Sentenza 22/2024 (ECLI:IT:COST:2024:22)
Massima numero 45966
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente BARBERA  - Redattore AMOROSO
Udienza Pubblica del  23/01/2024;  Decisione del  23/01/2024
Deposito del 22/02/2024; Pubblicazione in G. U. 28/02/2024
Massime associate alla pronuncia:  45963  45964  45965


Titolo
Lavoro - Licenziamento individuale - Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (c.d. Jobs Act) - Applicazione ai lavoratori assunti dopo l'entrata in vigore - Licenziamenti nulli, discriminatori e disciplinari ingiustificati per specifiche fattispecie - Tutela reintegratoria - Condizioni - Necessità che la nullità del licenziamento appartenga ai casi espressamente previsti dalla legge, anziché ai casi previsti dalla legge - Eccesso di delega - Illegittimità costituzionale parziale. (Classif. 138013).

Testo

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 76 Cost., l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015, limitatamente alla parola «espressamente». La disposizione censurata dalla Corte di cassazione, sez. lavoro, nell’individuare il regime sanzionatorio per i licenziamenti nulli, limita la tutela reintegratoria ai casi di nullità «espressamente previsti dalla legge», così violando il criterio di delega dettato dall’art. 1, comma 7, lett. c), della legge n. 183 del 2014, (c.d. Jobs Act), che, demandando al Governo la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, dispone la limitazione del diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, senza una ulteriore limitazione ai casi di nullità “espressamente” prevista. In tal modo la tutela rappresentata dalla reintegrazione del lavoratore assunto a partire dal 7 marzo 2015 e poi illegittimamente licenziato, è stata limitata alle sole nullità testuali, con esclusione di quelle virtuali. Al contrario, muovendo innanzi tutto dall’interpretazione della legge di delega, rileva che nella “lettera” dell’indicato criterio direttivo manchi del tutto la distinzione tra nullità «espressamente» previste e nullità conseguenti sì alla violazione di norme imperative, ma senza l’espressa loro previsione come conseguenza di tale violazione, con un inedito ribaltamento della regola civilistica dell’art. 1418, primo comma, cod. civ., che prevede la nullità come sanzione della violazione di norme imperative e la esclude qualora si rinvenga una legge che disponga diversamente; considerazioni convergenti sovvengono anche dal punto di vista dell’interpretazione sistematica. Per effetto di tale pronuncia il regime del licenziamento nullo è lo stesso, sia che nella disposizione imperativa violata ricorra anche l’espressa e testuale sanzione della nullità, sia che ciò non sia espressamente previsto, pur rinvenendosi il carattere imperativo della prescrizione violata e comunque salvo che la legge disponga diversamente. Occorre, però, pur sempre che la disposizione imperativa rechi, in modo espresso o no, un divieto di licenziamento al ricorrere di determinati presupposti. Va infine ribadito che spetta alla responsabilità del legislatore, anche alla luce delle indicazioni enunciate in più occasioni dalla Corte costituzionale, ricomporre secondo linee coerenti una normativa di importanza essenziale, che vede concorrere discipline eterogenee, frutto dell’avvicendarsi di interventi frammentari). (Precedente: S. 150/2020 - mass. 43444).

 



Atti oggetto del giudizio

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 76

Altri parametri e norme interposte