Sentenza 44/2025 (ECLI:IT:COST:2025:44)
Massima numero 46704
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMOROSO  - Redattore PITRUZZELLA
Udienza Pubblica del  25/02/2025;  Decisione del  25/02/2025
Deposito del 15/04/2025; Pubblicazione in G. U. 16/04/2025
Massime associate alla pronuncia:  46700  46701  46702  46703


Titolo
Manifestazione del pensiero (libertà di) - In genere - Valore centrale dell'ordinamento democratico - Tutela - Necessità di salvaguardare sia il pluralismo interno al singolo mezzo di informazione, sia quello esterno, relativo alla libertà di accesso al sistema della comunicazione - Necessità, a seguito delle trasformazioni dovute all'accesso alla rete e all'uso dei social, di garantire la qualità dell'informazione - Necessità, a tale scopo, di sostegni pubblici all'editoria - Esclusione (nel caso di specie: non fondatezza della novella in materia di contributi pubblici alle emittenti televisive e radiofoniche locali che, mediante novazione della fonte e sua interpretazione autentica, introduzione il c.d. "scalino preferenziale" a favore dei una quota degli operatori in graduatoria). (Classif. 149001).

Testo

Il pluralismo dell’informazione, valore centrale in un ordinamento democratico, va ricondotto all’art. 21 Cost. e allo stesso carattere democratico della Repubblica. Ciò in quanto l’informazione, nei suoi risvolti attivi e passivi (libertà di informare e diritto ad essere informati) esprime una condizione preliminare (o un presupposto insopprimibile) per l’attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico. (Precedenti: S. 348/1990 - mass. 15888; S. 826/1988 - mass. 11979).

Il pluralismo interno indica l’apertura del singolo mezzo d’informazione – pubblico o privato – alle varie voci presenti nella società, quello esterno l’esistenza nel mercato dell’informazione di una pluralità di voci concorrenti. Il pluralismo esterno, in particolare, nel settore radiotelevisivo, richiede la possibilità di ingresso, nell’ambito dell’emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità nell’emittenza privata – perché il pluralismo esterno sia effettivo e non meramente fittizio – che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati a causa dei processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi e senza essere menomati nella loro autonomia. (Precedenti: S. 420/1994 - mass. 21326; S. 826/1988 - mass. 11979).

La tutela del pluralismo esterno sicuramente richiede la creazione di condizioni di libero accesso al mercato, oltre che una regolamentazione atta ad evitare il fenomeno delle concentrazioni. (Precedenti: S. 155/2002 - mass. 26962; S. 112/1993 - mass. 19514; S. 226/1974 - mass. 7419; S. 202/1976 - mass. 8513).

Le trasformazioni nel campo dell’informazioni – quali la decentralizzazione della produzione di informazioni; la moltiplicazione, specie in ambito locale, dei siti di informazione; la diffusione dei contenuti prodotti dai media tradizionali; l’accesso della maggior parte delle persone all’informazione attraverso la rete – plasmano l’attuale significato del pluralismo dell’informazione e, conseguentemente, la declinazione delle concrete modalità della sua tutela, che vanno sempre raccordate allo specifico contesto in cui l’informazione si situa. In tale contesto, l’attuale sfida dell’informazione non riguarda tanto la ulteriore moltiplicazione delle già numerose voci che si fanno sentire nella sfera pubblica, quanto la salvaguardia della qualità dell’informazione medesima, considerando che la ricchezza di informazioni e di punti di vista alternativi, soprattutto in assenza dei controlli editoriali che caratterizzano l’operato dei media tradizionali, consente sulla rete la diffusione di informazioni false, discorsi d’odio, affermazioni non verificate e opinioni polarizzate. Affinché sia tutelato questo diritto, in un ambiente in cui sono prodotte e distribuite quantità enormi di informazioni, che espongono il cittadino a un vero e proprio sovraccarico mediatico, occorre tutelare e promuovere la qualità della comunicazione, ad esempio dando risalto alla funzione dei giornalisti operanti entro strutture dotate di una consistenza organizzativa e tecnologica tale da permettere il vaglio critico delle notizie, le inchieste e le analisi.

Il rilievo costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero non comporta che esista in via generale un diritto soggettivo delle imprese editrici a misure di sostegno dell’editoria, cosicché la garanzia del pur fondamentale diritto in questione non impone l’intervento finanziario dello Stato. Se, dunque, il legislatore ha la facoltà di stanziare fondi in favore degli utenti per l’acquisto di strumenti tecnici destinati a favorire il pluralismo informativo, non ha l’obbligo di adottare misure di sostegno in favore delle emittenti televisive sganciate da criteri volti a favorire la qualità dell’informazione. (Precedenti: S. 206/2019 - mass. 42749; S. 151/2005 - mass. 29337).

