Sentenza 113/2025 (ECLI:IT:COST:2025:113)
Massima numero 46919
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMOROSO  - Redattore VIGANÒ
Udienza Pubblica del  19/05/2025;  Decisione del  19/05/2025
Deposito del 18/07/2025; Pubblicazione in G. U. 23/07/2025
Massime associate alla pronuncia:  46914  46915  46916  46917  46918


Titolo
Reati e pene - In genere - Principio di proporzionalità della pena - Fondamento - Necessità di assicurare che la sanzione non risulti eccessiva rispetto alla concreta gravità oggettiva e soggettiva del fatto di reato - Conseguente limite alla discrezionalità del legislatore - Natura - Standard di legittimità costituzionale delle leggi penali e criterio ermeneutico per il giudice comune - Dovere del giudice di procedere ad una interpretazione restrittiva costituzionalmente orientata della disposizione incriminatrice o, in alternativa, di sollevare questione di legittimità costituzionale (nel caso di specie: non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto la disposizione che, per il sequestro di persona a scopo di estorsione, prevede la pena della reclusione da venticinque a trent'anni). (Classif. 210001).

Testo

Il principio di proporzionalità della pena mira ad assicurare che la reazione sanzionatoria a un fatto di reato, pur offensivo del bene giuridico e colpevolmente realizzato, non risulti eccessiva rispetto alla concreta gravità oggettiva e soggettiva del fatto. (Precedenti: S. 83/2025 - mass. 46777; S. 86/2024 - mass. 46163; S. 244/2022 - mass. 45210).

Il legislatore gode di ampia discrezionalità nella selezione delle condotte punibili e nella determinazione delle sanzioni, entro il limite generale del principio di proporzionalità, la cui osservanza è oggetto di un controllo specialmente attento da parte della Corte costituzionale, in ragione dell’incidenza delle scelte di criminalizzazione sulla libertà personale e su numerosi altri diritti fondamentali. (Precedenti: S. 74/2025 - mass. 46752; S. 46/2024 - mass. 46029).

Il principio di proporzionalità della pena opera non solo come standard di legittimità costituzionale delle leggi penali, ma anche come criterio che orienta la loro interpretazione e applicazione da parte del giudice comune, il quale è tenuto ad assicurare che la sanzione risulti proporzionata alla gravità del fatto, nel quadro di una doverosa interpretazione secundum constitutionem dei dati normativi, ferma restando la necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale, laddove tali dati non permettano di raggiungere in via ermeneutica l’obiettivo dell’uniformazione a Costituzione.

Il principio di proporzionalità della pena impone al giudice di espungere dalla fattispecie – nei limiti in cui il dato normativo lo consenta – condotte incapaci di attingere la soglia di disvalore congeniale alla gravità del compasso edittale, collocandosi in una zona in cui alla “formale” integrazione degli elementi costitutivi della fattispecie astratta non corrisponde, sul piano “sostanziale”, l’integrazione del nucleo di disvalore che dovrebbe caratterizzare quella fattispecie, secondo la stessa valutazione del legislatore riflessa nella misura della pena edittale; e ciò in particolare quando la mancata applicazione di una norma penale non comporta l’impunità tout court del fatto, ma l’applicazione – in luogo di un reato complesso – delle singole fattispecie criminose che lo compongono, così da assicurare comunque una risposta adeguata alla gravità del fatto e ragionevolmente dissuasiva, e però contenuta entro i limiti della proporzione.

Il dovere di interpretazione restrittiva della fattispecie legale alla luce del principio di proporzionalità della pena non si pone in contrasto con il principio di legalità che, in ragione della sua ratio di garanzia, vieta di applicare la legge oltre i casi da essa contemplati, ma non è di ostacolo a che il giudice possa interpretare restrittivamente una disposizione incriminatrice, escludendone l’applicazione allorché sia chiaro che il suo testo plus dixit quam voluit. (Precedenti: S. 98/2021 - mass. 43904; S. 107/2025 - mass. 46877).

(Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale – sollevate dalla Corte di assise di Teramo, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. – dell’art. 630, primo comma, cod. pen., nella parte in cui prevede, per il sequestro di persona a scopo di estorsione, la pena della reclusione da venticinque a trent’anni in luogo della reclusione da dodici a venticinque anni, e, in via subordinata, nella parte in cui prevede la pena minima di venticinque anni, anziché di dodici anni di reclusione. La previsione di una pena edittale minima come quella indicata, pur ridotta di un terzo per effetto dell’attenuante della lieve entità del fatto introdotta dalla sentenza n. 68 del 2012, costituisce una sanzione manifestamente sproporzionata in casi come quelli all’esame nei giudizi a quibus – connotati da una privazione della libertà personale di poche decine di minuti finalizzata al conseguimento di un profitto di qualche centinaio di euro – del tutto eterogenei rispetto alle condotte sanzionate dal legislatore emergenziale degli anni Settanta, costituite da sequestri di lunghissima durata, per richieste di riscatto elevatissime e causa di gravi pericoli per la vita degli ostaggi. In queste ipotesi, tuttavia, il giudice possiede già gli strumenti ermeneutici che gli consentono di pervenire, nel rispetto del dettato normativo, a una interpretazione restrittiva costituzionalmente orientata della fattispecie incriminatrice alla luce del principio di proporzionalità della pena. In particolare, il giudice dovrà escludere l’applicazione dell’art. 630 cod. pen., laddove ritenga che il grado di offensività dei fatti accertati non attinga la soglia minima di gravità che giustifica la previsione di una pena così severa, valutando se possano invece ritenersi integrati i reati di sequestro di persona semplice e, secondo i casi, di rapina o estorsione, che comportano l’applicazione di una pena comunque adeguata alla gravità del fatto commesso e contenuta entro i limiti della proporzione). (Precedente: S. 68/2012 - mass. 36174).



Atti oggetto del giudizio

codice penale    n.   art. 630  co. 1

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 3

Costituzione  art. 27  co. 3

Altri parametri e norme interposte