Giudizio costituzionale per l'ammissibilità del referendum - Formulazione del quesito - Necessità di salvaguardare la libertà di scelta dell'elettore - Caratteri del quesito referendario: semplicità, chiarezza - Necessità di indicare la finalità oggettiva della richiesta - Divieto di uso distorto dello strumento di democrazia rappresentativa (nel caso di specie: inammissibilità della richiesta di referendum abrogativo della legge sull'autonomia differenziata, come risultante a seguito della sentenza costituzionale n. 192 del 2024, perché il quesito risulta privo di chiarezza sia quanto al suo oggetto, profondamente modificato per effetto della sentenza indicata, sia quanto alla finalità). (Classif. 116005).
Il referendum nel suo significato, prima ancora che nella sua disciplina, nella sua collocazione e nel suo valore nel sistema, consiste in una scelta, che viene meno quando la libertà di voto dell’elettore sia coartata, cosa che accade non già solo nel caso limite della violenza fisica, come in quelli, meno irreali, più subdoli e multiformi di violenza morale, ma altresì nei casi di formulazione, né semplice, né chiara.
Nelle consultazioni popolari, e perciò anche in quelle referendarie, in cui non è concepibile una risposta articolata, la nettezza della scelta postula la nettezza del quesito, la sua semplicità, cioè essenzialità, la sua chiarezza, cioè la sua inconfondibilità. (Precedenti: S. 28/1987; S. 27/1981 - mass. 9383).
Il quesito deve essere chiaro e univoco quanto al suo oggetto; chiarezza e univocità sono desumibili dalla finalità incorporata nel quesito, cioè dalla finalità obiettivamente ricavabile in base alla sua formulazione e all’incidenza del referendum sul quadro normativo di riferimento. Tutto ciò per garantire la libera e consapevole espressione del voto da parte dell’elettore, al fine di assicurare il rispetto degli artt. 1 e 48 Cost. (Precedenti: S. 59/2022 - mass. 44636; S. 49/2022 - mass. 44677; S. 28/2017 - mass. 39530; S. 17/2016 - mass. 38712; S. 24/2011 - mass. 35366).
Ai fini dell’ammissibilità occorre considerare non la finalità soggettiva dei promotori, bensì quella obiettiva della richiesta referendaria. (Precedente: S. 51/2022 - mass. 44663).
Deve evitarsi che il referendum abrogativo si trasformi in un distorto strumento di democrazia rappresentativa, mediante il quale si vengano in sostanza a proporre plebisciti o voti popolari di fiducia, nei confronti di complessive inscindibili scelte politiche dei partiti o dei gruppi organizzati che abbiano assunto e sostenuto le iniziative referendarie. (Precedenti: S. 56/2022 - mass. 44684; S. 16/1978).
Quando il quesito non risulti contrassegnato dalla semplicità, chiarezza e coerenza, è illusorio credere che la campagna referendaria valga a rendere veramente e pienamente semplice quello che è complesso, chiaro quello che è oscuro, coerente quello che è contraddittorio. Infatti, la possibilità di scelta degli elettori può apparire fittizia, non essendo in realtà ad essi data altra possibilità di scelta, che o esprimere un voto non genuino, o scegliere di non scegliere (Precedenti: S. 49/2022 - mass. 44677; S. 26/1987 - mass. 4036; S. 27/1981 - mass. 9383).
(Nel caso di specie, è dichiarata inammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione della legge n. 86 del 2024, come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024, richiesta dichiarata conforme a legge, con ordinanza pronunciata il 12 dicembre 2024, dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione. L’oggetto originario della richiesta referendaria era costituito dalla legge n. 86 del 2024, il cui impianto è stato profondamente modificato dalla sentenza costituzionale n. 192 del 2024, con interventi di tipo caducatorio, sostitutivo e additivo, nonché con decisioni interpretative di rigetto. Benché la legge n. 86 del 2024 non abbia natura tributaria e neppure possa essere ricompresa nella categoria delle leggi di bilancio nonché vada escluso che essa sia costituzionalmente necessaria od obbligatoria ai fini dell’attuazione dell’art. 116, terzo comma, Cost., tuttavia la richiesta referendaria volta alla sua abrogazione totale presenta caratteri peculiari, a seguito della indicata sentenza n. 192 del 2024. A fronte di questo intervento, se l’Ufficio centrale presso la Corte di cassazione ha ritenuto che, nonostante il massiccio effetto demolitorio determinato dalla pronuncia, fosse ancora vigente un fondo regolativo idoneo a concretare la permanenza della materia referendaria, ciò non costituisce condizione altrettanto sufficiente a consentire l’ammissibilità del referendum, quanto alla possibilità di esprimere un voto libero e consapevole. Il quesito infatti si dimostra – sotto il profilo sostanziale – privo di chiarezza quanto al suo oggetto, in quanto la sentenza n. 192 del 2024 – stabilendo che l’attribuzione di ulteriore autonomia alle regioni debba riguardare specifiche funzioni e non materie o ambiti di materie e che la richiesta di funzioni debba essere adeguatamente motivata dalle regioni; censurando sia la delega legislativa per la determinazione dei LEP sulla base di “nuovi” criteri non specificati, sia i criteri vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge; incidendo sulla definizione delle materie “no-LEP” – ha eliminato gran parte del disposto normativo di cui alla legge n. 86 del 2024, incisa nella sua architettura essenziale, lasciando in vita un contenuto minimo di difficile individuazione e ciò si riflette sulla comprensibilità del quesito da parte del corpo elettorale, oltreché sul fine ultimo, o ratio, della stessa richiesta referendaria. Pertanto risulta obiettivamente oscuro per l’elettore l’oggetto del quesito, sostanzialmente non decifrabile e privo di chiarezza quanto alla sua finalità, con il rischio che esso si risolva in altro: nel far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza costituzionale, ma a favore o contro il regionalismo differenziato, distorcendo l’uso corretto – e ragionevole – di questo importante strumento di democrazia. Se si ammettesse la richiesta in esame, si avrebbe una radicale polarizzazione identitaria sull’autonomia differenziata come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, Cost., che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo di revisione costituzionale).