Industria - In genere - Sequestro di stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale ovvero impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva - Adozione, da parte dell'autorità governativa, delle misure per il bilanciamento tra le esigenze di continuità dell'attività produttiva e di salvaguardia dell'occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell'ambiente e degli altri eventuali beni giuridici lesi dagli illeciti commessi - Obbligo, per il giudice, di disporre la prosecuzione dell'attività avvalendosi di un amministratore giudiziario - Fissazione di un termine non superiore a 36 mesi, non rinnovabile, per l'efficacia delle misure indicate - Omessa previsione - Violazione dei principi a tutela della vita e della salute, lesione della tutela dell'ambiente, nonché dei limiti all'iniziativa economica privata - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 134001).
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 9, 32 e 41, secondo comma, Cost., l’art. 104-bis, comma 1-bis.1, quinto periodo, norme att. cod. proc. pen., come introdotto dall’art. 6 del d.l. n. 2 del 2023, come conv., nella parte in cui non prevede che le misure ivi indicate si applichino per un periodo di tempo non superiore a trentasei mesi. La disposizione censurata dal GIP del Tribunale di Siracusa, prevede, al quinto periodo, che il giudice autorizzi la prosecuzione dell’attività di stabilimenti di interesse strategico nazionale o impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva, pur oggetto di sequestro preventivo (nel caso di specie l’impianto di depurazione di IAS spa di Priolo Gargallo, società che, insieme a ISAB srl, quest’ultima dichiarata di interesse strategico nazionale, è sottoposta a indagini in un procedimento penale relativo a plurime ipotesi di reato e di illecito amministrativo dipendente da reato, tra cui quella di disastro ambientale aggravato), se, nell’ambito della procedura di riconoscimento dell’interesse strategico nazionale, sono state adottate misure con le quali si è ritenuto realizzabile il bilanciamento tra le esigenze di continuità dell’attività produttiva e di salvaguardia dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente e degli altri eventuali beni giuridici lesi dagli illeciti commessi. Correttamente il rimettente interpreta la disposizione censurata nel senso che essa vincola il giudice ad autorizzare la prosecuzione dell’attività una volta che, nell’ambito della procedura di riconoscimento dell’interesse strategico nazionale, siano state adottate misure (nel caso di specie: per mezzo del d. interm. 12 settembre 2023) con le quali si è ritenuto realizzabile il bilanciamento tra i vari interessi in conflitto. Il venir meno, in tal modo, di ogni potere discrezionale dell’autorità giudiziaria nella gestione dello stabilimento sottoposto a sequestro, si discosta in maniera non marginale dallo schema normativo di cui all’art. 1 del “decreto Ilva” (d.l. n. 207 del 2012, come conv). Infatti, se è individuabile l’autorità amministrativa competente ad adottare le misure di bilanciamento alle quali il giudice sarà poi vincolato (il Presidente del Consiglio dei ministri, che può delegare a uno o più ministri l’adozione concreta delle misure) e se pure è pure possibile interpretare in modo costituzionalmente orientato la disposizione per ricavare il procedimento da seguire per l’individuazione delle misure (che dovranno essere funzionali all’obiettivo di ricondurre gradualmente l’attività stessa, nel minor tempo possibile, entro i limiti di sostenibilità fissati in via generale dalla legge in vista di una tutela effettiva della salute e dell’ambiente; dovranno essere precedute da adeguata attività istruttoria e sorrette da una congrua motivazione e la cui effettiva osservanza dovrà essere adeguatamente verificata) non si prevede alcun termine finale per l’operatività delle misure stesse. La reductio ad legitimitatem può essere effettuata attraverso una pronuncia additiva che introduca un termine di durata massima delle misure, individuato quale soluzione costituzionalmente adeguata. Un punto di riferimento significativo è costituito dalla previsione dell’art. 1, comma 1, del "decreto Ilva", che consente all’attuale Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica di autorizzare la prosecuzione dell’attività produttiva per un termine massimo di trentasei mesi. In pendenza di tale termine, non rinnovabile, occorrerà in ogni caso assicurare il completo superamento delle criticità riscontrate in sede di sequestro e il ripristino degli ordinari meccanismi autorizzativi previsti dalla legislazione vigente, in conformità alle indicazioni discendenti dal diritto dell’Unione europea. (Precedenti: S. 91/2024 - mass. 46143; S. 5/2024 - mass. 45935; S. 85/2013 - mass. 37050).