(Nel caso di specie: sono chiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di Stato, sez. sesta, in riferimento agli artt. 2, 3, 21, 24, 41, 77, 103, 111, primo e secondo comma, 113 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6, 10 e 14 CEDU, dell’art. 4-bis del d.l. n. 91 del 2018, come conv., e dell’art. 13, comma 1-bis, del d.l. n. 145 del 2023, come conv., che ineriscono alla disciplina dei contributi pubblici in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali. Il censurato art. 4-bis, modificando l’art. 4, comma 2, ultimo periodo, del d.P.R. n. 146 del 2017, relativo ai criteri di ammissione alla contribuzione delle emittenti radiofoniche locali, opera una novazione integrale del d.P.R.; il censurato art. 13, comma 1-bis, dal canto suo, dispone che il cennato art. 4-bis si interpreta nel senso che il rinvio integrale al menzionato d.P.R. ha inteso attribuire valore di legge a tutte le disposizioni ivi contenute a decorrere dalla sua entrata in vigore. La novazione apportata dalla prima delle norme censurate si ricava dal dato testuale, ed ha il fine di evitare un “ircocervo giuridico”, ossia un testo regolamentare recante, all’interno di una sua disposizione, un “frammento” normativo primario. Quanto all’art. 13, comma 1-bis, del d.l. n. 145 del 2023, come conv., esso contiene una norma di interpretazione autentica, dal momento che risolve il dubbio ingenerato dall’art. 4-bis interpretato, ossia che questo abbia fatto assumere valore e forza di legge da parte delle norme recate dal d.P.R. n. 146 del 2017 tout court e non con riferimento alla sola annualità 2019. Non è pertanto fondata la censura di violazione dell’art. 77 Cost. da parte dell’art. 4-bis, poiché esso, contenuto nel d.l. n. 91 del 2018, come conv., decreto “mille-proroghe”, ha il fine della proroga di un termine e l’estensione di un regime transitorio, per spostare nel tempo un determinato assetto regolatorio, in modo dunque non disomogeneo rispetto alla ratio dominante del decreto-legge in questione; né viola l’art. 77 Cost. l’art. 13, comma 1-bis, che, prendendo posizione sulla natura primaria della fonte che regola un sistema di contribuzione pubblica sulla base di criteri volti a favorire la qualità dell’informazione e la capacità delle imprese del settore di investire anche in nuove tecnologie e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, non può considerarsi del tutto estraneo rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge. Il fatto poi che la novazione della fonte sia avvenuta non già ad opera dell’art. 13, comma 1-bis, ma dell’art. 4-bis, ossia quando la norma regolamentare non era stata ancora annullata in via giurisdizionale dal Consiglio di Stato, non produce alcun contrasto con il giudicato formatosi su tali sentenze di annullamento, cosicché neppure sono violati gli artt. 3, 24, 103, 111, commi primo e secondo, e 113 Cost.; né sussiste la violazione, ad opera di entrambe le disposizioni censurate, degli artt. 3, 111, primo e secondo comma , e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, perché il legislatore, interpretando una norma a oltre cinque anni dalla sua entrata in vigore, avrebbe condizionato i giudizi in corso, sia perché l’art. 4-bis non ha natura retroattiva, sia perché l’art. 13, comma 1-bis impone all’interprete un senso della disposizione interpretata che appare certamente il più plausibile, in un contesto in cui il dubbio interpretativo e la presenza di un quadro giurisprudenziale non definito escludono la sussistenza di un affidamento qualificato delle parti sull’interpretazione contraria a quella prescelta dalla norma interpretativa. Non è fondata neppure la questione sollevata in via subordinata, riferita alla violazione del principio del pluralismo informativo, perché le disposizioni censurate prevedono uno scalino preferenziale a vantaggio dei primi cento classificati, cui viene destinata la quasi totalità della contribuzione. Tale meccanismo si iscrive in (e partecipa di) una complessiva logica, sottesa all’intero corpo regolamentare divenuto fonte primaria in forza della novazione indicata, che non irragionevolmente è volta a tutelare il nuovo volto del pluralismo dell’informazione – caratterizzato non da penuria di emittenti televisive, ma, al contrario, da una loro abbondanza, dovuta non solo alla non particolare onerosità degli investimenti per la loro attivazione, ma anche e soprattutto alla moltitudine dei canali garantita dalla tecnologia digitale –, mirando a superare la logica del mero sostentamento economico delle numerose emittenti televisive locali e puntando, piuttosto, al miglioramento della qualità dell’informazione e all’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative, oltre che al sostegno dell’occupazione delle imprese economicamente stabili e capaci di affrontare il mercato. Neanche è fondata la questione con riferimento alla dedotta violazione del principio della concorrenza, perché il meccanismo dello scalino preferenziale, di per sé, non incide irragionevolmente su esso, in primo luogo perché, ove il legislatore avesse deciso di attribuire le risorse esclusivamente ai primi cento graduati, ciò avrebbe risposto ad una logica implicita in qualsiasi procedura concorsuale. Infine, non necessariamente le emittenti collocatesi dopo la centesima posizione e a ridosso della medesima sono destinate a beneficiare di un contributo sensibilmente inferiore a quelle che si collocano alla centesima posizione o immediatamente prima). (Precedenti: S. 184/2024 - mass. 46419; S. 146/2024 - mass. 46357; S. 113/2023 - mass. 45571; S. 22/2012 - mass. 36070).



Atti oggetto del giudizio

decreto-legge  25/07/2018  n. 91  art. 4  co. 

legge  21/09/2018  n. 108  art.   co. 

decreto del Presidente della Repubblica  23/08/2017  n. 146  art. 4  co. 2

decreto del Presidente della Repubblica  23/08/2017  n. 146  art. 6  co. 2

decreto-legge  18/10/2023  n. 145  art. 13  co. 1

legge  15/12/2023  n. 191  art.   co. 

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 2

Costituzione  art. 3

Costituzione  art. 21

Costituzione  art. 24

Costituzione  art. 41

Costituzione  art. 77

Costituzione  art. 103

Costituzione  art. 111  co. 1

Costituzione  art. 111  co. 2

Costituzione  art. 113

Costituzione  art. 117  co. 1

Altri parametri e norme interposte

Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali    n.   art. 6  

Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali    n.   art. 10  

Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali    n.   art. 14