Sentenza 135/2025 (ECLI:IT:COST:2025:135)
Massima numero 46896
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMOROSO  - Redattore MARINI F. S.
Udienza Pubblica del  09/07/2025;  Decisione del  09/07/2025
Deposito del 28/07/2025; Pubblicazione in G. U. 30/07/2025
Massime associate alla pronuncia:  46897  46898


Titolo
Magistratura - In genere - Trattamento economico - Ratio - Guarentigia di autonomia e indipendenza - Finalità - Garanzia dello Stato di diritto, e di una piena ed effettiva garanzia di diritti e di interessi - Espressione del principio personalista - Possibili deroghe - Necessità che il tetto retributivo sia temporaneo ed eccezionale (nel caso di specie: illegittimità costituzionale in parte qua, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della disposizione che fissa, per i magistrati e per tutti i dipendenti pubblici, un tetto retributivo parametrato a quello del primo presidente della Cassazione nel 2014 pari a euro 240.000,00 al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente, anziché a quello spettante al primo presidente della Corte di cassazione, per mezzo di un d.P.C.m., previo parere delle competenti commissioni parlamentari). (Classif. 147001).

Testo

Le indennità di funzione hanno carattere retributivo e, al pari del meccanismo di adeguamento automatico e, più in generale, della retribuzione dei magistrati, rappresentano guarentigie a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, che ammettono deroghe solo in via temporanea ed eccezionale. Non si tratta, dunque, di privilegi corporativi o personali, ma di fondamentali esigenze di garanzia e di equilibrio, come peraltro confermato dalle guarentigie economiche tuttora largamente diffuse nel diritto comparato. (Precedenti: S. 223/2012 - mass. 36631; S. 42/1993 - mass. 19280; S. 238/1990 - mass. 15998; S. 1/1978 - mass. 10005).

Il principio di indipendenza della magistratura non solo è un connotato strutturale della funzione giurisdizionale, ma è uno degli architravi dello Stato di diritto. Tale modello di Stato, nelle sue manifestazioni più evolute, presuppone, infatti, la distinzione tra la funzione del disporre, attribuita agli organi del circuito democratico-rappresentativo, e quella del provvedere in via amministrativa e del giudicare, attribuita agli organi scelti sulla base del criterio tecnico-attitudinale. La scomposizione del potere pubblico in tali funzioni trova, poi, il suo fattore di ricomposizione nel principio di legalità, che consente di tenere in equilibrio il principio democratico e quello garantistico. In questa prospettiva occorre evitare da parte dei diversi poteri dello Stato reciproci condizionamenti impropri, nonché tentativi di esorbitare dal rispettivo ambito funzionale.

La ratio che sorregge la cura costituzionale verso il principio di indipendenza della magistratura non va interpretata alla stregua di una meccanica applicazione del modello della separazione dei poteri allo scopo di costituire un “dominio riservato” nell’esercizio di determinate funzioni pubbliche. Ben diversamente, nell’impianto disegnato dalla Costituzione il significato della strutturazione di una magistratura indipendente può essere colto solo ponendola primariamente in connessione con la necessità di una piena ed effettiva garanzia dei diritti e degli interessi che le norme dell’ordinamento (a partire da quelle costituzionali) proteggono, sul piano sia individuale che collettivo.

Il principio di indipendenza della magistratura, al pari di altre guarentigie costituzionali (il diritto di difesa, ex art. 24, secondo comma, Cost.; il diritto a non essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, ex art. 25, primo comma, Cost.; le garanzie dell’art. 111 Cost.; il divieto, nell’art. 102, secondo comma, Cost., di istituire giudici straordinari o speciali, eccetera), contribuisce in modo essenziale a determinare il patrimonio di tutele che spettano ai consociati nel loro rapportarsi con l’esercizio delle funzioni giurisdizionali.

È il principio personalista, desumibile dall’art. 2 Cost., a illuminare funzionalmente il principio di indipendenza della magistratura.

Allorquando la gravità della situazione economica e la previsione del suo superamento non prima dell’arco di tempo considerato impongano un intervento sugli adeguamenti stipendiali, anche in un contesto di generale raffreddamento delle dinamiche retributive del pubblico impiego, tale intervento non potrebbe sospendere le garanzie stipendiali oltre il periodo reso necessario dalle esigenze di riequilibrio di bilancio. (Precedente: S. 223/2012 - mass. 36631).

Nel settore pubblico non è precluso al legislatore dettare un limite massimo alle retribuzioni e al cumulo tra retribuzioni e pensioni, a condizione che la scelta, volta a bilanciare i diversi interessi coinvolti, non sia manifestamente irragionevole. (Precedente: S. 124/2017 - mass. 40090).

