Processo penale - Prove - Testimonianza - Prossimi congiunti dell'imputato che siano persone offese dal reato - Obbligo di deporre, anche nell'ipotesi in cui non sia necessario per l'accertamento dei fatti - Denunciata irragionevolezza, violazione del principio della presunzione di innocenza e della tutela, anche convenzionale, del diritto al rispetto della vita familiare - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 199023).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Firenze, sez. prima pen., in composizione monocratica, in riferimento agli artt. 3, 27, secondo comma, 29 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU, dell’art. 199, comma 1, cod. proc. pen., che dispone che non possono avvalersi della facoltà di astenersi dal deporre i prossimi congiunti dell’imputato che siano offesi dal reato e che, in via subordinata, non esclude l’ipotesi in cui la deposizione non sia necessaria per l’accertamento dei fatti. La disposizione censurata pone un’eccezione non irragionevole né sproporzionata rispetto alla facoltà di astensione dei prossimi congiunti – fondata sulla regola della prevalenza delle relazioni affettive familiari sull’interesse della collettività alla punizione dei reati – e risulta coerente anche con quanto previsto per i congiunti che abbiano presentato denuncia, querela o istanza. L’obbligo di deporre previsto presuppone, infatti, che sia venuto meno, per effetto della condotta dell’imputato, il legame affettivo che sorregge la disciplina generale, e la connessa esigenza di protezione della vita familiare, e intende, inoltre, proteggere la vittima da eventuali intimidazioni. La disposizione non viola, pertanto, nemmeno il valore dell’unità familiare e il diritto, di natura convenzionale, al rispetto della vita familiare; né risulta pertinente il richiamo alla presunzione di non colpevolezza, principio che si riferisce alla posizione dell’imputato. Il petitum formulato in via subordinata si traduce, poi, nella richiesta di una pronuncia fortemente “manipolativa”, peraltro in una materia caratterizzata da un’ampia discrezionalità del legislatore quale quella processuale, e in particolare, attinente al diritto alla prova. Resta fermo che – non differenziandosi la posizione del prossimo congiunto offeso dal reato da quella ordinaria dei testimoni – nei confronti dello stesso potrà essere applicato l’art. 384, primo comma, cod. pen., ove, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, sia stato costretto a deporre il falso dalla necessità di salvare sé o l’imputato da un grave e inevitabile nocumento alla libertà. (Precedenti: S. 252/2020 - mass. 42715; S. 179/1994 - mass. 20578; S. 6/1977 - mass. 8671).