Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Indennizzo di danni vaccinali - Decadenza triennale decorrente dal momento in cui «si è avuto conoscenza del danno», anziché dal momento in cui si è avuto conoscenza del danno «e della sua indennizzabilità» - Omessa previsione - Violazione dei principi di solidarietà sociale e di tutela della salute - Illegittimità costituzionale parziale. (Classif. 230003).
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 2 e 32 Cost., l'art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole «conoscenza del danno», non prevede «e della sua indennizzabilità». La disposizione censurata dalla Cassazione, sez. lavoro, non prevede, per il diritto indennitario in caso di danni vaccinali, l'applicazione della decadenza c.d. "mobile", limitata cioè ai ratei interni al triennio, con conseguente applicazione di una decadenza c.d. "tombale", sull'intero diritto. Pertanto, nel caso in cui il diritto all'indennizzo non fosse previsto dalla legge al momento della conoscenza del danno e sia poi sorto successivamente - come, nella specie, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 107 del 2012, per i danneggiati per vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia - non può logicamente configurarsi una ipotesi di estinzione del diritto per mancato esercizio da parte del titolare in assenza di una previa determinazione del termine entro il quale il diritto debba essere esercitato. Nello specifico contesto dell'indennizzo, infatti, le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla legge n. 210 del 1992, portano a ritenere che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell'esteriorizzazione della menomazione permanente dell'integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell'azionabilità del diritto all'indennizzo. La disposizione censurata, ove dispone che il termine di tre anni per la presentazione della domanda decorra comunque dal pregresso momento di conoscenza del danno, pone una limitazione temporale che collide con la garanzia costituzionale del diritto alla prestazione, ne vanifica l'esercizio e, in definitiva, impedisce il completamento del "patto di solidarietà" sotteso alla pronuncia additiva. E anzi, alla compressione del diritto a ottenere l'indennizzo si unisce l'illogica pretesa, ricavabile ai sensi del principio desumibile dall'art. 2935 cod. civ., che gli interessati rispettassero un termine per la proposizione di una domanda relativa a un indennizzo per il quale, al momento in cui ebbero conoscenza del danno, non avevano alcun titolo. Né rilevano i maggiori oneri organizzativi e di finanza pubblica paventati dall'Avvocatura: da un lato, la deduzione è formulata in modo assertivo e privo di qualsiasi riferimento alle situazioni interessate dalla pronuncia; dall'altro, il sistema della vaccinazione di massa si fonda - nel quadro costituzionale e nella percezione sociale - sull'effettività dell'indennizzo, quale compensazione del sacrificio individuale per un interesse collettivo. (Precedenti: S. 118/2020 - mass. 43420; S. 69/2014 - mass. 37827; S. 107/2012 - mass. 36289; S. 27/1998 - mass. 23685; S. 118/1996 - mass. 22329).