Giurisdizione tributaria - In genere - Ordinamento e organizzazione della giustizia tributaria - Determinazione discrezionale del MEF del compenso dei giudici tributari - Denunciata violazione dei principi di indipendenza e imparzialità dei giudici, del principio convenzionale in tema di giusto ed equo processo nonché di quello di buon andamento dell'amministrazione della giustizia tributaria - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 124001).
Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Messina, in riferimento agli artt. 97, 101, 108 e 111 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU e all’art. 47 CDFUE, dell’art. 13 del d.lgs. n. 545 del 1992 (e il correlato art. 8, comma 4, della legge n. 130 del 2022), anche in combinato disposto con gli artt. 6 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 51 cod. proc. civ., che assegna al MEF la determinazione discrezionale del compenso (in particolare, variabile, ma anche fisso, nei limiti minimi ormai stabiliti dalla legge) dei giudici tributari. L’oggetto dei giudizi a quibus riguarda controversie tra l’Agenzia delle entrate e privati afferenti alla debenza dell’imposta sul valore aggiunto, che nulla hanno a che vedere con il compenso, la nomina, la promozione dei giudici tributari, i poteri del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, il sistema elettorale del medesimo Consiglio, le sanzioni disciplinari e la partecipazione ai collegi da parte dei giudici onorari. Peraltro, neppure si profila il pericolo di una sostanziale sottrazione delle disposizioni censurate al controllo di legittimità costituzionale, essendo agevole ipotizzare altre sedi in cui le medesime questioni potrebbero trovare una ben più pertinente ragion d’essere. Difatti, la normativa in esame potrebbe essere eventualmente sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953, nel corso di un giudizio instaurato dinanzi alla competente autorità giurisdizionale.