Responsabilità amministrativa e contabile - In genere - Caratteri - Responsabilità parziaria, con possibile riduzione da parte del giudice - Differenze rispetto alla responsabilità civile - Legittimità delle limitazioni al potere di impulso processuale del giudice (nel caso di specie: non fondatezza delle questioni avente ad oggetto il cod. giust. contabile nella parte in cui esclude che il giudice possa disporre la chiamata in causa di soggetti ulteriori rispetto a quelli indicati dal PM). (Classif. 219001).
Il nostro ordinamento processuale civile è, sia pure in linea tendenziale e non senza qualche eccezione, ispirato dal principio ne procedat judex ex officio, così da escludere che in capo all'organo giudicante siano allocati anche significativi poteri di impulso processuale. (Precedente: S. 184/2013 - mass. 37213).
La responsabilità amministrativa o erariale è connotata dalla combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, ciò che giustifica anche la possibilità di configurare la stessa solo in presenza di una condotta, commissiva o omissiva, imputabile al pubblico agente per dolo o colpa grave, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo. (Precedenti: S. 355/2010 - mass. 35180; S. 453/1998 - mass. 24378; S. 371/98 - mass. 24247).
Nell'esercizio del «potere riduttivo», che rende possibile una attenuazione della responsabilità amministrativa, nei singoli casi, il giudice contabile può anche tener conto delle capacità economiche del soggetto responsabile, oltre che del comportamento, al livello della responsabilità e del danno effettivamente cagionato. Pertanto, nell'ambito della responsabilità amministrativa, l'intero danno subito e accertato dall'Amministrazione, non è di per sé risarcibile e costituisce soltanto il presupposto per il promovimento da parte del p.m. dell'azione di responsabilità amministrativa e contabile. Per determinare la risarcibilità del danno, occorre invece una valutazione discrezionale ed equitativa del giudice contabile. (Precedenti: S. 183/2007 - mass. 31354; S. 340/2001 - mass. 26583).
La regola generale della responsabilità amministrativa (o erariale) della parziarietà della stessa - ossia, per un lato, la possibilità di condannare ciascun responsabile per la parte che ha preso alla causa del fatto dannoso, e, per un altro, la responsabilità solidale dei soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo -, si giustifica per il fatto che, per i pubblici dipendenti, la responsabilità per il danno ingiusto può essere oggetto di discipline differenziate rispetto ai principi comuni in materia. Ne deriva che l'azione di responsabilità per danno erariale promossa dal p.m. dinanzi alla Corte dei conti e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali, poiché la prima è volta alla tutela dell'interesse pubblico generale, al buon andamento della pubblica amministrazione e al corretto impiego delle risorse, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria e integralmente compensativa, a tutela dell'interesse particolare della amministrazione attrice. (Precedente: S. 453/1998 - mass. 24379).
(Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per la Campania, in riferimento agli artt. 76 e 81 Cost., dell'art. 83, commi 1 e 2, cod. giust. contabile, come modificato dall'art. 44 del d.lgs. n. 114 del 2019, che rispettivamente prevedono il divieto di chiamata in causa da parte del giudice di altri soggetti non evocati in giudizio dal p.m. e impongono comunque all'autorità giudiziaria di valutare la responsabilità di tutti i soggetti concorrenti nell'illecito ai fini della decisione sull'eventuale scomputo di quote di responsabilità a carico dei convenuti. Quanto all'art. 76 Cost. - a prescindere dal comma 3 dello stesso art. 83, il quale, in presenza di un fatto nuovo, prevede che il collegio possa trasmettere gli atti al p.m. affinché valuti la posizione dei soggetti che non aveva vagliato inizialmente -, il legislatore delegato, anche in applicazione della giurisprudenza contabile, detta una disciplina organica e coerente con il criterio di delega, in quanto: in nessun caso è possibile la chiamata officiosa in giudizio del terzo; l'apporto causativo del danno erariale ad opera del terzo può venire in rilievo solo per ridurre la responsabilità di chi è convenuto in giudizio per iniziativa del p.m.; la posizione del terzo può essere rimessa in gioco a seguito di "segnalazione" del giudice per fatti nuovi, ma solo per iniziativa del p.m. e nel rispetto della fondamentale garanzia del previo invito, al terzo, a dedurre e discolparsi. Quanto, poi, alla dedotta violazione dell'art. 81 Cost., sotto il profilo di una possibile mancata integrale copertura del danno erariale, l'evenienza che il giudice ritenga la concorrente - o esclusiva - responsabilità di un terzo, non evocato in giudizio dal p.m., appartiene all'ordinaria alea della controversia ed è compatibile con l'assetto processuale del giudizio di responsabilità voluto dal legislatore delegante. Ciò non determina alcun vulnus al parametro evocato, atteso che la tendenziale integrità del risarcimento del danno erariale, subito dalla PA, è assicurata, in principio, proprio dall'ampiezza dell'azione del p.m., integrata anche, in ipotesi, dalla segnalazione, ad opera del giudice, di «fatti nuovi». Residualmente poi rimane, ove ne sussistano i presupposti, l'azione risarcitoria ordinaria della PA danneggiata). (Precedenti: S 415/1995; O. 261/2006 - mass. 30573).