Sentenza 8/2022 (ECLI:IT:COST:2022:8)
Massima numero 44474
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente CORAGGIO  - Redattore MODUGNO
Udienza Pubblica del  25/11/2021;  Decisione del  25/11/2021
Deposito del 18/01/2022; Pubblicazione in G. U. 19/01/2022
Massime associate alla pronuncia:  44470  44471  44472  44473


Titolo
Pronunce della Corte costituzionale - Pronunce di accoglimento - Illegittimità costituzionale di norme penali di favore - Effetto in malam partem della pronuncia, effetto della riespansione della norma generale - Ammissibilità - Condizioni - Vizi formali o di incompetenza dell'atto o dell'organo che lo ha adottato - Impossibilità, al di fuori di queste ipotesi, di un intervento in mala partem della Corte costituzionale, stante il principio della riserva di legge (nel caso di specie: inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale avente ad oggetto le modifiche, in senso restrittivo, della disciplina del reato di abuso d'ufficio). (Classif. 204003).

Testo

La preclusione delle pronunce in malam partem non viene in considerazione quando si discuta di vizi formali o di incompetenza, relativi, cioè, al procedimento di formazione dell'atto legislativo e alla legittimazione dell'organo che lo ha adottato. Se l'esclusione delle pronunce in malam partem mira a salvaguardare il monopolio del soggetto-Parlamento sulle scelte di criminalizzazione, sarebbe illogico che detta preclusione possa scaturire da interventi normativi operati da soggetti non legittimati, i quali pretendano di "neutralizzare" le scelte effettuate da chi detiene quel monopolio - quale il Governo, che si serva dello strumento del decreto legislativo senza il supporto della legge di delegazione, o le Regioni, che legiferino indebitamente in materia penale, loro preclusa; ovvero che possa derivare da interventi normativi operati senza il rispetto del corretto iter procedurale, che pure assume una specifica valenza garantistica nella cornice della riserva di legge. (Precedenti: S. 189/2019 - mass. 42791; S. 46/2014 - mass. 37770; S. 5/2014 - mass. 37591).


È consentito alla Corte costituzionale scrutinare nel merito, malgrado i possibili effetti in malam partem conseguenti al loro accoglimento, non solo questioni volte a censurare l'inserimento in sede di conversione di norme penali "intruse", prive cioè di ogni collegamento logico-giuridico con il testo originario del decreto-legge convertito (operazione che menoma indebitamente il dibattito parlamentare, comprimendolo all'interno dei tempi contingentati correlati alla breve "vita provvisoria" dell'atto normativo del Governo); ma anche, e prima ancora, questioni intese a denunciare la carenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, ai quali è subordinata l'eccezionale legittimazione del Governo ad adottare atti con forza di legge in assenza di delegazione parlamentare. (Precedenti: S. 32/2014 - mass. 37670; S. 330/1996 - mass. 22883; O. 90/1997 - mass. 23164: O. 432/1996 - mass. 23083).


Per norme penali di favore debbono intendersi quelle che stabiliscano, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico più favorevole di quello che risulterebbe dall'applicazione di norme generali o comuni compresenti nell'ordinamento. L'effetto in malam partem conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di tali norme non vulnera la riserva al legislatore sulle scelte di criminalizzazione, rappresentando una conseguenza dell'automatica riespansione della norma generale o comune, dettata dallo stesso legislatore, al caso già oggetto di ingiustificata disciplina derogatoria. (Precedenti: S. 394/2006 - mass. 30839; S. 155/2019 - mass. 41418; S. 57/2009 - mass. 33206; S. 324/2008 - mass. 32804; O. 413/2008 - mass. 33040).


La qualificazione come norma penale di favore non può essere fatta discendere dal raffronto tra una norma vigente e una norma anteriore, sostituita dalla prima con effetti di restringimento dell'area di rilevanza penale. In tal caso, la richiesta di sindacato in malam partem non mira a far riespandere una norma tuttora presente nell'ordinamento, ma a ripristinare la norma abrogata, espressiva di una scelta di criminalizzazione non più attuale: operazione preclusa alla Corte. (Precedenti: S. 37/2019 - mass. 41546; S. 57/2009 - mass. 33206; S. 324/2008 - mass. 32801; O. 282/2019 - mass. 40954; O. 413/2008 - mass. 33040; O. 175/2001 - mass. 26276).


