Delegazione legislativa - Decreto legislativo - Rapporto con la legge delega (in particolare: in tema di conferimento di incarichi negli enti privati controllati da soggetti pubblici) - Priorità, nell'esame delle questioni, di quella che attiene al corretto svolgimento della funzione legislativa - Necessità di interpretare la legge di delegazione e le disposizioni delegate, per verificare la compatibilità tra l'una e le altre, anche tenendo conto del margine di discrezionalità esercitato dal legislatore delegato - Necessità di un vaglio particolarmente attento laddove si tratti di materie complesse o attinenti all'esercizio di diritti fondamentali, come quello al lavoro - Necessità, per il legislatore delegato, di rispettare il principio di distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro (nel caso di specie: illegittimità costituzionale parziale della disciplina, introdotta mediante decreto legislativo, del conferimento di incarichi in enti privati sotto il controllo pubblico, nella parte in cui prevede l'inconferibilità di incarichi di amministratore da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione a coloro che, nell'anno precedente, abbiano ricoperto la carica di presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato controllati da amministrazioni locali). (Classif. 077002).
La questione di legittimità costituzionale avente a parametro l’art. 76 Cost. va esaminata in via prioritaria, stante la sua pregiudizialità logico-giuridica, investendo il corretto esercizio della funzione legislativa, sicché la sua eventuale fondatezza eliderebbe, in radice, ogni questione in ordine al contenuto precettivo della norma in esame e determinerebbe l’assorbimento di quelle riferite agli ulteriori parametri costituzionali evocati. (Precedenti: S. 150/2022 - mass. 45002; S. 142/2020 - mass. 43518; S. 250/2016 - mass. 39178).
La verifica di conformità della norma delegata a quella delegante richiede lo svolgimento di un duplice processo ermeneutico che, condotto in parallelo, tocca, da una parte, la legge di delegazione e, dall’altra, le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretare nel significato compatibile con la delega stessa. Se al legislatore delegato può ben essere riconosciuto un margine di discrezionalità, tale da consentirgli di introdurre norme che rappresentino un coerente sviluppo e, se del caso, anche un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, la discrezionalità del Governo, tuttavia, va apprezzata e ritenuta in relazione al grado di specificità dei criteri fissati dalla legge di delega e in coerenza con la ratio sottesa a questi ultimi. E ciò, tanto più ove la delega abbia ad oggetto il riordino della disciplina già esistente in una materia caratterizzata dall’elevata complessità, e tale da comportare rilevanti limitazioni all’accesso al lavoro, il quale costituisce un profilo particolare del diritto al lavoro (art. 4 Cost.), più volte qualificato, anche con riferimento ai pubblici uffici, come fondamentale diritto di libertà della persona umana. (Precedenti: S. 166/2023 - mass. 45764; S. 260/2021 - mass. 44440; S. 100/2020 - mass. 43426).
Gli incarichi di amministrazione e gestione corrispondono, nel vigente panorama normativo, all’esercizio dell’attività dirigenziale, in contrapposizione all’attività di indirizzo politico-amministrativo. Ciò, sullo sfondo del principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro, quale corollario e presidio di garanzia dell’imparzialità dell’azione amministrativa. (Precedenti: S. 70/2022 - mass. 44858; S. 304/2010 - mass. 34980; S. 103/2007 - mass. 31165; S. 453/1990 - mass. 16485).
(Nel caso di specie, sono dichiarati costituzionalmente illegittimi, per violazione dell’art. 76 Cost., gli artt. 1, comma 2, lett. f, e 7, comma 2, lett. d, del d.lgs. n. 39 del 2013, nella parte in cui non consentono di conferire l’incarico di amministratore di ente di diritto privato – che si trovi sottoposto a controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione – in favore di coloro che, nell’anno precedente, abbiano ricoperto la carica di presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato controllati da amministrazioni locali. Le disposizioni censurate dal TAR Lazio violano i principi e criteri della legge delega n. 190 del 2012, dovendosi escludere che rappresentino un coerente sviluppo delle scelte della legge di delegazione. In particolare, l’art. 1, comma 50, individua gli incarichi, o le situazioni, di provenienza che assumono valenza ostativa per il conferimento degli incarichi di destinazione di cui al comma 49; nel far ciò, si circoscrive l’ipotesi di inconferibilità alla provenienza politica del nominato. Come correttamente rileva il giudice a quo, deve pertanto concludersi che, nell’individuare gli incarichi di provenienza ostativi, la legge delega si è limitata ad indicare solo quelli di natura politica, con esclusione di quelli di natura amministrativo-gestionale, salvo il caso di cui al comma 50, lett. b. L’ulteriore estensione della garanzia preventiva anche ad ipotesi prive di qualsiasi percepibile collegamento con lo svolgimento di cariche o incarichi “politici” appare dunque estranea all’obiettivo perseguito dal legislatore delegante e finisce, anzi, per pregiudicarlo, in tal modo operando una commistione tra incarichi politici e incarichi di mera gestione amministrativo-aziendale, che devono invece essere tenuti distinti).