Processo penale - Processo minorile - Definizione anticipata del procedimento tramite percorso di rieducazione - Disciplina dell'istituto, introdotto con novella del 2023 - Termine del deposito del programma rieducativo, asseritamente ritenuto perentorio - Ruolo dei servizi minorili - Asserita impossibilità per il giudice di utilizzare gli ordinari strumenti istruttori per un adeguato approfondimento informativo - Denunciata irragionevolezza e violazione dei principi a tutela del minore - Esclusione alla stregua di interpretazione costituzionalmente adeguata - Non fondatezza delle questioni, nei sensi di cui in motivazione. (Classif. 199030).
Sono dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale – sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 31, secondo comma, Cost., dal GIP del Tribunale per i minorenni di Trento – dell’art. 27-bis del d.P.R. n. 448 del 1988, inserito dall’art. 8, comma 1, lett. b), del d.l. n. 123 del 2023, come convertito, che disciplina l’istituto della definizione anticipata del procedimento tramite percorso di rieducazione. Per gli aspetti diversi dalla composizione del giudice investito della procedura, già oggetto di pronuncia sostitutiva, la norma censurata si presta ad una interpretazione costituzionalmente orientata alla luce del principio di protezione della gioventù, il quale richiede innanzitutto il sostegno continuo dei servizi minorili e il loro coinvolgimento obbligatorio nella redazione del programma e nello svolgimento della prova, fino alla redazione di una relazione finale da trasmettere al giudice. La proposta del PM di ammissione al percorso – che costituisce atto di esercizio dell’azione penale per effetto della devoluzione al GUP della relativa decisione – può intervenire solo quando sia sufficientemente definito, oltre al fatto-reato, anche il quadro esistenziale del minore, quando cioè sia possibile valutare non solo che i fatti non rivestono particolare gravità, ma anche che non sia possibile chiedere il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto; giudice e PM possono avvalersi dei mezzi conoscitivi di cui agli artt. 6 e 9 dello stesso d.P.R., a ciò non ostando la clausola di invarianza finanziaria prevista dal d.l. n. 123 del 2023; ancora, il termine di sessanta giorni per il deposito del programma deve intendersi come ordinatorio, quindi prorogabile dal giudice per giustificate ragioni; inoltre, non è precluso al giudice integrare o modificare il programma, purché consulti le parti e i servizi minorili, come previsto per la prova minorile ordinaria; infine, oltre ad attività di lavoro, la prova può avere ad oggetto anche attività di carattere socio-relazionale, e gli stessi eventuali impegni lavorativi non devono compromettere i percorsi scolastico-educativi in atto. Così interpretata, la norma censurata si sottrae alla richiesta di ablazione radicale, anche in ragione del fatto che il nuovo istituto, per come modificato in sede di conversione del citato d.l., non preclude ulteriori percorsi procedimentali, inclusa la messa alla prova ordinaria.