Misure di sicurezza - In genere - Ricovero provvisorio presso una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) - Misura rientrante a pieno titolo fra i «servizi relativi alla giustizia» - Necessità di forme di adeguato coinvolgimento del Ministro della giustizia, in omaggio alle sue attribuzioni costituzionali - Necessità di applicare all'intera disciplina il principio della riserva di legge - Omessa previsione - Inidoneità dell'intervento ablativo invocato rispetto all'obiettivo perseguito - Urgente necessità di una complessiva riforma di sistema, secondo criteri determinati - Intollerabilità dell'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 157001).
Una misura di sicurezza, come l'assegnazione in una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), disposta dal giudice penale in seguito alla commissione di un reato da parte dell'interessato, sulla cui esecuzione è chiamato a sovraintendere il magistrato di sorveglianza, rientra a pieno titolo - non meno di quanto avviene per la pena - tra i «servizi relativi alla giustizia», e in particolare della giustizia penale, sulla cui organizzazione e funzionamento il Ministro della giustizia esercita una competenza fondata direttamente sull'art. 110 Cost.
(Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal GIP del Tribunale di Tivoli, in riferimento agli artt. 2, 3, 25, 27, 32 e 110 Cost. - dell'art. 3-ter del d.l. n. 211 del 2011, come conv., nel testo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a, del d.l. n. 52 del 2014, come conv., nella parte in cui, attribuendo l'esecuzione del ricovero provvisorio presso una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza - REMS - alle Regioni ed agli organi amministrativi da esse coordinati e vigilati, esclude la competenza del Ministro della giustizia in relazione all'esecuzione di detta misura; nonché, nella parte in cui consente l'adozione con atti amministrativi di disposizioni generali in materia di misure di sicurezza in violazione della riserva di legge in materia. L'attuale disciplina di assegnazione alle REMS contrasta con la riserva assoluta di legge in materia di misure di sicurezza e di trattamenti sanitari obbligatori, in quanto i «modi» di esecuzione della misura restano pressoché esclusivamente affidati a fonti subordinate e accordi tra il Governo e le autonomie territoriali. Gli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost. esigono, in particolare, che il legislatore stabilisca - in chiave di extrema ratio ed entro i limiti della proporzionalità rispetto alle necessità terapeutiche e del rispetto della dignità della persona - se e in che misura sia legittimo l'uso della contenzione, ed eventualmente quali ne siano le modalità di esecuzione; inoltre, la legge non può non farsi carico della necessità di disciplinare in modo chiaro, e uniforme sul territorio, il ruolo e i poteri della magistratura di sorveglianza rispetto al trattamento degli internati e ai loro strumenti di tutela giurisdizionale nei confronti delle relative amministrazioni. Il diffuso e significativo ritardo nell'esecuzione dei provvedimenti con il formarsi di lunghe liste di attesa - denunciato dal rimettente e confermato dall'istruttoria esperita - evidenzia inoltre un difetto sistemico di effettività nella tutela dell'intero fascio di diritti fondamentali - delle potenziali vittime di persone socialmente pericolose, e della salute di queste ultime - che l'assegnazione a una REMS mira a tutelare ed esige di essere affrontato con ogni strategia opportuna, compreso l'esercizio degli ordinari poteri sostitutivi da parte del Governo. Né è conforme all'art. 110 Cost. una disciplina che, come quella censurata, non attribuisca alcun ruolo in materia di collocazione in una REMS - misura di sicurezza disposta dal giudice penale, ancorché fortemente caratterizzata in senso terapeutico - al Ministro della giustizia, affidandone l'esclusiva gestione ai sistemi sanitari regionali. Tuttavia, una pronuncia che restituisca al Ministro della giustizia una competenza nel processo di individuazione di una REMS sarebbe palesemente inidonea a garantire l'obiettivo avuto di mira dal rimettente (la tempestiva collocazione dell'internando in una REMS); mentre una dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata determinerebbe l'integrale caducazione del sistema delle REMS e produrrebbe non solo un intollerabile vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, ma anche un risultato opposto a quello auspicato. Emerge tuttavia l'urgente necessità di una complessiva riforma di sistema - rispetto alla quale non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa - che assicuri: un'adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza; la realizzazione e il buon funzionamento, sull'intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo potenziamento delle strutture in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle di tutela della collettività; forme di adeguato coinvolgimento del Ministro della giustizia nell'attività di coordinamento e monitoraggio delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale attivabili nel quadro della libertà vigilata, nonché nella programmazione del fabbisogno finanziario). (Precedenti: S. 32/2021 - mass. 43621; S. 21/2020 - mass. 41450; S. 239/2019 - mass. 41414; S. 280/2016 - mass. 39359; S. 279/2013 - mass. 37470).