Azione e difesa (diritti di) - In genere - Diritti dell'imputato - Diritto a difendersi provando, rinunciando ad amnistia e prescrizione - Estensione dello stesso diritto alla persona indagata - Esclusione - Necessità comunque di tutelare la sua reputazione da provvedimenti di archiviazione lesivi (nel caso di specie: non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione avente ad oggetto l'art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che, a fronte di una richiesta di archiviazione per intervenuta prescrizione del reato, sia omesso l'avviso da parte del PM alla persona indagata e alla persona offesa; necessità di predisporre rimedi processuali a fronte di provvedimenti di archiviazione che indugino in apprezzamenti sulla fondatezza della notitia criminis, a tutela della reputazione della persona interessata). (Classif. 031001).
La ratio essenziale del diritto costituzionale dell’imputato di rinunciare all’amnistia e alla prescrizione riposa sulla necessità di consentirgli di tutelare il proprio onore e la propria reputazione contro il pregiudizio rappresentato da un’accusa formalizzata nei suoi confronti. (Precedenti: S. 260/2020 - mass. 43106; S. 318/1992 - mass. 18566).
Non può riconoscersi in via generale alla persona sottoposta a indagini la titolarità di un diritto costituzionale di “difendersi provando”, ossia ad un accertamento negativo su qualsiasi notitia criminis che la riguardi. Il diritto alla prova può fisiologicamente esercitarsi nell’ambito del processo, in cui si dispiegano tutti i diritti e le garanzie difensive riconosciute all’imputato dal codice di procedura penale, e prima ancora dalla Costituzione, senza però che questo possa obbligare il PM, e poi lo stesso GIP, a provocare l’instaurazione di un processo, al solo fine di poter dimostrare l’infondatezza della notitia criminis, essendo il processo penale una risorsa scarsa, che implica costi ingenti a carico di tutte le persone coinvolte, in termini materiali ed esistenziali, oltre che oneri economici importanti per l’intera collettività. (Precedente: S. 149/2022 - mass. 44927)
Il diritto a rinunciare alla prescrizione deve essere rettamente inteso come diritto a difendersi “nel giudizio” contro un’accusa già formulata dal pubblico ministero, al fine di vedere riconosciuta nel merito l’infondatezza di tale accusa; ma non implica anche che si debba derivare dai principi costituzionali un generale diritto “al giudizio”, ossia un diritto a che sia instaurato un processo nel quale l’interessato sia posto in condizioni di dimostrare l’infondatezza di qualsiasi notitia criminis che lo riguarda. Da ciò deriva, altresì, l’insussistenza di un vincolo costituzionale nel senso della necessaria previsione di un obbligo, a carico del pubblico ministero, di avvisare la persona sottoposta alle indagini della richiesta di archiviazione per prescrizione formulata nei suoi confronti perché questa possa rinunciare alla prescrizione. (Precedente: S. 275/1990 - mass. 15861)
(Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., sollevate dal Tribunale di Lecce, sez. seconda penale, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo e terzo comma, Cost. nella parte in cui non prevede che, anche in caso di richiesta di archiviazione per estinzione del reato per intervenuta prescrizione, il PM debba darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, estendendo a tale ipotesi la medesima disciplina prevista per il caso di archiviazione disposta per particolare tenuità del fatto. Va negato, in linea di principio, l’esistenza di un diritto costituzionale a rinunciare alla prescrizione in capo alla persona sottoposta alle indagini. La mera iscrizione nel registro indicato, infatti, non implica ancora che il PM abbia effettuato alcun vaglio, per quanto provvisorio, sulla sua fondatezza; parallelamente, il provvedimento di archiviazione costituisce nella sostanza null’altro che un contrarius actus rispetto a quello che determina l’apertura delle indagini preliminari. La sostenibilità costituzionale di tale conclusione riposa sull’assunto secondo cui né dalla mera iscrizione nel registro delle notizie di reato, né dal provvedimento di archiviazione, debba essere fatta discendere alcuna conseguenza giuridica pregiudizievole per l’interessato. Richieste o decreti di archiviazione per prescrizione che indugino invece in apprezzamenti sulla fondatezza della notitia criminis stessa, perdono, per ciò solo, il carattere di “neutralità” che li dovrebbe caratterizzare, e sono in concreto suscettibili di produrre gravi pregiudizi alla reputazione, nonché alla vita privata, familiare, sociale e professionale, delle persone interessate. In tal caso, i rimedi per la tutela della reputazione non devono comprendere anche la rinuncia alla prescrizione, disponendo l’interessato anzitutto dei mezzi ordinari, a cominciare dalla denuncia e/o querela per calunnia e diffamazione aggravata, sino all’azione aquiliana. Inoltre, tutti gli elementi raccolti dal PM in un’indagine sfociata in un provvedimento di archiviazione debbono sempre essere oggetto di attenta rivalutazione nell’ambito di eventuali diversi procedimenti – civili, penali, amministrativi, disciplinari, contabili, di prevenzione – in cui dovessero essere in seguito utilizzati. Sul piano processuale, infine, i provvedimenti summenzionati, gravemente lesivi dei diritti fondamentali della persona interessata, dovranno essere rimossi attraverso appropriati rimedi, salva, in ipotesi, la responsabilità civile e disciplinare dello stesso magistrato. In proposito assume rilievo il nuovo art. 115-bis cod. proc. pen., che dà attuazione all’art. 4 della direttiva 2016/343/UE sulla presunzione di innocenza; direttiva che, peraltro, anche prima dell’introduzione di tale rimedio, conferiva alla persona indagata un diritto, immediatamente azionabile, a un rimedio effettivo.. Tale diritto non potrebbe comunque essere subordinato alla rinuncia alla prescrizione: la persona sottoposta alle indagini, se non ha in via generale il diritto di rinunciarvi, ha invece il pieno diritto di avvalersene, a tutela anche del suo soggettivo interesse a essere lasciata in pace dalla pretesa punitiva statale, rimasta inattiva per un rilevante lasso di tempo dalla commissione del fatto a lei attribuito; senza che tale legittima scelta comporti la perdita del diritto fondamentale a non essere pubblicamente additato come colpevole in assenza di un accertamento giudiziale).