Reati e pene - In genere - Reati contro la pubblica amministrazione - Abuso d'ufficio - Fattispecie di chiusura, caratterizzata da congenita discrezionalità - Necessità di bilanciare le istanze legalitarie con l'autonomia dei pubblici amministratori. (Classif. 210001).
La figura criminosa dell'abuso d'ufficio, assolvendo una funzione "di chiusura" del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, rappresenta il punto saliente di emersione della spigolosa tematica del sindacato del giudice penale sull'attività amministrativa, percorsa da una perenne tensione tra istanze legalitarie, che spingono verso un controllo a tutto tondo, atto a fungere da freno alla mala gestio della cosa pubblica, e l'esigenza di evitare un'ingerenza pervasiva del giudice penale sull'operato dei pubblici amministratori, lesiva della sfera di autonomia ad essi spettante. Al tempo stesso, si tratta di fattispecie caratterizzata da congeniti margini di elasticità, generatori di persistenti problemi di compatibilità con il principio di determinatezza.
(Nel caso di specie, sono dichiarate in parte non fondate e in parte inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal GUP del Tribunale di Catanzaro in riferimento all'art. 3, 77 e 97 Cost., dell'art. 23, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, come conv., che ha modificato la disciplina del reato di abuso d'ufficio, sostituendo, nell'art. 323 cod. pen., la locuzione - riferita alla violazione integrativa del reato - «di norme di legge o di regolamento» con l'altra, più restrittiva, «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità»).