Legge - Leggi retroattive - Limiti - Necessaria ragionevolezza, nonché rispetto del legittimo affidamento, della certezza e stabilità dei rapporti giuridici e del rispetto dell'autonomia giudiziaria, tutelati anche sul piano convenzionale - Estensione anche oltre la materia penale - Possibile intervento retroattivo del legislatore dettato da motivi finanziari - Esclusione (nel caso di specie: illegittimità costituzionale, per le fattispecie antecedenti all'entrata in vigore della disposizione censurata e autoqualificata erroneamente di interpretazione autentica, della previsione che esclude, per il personale dell'Amministrazione degli affari esteri in servizio all'estero, la corresponsione dell'indennità di amministrazione). (Classif. 141006).
I limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, al di fuori della materia penale, vanno individuati nei principi della ragionevolezza, della tutela del legittimo affidamento, della coerenza e certezza dell'ordinamento e del rispetto delle attribuzioni costituzionalmente riservate alla funzione giudiziaria. (Precedenti: S. 210/2021 - mass. 44268; S. 78/2012 - mass. 36198; S. 209/2010 - mass. 34739).
Lo scrutinio di ragionevolezza si fa ancor più rigoroso quando si incentra sul principio di non retroattività della legge, inteso quale fondamentale valore di civiltà giuridica, non solo nella materia penale (art. 25 Cost.), ma anche in altri settori dell'ordinamento. Pertanto, quando l'autoqualificazione della disposizione censurata quale norma di interpretazione autentica si rivela erronea, ciò costituisce sintomo di un uso improprio della funzione legislativa, e quindi di un intrinseco difetto di ragionevolezza quanto alla retroattività del novum da essa introdotto. (Precedenti: S. 133/2020 - mass. 42559; S. 174/2019 - mass. 42433; S. 73/2017 - mass. 39503; S. 260/2015 - mass. 38662; S. 170/2013 - mass. 42263).
In uno scrutinio stretto di costituzionalità, che si impone a fronte di norme che dispongono per il passato, occorre riscontrare non la mera assenza di scelte normative manifestamente irragionevoli, ma l'effettiva sussistenza di giustificazioni ragionevoli dell'intervento legislativo, per verificare se le giustificazioni poste alla base dell'intervento legislativo a carattere retroattivo, prevalgano rispetto ai valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi da tale efficacia a ritroso. Tali valori sono individuati nel legittimo affidamento dei destinatari della regolazione originaria, nel principio di certezza e stabilità dei rapporti giuridici, nel giusto processo e nelle attribuzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. (Precedenti: S. 104/2022 - mass. 44724, S. 61/2022- mass. 44609; S. 133/2020 - mass. 42559; S. 108/2019 - mass. 42262; S. 173/2016 - mass. 38978).
L'efficacia retroattiva della legge deve trovare adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale, così come chiarito dalla Corte EDU in plurime occasioni. (Precedenti: S. 156/2014 - mass. 37986; S. 78/2012 - mass. 36198).
I soli motivi finanziari, volti a contenere la spesa pubblica o a reperire risorse per far fronte a esigenze eccezionali, non bastano a giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi sui giudizi in corso. In tal caso l'efficacia retroattiva della legge, finalizzata a preservare l'interesse economico dello Stato che sia parte di giudizi in corso, si pone in evidente e aperta frizione con il principio di parità delle armi nel processo e con le attribuzioni costituzionalmente riservate all'autorità giudiziaria. (Precedente: S. 170/2013 - mass. 42264).
Le leggi retroattive o di interpretazione autentica che intervengono in pendenza di giudizi di cui lo Stato è parte, in modo tale da influenzarne l'esito, comportano un'ingerenza nella garanzia del diritto a un processo equo e violano un principio dello stato di diritto garantito dall'art. 6 CEDU.
Nel sindacato di costituzionalità sulle leggi retroattive sussiste una solida sinergia fra principi costituzionali interni e principi contenuti nella CEDU, per cui i parametri interni si prestano a essere letti in stretto coordinamento con quelli convenzionali, al fine di massimizzarne l'espansione in un rapporto di integrazione reciproca. In particolare l'art. 24, primo comma, Cost., nel garantire il diritto inviolabile di agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi, deve essere letto congiuntamente non solo con l'art. 102 Cost., che tutela le attribuzioni dell'autorità giudiziaria, ma anche con l'art. 111 Cost., posto a presidio del giusto processo. L'insieme dei parametri indicati converge nella tutela garantita dall'art. 6 CEDU. (Precedenti: S. 46/2021 - mass. 43714; S. 12/2018 - mass. 39752; S. 191/2014 - mass. 38062).
(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, 102, 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU, l'art. 1-bis del d.l. n. 138 del 2011, come conv., nella parte in cui dispone, per le fattispecie sorte prima della sua entrata in vigore - ossia ai fatti antecedenti al 17 settembre 2011-, che il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell'Amministrazione affari esteri, nel periodo di servizio all'estero, anche con riferimento allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l'interno, non include l'indennità di amministrazione. La disposizione censurata dalla Corte di cassazione, sez. lavoro, non è qualificabile come norma di interpretazione autentica perché, lungi dall'enucleare una possibile variante di senso della disposizione originaria, introduce una disciplina innovativa con effetti retroattivi; pertanto il divieto di cumulo che introduce produce una disciplina non coerente con il dato testuale e con la ratio della disposizione originaria. Essa ha lo scopo dichiarato di porre fine al contenzioso "seriale", che aveva visto l'Amministrazione soccombente, senza che ricorrano le condizioni che, in taluni casi, hanno indotto la Corte EDU a ritenere legittimi interventi legislativi retroattivi. Resta ferma l'applicabilità della disposizione a fatti successivi a tale data).