Tributi – Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) – Redditi della società in accomandita semplice – Tassazione “per trasparenza” – Imputazione ai soci accomandanti, indipendentemente dalla percezione e senza limitazioni di responsabilità alla quota conferita, contrariamente a quanto previsto per le altre società di persone o a responsabilità limitata – Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento, violazione del diritto di difesa e del principio di capacità contributiva – Insussistenza – Manifesta infondatezza delle questioni. (Classif. 255023).
È dichiarata la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Udine, sez. terza, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 53, primo comma, e 24, secondo comma, Cost., dell’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, nella parte in cui «attribuisce i redditi della società in accomandita semplice ai soci accomandanti “indipendentemente dalla percezione”». L’imputazione “per trasparenza” non lede il principio di uguaglianza, né sotto la veste di discriminazione interna (dal momento che i soci anche non amministratori delle società di persone, in base agli artt. 2261 e 2320 cod. civ., hanno un onere e un potere di controllo sull’attività sociale che consente di avere piena conoscenza dell’incremento patrimoniale), né esterna (posta la diversità di struttura tra le società di persone e le società di capitali); è inconferente, poi, il riferimento alla disciplina di cui all’art. 116 TUIR (che consente di applicare, a determinate condizioni, l’imputazione per trasparenza anche alle società di capitali e, in particolare, alle società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria), perché l’opzione è rimessa alla scelta discrezionale della società, per cui non risulta corretta la comparazione proposta dal giudice a quo tra la tipizzazione legale stabilita per le società di persone e l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base partecipativa. Quanto alla presunta violazione del principio di capacità contributiva, la scelta del legislatore non è arbitraria, perché, anche a prescindere dall’approvazione del rendiconto e dalla previsione statutaria di eventuali riserve di utili, o dalla decisione unanime dei soci in tal senso, il socio già si trova in una relazione con il reddito societario prodotto idonea a integrare la peculiare nozione di “possesso” quale presupposto dell’IRPEF (art. 1 del t.u. imposte redditi), mentre esigenze di cautela fiscale, giustificano il ricorso a questa forma di imputazione, in ragione del minore livello di formalizzazione delle società di persone e dell’assenza dei più rigorosi obblighi previsti per le società di capitali. Infine, quanto all’asserito contrasto con il diritto di difesa, l’attività accertativa e il contraddittorio, a fini procedurali, si svolgono nei confronti della società, così permanendo lo schermo societario, mentre, a fini sostanziali, la giurisprudenza di legittimità richiede il litisconsorzio necessario tra società e soci al fine di consentire, con pienezza di contraddittorio, la verifica in concreto del presupposto impositivo, cosicché il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali. (Precedente: S. 201/2020 - mass. 42951).