Lavoro - Rapporto di lavoro - Disciplina - Necessità di regolamentazione uniforme a livello nazionale - Competenza esclusiva dello Stato nella materia dell'ordinamento civile (nel caso di specie: non fondatezza della disciplina della Regione Lazio, censurata sotto i profili della violazione della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile e dei principi fondamentali in materia di tutela della salute e di tutela e sicurezza del lavoro, che impone, alle strutture sanitarie accreditate, il vincolo che il rapporto di lavoro con il personale sanitario dedicato ai servizi alla persona sia regolato dal Contratto collettivo nazionale di lavoro). (Classif. 138014).
La disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati deve essere assoggettata a regole che ne garantiscano l'uniformità a livello nazionale, sicché il legislatore regionale non può emanare una normativa che incida su un rapporto di lavoro già sorto e che, nel regolarne il trattamento giuridico ed economico, si sostituisca a quella statale e, per essa, alla contrattazione collettiva. Rientrano, infatti, nella materia «ordinamento civile» gli interventi legislativi che dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere e che si impongono all'autonomia privata con il carattere dell'inderogabilità. (Precedenti: S. 39/2022 - mass. 44653; S. 9/2022 - mass. 44495; S. 153/2021 - mass. 44108; S. 25/2021 - mass. 43609; S. 20/2021 - mass. 43602; S. 194/2020 - mass. 43033; S. 78/2020 - mass. 42529; S. 16/2020 - mass. 41461).
(Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sez. terza, in riferimento agli artt. 117, commi secondo, lett. l, e terzo, Cost., dell'art. 9, comma 1, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, che impone alle strutture sanitarie accreditate il vincolo che il rapporto di lavoro con il personale sanitario dedicato ai servizi alla persona sia regolato dal Contratto collettivo nazionale di lavoro. La disposizione censurata non invade la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, in quanto non regola i rapporti di lavoro già in essere tra le strutture sanitarie e i propri addetti, né estende ad essi l'applicazione di determinati contratti collettivi, bensì si colloca in una fase organizzativa, antecedente all'istituzione del rapporto di lavoro. Si tratta, dunque, di una previsione incidente sull'organizzazione sanitaria, parte integrante della materia concorrente costituita dalla «tutela della salute». Né può ritenersi che la Regione abbia superato i limiti della propria competenza, perché è la stessa legislazione statale a prevedere che essa possa introdurre requisiti di qualificazione ulteriori rispetto a quelli a tal fine contemplati dall'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, le cui disposizioni costituiscono principi fondamentali. Neppure vi è stato sconfinamento nell'esercizio della potestà legislativa regionale in materia di tutela e sicurezza del lavoro, avendo la disposizione censurata un contenuto e una finalità di promozione attiva dell'occupazione e non già di regolamentazione del rapporto. (Precedenti: S. 9/2022 - mass. 44496; S. 241/2021 - mass. 44340; S. 195/2021 - mass. 44304; S. 36/2021 - mass. 43637; S. 77/2020 - mass. 42525; S. 20/2020 - mass. 42955; S. 161/2016 - mass. 38957).