Straniero - Politiche sociali - Riconoscimento dell'assegno sociale al titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari, anziché di permesso di soggiorno di lungo periodo - Esclusione - Denunciata violazione del diritto all'assistenza sociale, del principio di uguaglianza per disparità di trattamento e del diritto europeo in materia di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e alla parità di trattamento nel settore della sicurezza sociale - Necessità di chiarire se la direttiva 2011/98/UE debba essere interpretata nel senso che nel suo ambito di applicazione rientri l'assegno sociale, e se, pertanto, il diritto dell'Unione debba essere interpretato nel senso di non consentire una normativa nazionale che non estende agli stranieri titolari del permesso unico di cui alla medesima direttiva la provvidenza indicata, già concessa agli stranieri titolari di permesso di soggiorno UE di lungo periodo - Rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. (Classif. 245005).
È disposto di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 TFUE, la questione pregiudiziale se l’art. 12, par. 1, lett. e), della direttiva (UE) 2011/98, quale espressione concreta della tutela del diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale riconosciuta dall’art. 34, par. 1 e 2, della CDFUE, debba essere interpretato nel senso che nel suo ambito di applicazione rientri una provvidenza come l’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995, e se, pertanto, il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale che non estende agli stranieri titolari del permesso unico di cui alla medesima direttiva la provvidenza sopra citata, già riconosciuta agli stranieri a condizione che siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; ed è sospeso il giudizio sino alla definizione della suddetta questione pregiudiziale. I dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla Corte di cassazione, sez. lavoro – aventi ad oggetto l'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000 – involgono primariamente la questione interpretativa della riconducibilità, o meno, dell’assegno sociale tra le prestazioni di sicurezza sociale rispetto alle quali i cittadini di Paesi terzi muniti di permesso di soggiorno per finalità lavorative o che, comunque, consenta di lavorare, beneficiano della parità di trattamento. Tale quesito esige preliminarmente una risposta nella prospettiva del diritto europeo e, poiché non è ancora stato oggetto di specifiche pronunce della Corte di giustizia, si ritiene necessario interpellare mediante il rinvio pregiudiziale, in un quadro di costruttiva e leale cooperazione tra i diversi sistemi di garanzia, la Corte medesima affinché chiarisca, rispetto all’istituto di diritto interno che viene in rilievo nel caso di specie, la portata e gli effetti delle norme dell’Unione assunte a parametro interposto. Dalla equiparazione operata dal regolamento n. 1231/2010/UE deriva infatti che i cittadini di Paesi terzi che si spostano nel territorio dell’Unione europea, al pari di quelli dei Paesi membri, per poter godere delle prestazioni in denaro di carattere non contributivo devono avere un rapporto di contribuzione con il sistema previdenziale dello Stato cui richiedono la provvidenza. Ciò considerato, il principio di parità di trattamento sancito dall’art. 12, par. 1, lett. e), della direttiva 2011/98/UE non può attribuire ai cittadini di Paesi terzi muniti dei titoli di legittimazione di cui all’art. 3, par. 1, lett. b) e c), una tutela più ampia di quella delineata dalla disciplina di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, cui la stessa direttiva fa rinvio. Pare, dunque, che i cittadini di Paesi terzi ai quali si applica l’indicato art. 12, par. 1, lett. e), possano beneficiare dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano soltanto se lavoratori e con esclusivo riferimento alle prestazioni relative ai settori di sicurezza sociale elencati all’art. 3, par. 1, del regolamento (CE) n. 883/2004, mentre, per poter fruire delle speciali prestazioni di cui all’art. 70 del medesimo regolamento – nel cui novero si inscrive l’assegno sociale – non possono che sottostare alle condizioni per esse espressamente previste dalla stessa disciplina di coordinamento nonché dalla legislazione dello Stato ospitante. (Precedenti: S. 269/2017 - mass. 41945; O. 217/2021 - mass. 44272; O. 216/2021 - mass. 44360; O. 182/2020 - mass. 43382; O. 117/2019 - mass. 42634).