Reati e pene - In genere - Principi di offensività e di colpevolezza - Natura - Loro valenza anche quali criteri ermeneutici per il giudice comune - Necessità, in ogni caso, di una interpretazione costituzionalmente orientata - Conseguente irrilevanza penale delle condotte che, pur riconducibili alle espressioni linguistiche della fattispecie astratta, siano in concreto radicalmente inoffensive o del tutto incolpevoli. (Classif. 210001).
In base al principio di offensività (art. 25, secondo comma, Cost.), il giudice penale è tenuto ad assicurare un’interpretazione costituzionalmente orientata di ogni norma incriminatrice, e pertanto a espungere dall’area della rilevanza penale quelle condotte concrete che, pur se riconducibili alle espressioni linguistiche utilizzate nella formulazione della fattispecie astratta, non sono suscettibili di ledere il bene giuridico tutelato, rivelandosi così in radice inoffensive. (Precedenti: S. 139/2023 - mass. 45714; S. 211/2022 - mass. 45138; S. 278/2019 - mass. 41830; S. 141/2019 - mass. 41823, 41824; S. 109/2016 - mass. 38865; S. 265/2005 - mass. 29512; S. 263/2000 - mass. 25484; S. 360/1995 - mass. 22565).
Il principio di colpevolezza (art. 27, primo e terzo comma, Cost.) si pone non soltanto quale vincolo per il legislatore, nella conformazione degli istituti penalistici e delle singole norme incriminatici, ma anche come canone ermeneutico per il giudice, nella lettura e nell’applicazione delle disposizioni vigenti, così da evitare la punizione di una condotta del tutto incolpevole. (Precedenti: S. 322/2007 - mass. 31652; S. 1085/1988 - mass. 13935; S. 364/1988 - mass. 13799).