Sentenza 156/2025 (ECLI:IT:COST:2025:156)
Massima numero 46968
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMOROSO  - Redattore PETITTI
Udienza Pubblica del  08/10/2025;  Decisione del  08/10/2025
Deposito del 30/10/2025; Pubblicazione in G. U. 05/11/2025
Massime associate alla pronuncia:


Titolo
Sindacati e libertà sindacale - In genere - Protezione delle organizzazioni sindacali - Tutela rafforzata, o di secondo livello, mediante la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) - Condizioni per la costituzione - Scelta rimessa alla discrezionalità razionale e inderogabile del legislatore - Criterio della firma del contratto collettivo - Limiti - Necessità che il firmatario abbia partecipato attivamente al processo di formazione di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro - Ammissibilità alla costituzione delle RSA anche di soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale benché non firmatari (nel caso di specie: illegittimità costituzionale in parte qua dell'art. 19, primo comma, statuto lavoratori nella parte in cui non prevede che le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva anche nell'ambito delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale). (Classif. 236001).

Testo

La protezione data alle organizzazioni sindacali dallo statuto dei lavoratori si articola su due livelli, uno comune inerente alle garanzie di libertà, e un secondo livello promozionale, che implica una selezione basata sull’effettiva rappresentatività. Se al primo livello appartengono la tutela contro gli atti discriminatori (artt. 15 e 16), il divieto dei sindacati di comodo (art. 17) e la repressione della condotta antisindacale (art. 28), il secondo livello si concentra nel Titolo III dello statuto, ed è incardinato sull’art. 19, il che già segnala che la RSA è il volano della c.d. tutela rafforzata o privilegiata, per cui le norme di sostegno dell’azione sindacale nelle unità produttive ben possono essere riservate – in modo inderogabile, ossia senza disponibilità delle parti, pena il rischio che l’imprenditore possa influire sulla libera dialettica sindacale in azienda – a certi sindacati identificati mediante criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalità. (Precedenti: S. 244/1996 - mass. 22694; S. 30/1990 - mass. 15529).

Il criterio della firma del contratto è un congegno di verifica empirica della rappresentatività sindacale nel singolo contesto produttivo. Pertanto, esso non va inteso in senso formale, bensì quale indice di effettiva rappresentatività, manifestata attraverso quell’atto tipico dell’agire sindacale che è la stipulazione del contratto collettivo. Non è perciò sufficiente la mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto, e nemmeno è sufficiente la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina. Il criterio della sottoscrizione, applicato in termini assoluti, si presta infatti a deviazioni e abusi, potendo tradursi in una forma impropria di sanzione del dissenso, fino a scadere in un illegittimo accordo ad excludendum. Nel momento in cui il criterio della sottoscrizione dell’accordo applicato in azienda viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività e si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo, sì da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, viene inevitabilmente in collisione con i precetti di cui agli artt. 2, 3 e 39 Cost. (Precedenti: S. 231/2013 - mass. 37357; S. 244/1996 - mass. 22694; S. 30/1990 - mass. 15529).

La sottoscrizione, intesa non come mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma quale esito di una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto, corrisponde allo strumento di misurazione della forza di un sindacato, e di riflesso della sua rappresentatività, tipicamente proprio dell’ordinamento sindacale, manifestando invero la capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro, direttamente o attraverso la sua associazione, come controparte contrattuale. (Precedente: S. 244/1996 - mass. 22694).

(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 39 Cost., l’art. 19, primo comma, statuto lavoratori, nella parte in cui non prevede che le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva anche nell’ambito delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La disposizione censurata dal Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, compromette il pluralismo sindacale, prestandosi a un esercizio strumentale del c.d. potere datoriale di accreditamento. La verifica dell’idoneità del criterio della trattativa a impedire ogni distorsione che possa falsarne la razionalità pratica, infatti, non è assicurata nell’ordinamento sindacale di diritto privato, al contrario di quanto accade nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato e nell’ordinamento interconfederale, dove la selezione degli interlocutori negoziali avviene in virtù di una misurazione oggettiva su base percentuale. Al contrario, nei rapporti sindacali di diritto privato esterni al sistema interconfederale, l’ammissione di un’associazione dei lavoratori alle trattative, e quindi alle prerogative del Titolo III dello statuto, è condizionata dalle scelte discrezionali della parte datoriale, con l’unico presidio della buona fede oggettiva ex art. 1337 cod. civ. nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, mentre la discrezionalità del datore di lavoro nella selezione dell’interlocutore negoziale è garantita come manifestazione della libertà del contraente. Ed è proprio nell’interstizio tra la libertà dell’impresa di trattare con chi vuole e il diritto del sindacato rappresentativo di accedere alle prerogative di legge si apre il vuoto di tutela, costituzionalmente illegittimo. Infatti, il criterio della trattativa non realizza la funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro effettiva rappresentatività, e si trasforma al contrario in un meccanismo di esclusione di soggetti effettivamente rappresentativi, non solo quando si nega formalmente l’accesso al tavolo negoziale a un sindacato pur altamente rappresentativo, ma anche ove gli si opponga una piattaforma inaccettabile e non negoziabile, ovvero si rifiuti l’apertura delle trattative con qualunque sigla; nel qual ultimo caso la lesione non viene inferta a una specifica associazione dei lavoratori, ma a tutte complessivamente, attraverso la compromissione dell’istituto della RSA. Dovendo individuare il parametro utile per la reductio ad legitimitatem, quello della rappresentatività comparativa su base nazionale – divenuta punto di riferimento dell’evoluzione normativa – appare pertinente e adeguato. Compete al legislatore un’organica riscrittura della disposizione censurata, affinché essa venga a delineare un assetto normativo capace di valorizzare l’effettiva rappresentatività in azienda quale criterio di accesso alla tutela promozionale delle organizzazioni dei lavoratori).



Atti oggetto del giudizio

legge  20/05/1970  n. 300  art. 19  co. 1

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 3

Costituzione  art. 39

Altri parametri e norme interposte