Sentenza 67/2022 (ECLI:IT:COST:2022:67)
Massima numero 44765
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMATO - Redattore SCIARRA
Udienza Pubblica del
08/02/2022; Decisione del
08/02/2022
Deposito del 11/03/2022; Pubblicazione in G. U. 16/03/2022
Massime associate alla pronuncia:
44764
Titolo
Straniero - Politiche sociali - Assegno per il nucleo familiare - Nozione di nucleo familiare - Esclusione del coniuge, dei figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salva la clausola di reciprocità ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale - Denunciata violazione degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario - Diretta applicabilità del diritto europeo, accertato dalla Corte GUE adita con rinvio pregiudiziale, che impone l'obbligo della parità di trattamento (salva la facoltà di deroga, non esercitata dallo Stato italiano nel caso di specie) - Difetto di rilevanza - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 245005).
Straniero - Politiche sociali - Assegno per il nucleo familiare - Nozione di nucleo familiare - Esclusione del coniuge, dei figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salva la clausola di reciprocità ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale - Denunciata violazione degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario - Diretta applicabilità del diritto europeo, accertato dalla Corte GUE adita con rinvio pregiudiziale, che impone l'obbligo della parità di trattamento (salva la facoltà di deroga, non esercitata dallo Stato italiano nel caso di specie) - Difetto di rilevanza - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 245005).
Testo
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di cassazione, sez. lavoro, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. - quest'ultimo in relazione agli artt. 2, par. 1, lett. a), b), e c), e 11, par. 1, lett. d), della direttiva 2003/109/CE, e agli artt. 3, par. 1, lett. b), e c), e 12, par. 1, lett. e), della direttiva (UE) 2011/98 -, dell'art. 2, comma 6-bis, del d.l. n. 69 del 1988, n. 69, conv. con modif. in legge n. 153 del 1988, il quale, all'interno della disciplina dell'assegno per il nucleo familiare, prevede che non fanno parte del nucleo familiare il coniuge, i figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salvo che lo Stato di cui lo straniero è cittadino riservi un trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia. Il contrasto della norma censurata con il diritto dell'Unione è stato accertato dalla Corte GUE, adita con rinvio pregiudiziale nel corso di entrambi i giudizi a quibus, la quale ha affermato - con la sentenza 25 novembre 2020, in causa C-302/19, INPS - che l'art. 12, par. 1, lett. e), della direttiva 2011/98/UE, deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri di riconoscere ai cittadini di paesi terzi titolari di permesso unico le prestazioni di sicurezza sociale, tra cui rientra l'assegno per il nucleo familiare, alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato membro. Pertanto, in assenza di esercizio della facoltà di deroga consentita dall'art. 11, par. 2, della direttiva 2003/109/CE, e nella prospettiva del primato del diritto dell'Unione, alle norme di diritto europeo contenute negli artt. 11, par. 1, lett. d), della direttiva 2003/109/CE e 12, par. 1, lett. e), della direttiva 2011/98/UE deve riconoscersi effetto diretto. Se, infatti, l'organizzazione dei regimi di sicurezza sociale rientra tra le competenze degli Stati membri, che possono conformare e modificare il sistema delle provvidenze in coerenza con esigenze interne di sostenibilità complessiva, le direttive richiamate prevedono un obbligo chiaro, preciso e incondizionato, come tale dotato di effetto diretto, di non differenziare il trattamento del cittadino di paese terzo rispetto a quello riservato ai cittadini degli Stati in cui essi operano legalmente. Se ben può il legislatore scegliere le modalità con cui eliminare l'accertata discriminazione anche per il passato, il compito della rimozione degli effetti discriminatori già verificatisi rimane affidato al giudice. (Precedente: S. 54/2022 - mass. 44743).
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di cassazione, sez. lavoro, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. - quest'ultimo in relazione agli artt. 2, par. 1, lett. a), b), e c), e 11, par. 1, lett. d), della direttiva 2003/109/CE, e agli artt. 3, par. 1, lett. b), e c), e 12, par. 1, lett. e), della direttiva (UE) 2011/98 -, dell'art. 2, comma 6-bis, del d.l. n. 69 del 1988, n. 69, conv. con modif. in legge n. 153 del 1988, il quale, all'interno della disciplina dell'assegno per il nucleo familiare, prevede che non fanno parte del nucleo familiare il coniuge, i figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salvo che lo Stato di cui lo straniero è cittadino riservi un trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia. Il contrasto della norma censurata con il diritto dell'Unione è stato accertato dalla Corte GUE, adita con rinvio pregiudiziale nel corso di entrambi i giudizi a quibus, la quale ha affermato - con la sentenza 25 novembre 2020, in causa C-302/19, INPS - che l'art. 12, par. 1, lett. e), della direttiva 2011/98/UE, deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri di riconoscere ai cittadini di paesi terzi titolari di permesso unico le prestazioni di sicurezza sociale, tra cui rientra l'assegno per il nucleo familiare, alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato membro. Pertanto, in assenza di esercizio della facoltà di deroga consentita dall'art. 11, par. 2, della direttiva 2003/109/CE, e nella prospettiva del primato del diritto dell'Unione, alle norme di diritto europeo contenute negli artt. 11, par. 1, lett. d), della direttiva 2003/109/CE e 12, par. 1, lett. e), della direttiva 2011/98/UE deve riconoscersi effetto diretto. Se, infatti, l'organizzazione dei regimi di sicurezza sociale rientra tra le competenze degli Stati membri, che possono conformare e modificare il sistema delle provvidenze in coerenza con esigenze interne di sostenibilità complessiva, le direttive richiamate prevedono un obbligo chiaro, preciso e incondizionato, come tale dotato di effetto diretto, di non differenziare il trattamento del cittadino di paese terzo rispetto a quello riservato ai cittadini degli Stati in cui essi operano legalmente. Se ben può il legislatore scegliere le modalità con cui eliminare l'accertata discriminazione anche per il passato, il compito della rimozione degli effetti discriminatori già verificatisi rimane affidato al giudice. (Precedente: S. 54/2022 - mass. 44743).
Atti oggetto del giudizio
decreto-legge
13/03/1988
n. 69
art. 2
co. 6
legge
13/05/1988
n. 153
art.
co.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 11
Costituzione
art. 117
co. 1
Altri parametri e norme interposte
direttiva CE 25/11/2003
n. 109
art. 2 par. 1, lett. a), b), c)
direttiva CE 25/11/2003
n. 109
art. 11 par. 1, lett. d)
direttiva UE 13/12/2011
n. 98
art. 3 par. 1, lett. b) e c)
direttiva UE 13/12/2011
n. 98
art. 12 par. 1, lett. e)