Impiego pubblico - Trattamento economico - Dipendenti degli enti pubblici non economici appartenenti al ruolo professionale legale, quale unicum tra i dipendenti degli enti pubblici - Calcolo dell'indennità di anzianità - Esclusione dalla base di calcolo, nell'interpretazione del diritto vivente, delle competenze e degli onorari giudizialmente liquidati - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza e del diritto ad una retribuzione proporzionata e adeguata al lavoro prestato - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 131011).
Gli avvocati dipendenti degli enti pubblici costituiscono un unicum e pertanto non possono essere paragonati ad altre categorie di dipendenti. Ciò che li distingue dagli altri dipendenti dell’ente pubblico è soltanto il possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione forense, la quale, tuttavia, non assume rilevanza sul piano retributivo, ma sotto il diverso profilo dell’osservanza, da parte del legale pubblico dipendente, degli stessi obblighi deontologici dell’avvocato libero professionista e della soggezione al potere disciplinare del Consiglio dell’ordine. (Precedente: S. 33/2009 - mass. 33162).
Le c.d. propine spettanti agli avvocati e ai procuratori dello Stato sono di natura variabile perché dipendenti dalla sorte del contenzioso, hanno carattere premiale e non intaccano lo stipendio tabellare, che costituisce il nucleo del profilo retributivo della categoria interessata. (Precedenti: S. 128/22 - mass. 44943; S. 236/17 - mass. 42144).
(Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., dell’art. 13 della legge n. 70 del 1975, che – nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, costituente diritto vivente –, non consente che la quota delle competenze e degli onorari giudizialmente liquidati in favore degli enti pubblici non economici, attribuita agli appartenenti al ruolo professionale legale da essi dipendenti, sia computata, neanche in parte, nel calcolo dell’indennità di anzianità a costoro spettante. La qualificazione oggetto di censura valorizza congruamente le specificità connotative del termine «stipendio» impiegato, che deve essere inteso non come sinonimo di retribuzione, ma nella sua specifica valenza assunta nel contesto della legge di riforma del parastato e, più in generale, nella disciplina del pubblico impiego. Tale nozione collima anche con le esigenze di uniformità e di razionalizzazione che permeano le previsioni che detta legge dedica al trattamento di quiescenza, e il suo carattere tassativo trova riscontro in altre discipline sui trattamenti di fine servizio anteriori alla privatizzazione del pubblico impiego. L’opzione interpretativa sottesa alla disposizione censurata non si espone dunque a rilievi di anacronismo soltanto perché, in un contesto ormai ispirato al paradigma privatistico e caratterizzato dal «dominio» della fonte collettiva, per i dipendenti assunti nel vigore del regime anteriore alla contrattualizzazione del lavoro pubblico continua ad applicarsi una disciplina di natura pubblicistica. Né merita accoglimento la questione con cui è dedotta la violazione del principio di eguaglianza, poiché il rimettente, nel porre a raffronto i dipendenti degli enti pubblici non economici appartenenti al ruolo professionale legale e i dipendenti dei medesimi enti – e, in particolare, i lavoratori con qualifica dirigenziale – che non svolgono funzioni legali, non ha considerato che le posizioni in comparazione sono del tutto eterogenee. È, infine, da escludersi anche la dedotta violazione del principio di proporzionalità di cui all’art. 36 Cost.: la difesa in giudizio dell’ente rientra tra i compiti riconducibili ai doveri istituzionali degli avvocati degli enti pubblici e per questo non necessita di un’apposita remunerazione, stante la natura premiale dei compensi in questione, che nel loro ammontare complessivo assumono una funzione remunerativa della complessiva produttività degli appartenenti al ruolo professionale legale dell’ente pubblico. Va inoltre ribadito che, in tale contesto normativo, spetta alla discrezionalità del legislatore individuare, nel rispetto del principio di eguaglianza e delle garanzie sancite dall’art. 36 Cost., la base retributiva delle singole indennità di fine servizio nonché i modi e la misura delle stesse). (Precedenti: S. 244/2014 - mass. 38149; S. 278/1995 - mass. 21654; S. 251/74 - mass. 7464).