Processo penale - Incompatibilità del giudice - Fondamento costituzionale - Salvaguardia della terzietà e imparzialità del giudice - Condizioni - Valutazione "di contenuto" sulla medesima res iudicanda in diversa fase del procedimento - Nozione di "giudizio" e, in particolare, inclusione del procedimento per decreto (nel caso di specie: illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a decidere sull'opposizione all'archiviazione per particolare tenuità del fatto, del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la suddetta causa di esclusione della punibilità). (Classif. 199028).
La disciplina sull’incompatibilità del giudice trova la sua ratio nella salvaguardia dei valori della terzietà e imparzialità del giudice – presidiati dagli artt. 111, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU – mirando a escludere che questi possa pronunciarsi condizionato dalla “forza della prevenzione”, cioè dalla tendenza a confermare una decisione o a mantenere un atteggiamento già assunto, derivante da valutazioni che sia stato precedentemente chiamato a svolgere in ordine alla medesima res iudicanda. È necessario che le funzioni del giudicare siano assegnate a un soggetto “terzo”, scevro di interessi propri che possano far velo alla rigorosa applicazione del diritto e anche sgombro da convinzioni precostituite in ordine alla materia su cui pronunciarsi. (Precedenti: S. 172/2023 - mass. 45789; S. 64/2022 - mass. 44655; S. 16/2022 - mass. 44520, 44521; S. 7/2022 - mass. 44517).
Per ritenersi sussistente l’incompatibilità endoprocessuale del giudice, devono concorrere le seguenti condizioni: a) le preesistenti valutazioni cadano sulla medesima res iudicanda; b) il giudice sia stato chiamato a compiere una valutazione (e non abbia avuto semplice conoscenza) di atti anteriormente compiuti, strumentale all’assunzione di una decisione; c) quest’ultima abbia natura non “formale”, ma “di contenuto”, ovvero comporti valutazioni sul merito dell’ipotesi di accusa; d) la precedente valutazione si collochi in una diversa fase del procedimento. Diversamente, all’interno di ciascuna delle fasi – intese come sequenze ordinate di atti che possono implicare apprezzamenti incidentali, anche di merito, su quanto in esse risulti, prodromici alla decisione conclusiva – va, in ogni caso, preservata l’esigenza di continuità e di globalità, venendosi altrimenti a determinare una frammentazione del procedimento, che implicherebbe la necessità di disporre, per la medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli atti da compiere. (Precedenti: S. 172/2023 - mass. 45789; S. 91/2023; S. 64/2022 - mass. 44655; S. 16/2022 - mass. 44655; S. 18/2017 - mass. 39495).
Ove si afferma che il giudice non possa esprimersi più volte sulla medesima res iudicanda, per “giudizio” si intende ogni processo che, in base a un esame delle prove, pervenga a una decisione di merito: il giudizio dibattimentale, ma anche il giudizio abbreviato, l’applicazione della pena su richiesta delle parti, l’udienza preliminare e talora l’incidente di esecuzione, nonché il decreto penale di condanna. Nel procedimento per decreto, infatti, al momento di valutare la richiesta del pubblico ministero, il giudice effettua un esame completo dell’accusa, sotto i profili oggettivo e soggettivo, attenendo il controllo demandato al GIP non solo ai presupposti del rito, ma anche al merito dell’ipotesi accusatoria, postulando una verifica del fatto storico e della responsabilità dell’imputato. (Precedenti: S. 16/2022 - mass. 44521; S. 346/1997 - mass. 23552).
Una pronuncia di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., in qualunque fase procedimentale o processuale sia collocata, presuppone logicamente la valutazione che un reato, completo di tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, sia stato commesso dalla persona sottoposta a indagini o dall’imputato. (Precedente: S. 116/2023).
(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 111, secondo comma, Cost., l’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a decidere sull’opposizione all’archiviazione per particolare tenuità del fatto del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di decreto penale di condanna, ritenendo sussistere tale causa di esclusione della punibilità. La mancata previsione – nella casistica tassativa di incompatibilità orizzontali contenuta nella disposizione censurata dal GIP del Tribunale di Napoli – viola il principio della necessaria terzietà e imparzialità del giudice, trovandosi quest’ultimo a valutare due volte lo stesso fatto criminoso e potendo, pertanto, essere condizionato dalla decisione assunta in precedenza: il giudizio sulla particolare tenuità del fatto richiede, infatti, una valutazione complessa e congiunta delle peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. Nella fattispecie in esame risultano, pertanto, sussistenti tutte le condizioni richieste affinché si configuri l’incompatibilità del giudice: [a] è stata assunta una prima decisione “pregiudicante”, nell’ambito della quale, valutando le prove, il giudice ha respinto la richiesta di decreto penale di condanna, convincendosi che il fatto non fosse punibile, ex art. 131-bis cod. pen., per la sua particolare tenuità; [b] con la restituzione degli atti al pubblico ministero, si è determinata la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, ricorrendo la condizione della diversità della fase processuale; [c] la sede decisoria che il rimettente assume “pregiudicata” dalla formazione del precedente convincimento – ovvero l’opposizione all’archiviazione per particolare tenuità del fatto – è anch’essa qualificabile come giudizio sulla responsabilità penale dell’imputato, considerato l’oggetto dell’accertamento richiesto al GIP e le garanzie del contraddittorio).