Reati e pene - Concorso di circostanze - Necessità di assicurare una pena proporzionale alla rimproverabilità soggettiva e al disvalore oggettivo del fatto - Eccezionalità delle previsioni sanzionatorie rigide - In particolare: necessità che alla pena fissa edittale dell'ergastolo sia possibile applicare il regime del concorso di circostanze (nel caso di specie: illegittimità costituzionale in parte qua della previsione del codice penale che prevede l'automatico divieto di prevalenza, relativamente ai delitti puniti con la pena edittale fissa dell'ergastolo, delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata). (Classif. 210012).
Il principio di proporzionalità della pena desumibile dagli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. esige, in via generale, che al minor grado di rimproverabilità soggettiva corrisponda una pena inferiore rispetto a quella che sarebbe applicabile a parità di disvalore oggettivo del fatto. (Precedenti: S. 185/2021 - mass. 44241; S. 55/2021 - mass. 43738; S. 73/2020 - mass. 43274).
In via di principio, previsioni sanzionatorie rigide non sono in linea con il volto costituzionale del sistema penale, potendo esse essere giustificate solo a condizione che, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest’ultima appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto all’intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato. (Precedenti: S. 222/2018 - mass. 40937; S. 50/1980 - mass. 9478).
In relazione ai delitti puniti con la pena edittale fissa dell’ergastolo – tra i quali sono ricompresi oltre il reato di strage “politica”, di devastazione e saccheggio, di cui all’art. 285 cod. pen., anche quelli di cui agli artt. 242 (Cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano), 276 (Attentato contro il Presidente della Repubblica), 284 (Insurrezione armata contro i poteri dello Stato), 286 (Guerra civile) e 438 cod. pen. (Epidemia) – il divieto di prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 311 cod. pen., specificamente prevista per i delitti contro la personalità dello Stato, e di ogni altra attenuante, comprese quelle generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., viola i principi di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.), di offensività della condotta del reo (art. 25, secondo comma, Cost.) e della necessaria proporzionalità della pena tendente alla rieducazione del condannato (art. 27, terzo comma, Cost.), conseguendo da esso l’ergastolo quale unica ed indefettibile pena irrogabile, in conflitto con la tenuta costituzionale della pena perpetua, non rimediabile attraverso il sistema delle tutele riconosciute nella fase della espiazione della stessa. (Precedenti: S. 246/2022 - mass. 45227; S. 253/2019 - mass. 41928; S. 222/2018 - mass. 40938; S. 88/2019 - mass. 42548; S. 26/1979 - mass. 13292; S. 104/1968 - mass. 2985; S. 67/1963 - mass. 1807).
In tema di delitti di attentato, o c.d. a consumazione anticipata – qual è il delitto di strage politica – che puniscono condotte tese al perseguimento di un determinato risultato che, però, ai fini della punibilità non è necessario che si consegua in concreto, il divieto di prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 311 cod. pen., specificamente prevista per i delitti contro la personalità dello Stato, e di ogni altra attenuante, comprese quelle generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., da cui consegue l’ergastolo quale unica pena irrogabile, non assicura l’applicazione di una pena proporzionata al fatto, sotto il profilo della «mobilità» della stessa, in quanto determina che la medesima pena sia irrogata in relazione ad atti, che pur integrando il delitto consumato, si differenziano sul piano oggettivo per condotte di più avanzato compimento dell’attività delittuosa. (Precedenti: S. 66/2023 - mass. 45432; S. 161/1997 - mass. 23281; S. 168/1994 - mass. 20540; S. 274/1983 - mass. 11632; S. 264/1974 - mass. 7499; S. 204/1974 - mass. 7373; O. 97/2021 - mass. 43874).
La fissità della pena edittale dell’ergastolo, aggravata dal suo rigore per essere la sanzione più elevata in assoluto, in quanto perpetua al momento della sua irrogazione, e marcatamente più afflittiva rispetto a quella irrogabile per lo stesso reato circostanziato da una diminuente, richiede – per la tenuta costituzionale della pena stessa – che non sia precluso, in caso di recidiva reiterata, l’ordinario bilanciamento delle circostanze attenuanti del reato, le quali, se esclusive o ritenute dal giudice prevalenti sulle aggravanti, comportano che alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione da venti a ventiquattro anni.
Se il legislatore può sospendere l’applicazione dell’art. 69 cod. pen., togliendo al giudice il potere discrezionale di operare il bilanciamento a compensazione delle aggravanti o a favore delle attenuanti in un’ottica di inasprimento sanzionatorio, tale grave limitazione, in sé non illegittima, non può però accompagnarsi anche alla irrilevanza ex lege delle circostanze attenuanti. (Precedente: S. 88/2019 - mass. 42547).
(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., l’art. 69, quarto comma, cod. pen., come modificato dall’art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui, relativamente ai delitti puniti con la pena edittale dell’ergastolo, prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. L’automatismo sanzionatorio introdotto dalla norma censurata dalla Corte d’assise d’appello di Torino, sez. seconda, contrasta con il principio di ragionevolezza perché parifica situazioni personali e ipotesi di recidiva diverse. Inoltre la preclusione dell’accertamento della sussistenza nel caso concreto delle condizioni che dovrebbero legittimare l’applicazione della recidiva può rendere la pena palesemente sproporzionata, e dunque avvertita come ingiusta dal condannato. Infine, poiché, a seguito di una precedente pronuncia costituzionale, non è più obbligatoria l’ipotesi più grave di recidiva, quella del quinto comma dell’art. 99 cod. pen., a maggior ragione non lo sono le altre previste dai commi precedenti e quindi al giudice è sempre consentito negare la rilevanza aggravatrice della recidiva ed escludere la circostanza, non applicando il relativo aumento della sanzione. Al contrario, la deroga al giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, insita nel divieto censurato, determina una alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilità penale, perché finisce per comportare l’applicazione di pene identiche per violazioni di rilievo penale marcatamente diverso. Per effetto di tale pronuncia il giudice, nel determinare il trattamento sanzionatorio in caso di condanna di persona recidiva ex art. 99, quarto comma, cod. pen., imputata di uno dei delitti suddetti, può operare l’ordinario bilanciamento previsto dall’art. 69 cod. pen. e, quindi, può ritenere le attenuanti prevalenti sulla recidiva reiterata, oppure equivalenti a quest’ultima, o finanche subvalenti rispetto ad essa). (Precedenti: S. 143/2021 - mass. 44024; S. 55/2021 - mass. 43738; S. 205/2017 - mass. 39668; S. 74/2016 - mass. 38813; S. 106/2014 - mass. 37900; S. 105/2014 - mass. 37899; S. 251/2012 - mass. 36711; S. 68/2012 - mass. 36174; S. 156/2020 - mass. 43414; S. 185/2015 - mass. 38529; S. 192/2007 - mass. 31375; S. 38/1985 - mass. 10726).