Processo tributario - In genere - Forma della trattazione della controversia - Rimessione alla scelta delle parti tra pubblica udienza e camera di consiglio - Denunciata violazione dei principi dell'amministrazione della giustizia in nome del popolo e del giusto processo, nonché del giudicato costituzionale - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 201001).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla CTP di Catania in riferimento agli artt. 101, 111 e 136 Cost., degli artt. 30, comma 1, lett. g), n. 1), della legge n. 413 del 1991, 32, comma 3, e 33 del d.lgs. n. 546 del 1992, che rimettono alla valutazione discrezionale delle parti l'individuazione della forma della trattazione nei processi tributari di primo e di secondo grado. Il differente contenuto precettivo delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 50 del 1989 (art. 39 del d.P.R. n. 636 del 1972) esclude che il combinato disposto censurato riproponga la disciplina previgente. La pubblicità dell'udienza risulta infatti non già esclusa, come accadeva in precedenza, bensì condizionata alla presentazione, da almeno una delle parti, di un'apposita istanza di discussione. Avuto anche riguardo alla circostanza che il legislatore ha connotato il giudizio tributario come processo prevalentemente documentale, non è irragionevole la previsione di un rito camerale condizionato alla mancata istanza di parte dell'udienza pubblica. Ciò non è di ostacolo a una piena attuazione del contraddittorio, in quanto le disposizioni censurate, per un verso non escludono la discussione in pubblica udienza, ma ne subordinano lo svolgimento alla tempestiva richiesta di almeno una delle parti, e, per un altro, attribuendo ai litiganti la facoltà di depositare, oltre alle memorie illustrative, ulteriori memorie di replica in un identico termine in parallelo, garantiscono un'adeguata e paritetica possibilità di difesa. È evidente che un meccanismo procedurale, come quello delineato dalle norme in scrutinio, che consente ad entrambe le parti, pubblica e privata, di valutare caso per caso la reale necessità di avvalersi della discussione in pubblica udienza, persegue un ragionevole fine di elasticità - in forza del quale le risorse offerte dall'ordinamento devono essere calibrate in base alle effettive esigenze di tutela - e non interferisce con la cura dell'interesse pubblico al prelievo fiscale. (Precedenti: S. 141/1998 - mass. 23842; O. 273/2019 - mass. 41825).