(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 108, secondo comma, Cost. e del principio di indipendenza della magistratura, di cui agli artt. 101, secondo comma, e 104, primo comma, Cost., l’art. 13, comma 1, del d.l. n. 66 del 2014, come conv., a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nella parte in cui indica il limite massimo retributivo, di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche, nell’importo di euro 240.000,00 al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente, anziché nel trattamento economico onnicomprensivo del primo presidente della Corte di cassazione, che rappresenta il parametro per l’individuazione del tetto retributivo da parte di un d.P.C.m., previo parere delle competenti commissioni parlamentari. La disposizione censurata dal Consiglio di Stato, sez. quinta, fissando un “tetto retributivo” – introdotto nel 2011 in una situazione di instabilità finanziaria di eccezionale gravità – ha determinato una riduzione del trattamento economico di alcuni magistrati e, con il trascorrere del tempo e a distanza di oltre un decennio ha perso definitivamente il requisito della temporaneità richiesto, ai fini della sua legittimità costituzionale ed eurounitaria. In tal modo è venuta meno la garanzia in ordine alla preservazione del trattamento economico assicurato dalla legge, sia nella sua base, sia quanto agli adeguamenti automatici costituzionalmente necessari per proteggerne il potere di acquisto, anche perché solo con l’art. 1, comma 68, della legge n. 234 del 2021 si è introdotto un meccanismo di adeguamento all’inflazione, senza recupero della svalutazione pregressa. Un ulteriore e sopravvenuto profilo di criticità è rappresentato dall’introduzione di alcune deroghe al tetto per specifici soggetti, come quelle a favore dei dipendenti delle società pubbliche di rilievo strategico. Infine, neanche i risparmi di spesa ottenuti giustificano la misura, come emerge dai dati estraibili dall’andamento del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Per quanto riguarda l’individuazione del rimedio al vulnus accertato, il solo modo, considerata la decisione del legislatore di introdurre una soglia massima relativa all’intera PA, è quello di incidere sulla quantificazione del tetto. Quest’ultimo deve necessariamente essere commisurato alla retribuzione complessiva del primo presidente della Corte di cassazione, cioè del magistrato in ruolo di livello più elevato, che rappresenta il parametro per l’individuazione del “tetto retributivo” da parte di un d.P.C.m., previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Per quanto concerne invece il perimetro soggettivo dell’illegittimità costituzionale della norma in esame, avendo il legislatore adottato una scelta normativa a carattere generale, l’annullamento della disciplina scrutinata non può che riguardare tutte le categorie assoggettate al “tetto”, ferma restando la discrezionalità del legislatore di articolare il tetto retributivo per categorie o in generale, applicabile all’intera PA o ancora incrementando il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato attraverso limiti ai compensi ai pubblici dipendenti provenienti da incarichi privati. Diversamente, la disciplina che deriverebbe da un intervento correttivo solo per i magistrati non andrebbe esente da aspetti antinomici con norme e principi costituzionali. Stante, infine, la gradualità con la quale si è manifestata la natura strutturale e non temporanea della norma censurata, soltanto ora può considerarsi realmente verificata la sua sopravvenuta illegittimità costituzionale, ragione per cui essa va dichiarata costituzionalmente illegittima solo a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta Ufficiale, senza effetti retroattivi e senza che ciò mini la rilevanza della questione, che deve essere valutata con riferimento al momento in cui è stata proposta. Al fine di garantire l’operatività del limite massimo retributivo senza soluzione di continuità, non si potrà che far riferimento, allo stato, all’ultimo decreto approvato in attuazione dell’art. 23-ter del d.l. n. 201 del 2011, come conv., ovverosia al d.P.C.m. 23 marzo 2012, come integrato dalla circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 3 del 2014, la quale ha specificato che, per l’anno 2014, il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione era pari a euro 311.658,53). (Precedenti: 78/2025 - mass. 46818; S. 7/2025 - mass. 46662; S. 208/2024 - mass. 46448; S. 128/2022 - mass. 44943; S. 27/2022 - mass. 44595; S. 124/2017 - mass. 40091; S. 178/2015 - mass. 38535; S. 10/2015 - mass. 38224; S. 238/1990 - mass. 15998; S. 50/1989 - mass. 12993).



Atti oggetto del giudizio

decreto-legge  24/04/2014  n. 66  art. 13  co. 1

legge  23/06/2014  n. 89  art.   co. 

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 101  co. 2

Costituzione  art. 104  co. 1

Costituzione  art. 108  co. 2

Altri parametri e norme interposte