Diritti inviolabili o fondamentali - In genere - Diritto alla vita - Posizione privilegiata nell'ordinamento - Matrice di ogni altro diritto a tutela della persona, anziché di interessi collettivi - Prevalenza sulla libertà di autodeterminazione - Conseguente esclusione, al suo interno, del diritto a ottenere un aiuto a morire - Necessità di una lettura costituzionalmente orientata dell'omicidio del consenziente (art. 579 cod. pen.). (Classif. 081001).
Il diritto alla vita, riconosciuto implicitamente dall'art. 2 Cost., nonché, in modo esplicito, dall'art. 2 CEDU, è il primo dei diritti inviolabili dell'uomo, cioè di quei diritti che occupano nell'ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. Esso concorre a costituire la matrice prima di ogni altro diritto, costituzionalmente protetto della persona, e da esso discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello - diametralmente opposto - di riconoscere all'individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire. (Precedenti: S. 242/2019 - mass. 40813; S. 35/1997 - mass. 23114; S. 238/1996; S. 223/1996 - mass. 22959).
Il cardinale rilievo del valore della vita, se non può tradursi in un dovere di vivere a tutti i costi, neppure consente una disciplina delle scelte di fine vita che, in nome di una concezione astratta dell'autonomia individuale, ignori le condizioni concrete di disagio o di abbandono nelle quali, spesso, simili decisioni vengono concepite. Quando viene in rilievo il bene della vita umana, dunque, la libertà di autodeterminazione non può mai prevalere incondizionatamente sulle ragioni di tutela del medesimo bene, risultando, al contrario, sempre costituzionalmente necessario un bilanciamento che assicuri una sua tutela minima. (Precedente: O. 207/2018 - mass. 41525).
L'art. 579 cod. pen., che configura il delitto di omicidio del consenziente, erige una "cintura di protezione" indiretta rispetto all'attuazione di decisioni in danno autore dell'atto abdicativo, inibendo, comunque sia, ai terzi di cooperarvi, sotto minaccia di sanzione penale, seppure configurato come fattispecie autonoma di reato, punita con pena più mite di quella prevista in via generale per il delitto di omicidio, in ragione del ritenuto minor disvalore del fatto.
Se è ben vero che il legislatore del 1930, mediante la norma incriminatrice di cui all'art. 579 cod. pen., intendeva tutelare la vita umana intesa come bene indisponibile anche in funzione dell'interesse che lo Stato riponeva nella conservazione della vita dei propri cittadini, non è però affatto arduo cogliere, oggi, la ratio di tutela della norma alla luce del mutato quadro costituzionale, che guarda alla persona umana come a un valore in sé, e non come a un semplice mezzo per il soddisfacimento di interessi collettivi. (O. 207/2018).