Sentenza 130/2023 (ECLI:IT:COST:2023:130)
Massima numero 45599
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente SCIARRA  - Redattrice SAN GIORGIO
Udienza Pubblica del  19/06/2023;  Decisione del  19/06/2023
Deposito del 23/06/2023; Pubblicazione in G. U. 28/06/2023
Massime associate alla pronuncia:


Titolo
Previdenza - In genere - Trattamenti di fine servizio, comunque denominati - Natura di retribuzione differita, garantita dall'art. 36 Cost. - Possibili restrizioni, al fine di garantire l'equilibrio della spesa pubblica - Limiti - Ragionevolezza e temporalità delle limitazioni - Intollerabilità di un loro protrarsi nel tempo (nel caso di specie: inammissibilità delle questioni, stante la discrezionalità legislativa, della disciplina che prevede la dilazione e la rateizzazione dei compensi spettanti nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età, con conseguente necessità di intervento riformatore prioritario). (Classif. 190001).

Testo

Le indennità di fine servizio erogate nel settore pubblico vanno ricondotte, anche grazie al ruolo rilevante dell'autonomia collettiva, al paradigma comune della retribuzione differita con concorrente funzione previdenziale, nell'àmbito di un percorso di tendenziale assimilazione alle regole dettate nel settore privato dall'art. 2120 cod. civ. Esse costituiscono una componente del compenso conquistato attraverso la prestazione dell'attività lavorativa e come frutto di essa e, quindi, una parte integrante del patrimonio del beneficiario, che come tale spetta ai superstiti in caso di decesso del lavoratore. Pertanto, la natura retributiva attira tali prestazioni nell'ambito applicativo dell'art. 36 Cost. (Precedenti: S. 258/2022 - mass. 45260; S. 159/2019 - mass. 41049; S. 213/2018 - mass. 40853; S. 106/1996 - mass. 22274; S. 243/1993 - mass. 19629 - 19631).

La garanzia della giusta retribuzione (art. 36 Cost.) si sostanzia non soltanto nella congruità dell'ammontare concretamente corrisposto, ma anche nella tempestività dell'erogazione. Il trattamento di fine servizio, in particolare, viene infatti corrisposto nel momento della cessazione dall'impiego al preciso fine di agevolare il dipendente nel far fronte alle difficoltà economiche che possono insorgere con il venir meno della retribuzione. In ciò si realizza la funzione previdenziale, che concorre con quella retributiva. (Precedente: S. 159/2019 - mass. 41050).

La legittimità costituzionale delle norme dalle quali possa scaturire una restrizione dei diritti patrimoniali del lavoratore è condizionata alla rigorosa delimitazione temporale dei sacrifici imposti, i quali devono essere eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. (Precedenti: S. 178/2015 - mass. 38538; O. 299/1999 - mass. 24897).

(Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Lazio, sez. terza quater, in riferimento all'art. 36 Cost. dell'art. 3, comma 2, del d.l. n. 79 del 1997, come conv., e dell'art. 12, comma 7, del d.l. n. 78 del 2010, come conv., che prevedono rispettivamente il differimento fino a 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e la rateizzazione del versamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, spettanti ai dipendenti pubblici in caso di cessazione dal rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età o di servizio. Il t.f.s. costituisce un rilevante aggregato della spesa di parte corrente e, per tale ragione, incide significativamente sull'equilibrio del bilancio statale, cosicché non è da escludersi in assoluto che, in situazioni di grave difficoltà finanziaria, il legislatore possa eccezionalmente comprimere il diritto del lavoratore alla sua tempestiva corresponsione. Tuttavia, tale intervento è vincolato sia al rispetto del criterio della ragionevolezza della misura prescelta e della sua proporzionalità, che alla durata della misura. Il, sia pur più breve, differimento censurato non realizza invece un equilibrato componimento dei contrapposti interessi alla tempestività della liquidazione del trattamento, da un lato, e al pareggio di bilancio, dall'altro. Esso inoltre rischia di vanificare anche la funzione previdenziale propria di tali prestazioni, poiché il sensibile incremento della pressione inflazionistica in corso acuisce l'esigenza di salvaguardare il valore reale della retribuzione, anche differita. Né può ritenersi satisfattiva la disciplina dell'anticipazione della prestazione, ex art. 23 del d.l. n. 4 del 2019, come conv., o l'anticipazione istituita con la deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'INPS 9 novembre 2022, n. 219, che si limitano a riconoscere la facoltà di evitare la percezione differita dell'indennità accedendo però a un finanziamento oneroso di cui lo stesso lavoratore sopporta il costo. Al vulnus costituzionale riscontrato non può, allo stato, porsi rimedio, posto che il quomodo delle soluzioni attinge alla discrezionalità del legislatore. Deve, infatti, considerarsi il rilevante impatto in termini di provvista di cassa che il superamento del differimento in oggetto comporta. La discrezionalità di cui gode il legislatore deve, tuttavia, ritenersi temporalmente limitata. La lesione delle garanzie costituzionali determinata dal differimento della corresponsione delle prestazioni in esame esige un intervento riformatore prioritario, che contemperi l'indifferibilità della reductio ad legitimitatem con la necessità di inscrivere la spesa da essa comportata in un organico disegno finanziario che tenga conto anche degli impegni assunti nell'ambito della precedente programmazione economico-finanziaria).



Atti oggetto del giudizio

decreto-legge  28/03/1997  n. 79  art. 3  co. 2

legge  28/05/1997  n. 140  art.   co. 

decreto-legge  31/05/2010  n. 78  art. 12  co. 7

legge  30/07/2010  n. 122  art.   co. 

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 36

Altri parametri e norme interposte