. 34 CDFUE
e all'art. 12 della direttiva 2011/98/UE.
P.Q.M.
La Corte dichiara rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,
legge n. 388/2000, nella parte in cui condiziona la corresponsione
dell'assegno sociale ai cittadini extracomunitari al possesso della
(ex) carta di soggiorno, in relazione agli articoli 3 e 38, comma 1°
della Costituzione, nonche' in relazione agli articoli 11 e 117 della
Costituzione, con riferimento all'art. 34 CDFUE e all'art. 12 della
direttiva 2011/98/UE;
Dispone la sospensione del presente giudizio;
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico
ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei
ministri;
Ordina, altresi', che la presente ordinanza venga comunicata dal
cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;
Dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.
Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 18 gennaio
2023.
Il Presidente: Berrino