Diritti inviolabili o fondamentali - In genere - Autodeterminazione della persona (in particolare: scelta della propria morte) - Necessità di operare un bilanciamento, da parte del legislatore, con il dovere di tutela della vita umana - Necessità, per valutare le condizioni di accesso al suicidio assistito, che vengano tutelati i pericoli di abusi a danno di persone deboli e vulnerabili, in omaggio al principio costituzionale personalista. (Classif. 081001).
Se l’autodeterminazione della persona evoca l’idea secondo cui ciascun individuo debba poter compiere da sé le scelte fondamentali che concernono la propria esistenza, incluse quelle che concernono la propria morte, tale nozione deve essere sottoposta a un bilanciamento a fronte del contrapposto dovere di tutela della vita umana; bilanciamento nell’operare il quale il legislatore deve poter disporre di un significativo margine di apprezzamento. (Precedenti: S. 135/2024 - mass. 46213; S. 50/2022 - mass. 44534; O. 207/2018 - mass. 41525).
Le condizioni per accedere al suicidio assistito si pongono su un duplice livello: per un verso, occorre prevenire il pericolo di abusi a danno delle persone deboli e vulnerabili, perché in situazioni di fragilità e sofferenza la scelta di porre fine alla propria vita potrebbe essere indotta o sollecitata da terze persone. In questo contesto assume grande importanza la concreta messa a disposizione di un percorso di cure palliative, nonché il necessario coinvolgimento del SSN, a garanzia di un disinteressato accertamento della sussistenza dei requisiti di liceità dell’accesso alla procedura di suicidio assistito. Infine, in attesa di un organico intervento del legislatore, è necessario anche il parere del comitato etico territorialmente competente. Il secondo livello è quello di contrastare derive sociali o culturali che inducano le persone malate a scelte suicide, quando invece ben potrebbero trovare ragioni per continuare a vivere, ove fossero adeguatamente sostenute dalle rispettive reti familiari e sociali, oltre che dalle istituzioni pubbliche nel loro complesso. (Precedenti: S. 135/2024 - mass. 46213; S. 242/2019 - mass. 40813; O. 207/2018 - mass. 41525).
In un contesto storico caratterizzato da tensioni sull’allocazione delle risorse pubbliche, il c.d. “diritto di morire” rivendicato in alcune circostanze potrebbe essere paradossalmente percepito dal malato come un “dovere di morire” per non “essere di peso”, con un grave abbassamento della sensibilità morale collettiva che tutela le persone più fragili, spesso, peraltro, “invisibili”. Tale scivolamento colliderebbe frontalmente con il principio personalista che anima la Costituzione italiana. Da questo principio deriva, invece, il dovere della Repubblica di rispondere all’appello che sgorga dalla fragilità, in modo che una persona malata possa avvertire la solidarietà attorno a sé non a tratti, non a prolungate intermittenze, ma in via continuativa, attraverso un percorso di effettiva presa in carico da parte del sistema sanitario e sociale. Diventa quindi cruciale garantire adeguate forme di sostegno sociale, di assistenza sanitaria e sociosanitaria domiciliare continuativa, perché la presenza o meno di queste forme di assistenza condiziona le scelte della persona malata e può costituire lo spartiacque tra la scelta di vita e la richiesta di morte. Al tempo stesso non può essere trascurato il “prendersi cura” anche di coloro che, nelle famiglie o all’interno delle relazioni affettive, assistono i pazienti in situazioni particolarmente difficili e per lunghi periodi.