Diritti inviolabili o fondamentali - Tutela - Possibili restrizioni a tutela di interessi di pari rango, secondo criteri di necessarietà e di ragionevole proporzionalità - In particolare: possibilità di limitare il diritto all'elettorato passivo per assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione, salvaguardando la ragionevolezza e la proporzionalità delle limitazioni (nel caso di specie: illegittimità costituzionale in parte qua della disposizione che prevede l'incompatibilità, per gli affini entro il terzo grado del sindaco, o del presidente della giunta provinciale, a far parte della relativa giunta, e a essere nominati rappresentanti del comune o della provincia, anche laddove l'affinità derivi da un matrimonio rispetto al quale il giudice abbia pronunciato, con sentenza passata in giudicato, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili). (Classif. 081004).
Le restrizioni del contenuto di un diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, e ciò in base alla regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione. (Precedente: S. 141/1996 - mass. 22377).
L'art. 51 Cost. va ricondotto alla sfera dei diritti inviolabili sanciti dall'art. 2 della Costituzione quale aspetto essenziale della partecipazione dei cittadini alla vita democratica e svolge il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino. (Precedenti: S. 60/2023 - mass. 45490; S. 277/2011; S. 25/2008; S. 288/2007; S. 141/1996 - mass. 22377; S. 539/1990 - mass. 16699).
Dove il diritto all'elettorato passivo vada coniugato con gli interessi costituzionali protetti dall'art. 97, secondo comma, Cost., che affida al legislatore il compito di organizzare i pubblici uffici in modo che siano garantiti il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, le cause di incompatibilità alla carica, che del diritto all'elettorato passivo integrano una delle declinazioni, sono costituzionalmente legittime in quanto non introducano differenze nel trattamento tra categorie omogenee di soggetti che siano manifestamente irragionevoli e sproporzionate al fine perseguito.
(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 2, 3 e 51 Cost., l'art. 64, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000, nella parte in cui prevede che non possono far parte della giunta, né essere nominati rappresentanti del comune e della provincia, gli affini entro il terzo grado del sindaco o del presidente della giunta provinciale, anche quando l'affinità deriva da un matrimonio rispetto al quale il giudice abbia pronunciato, con sentenza passata in giudicato, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili per una delle cause previste dall'art. 3 della legge n. 898 del 1970. La disposizione censurata dalla Corte di cassazione, sez. prima civile, limitando, nelle ipotesi indicate, l'accesso ad un ufficio pubblico politico – qual è la partecipazione, quale componente, alla Giunta di un comune –, ed alla nomina ad un ufficio di rappresentanza della municipalità – qual è la nomina a vice sindaco, con conseguente affermazione della relativa causa di incompatibilità –, nel bilanciamento tra la cura dell'imparziale agire della pubblica amministrazione e la tutela del diritto inviolabile all'elettorato, contrasta con i canoni di proporzione e ragionevolezza. La manifesta irragionevolezza di tale disciplina emerge dall'essere la stessa, nella sua permanente affermazione, del tutto sganciata dalle sorti del rapporto di riferimento – il vincolo coniugale da cui origina la relazione di affinità – e dalla differenza rispetto alla situazione dell'ex coniuge del sindaco, per il quale la incompatibilità non sussiste).