Legge - In genere - Obbligo per il legislatore di formulare norme concettualmente precise sotto il profilo semantico della chiarezza e della intellegibilità dei termini impiegati, a tutela della razionalità dell'azione legislativa, della libertà e del diritto di difesa dei cittadini (nel caso di specie: illegittimità costituzionale di disposizione di legge reg. Molise che, in materia edilizia, risulta impermeabile a ogni sforzo interpretativo). (Classif. 141001).
Sebbene ogni enunciato normativo presenti margini più o meno ampi di incertezza circa il suo ambito di applicazione, senza che ciò comporti, di per sé, la sua illegittimità costituzionale (e non possa, ugualmente, ritenersi contrario all’art. 3 Cost. il ricorso da parte della legge a clausole generali, programmaticamente aperte a processi di specificazione e di concretizzazione giurisprudenziale o il ricorso a concetti tecnici o di difficile comprensione per chi non possieda speciali competenze tecniche), nel caso in cui il significato delle espressioni utilizzate in una disposizione, nonostante ogni sforzo interpretativo, compiuto sulla base di tutti i comuni canoni ermeneutici, rimanga del tutto oscuro, con il risultato di rendere impossibile all’interprete identificare anche solo un nucleo centrale di ipotesi riconducibili con ragionevole certezza alla fattispecie normativa astratta, si determina un contrasto con i requisiti minimi di razionalità dell’azione legislativa necessari alla tutela della libertà e della sicurezza dei cittadini. In tal caso, l’assoluta indeterminatezza dei contorni e i contenuti vaghi e imprecisi pongono il destinatario nell’impossibilità di rendersi conto del comportamento doveroso cui attenersi per evitare di soggiacere alle conseguenze della sua inosservanza, impedendo all’interprete di esprimere un giudizio di corrispondenza sorretto da un fondamento controllabile nella operazione ermeneutica di riconduzione della fattispecie concreta alla previsione normativa e minando l’obbligo imposto al legislatore di formulare norme concettualmente precise sotto il profilo semantico della chiarezza e della intellegibilità dei termini impiegati. (Precedenti: S. 25/2019 – mass. 41556; S. 34/1995 – mass. 21861; S. 185/1992 – mass. 18176; S. 96/1981 – mass. 9496; S. 177/1980 – mass. 11593).
Alla stregua di quanto avviene in materia penale e in linea con quanto riconosciuto in altri ordinamenti, una disposizione, statale o regionale, che presenti indeterminatezza dei suoi presupposti applicativi, non rimediabile tramite gli strumenti dell’interpretazione, non fornisce alcun affidabile criterio guida nella valutazione, da parte della pubblica amministrazione, se assentire o meno un dato intervento richiesto dal privato, in contrasto con il principio di legalità dell’azione amministrativa e con esigenze minime di eguaglianza di trattamento tra i consociati. In questo modo, si rende arduo al privato lo stesso esercizio del diritto di difesa in giudizio contro l’eventuale provvedimento negativo della pubblica amministrazione, in ragione dell’indeterminatezza dei presupposti della legge che dovrebbe assicurargli tutela contro l’uso arbitrario della discrezionalità amministrativa. (Precedenti: S. 8/2023; S. 70/2013 – mass. 37017; S. 364/2010 – mass. 35193; S. 185/1992 – mass. 18176).
(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 7, comma 18, della legge reg. Molise n. 8 del 2022. La disposizione impugnata dal Governo, che in materia edilizia consente determinati interventi «previa V.A.», è costituita da un enunciato affetto da radicale oscurità, in quanto caratterizzata dall’abbondanza di termini imprecisi, senza che si colleghi ad alcun corpo normativo preesistente, impedendo la possibilità di utilizzare lo strumento dell’interpretazione sistematica, riferendosi a una procedura identificata con un acronimo incomprensibile, il predetto “V.A.”, oggetto di due diverse letture da parte della stessa difesa regionale.