Processo penale - Giudizio abbreviato - Sentenza di condanna non appellata dall'imputato o dal suo difensore - Conseguente riduzione di un sesto della pena da parte del giudice dell'esecuzione - Possibilità, per lo stesso giudice, di concedere la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, ove la pena determinata dal giudice della cognizione fosse superiore ai limiti previsti per la loro concessione - Omessa previsione - Irragionevolezza, disparità di trattamento e violazione del principio della finalità rieducativa della pena - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 199011).
È dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione degli artt. 3, 27, terzo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, par. 1, CEDU – l’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il giudice dell’esecuzione può concedere altresì la sospensione della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando il giudice della cognizione non abbia potuto provvedervi perché la pena allora determinata era superiore ai limiti di legge che consentono la concessione di tali benefici. In attuazione del principio della finalità rieducativa della pena, il legislatore ha previsto che tutte le pene detentive determinate – all’esito dell’intero procedimento commisurativo, che tiene conto anche degli sconti di pena connessi alla scelta del rito – entro il limite dei due anni di reclusione possano essere sospese dal giudice della cognizione e possa essere applicato il beneficio della non menzione. Tale potere deve essere riconosciuto anche al giudice dell’esecuzione quando, per effetto dell’ulteriore riduzione di un sesto, prevista dalla disposizione censurata in caso di mancata impugnazione della sentenza di condanna pronunciata a seguito di giudizio abbreviato, la pena rientri nei limiti previsti per l’applicazione di uno o entrambi i benefici. Una contraria soluzione porrebbe il condannato in una posizione deteriore rispetto a tutti coloro che si avvalgano di analoghi sconti di pena, in cambio della rinuncia a proprie facoltà processuali parimenti coperte dal diritto di difesa e dai principi del giusto processo; soprattutto, essa risulterebbe distonica rispetto alle ordinarie regole di “commisurazione in senso lato” della pena e in antitesi con le finalità rieducative sottese ai benefici in esame, oltre che intrinsecamente irragionevole rispetto allo scopo deflattivo perseguito attraverso la possibilità di rinuncia all’impugnazione. (Precedenti: S. 179/2024; S. 91/2024 - mass. 46143; S. 86/2024 - mass. 46163; S. 197/2023 - mass. 45842, 45843; S. 195/2023 - mass. 45827; S. 45/2023; S. 40/2023 - mass. 45325; S. 222/2018 - mass. 40937; S. 183/2013 - mass. 37211).