Sentenza 162/2024 (ECLI:IT:COST:2024:162)
Massima numero 46381
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente BARBERA  - Redattore VIGANÒ
Udienza Pubblica del  24/09/2024;  Decisione del  24/09/2024
Deposito del 17/10/2024; Pubblicazione in G. U. 23/10/2024
Massime associate alla pronuncia:  46380


Titolo
Misure di prevenzione - In genere - Sorveglianza speciale - Sospensione durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a detenzione per esecuzione di pena - Applicazione della misura dopo la cessazione dello stato di detenzione - Condizione - Verifica, da parte del tribunale, della persistenza della pericolosità sociale dell'interessato, laddove lo stato di detenzione si sia protratto per almeno due anni - Presunzione di pericolosità per le detenzioni di durata inferiore - Irragionevolezza, violazione delle garanzie giurisdizionali in materia di libertà personale e del principio della finalità rieducativa della pena - Illegittimità costituzionale parziale. (Classif. 156001).

Testo

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, primo comma, 13, primo comma, e 27, terzo comma, Cost., l’art. 14, comma 2-ter, del d.lgs. n. 159 del 2011, limitatamente alle parole «se esso si è protratto per almeno due anni,». La disposizione denunciata dal Tribunale di Oristano prevedendo che, in caso di sospensione dell’esecuzione della sorveglianza speciale durante il tempo in cui l’interessato è sottoposto a detenzione per esecuzione di pena, il tribunale verifica la persistenza della sua pericolosità sociale soltanto ove lo stato di detenzione si sia protratto per almeno due anni, reintroduce, di fatto, una presunzione di persistente pericolosità laddove la sospensione sia inferiore a due anni. Al contrario, sia per le misure di sicurezza che per quelle di prevenzione – accomunate dalla finalità di prevenire la commissione di reati da parte di soggetti socialmente pericolosi e di favorirne il recupero all’ordinato vivere civile, al punto da poter essere considerate come “due species di un unico genus” – il giudice è tenuto ad accertare la pericolosità sociale non soltanto nel momento dell’adozione della misura, ma anche nell’ipotesi in cui l’esecuzione della misura dovesse essere sospesa in conseguenza dello stato di detenzione dell’interessato: il decorso di un lungo lasso di tempo incrementa infatti la possibilità che intervengano modifiche nell’atteggiamento del soggetto nei confronti dei valori della convivenza civile, a maggior ragione quando la persona, durante tale lasso temporale, sia sottoposta ad un trattamento specificamente volto alla sua risocializzazione. La presunzione in parola viola, pertanto, anzitutto l’art. 3 Cost., risultando per un verso intrinsecamente irragionevole, e per altro verso foriera di un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla parallela disciplina oggi applicabile alle misure di sicurezza (art. 679, comma 1, cod. proc. pen.). Né può prevalere l’argomento che la presunzione relativa può essere vinta allorché l’interessato solleciti la revoca della misura (art. 11, comma 2, cod. antimafia), perché in un ordinamento in cui il godimento del diritto fondamentale alla libertà personale costituisce la “regola”, non può che spettare all’autorità pubblica l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti individuati dalla legge per la sua legittima, ed “eccezionale”, limitazione. È poi violato anche l’art. 13 Cost., poiché l’esecuzione della sorveglianza speciale, che comporta una restrizione della libertà personale, prevede un meccanismo di tutela giurisdizionale successivo e soltanto eventuale su un requisito centrale, quello della pericolosità dell’interessato. Infine, è violato anche il principio della necessaria finalità rieducativa della pena: se è vero che il successo di un trattamento rieducativo non è mai scontato, la presunzione legislativa in esame muove dal non condivisibile presupposto che un trattamento penitenziario in ipotesi protrattosi fino a due anni sia radicalmente inidoneo a modificare l’attitudine antisociale di chi vi è sottoposto. In conseguenza dell’ablazione effetto della pronuncia, dopo la cessazione dello stato di detenzione il tribunale sarà tenuto a verificare, anche d’ufficio, la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato, con le modalità prescritte dalla disposizione in esame. Sino a tale rivalutazione, la misura di prevenzione in precedenza disposta dovrà considerarsi ancora sospesa, e le prescrizioni con essa imposte non potranno avere effetto nei confronti dell’interessato. Resta ferma per il tribunale la possibilità di procedere alla rivalutazione della pericolosità dell’interessato in un momento immediatamente antecedente la scarcerazione del destinatario della misura di sicurezza, ovvero di omettere la rivalutazione quando la misura sia stata adottata per la prima volta nell’imminenza di tale scarcerazione, tenendo conto dell’evoluzione della personalità dell’interessato durante l’esecuzione della pena. (Precedenti: S. 46/2024 - mass. 46029; S. 149/2018 - mass. 39985; S. 291/2013 - mass. 37489; S. 1102/1988 - mass. 13959; S. 249/1983 - mass. 13314; S. 139/1982 - mass. 9265; S. 1/1971 - mass. 5351; S. 11/1956 - mass. 41).



Atti oggetto del giudizio

decreto legislativo  06/09/2011  n. 159  art. 14  co. 2

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 3  co. 1

Costituzione  art. 13  co. 1

Costituzione  art. 27  co. 3

Altri parametri e norme interposte