Referendum - Referendum abrogativo - Lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 presso datori di lavoro di "piccole" dimensioni - Indennità da licenziamento illegittimo - Finalità della richiesta referendaria - Abrogazione del tetto massimo all'indennità indicata, pari a sei mensilità, maggiorabile fino a quattordici - Assenza delle cause di inammissibilità previste dall'art. 75 Cost. e di profili attinenti a disposizioni a contenuto costituzionalmente obbligato - Omogeneità, chiarezza e univocità del quesito - Disciplina di risulta non estranea all'originario contesto normativo (e applicabile in base al prudente apprezzamento del giudice, senza il vincolo del tetto massimo oggetto del quesito e secondo i criteri già vigenti) - Ammissibilità della richiesta. (Classif. 214002).
È dichiarata ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dell’art. 8 della legge n. 604 del 1966, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge n. 108 del 1990, limitatamente alle parole: «compreso tra un», alle parole «ed un massimo di 6» e alle parole «La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro», richiesta dichiarata conforme a legge dall’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 12 dicembre 2024. Innanzi tutto, il quesito referendario, pur inerente a una materia oggetto di interventi normativi stratificati, ha il chiaro obiettivo di incidere sulla fissazione del tetto massimo della liquidazione dell’indennità da licenziamento illegittimo – pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, maggiorabile fino a quattordici –, che, nella sua attuale vigenza – espressamente confermata, come rilevato dall’Ufficio centrale, dal combinato disposto tra l’art. 1, comma 1, e l’Allegato 1 del d.lgs. n. 179 del 2009 –, riguarda esclusivamente i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 presso datori di lavoro di “piccole” dimensioni, di cui all’art. 18, ottavo comma, della legge n. 300 del 1970. Il quesito, poi, è estraneo alle materie precluse all’istituto referendario dall’art. 75 Cost. e non presenta profili attinenti a disposizioni a contenuto costituzionalmente obbligato e conduce l’elettore a una scelta chiara, univoca e omogenea; ricorre alla tecnica del ritaglio sulle parole senza causare uno stravolgimento dell’originaria ratio e della struttura della disposizione e senza comportare l’introduzione di una nuova statuizione estranea all’originario contesto normativo, per cui viene posta una alternativa precisa, tra mantenere ferma l’attuale disciplina ovvero depurarla seccamente del profilo anzidetto, lasciando inalterate le ulteriori previsioni. La normativa di risulta, in questo senso, comporterebbe, per la categoria di lavoratori interessata, il mantenimento della soglia minima (pari a 2,5 mensilità) e consentirebbe una liquidazione affidata al prudente apprezzamento del giudice che, nel quantificare un ristoro equo e dotato di un congruo effetto deterrente, non troverebbe più l’ostacolo dell’attuale limite massimo. Infine, la determinazione dell’indennità rimane comunque legata all’applicazione dei criteri indicati dallo stesso art. 8 della legge n. 604 del 1966, non incisi dal quesito, che si riferiscono «al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti». (Precedenti: S. 44/2024; S. 7/2024; S. 183/2022; S. 60/2022 - mass. 44667; S. 27/2017 - mass. 39526; S. 26/2017 - mass. 39549-39550; S. 46/2003 - mass. 27564; S. 50/2000 - mass. 25167; S. 38/2000 - mass. 25171; S. 36/1997 - mass. 23115).