Processo penale - In genere - Chiusura delle indagini preliminari - Richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero per infondatezza della notizia di reato - Possibilità, per il giudice per le indagini preliminari, di pronunciare ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, previa fissazione dell'udienza camerale, sentite le parti e stante la mancata opposizione dell'indagato - Preclusione, in base al diritto vivente - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza e uguaglianza, ragionevole durata del processo, personalità della responsabilità penale, proporzionalità e finalità rieducativa della pena - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 199001).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale – sollevate dal GIP del Tribunale di Nola in riferimento agli artt. 3, 27, primo e terzo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 CEDU, 47 CDFUE e 14, terzo comma, lett. c), PIDCP – dell’art. 409, commi 4 e 5, cod. proc. pen., in combinato disposto con l’art. 411, commi 1 e 1-bis, cod. proc. pen., nella parte in cui, secondo il diritto vivente, non consentono al GIP, a fronte di una richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, di pronunciare ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, previa fissazione dell’udienza camerale, sentite le parti e stante la mancata opposizione dell’indagato. Laddove il PM abbia richiesto l’archiviazione ex art. 408 cod. proc. pen., ritenendo insussistente o non sufficientemente provato il fatto di reato, è del tutto coerente con il sistema delineato dal legislatore che il GIP non possa dichiarare la non punibilità ex art. 131-bis cod. proc. pen., che di quel fatto presuppone invece l’avvenuta commissione, e che la parola torni al PM per le determinazioni di sua competenza in quanto titolare dell’azione penale, consentendo così a tutti i soggetti potenzialmente pregiudicati da una pronuncia che è solo parzialmente liberatoria di poter interloquire, contando sullo spatium deliberandi previsto dall’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. in funzione del pieno esercizio del diritto di difesa. L’effetto di allungamento dei tempi processuali che ne deriva non può, quindi, ritenersi sfornito di ogni legittima ratio giustificativa e per tale ragione non viola i principi di ragionevolezza e di ragionevole durata del processo. Né sussiste disparità di trattamento rispetto alle ipotesi di proscioglimento in sede predibattimentale o nel giudizio di legittimità, nelle quali il PM ha già esercitato l’azione penale; né, ancora, tra fatti di particolare tenuità a seconda che il PM proceda ex art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. o ex art. 408 cod. proc. pen., per la già evidenziata differenza tra le due formule di archiviazione. Diversamente da quanto ritenuto dal rimettente, infine, il GIP non è affatto tenuto a disporre che sia formulata l’imputazione, ma può restituire gli atti al PM invitandolo a procedere nelle forme dell’art. 411-bis cod. proc. pen., e ove si andasse a giudizio nulla vieterebbe poi al giudice di assolvere l’imputato ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. Il che esclude sia la violazione dell’art. 3 Cost. per asserita indebita omologazione di fatti di diversa gravità, sia la lesione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., prospettata sotto il profilo dell’applicazione di una pena sproporzionata alla gravità del reato commesso.