Una censura di illegittimità costituzionale non può basarsi sul pregiudizio che la formulazione, in assunto troppo restrittiva, di una norma incriminatrice, recherebbe a valori di rilievo costituzionale. Le esigenze costituzionali di tutela non si esauriscono, infatti, nella tutela penale, ben potendo essere soddisfatte con altri precetti e sanzioni: l'incriminazione costituisce anzi un'extrema ratio, cui il legislatore ricorre quando, nel suo discrezionale apprezzamento, lo ritenga necessario per l'assenza o l'inadeguatezza di altri mezzi di tutela. (Precedenti: S. 37/2019 - mass. 41546; S. 273/2010 - mass. 34893; S. 447/1998 - mass. 24351; O. 317/1996 - mass. 22968).


In linea di principio, non può tradursi in una questione di legittimità costituzionale della norma incriminatrice il rilievo che altre condotte, diverse da quelle individuate come fatti di reato dal legislatore, avrebbero dovuto essere a loro volta incriminate per ragioni di parità di trattamento o in nome di esigenze di ragionevolezza. La mancanza della base legale - costituzionalmente necessaria - dell'incriminazione, cioè della scelta legislativa di considerare certe condotte come penalmente perseguibili, preclude radicalmente la possibilità di prospettare una estensione ad esse delle fattispecie incriminatrici attraverso una pronuncia di illegittimità costituzionale. (Precedente: S. 447/1998 - mass. 24351).


Ove pure, in ipotesi, la norma incriminatrice censurata (non qualificabile come norma penale di favore) determinasse intollerabili disparità di trattamento o esiti irragionevoli, il riequilibrio potrebbe essere operato dalla Corte costituzionale solo "verso il basso" (ossia in bonam partem): non già in malam partem, e in particolare tramite interventi dilatativi del perimetro di rilevanza penale. (Precedenti: S. 411/1995 - mass. 22493; O. 437/2006 - mass. 30878; O. 580/2000 - mass. 25972).


L'adozione di pronunce con effetti in malam partem in materia penale risulta, in via generale, preclusa dal principio della riserva di legge sancito dall'art. 25, secondo comma, Cost., il quale, rimettendo al soggetto-Parlamento, che incarna la rappresentanza politica della Nazione, le scelte di politica criminale (con i relativi delicati bilanciamenti di diritti e interessi contrapposti), impedisce alla Corte costituzionale sia di creare nuove fattispecie o di estendere quelle esistenti a casi non previsti, sia di incidere in peius sulla risposta punitiva o su aspetti inerenti, comunque sia, alla punibilità. (Precedenti: S. 17/2021- mass. 43462; S. 46/2014 - mass. 37770; S. 5/2014 - mass.37591; S. 324/2008 - mass. 32803; S. 161/2004 - mass. 28492; O. 219/2020 - mass. 42827; O. 65/2008 - mass. 32209; O. 164/2007 - mass. 31286).


(Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, come conv., sollevate dal GUP del Tribunale di Catanzaro in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., che ha modificato la disciplina del reato di abuso d'ufficio, sostituendo, nell'art. 323 del codice penale, la locuzione - riferita alla violazione integrativa del reato - «di norme di legge o di regolamento» con l'altra, più restrittiva, «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Il giudice a quo invoca una pronuncia ablativa della modifica operata dalla norma censurata, che avrebbe come effetto la reviviscenza della precedente norma incriminatrice dell'abuso d'ufficio, dal perimetro applicativo più vasto. Si tratta, dunque, inequivocabilmente, della richiesta di una sentenza in malam partem in materia penale. La norma censurata, infatti, richiedendo che le regole siano espressamente previste dalla legge e tali da non lasciare margini di discrezionalità, nega rilievo al compimento di atti viziati da eccesso di potere, con conseguenti effetti di abolitio criminis parziale - specie nel raffronto con la "norma vivente" come disegnata dalle interpretazioni giurisprudenziali -, operanti, come tali, ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen., anche in rapporto ai fatti anteriormente commessi).



Atti oggetto del giudizio

decreto-legge  16/07/2020  n. 76  art. 23  co. 1

legge  11/09/2020  n. 120  art.   co. 

codice penale    n.   art. 323  co. 

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 3

Costituzione  art. 97

Altri parametri e norme interposte