Straniero - Immigrazione - Trattenimento presso centri di permanenza per i rimpatri (CPR) - Misura che attiene alla sfera della libertà personale - Rinvio a fonte subordinata (d.P.R.) e ad atti amministrativi (provvedimenti del prefetto) per la disciplina dei modi del trattenimento - Violazione della riserva assoluta di legge relativa alle restrizioni della libertà personale - Impossibilità, per la Corte costituzionale, di rimuovere il vulnus riscontrato, in assenza di una soluzione costituzionalmente adeguata - Necessità di una urgente e complessiva riforma di sistema, che assicuri i diritti fondamentali e la dignità dei soggetti trattenuti - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 245003).
In una situazione di assoggettamento fisico all’altrui potere – che pertiene alla libertà personale – (come, ad esempio, il trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza per i rimpatri) la fonte primaria, alla luce dell’art. 13, secondo comma, Cost., deve prevedere non solo i «casi», ma, almeno nel loro nucleo essenziale, i «modi» nei quali la relativa misura può restringere la libertà personale del soggetto che vi sia sottoposto. (Precedenti: S. 25/2023 - mass. 45425; S. 22/2022 - mass. 44588; S. 180/2018 - mass. 40204; S. 238/1996 - mass. 22598).
(Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Giudice di pace di Roma, sez. stranieri, in riferimento agli artt. 13, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 5, par. 1, CEDU, dell’art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui non disciplina puntualmente i «modi» del trattenimento degli stranieri nei centri di permanenza per i rimpatri. La disposizione censurata è inidonea a definire, in modo sufficientemente preciso, i diritti delle persone trattenute nel periodo in cui sono private della libertà personale. Nemmeno il richiamo all’art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 soddisfa la riserva assoluta di legge, dal momento che non solo la disposizione richiamata non è un atto con forza e valore di legge, ma la stessa rimette, a sua volta, la definizione dei modi del trattenimento ad atti del prefetto, sentito il questore della provincia ove è ubicato il singolo CPR. Il legislatore, rimettendo pressoché l’intera disciplina della materia a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali, è venuto meno all’obbligo positivo di disciplinare con legge i «modi» di limitazione della libertà personale, eludendo la funzione di garanzia della riserva assoluta di legge. Né può rinvenirsi, nemmeno nelle direttive UE, una disciplina completa e puntuale che possa delimitare la discrezionalità dell’amministrazione nel prescegliere i «modi» del trattenimento. Nonostante sussista tale vulnus, tuttavia, gli strumenti del giudizio di legittimità costituzionale non permettono di rimediarvi, non rinvenendosi nell’ordinamento una soluzione adeguata a colmare detta lacuna mediante l’espansione di differenti regimi legislativi: non può, infatti, offrire precisi punti di riferimento l’ordinamento penitenziario, dal momento che la detenzione amministrativa presso il CPR è estranea a ogni connotazione di carattere sanzionatorio. Ricade, perciò, sul legislatore l’ineludibile dovere di introdurre una disciplina compiuta che detti, in astratto e in generale per tutti i soggetti trattenuti, contenuti e modalità delimitativi della discrezionalità dell’amministrazione, in maniera che il trattenimento degli stranieri assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona senza discriminazioni; esigenza tanto più urgente in considerazione della centralità della libertà personale nel disegno costituzionale. (Precedente: S. 22/2022 - mass. 44588).