Impresa e imprenditore - In genere - Introduzione, mediante la resa operativa di procedure già previste precedentemente, del c.d. payback sui dispositivi medici, che pone a carico delle imprese, in caso di superamento del tetto di spesa stabilito dal legislatore, un contributo solidaristico, per un periodo circoscritto e in misura fortemente ridotta, anche in caso di contenzioso con l'amministrazione - Denunciata irragionevolezza, violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte, della libertà di iniziativa economica e del legittimo affidamento - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 132001).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Lazio, sez. terza quater, in riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU, dell’art. 9-ter del d.l. n. 78 del 2015, come conv., che introduce il meccanismo del c.d. payback sui dispositivi medici – il quale, limitatamente al quadriennio 2015-2018 e in caso di superamento del tetto di spesa stabilito dal legislatore, comporta la diminuzione del corrispettivo in danno di imprese che abbiano stipulato contratti di fornitura. La disposizione censurata si pone nel solco dell’utilità sociale, risultando compatibile con la previsione legale di un contributo di solidarietà. La sua applicazione, nel circoscritto periodo indicato, non è irragionevole, trovando giustificazione nell’esigenza di assicurare la dotazione di dispositivi medici necessaria alla tutela della salute, soprattutto in una generale situazione economico-finanziaria altamente critica. Il meccanismo non è nemmeno sproporzionato poiché, a seguito della sentenza n. 139 del 2024, anche le aziende che non hanno rinunciato al contenzioso in materia sono tenute a versare, sempre per le annualità suindicate, una somma corrispondente a meno della metà di quella a esse richiesta con i provvedimenti impugnati nei giudizi a quibus – così operando una riduzione rilevante – senza comprimere eccessivamente i margini di utile delle imprese. La disciplina censurata, poi, contiene tutti gli elementi richiesti perché possa considerarsi rispettata la riserva di legge in materia di prestazioni imposte: individua esplicitamente sia i soggetti su cui grava l’obbligo, sia l’oggetto della prestazione imposta e detta le indicazioni generali sulla procedura da seguire per determinare il ripianamento dovuto dalle aziende; di conseguenza all’amministrazione è rimessa la sola attività tecnica necessaria per la quantificazione dell’importo. La circostanza, inoltre, che il payback colpisca, in maniera indistinta, la fornitura di qualsiasi dispositivo medico rappresenta una legittima scelta del legislatore, a fronte della sussistenza di una definizione di dispositivo medico chiaramente evincibile dal panorama normativo esistente. Infine, non è ravvisabile la portata retroattiva delle disposizioni censurate: le imprese erano consapevoli fin dal 2015 dell’esistenza di un meccanismo di fissazione di un tetto di spesa, con il conseguente obbligo di ripiano in caso di sforamento e, in tale quadro, lo ius superveniens ha solo reso concretamente operative le procedure esistenti. (Precedenti: S. 139/2024 - mass. 46225; S. 203/2016 - mass. 39036).