Sentenza 66/2025 (ECLI:IT:COST:2025:66)
Massima numero 46774
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMOROSO  - Redattore VIGANÒ - ANTONINI
Udienza Pubblica del  27/03/2025;  Decisione del  27/03/2025
Deposito del 20/05/2025; Pubblicazione in G. U. 21/05/2025
Massime associate alla pronuncia:  46773


Titolo
Reati e pene - In genere - Aiuto al suicidio - Aiuto al suicidio medicalmente assistito - Sussistenza di tutti i requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019, come interpretata dal rimettente, ad eccezione del requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale in quanto rifiutati ab origine - Impossibilità di ricorrere all'aiuto al suicidio medicalmente assistito - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento, violazione del diritto all'autodeterminazione nelle scelte terapeutiche, della dignità della persona, nonché al diritto convenzionale all'autodeterminazione del paziente - Erroneo presupposto interpretativo - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 210001).

Testo

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 580 cod. pen., sollevate dal GIP del Tribunale di Milano in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 32, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, nella parte in cui, per la non punibilità dell’aiuto al suicidio medicalmente assistito, non si estenderebbe alla situazione in cui il paziente rifiuti l’attivazione di un trattamento di sostegno vitale, pur in presenza di una indicazione medica in tal senso, in quanto da lui ritenuto futile o comunque espressivo di accanimento terapeutico. Il presupposto interpretativo del rimettente, relativo all’area di non punibilità sancita dalla sentenza n. 242 del 2019, non è corretto. Alla luce della sentenza n. 135 del 2024, infatti, il diritto fondamentale scaturente dagli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., di fronte al quale non è giustificabile sul piano costituzionale un divieto assoluto di aiuto al suicidio, comprende anche – prima ancora del diritto a interrompere i trattamenti sanitari in corso, benché necessari alla sopravvivenza – quello di rifiutare ab origine l’attivazione dei trattamenti stessi. Dal punto di vista costituzionale, non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può pretendere l’interruzione, e quella del paziente che, per sopravvivere, necessiti, in base a valutazione medica, dell’attivazione di simili trattamenti, che però può rifiutare: nell’uno e nell’altro caso, la Costituzione e, in ossequio ad essa, la legge ordinaria (art. 1, comma 5, della legge n. 219 del 2017) riconoscono al malato il diritto di scegliere di congedarsi dalla vita con effetti vincolanti nei confronti dei terzi. Conseguentemente, nella misura in cui sussista una indicazione medica di necessità dell’attivazione di un trattamento di sostegno vitale, il paziente può rifiutarlo e accedere al suicidio assistito, laddove sussistano tutti gli altri requisiti sostanziali e procedurali indicati dalla sentenza n. 242 del 2019. Pertanto, non sussiste l’asserita disparità di disciplina tra il paziente che abbia accesso al suicidio assistito, essendo già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, e quello che invece tali trattamenti abbia rifiutato, nonostante un’indicazione medica in tal senso, ritenendoli comunque futili o espressivi di accanimento terapeutico. Laddove invece il paziente non si trovi in tale condizione e decida di rifiutare trattamenti (terapeutici o palliativi), la diversità di disciplina rispetto ai pazienti che hanno accesso al suicidio assistito dovrà essere considerata non irragionevole. Quanto all’asserita lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, non è affatto necessario, ai fini dell’accesso al suicidio assistito, che il paziente inizi il trattamento di sostegno vitale giudicato necessario dal medico, per poi chiedere di interromperlo. Infine, quanto alle censure concernenti la lamentata violazione, per il tramite dell’art. 117, primo comma, Cost., degli artt. 8 e 14 CEDU, esse, per un verso, devono essere dichiarate non fondate nella misura in cui assumono a presupposto l’impossibilità di equiparare l’effettiva sottoposizione a un trattamento medico di sostegno vitale al rifiuto dello stesso, pur in presenza di una valutazione medica relativa alla sua necessità nel caso concreto. Per altro verso, nella misura in cui le censure in parola mirino a estendere la non punibilità dell’aiuto al suicidio oltre tale ultima ipotesi, esse devono essere giudicate non fondate sulla base della sentenza della Corte EDU, Dániel Karsai, contro Ungheria, con cui la Corte EDU riconosce agli Stati parte un considerevole margine di apprezzamento nel bilanciare il diritto alla vita privata e le ragioni di tutela della vita umana, anche in ragione della persistente assenza di un consenso in materia tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa. Appare, peraltro, opportuno ribadire il carattere essenziale che rivestono i requisiti e le condizioni procedurali per la non punibilità dell’aiuto al suicidio, i quali, nella perdurante assenza di una legislazione che disciplini la materia, sono funzionali a creare una “cintura di protezione” per scongiurare il pericolo che coloro che decidono di porre in atto il gesto estremo e irreversibile del suicidio assistito subiscano interferenze di ogni genere. Al riguardo, va evidenziato che, a oggi, in Italia: a) non è garantito un accesso universale ed equo alle cure palliative nei vari contesti sanitari, sia domiciliari che ospedalieri; b) vi sono spesso lunghe liste di attesa (intollerabili in relazione a chi versa in situazioni di grave sofferenza); c) si sconta una mancanza di personale adeguatamente formato e una distribuzione territoriale dell’offerta troppo divaricata; d) la stessa effettiva presa in carico da parte del servizio sociosanitario, per queste persone, è a volte insufficiente. Pertanto, va rinnovato lo stringente appello al legislatore affinché dia corso a un adeguato sviluppo delle reti di cure palliative e di una effettiva presa in carico da parte del sistema sanitario e sociosanitario, al fine di evitare un ricorso improprio al suicidio assistito; nonché va ribadito con forza l’auspicio che il legislatore e il SSN intervengano prontamente ad assicurare concreta e puntuale attuazione a quanto stabilito dalla sentenza n. 242 del 2019, ferma restando la possibilità per il legislatore di dettare una diversa disciplina nel rispetto delle esigenze richiamate ancora una volta dalla presente pronuncia. (Precedenti: S. 135/2024 - mass. 46213; S. 242/2019 - mass. 40813; O. 207/2018 - mass. 41525).



Atti oggetto del giudizio

codice penale    n.   art. 580  co. 

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 2

Costituzione  art. 3

Costituzione  art. 13

Costituzione  art. 32  co. 2

Costituzione  art. 117  co. 1

Altri parametri e norme interposte

convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)    n.   art. 8  

convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)    n.   art. 14