Giudizio costituzionale per l'ammissibilità del referendum - Controllo di ammissibilità - Normativa di risulta - Valutazione della Corte costituzionale - Condizione - Grave contraddittorietà rispetto al fine dell'iniziativa referendaria, che pregiudica la scelta libera e consapevole dell'elettore - Conseguente difetto di chiarezza e univocità del quesito - Irrilevanza della finalità assunta dal Comitato promotore (nel caso di specie: inammissibilità della richiesta di referendum per l'abrogazione di disposizioni penali e sanzioni amministrative del t.u. stupefacenti). (Classif. 116003).
Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, non solo la richiesta referendaria non può investire una delle leggi indicate nell'art. 75 Cost. o comunque riconducibili ad esse, ma è necessario che il quesito da sottoporre al giudizio del corpo elettorale consenta una scelta libera e consapevole, richiedendosi pertanto i caratteri della chiarezza, dell'omogeneità, dell'univocità del medesimo quesito, oltre che l'esistenza di una sua matrice razionalmente unitaria (Precedenti: S. 10/2020 - mass. 42254; S. 17/2016 - mass. 38712; S. 16/1978 - mass. 14196).
Nel quesito referendario ciò che rileva è il suo contenuto oggettivo, e non già la finalità soggettiva assunta dal Comitato promotore. Il referendum non consente di scindere il quesito e, quindi, non offre possibilità di soluzioni intermedie tra il rifiuto e l'accettazione integrale della proposta abrogativa (Precedente: S. 12/2014).
Non può essere inibita alla Corte costituzionale la valutazione della normativa di risulta allorché quest'ultima presenti elementi di grave contraddittorietà rispetto al fine obiettivo dell'iniziativa referendaria tali da pregiudicare la chiarezza e la comprensibilità del quesito per l'elettore. (Precedenti: S. 24/2011 - mass. 35368; S. 15/2008 - mass. 32084; S. 45/2005 - mass. 29123).
(Nel caso di specie, è dichiarata inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione, nell'art. 73 t.u. stupefacenti, nel comma 1, dell'inciso «coltiva» nel comma 4, delle parole «la reclusione da due a sei anni e» e nell'art. 74 , nel comma 1, delle parole «a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni». Mentre, per la dichiarata intenzione del Comitato, il quesito referendario depenalizzerebbe la coltivazione domestica "rudimentale" della canapa indiana, in realtà esso produrrebbe un risultato, per un verso, più esteso, e per l'altro, illusorio. Sotto il primo profilo, la disciplina dei reati sugli stupefacenti - in ragione del fenomeno della reviviscenza che ha fatto seguito alla sentenza n. 32 del 2014 - è tornata ad applicarsi nella versione precedente alla novella del 2006. Ne deriva che l'esito positivo della richiesta referendaria andrebbe a depenalizzare direttamente la coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe "pesanti", di cui alle Tabelle I e III dell'art. 14, e, indirettamente, quella della pianta di cannabis, ricompresa nella Tabella II, peraltro anche nella dimensione agricola. Sotto il secondo profilo, rimarrebbe, invece, immutata la rilevanza penale della condotta di coltivazione non autorizzata di piante, tra cui la canapa, ex art. 28 dello stesso t.u. stupefacenti. Tale discrasia risulta fuorviante per il corpo elettorale, ridondando in difetto di chiarezza e univocità del quesito. La medesima richiesta referendaria è diretta anche all'eliminazione - per le condotte di rilievo penale aventi ad oggetto droghe "leggere" - della pena della reclusione, residuando la sola multa. Va al riguardo sottolineata la vistosa contraddittorietà - la quale ridonda in difetto di chiarezza, giacché il quesito chiederebbe all'elettore di operare una scelta illogica e contraddittoria - che conseguirebbe alla proposta eliminazione, derivandone un'irriducibile antinomia con il successivo comma 5, che applica la sanzione congiunta della reclusione e della multa per i medesimi fatti, se ritenuti di «lieve entità»). (Precedenti: S. 23/2016; S. 27/1997: S. 28/1993 - mass. 19087).