Straniero - Politiche sociali - Reddito di cittadinanza - Requisiti, in vigenza della normativa poi abrogata - Residenza in Italia «per almeno dieci anni», anziché «per almeno cinque anni» - Denunciata violazione dei parametri europei - Difetto di motivazione - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 245005).
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.l. n. 4 del 2019, come conv., sollevate dalla Corte d’appello di Milano, sez. lavoro, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. in relazione agli artt. 34 CDFUE, e 7, par. 2, del regolamento n. 2011/492/UE. Quanto alla disposizione della Carta, il rimettente si limita a menzionarla, affermandone la violazione, ma senza fornire alcun argomento diretto, in particolare, a illustrarne il presupposto di applicabilità, cioè la circostanza che le norme sul reddito di cittadinanza rappresentino attuazione del diritto dell’Unione. Quanto alla censura basata sulla violazione dell’art. 7, par. 2, del regolamento n. 2011/492/UE, essa sconta una carente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, perché l’ordinanza non contiene indicazioni sufficienti ad una corretta sua ricostruzione, necessaria al fine di valutare tanto la rilevanza della questione di legittimità costituzionale, quanto la non manifesta infondatezza della stessa, né fornisce argomenti sulla possibilità di qualificare il Rdc come vantaggio sociale, di cui il lavoratore cittadino di un altro Stato membro deve godere al pari del lavoratore nazionale ai sensi del richiamato art. 7, par. 2. (Precedente: S. 19/2022 - mass. 44526).